Gino Vezzini, presidente dell’ associazione “Amici del Loggione” nel proprio eccesso di amore verso il teatro ambrosiano e di difesa del cast della recente Traviata, ha assunto, su un importante giornale nazionale, che il ruolo di Alfredo “non è poi una parte ove si incontrano spesso grandi cantanti”, ossia sarebbe una parte che i grandi cantanti avrebbero poco praticato. L’elenco dei “poco grandi” cantanti che offriamo in ascolto ai nostri lettori smentisce l’affermazione (gli assenti sono di fatto i grandi tenori da “Wagner pesante” insomma Lauritz Melchior o quelli di autentica forza come Paoli, de Muro e del Monaco) e dimostra che per parlare e per presiedere occorrerebbero altre informazioni ed altra preparazione sulla storia, anche recente, del canto e dell’interpretazione. Poi il presidente, come ha già fatto altre volte, potrà o smentire quello che ha detto o tacciare di quel che ha già tacciato quelli del Corriere. Quest’ultimi sono ben avvezzi a siffatti trattamenti e una trentina di ascolti, che suffragano e confortano la loro opinione, sono prova ben più rassicurante di qualunque altra. Anche delle presidenziali parole.
Per altro le presidenziali parole ci servono a due piccole riflessioni, ovvero al “Dio come sono caduta in basso” della associazioni liriche. Otto lustri di frequentazione dell’opera, la provenienza di uno dei due firmatari di questa “nuga”, ci hanno avvicinato a molte associazioni liriche e messi in fuga da tutte. Un po’ perché in nessun campo della vita abbiamo inclinazione ad associazionismo e seguente settarismo, un po’ perché sappiamo di essere convinti latori di un’opinione e di un rapporto con il melodramma elitario e, soprattutto, perché, indistintamente, queste associazioni, nate per il benemerito fine di consentire, a chi non possa per svariati motivi ascoltare o viaggiare in compagnia alla ricerca del meglio, si trasformano poco alla volta, ma inesorabilmente, nel fans club di un cantante o di un teatro. Il che costituisce la fine dello stimolo e dell’afflato culturale che ha creato queste associazioni Al confronto si sostituisce l’intruppamento. E quindi, fuga a gambe levate! Ciascuno per la propria strada!
La teoria di Alfredo Germont proposta parla, anzi canta ed interpreta da sola. Non è possibile prendere ciascuno dei proposti e commentarlo. Ci vorrebbe un ciclo triennale d di cicli di riflessioni e studi il corriere sovrabbonda o quasi.
Ci sono i classici ovvero Schipa nei duetti con Amelita Galli Curci ovvero un innamorato sospiroso e piagato che si rivolge ad una creatura che ha la sofferenza mortale e nella voce dal suo primo apparire, anche se conduce la schermaglia d’amore, Beniamimo Gigli, sano, florido ragazzo che incontra la prima esperienza d’amore, Suo sodale d’Oltralpe George Thill. Sono doverosamente presenti più recenti di Stefano e Raimondi che hanno cantato con la voce ( il secondo anche con la tecnica) l’innamorato Alfredo. Poi siccome per cantare Alfredo basta (oggi potrebbe sembrare una battuta anche di cattivo gusto) una voce salda e sicura nella zona del passaggio che consenta di legare i suoni, di smorzare, di accarezzare con la voce e di reggere, alla bisogna (cabaletta atto secondo e scena cosiddetta della Borsa) una scrittura centrale ed infuocata al tempo stesso si dividono il ruolo tenori che si definiscono di grazia e tenori invece lirico spinti. Nella prima categoria seducono Violetta Mc Cormack, Smirnov, Lemeschev, Sobinoff, naturalmente Fernando de Lucia. Ma forse più che sedurre Violetta seducono in pubblico con i loro rallentamenti preziosi su “temprò col placido SORRISO DELL’AMORE” Certo deve essere presente Alfredo che è stato un grande Alfredo ad onta di un timbro modesto e che si inserisce nella schiera degli Alfredo che dicono Solo che accanto a lui compare, per giunta dotato di timbro soave, dolce l’altro grande del periodo ossia Alain Vanzo, Questa può essere una delle prime scoperte.
Il personaggio però è tale che chi possieda i “ferri del mestiere” canti senza sforzo, senza effettacci, ma virilmente amoroso il personaggio ed allora abbiamo Richard Tucker che non mostra difficoltà a piegare la voce. Nessuna difficoltà a piegare la voce ed a scattare, come un borghese eroe, ferito nei sentimenti che rappresentano il codice d’onore del borghese ottocentesco è Rosveange. Esemplare . Non c’è altra parola. Come esemplare è la scena della borsa dell’Alfredo di Toscanini ossia Aureliano Pertile , che scandisce, ma non bercia, che sostiene un tempo lentissimo con un controllo assoluto del fiato, e che fa dimenticare la voce tutto fuor che amorosa. Se poi vogliamo divertirci a pensare che l’opera ebbe, soprattutto alla sua prima rappresentazione un sapore ancora donizettiano, che Verdi nel volgere di un anno si affrettò a cancellare dobbiamo rivolgere al nostra attenzione ai cantanti del Kaiser Hermann Jadlowker e Frida Hempel. Lui si prende lo sfizio di inserire la variante “Patti” al croce e delizia, di sfoggiare una soave mezza voce alla chiusa del suo incipit ed entrambi alla chiusa del duetto inseriscono una quasi belliniana puntatura lei al do diesis a ricordare che nel 1853 si cantava così o quasi. Anche se la vicenda sul palcoscenico si replicava nei palchi del teatro.
GG & DD
Gli ascolti
Verdi – La traviata
Atto I
Libiam ne’ lieti calici – Julius Patzak & Hedwig Von Debicka (1931), Marcel Wittrisch & Margarete Teschemacher (1932), Sergei Lemeshev & Elizaveta Shumskaya (1951)
Un dì felice, eterea – Hermann Jadlowker & Frieda Hempel (1914)
Atto II
Lunge da lei…De’ miei bollenti spiriti – Giovanni Martinelli (1917), Koloman von Pataky (1928), Helge Rosvaenge (1943)
Or tutti a me!…Ogni suo aver tal femmina – Aureliano Pertile (1923)
Atto III
Parigi, o cara – Ivan Kozlovsky & Antonina Nezhdanova (1950)
Il ruolo credo fosse effettivamente poco amato e frequentato, nel secondo Ottocento, dai tenori “cappa e spada” alla Tamagno, voci versate in generi più aulici ed epicheggianti ed a cui la parte di Alfredo non poteva che stare stretta e dare scarse soddisfazioni personali. (Piccola nota di gusto personale, per il tenore tanti altri operisti hanno scritto cose assai più belle di ciò che è riuscito a scrivere Verdi, non capisco personalmente come possa venire voglia di cantarlo…) Ma per quanto riguarda il Novecento questo discorso non si pone più, e l’affermazione del presidente dell’associazione di loggionisti non trova alcuna giustificazione.
Anch’io ho sempre pensato che in Verdi il tenore fosse figlio di un dio minore in alcune opere dove alle altre voci ha riservato parti ben più belle.
Più che ad Alfredo, però, io sto pensando in particolare a Don Carlo a cui, nel contesto di una partitura di immensa bellezza, è stata riservata una parte che spesso con voluta esagerazione mi piace definire “da comprimario”.
Magari mi aiuterà Mozart, che ricordo abbia scritto una volta di aver studiato proprio il tenore in quell’opera, a mutare d’avviso.
Per il resto penso che il tenore in Verdi resti un po’ imprigionato nello stereotipo del giovane innamorato e che vedendolo come tale il cigno non ritenesse necessario uno scavo psicologico al pari delle altre corde.
Un peccato non tanto veniale a mio avviso, viste, per esempio le magnifiche pagine che Gounod ha dedicato all’amoroso per antonomasia, il suo Romeo.
Spero di sbagliarmi.
Ma dai cosa dici??? evidentemente hai dimenticato che Riccardo del “Ballo” è ruolo fra i più completi, entusiasmanti e affascinanti che operista abbia mai composto.
anche io penso che nel don Carlos i trionfi li lucrino eboli , filippo e posa e dei due amorosi quello messo peggio sia proprio il title role. aggiungo che la situazione è tale perché oggi non disponiamo di veri tenori eroici o da dramma di cappa e spada che possano far capire che cosa sia realmente il principe delle Asturie. Insomma tenori alla Tamagno, Martinelli. L’ultimo Tucker!
Mah… guarda… se per “trionfi” non ti riferisci solo ai grandi momenti di protagonismo affidati ai personaggi, ma ai ruoli considerati nel loro complesso allora io distinguerei tre piani.
Dal punto di vista squisitamente drammaturgico è innegabile che se elidi Carlo casca il pretesto che tiene in piedi l’opera. Banalmente è per questo che il Don Carlos si chiama così.
Dal punto vista drammatico, beh… per me è un povero nevrastenico, devastato da una situazione edipica che manco Freud avrebbe descritto meglio e che crede di poter salvare gli afflitti quando invece il vero eroe (e martire) delle Fiandre forse forse è proprio Posa.
Dal punto di vista del trionfo puro e semplice il cornuto è pure mazziato rispetto a tutti gli altri; ma non è poi così importante se pensi che questo gioco di negare la soddisfazione personale al cantante protagonista Verdi lo fa anche con Simone. Però, Boccanegra resta una parte da leone! Carlo invece è un Infante: in tutti i sensi.
Caspita!
Al Signor Vezzini non gliela fa’ proprio
nessuno eh! Che competenza!!!
io ho fatto parte tanti anni fa del gruppo ristretto che fondò l’associazione AMICI del LOGGIONE. Ben presto ne sono uscito e felicemente. Ma quando mai riuscirà l’associazione ad essere veramente AMICA del loggione contribuendo a far cessare questa scandalosa conduzione del NOSTRO teatro?
Be, caro Domenico,
ti basta leggere cosa dichiara questo
tipo che ne e’ il presidente per darti
una risposta. Ne siamo usciti subito,
tanti anni or sono da quell’associazione,
e, come hai detto tu piu’ sopra, felicemente.
Ciao e bentornato.
Carrellata meravigliosa. Per la completezza secondo me Rosvaenge su tutti.
il timbro di Di Stefano/Gigli, liricismo ed eleganza di un Schipa o McCormack e slancio e fuoco di Pertile (grandissimo) /Rosvaenge.
Che bel uomo il giovane Robert Taylor peraltro…!
Mancano solo Pavarotti, Gedda e Domingo…a maggior smentita delle affermazioni di tale Vezzini!
E pure Carreras! 😉
E pensare fine anni ’60 sentii Tucker in questo ruolo… Accanto alla Tucci e Sereni…
Non vi dico la scena della ‘borsa.’
Che invidia!
Beh, Tamberlick, il recitativo di Don Carlo “Io vengo a domandar” conta fra i più bei recitativi di ogni tempo, molto complesso anche psicologicamente; riflette il “pallore psicologico” (Celletti) del personaggio. Questa diminuzione del ruolo non te la posso proprio passare.
Ciao
Marco Ninci
Beh Billy, come non essere d’accordo. Aggiungiamo pure Otello dove il condottiero tormentato dal dubbio ha molto da offrire all’interprete.
Ma questo non mi leva l’idea che Peppino fosse più ispirato nello scrivere per altre voci che per quella del tenore.
O forse sono solo risentito con Verdi per aver riservato al tenore nella sua opera forse più bella il ruolo di un isterico. Così come lo vedo io.
Qui, come dice Mancini, si inserisce il gusto di ciascuno. E il mio non ama più di tanto Carlo.
Se vogliamo dirla tutta, ci sento pure una presa per il naso in quell’arietta di sortita da quattro sghèi che diventa magra e ridicola paragonata agli altri tre soliloqui interiori.
Marco anche se non raggiunge, sempre a mio modo di vedere le cose, l’intensità drammatica di quello tra Posa e Filippo, più che il recitativo è l’intero dialogo tra Carlo ed Elisabetta ad essere complesso sotto quei rispetti.
Per il resto, non diminuisco nulla che già non abbia fatto Verdi!
Con questo non voglio emanare un decreto inconfutabile, ma esprimere semplicemente il mio sentire.
Scusate la digressione extralfrediana
Ti chiedo solo di non riferirti a Verdi chiamandalo “Peppino”, proprio non sopporto questa usanza di affibbiare nomignoli confidenziali a compositori, scrittori e artisti. Grazie e a presto.
grandi Alfredi a parte (a me piace molto Bergonzi) nessuno che c riferisce delle recite del 12 e del 15?????
ma lo sai che , pur cantando benissimo, in Alfredo Bergonzi mi è sempre parso vecchio, frigido e compassato? Con lui la storia dipserata di Violetta non regge. Personalmente trovo perfetti (parlo di interpretazione) gli Alfredi immaturi e capricciosi (Di Stefano, Valletti) oppure “anaffettivi” (Kraus).
Di certo il commento del Vezzini non suona come un gran complimento all’artista della recente prima scaligera… E comunque non serve avere grandi conoscenze storiche per indovinare che l’Alfredo della da sempre rappresentatissima Traviata, non essendo una summa dal punto di vista della difficoltà tecnica e adattandosi facilmente a timbri piuttosto diversi, non è ruolo facile da scansare per un tenore ai primi anni di carriera, condizione nella quale sono passati tutti, anche i più grandi. E comunque a mio gusto non è assolutamente un ruolo da buttare, c’è di molto peggio, tipo Ismaele…
Buongiorno.
Riprendo in parte il commento di Gilbert-Louis Duprez e Vi chiedo: ma tra i “poco grandi” non meriterebbe di figurare anche Pavarotti ?
Detto questo, mi interesserebbe fare un’indagine.
Nell’articolo specificamente dedicato alla Traviata ho letto commenti in linea di massima abbastanza positivi sulla Damrau e decisamente negativi su Beczala e, tranne in un caso, anche su Lucic.
Parliamo specificamente di Alfredo: personalmente avrei gradito sentire, in questo ruolo, non Beczala ma Bergonzi, Kraus o Pavarotti, tanto per fare dei nomi relativamente recenti ma, ad occhio e croce, direi che, al momento, sulla faccia della terra non c’e’ nessun Bergonzi, nessun Kraus e nessun Pavarotti ed immagino che, con quest’affermazione, non vado troppo distante dalle opinioni dei frequentatori del Corriere.
Ora, cio’ premesso, mi chiedo e Vi chiedo: il Sovrintendente della Scala o anche di un altro prestigioso Teatro che dovesse allestire Traviata, chi dovrebbe scritturare o tentare di scritturare nel ruolo di Alfredo ? Cioe’, secondo Voi, c’e’ qualcuno che, oggi, magari senza strabiliare potrebbe far meglio di Beczala ? Se si’, chi e’ o chi sono ? Forse Calleja che, se non sbaglio, sta interpretando il ruolo a Chicago ? Forse Meli ? Oppure Alvarez ? Ma magari l’Alvarez di qualche anno fa che ricordo di aver sentito, in diretta radiofonica, nel debutto al MET proprio in questo ruolo ma poi forse anche in diretta da Firenze.
E’ chiaro che lo stesso discorso, e qui esco dal tema dell’articolo, potrebbe essere fatto per Violetta o per papa’ Germont.
Ho letto piu’ d’una volta nei commenti del Corriere l’opinione in base alla quale la scelta di registi che mirino a far scalpore con la parte visiva servirebbe a distrarre il pubblico dallo scarso livello della parte musicale, scarso livello che sarebbe dovuto all’incompetenza dei Sovrintendenti nella scelta dei cantanti. Ma non e’ che le scelte dei Sovrintendenti sono talvolta dettate non da incompetenza ma dalla necessita’ di doversi accontentare del parco cantanti in circolazione ?
Un cordiale saluto.
effettivamente la scelta visto la necessita’ d avere un bravo attore era molto limitata. Kaufmann aveva gia’ cantato Alfredo alla Scala. Mukeria oltre a essere modesto attore ha una voce che temo sia un po’ debole nelle prime due ottave. Pretti non l ho mai sentito dal vivo mi sa che non c era d meglio in giro. La voce d Beczala peraltro e’ calda ed abbastanza elegante. Peccato il registro acuto che oltre a presntare crepe non sembra piu’ tanto modulabile
Direi un po’ debole nelle prime tre, poi le altre quattro sono brillanti e sonore. Meglio il classico Steinwei però, i pianoforti Mukeria devono un po’ perfezionarsi ancora, sai è un marchio piuttosto giovane…
Ahahah XD Mancini, mi hai fatto morire!
Chissà come suonano i pianforti Kaufmann in quinta ottava!
http://www.youtube.com/watch?v=Nbqn7evcRo4
ah ah simpatici!
Stupendi, stupendi Borgioli e Prandelli, due genii assoluti del canto tristemente dimenticati.