Fratello streaming: Otello da Genova.

Otello Arts

Una serata trionfale. Così hanno compendiato l’inaugurazione della stagione 2013-14 del Carlo Felice i commentatori, che presiedevano la diretta streaming dell’Otello proposto, per l’appunto, dal teatro genovese, nell’allestimento minimal-chic ideato da Davide Livermore per Valencia. Diretta che è stata punteggiata da caroselli, dedicati a esercizi commerciali del circondario, e dalle chiose dei suddetti commentatori. Al proposito vanno citate almeno due delle numerose perle della serata: “Livermore è come Wagner, perché ha curato anche scene, costumi e luci”, come se Franco Zeffirelli e Pier Luigi Pizzi non fossero mai esistiti e non avessero mai lavorato a Genova, e “questo è un cast da Metropolitan”, ovvero il provincialismo che, rinnegando se stesso, riafferma incontrovertibilmente la propria natura. Peccato che la nave di questo Otello, cullata dai flutti della claudicante retorica da ufficio stampa, si sia infranta contro gli scogli di un’esecuzione meno che di routine.

Il “meglio” è arrivato, come spesso capita nei titoli del tardo Verdi, dalla direzione d’orchestra. Nella scena iniziale l’uragano si è per miracolo propagato dalle pagine della partitura alla realtà del palcoscenico: solisti (al limite dell’udibile), coro e orchestra andavano ognuno per proprio conto. Quanto al suono della compagine genovese dobbiamo rilevare come, anche grazie ai tempi staccati dal maestro Battistoni, si avesse spesso la sensazione di assistere a un Elisir d’amore o a una Sonnambula, per l’abbondante impiego di colori tenui, per non dire smunti, stacchi caricaturali negli accompagnamenti degli archi, percussioni e ottoni da banda di paese. Se a ciò si aggiungono tempi per sistema slentati, che hanno messo in seria difficoltà i cantanti, nessuno dei quali dotato di voce non dico torrenziale, ma dotata di adeguata proiezione e sufficiente sonorità, è facile capire quale giulebbe sia risultata questa direzione di Otello.

Protagonista era Gregory Kunde, salutato dagli impagabili speaker quale “il migliore Otello oggi possibile: infatti canta sia questo sia quello di Rossini”. Con analoga carenza di proprietà, si potrebbe aggiungere, atteso che dell’antica voce di tenore contraltino rimane una voce povera di armonici e sovente raschiata in basso, ora urlata, ora falsettante, per sistema dura e sovente stonata in alto (fin dall’acciaccatura sul si naturale alla sortita), in seria difficoltà a tutte le altezze con il canto a fior di labbro. Incapace di legare e di rispettare i copiosi segni di espressione previsti dall’autore, Carlos Alvarez, voce legnosa e sistematicamente impiccata sugli acuti (il mi naturale che chiude il Sogno era un rantolo, propiziato da opportuna, si fa per dire, ripresa di fiato), ha ridotto il tenebroso intrigante a un Malatesta da fiera di paese. Del resto i soliti commentatori l’avevano definito, prima della recita,  “troppo buono” per una parte così satanica. Crediamo peraltro che identici limiti si sarebbero palesati in una parte di ardente patriota e amoroso padre di famiglia, come quella di Guglielmo Tell. Reduce dai Puritani all’Opéra Bastille, Maria Agresta ha proposto una non più che dignitosa esecuzione della preghiera al quarto atto, agevolata dalla scrittura marcatamente centrale del brano, ed è riuscita a eseguire la corona di tradizione sul la bemolle acuto conclusivo, nota che è risultata ballante, come il resto della voce della signora, ma stabile almeno sotto il profilo dell’intonazione. Per arrivare in condizioni di accettabile freschezza al “suo” finale la signora Agresta ha però dovuto dosare le forze per tutto il resto della serata, e come accade a chi non possieda un controllo rigoroso del proprio strumento, anziché cantare piano e dosando le forze, ha accennato e pigolato fin dal duetto d’amore, evidenziando in frasi come “ci condusse ai soavi abbracciamenti” la difficoltà nel passare dalla zona del centro a quella dei primi acuti senza compromettere linea musicale e tenuta d’intonazione. Identica, se non maggiore difficoltà si palesa nei momenti in cui questa Desdemona (dal timbro depauperato, pari a quello di una qualunque comprimaria) è chiamata a sostenere le lunghe arcate della melodia verdiana, come alla scena con cori al secondo atto, al successivo quartetto e soprattutto al finale terzo (l’unico punto davvero arduo, anche per la densità dell’accompagnamento orchestrale, di una parte non certo improba), in cui la Agresta ha malamente gridacchiato, per giunta con una voce più adatta a Puccini (e precisiamo, allo stato attuale, a Musetta, Lisette e Lauretta) che non a Verdi. E sì che il Cigno di Busseto è a oggi l’autore maggiormente presente nel carnet della signora.

 

Verdi – Otello

Atto IV

Era più calmo?…Piangea cantando nell’erma landa…Ave Maria – Elena Souliotis (con Giuliana Di Filippo – dir. Oliviero de Fabritiis – 1969)

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8 pensieri su “Fratello streaming: Otello da Genova.

  1. Cara Giulia, è incontestabile che l’opera di Genova sia un teatro provinciale! Come incontestabile il becerume dei due presentatori.
    Non dimenticando quanto visto negli ultimi anni al Carlo Felice, e contestualizzando questo Otello nel luogo e nel momento, può essere, a giusto titolo, considerato dal pubblico genovese come un evento.
    Concordo con la pochezza e l’inconcludenza della direzione d’orchestra, e su quanto tu dici dei cantanti, sarei, tuttavia, molto meno severa.
    Kunde, intervallando con vistosi problemi d’intonazione ha offerto diversi momenti di canto e musica, cosa non da poco…tralascerei i numerosi problemi vocali.
    Alvarez, caricato in scena, era vocalmente interprete monotono, ha pur cantato con voce sonora tutte le note…
    Maria Agresta, mi è parsa non aver dedicato il tempo necessario a mettere in gola l’intero ruolo. Nel primo atto era spesso spoggiata e poco sonora, mentre ha fatto molto meglio nel duetto e nella preghiera dove ha mostrato buona impostazione e precisione. L’interprete rimane limitata nel fraseggio per un’evidente carenza di fiato.
    Lo spettacolo minimalista e funzionale era visivamente gradevole.
    Nell’insieme, io ho trovato questo Otello assai pesante e noioso per carenze orchestrali e di interpretazione, ma dignitosissimo, fors’anche superlativo se paragonato alla Forza della Bayerische Staatsoper!
    Attendo con trepidazione il giorno della mia recita :)

    • Ciao olivia. Mi chiami in causa e allora dico la mia. Kunde e’ sempre se stesso, ossia un tenore anziano, con la voce stimolata, gli acuti ghermiti con le contrazioni di gola ma sopratutto una voce falsa, mai veramente piena e tonda al centro. Siamo abituati a sentire cantare così male che un signore anziano ma tutto fuori che sprovveduto vinca a mani basse . Ha fatto alcune cose buone ma mi è difficile proprio reggere la voce così emessa. Del resto se la meglio gioventù e’la significa arrestato, che appena la tessitura sale urla come una dilettante, si capisce che Kunde e’di altri pasta, dato che sa mettere le mani alla sua voce. Del soprano mi è piaciuta solo la sua scena del 4 atto, il resto mi pareva una studentessa. Sono dolci i falsetto, e’ garbata, ma mi fa specie che in alto possa emettere solo le note scoperte a voce piena, diversamente faccia suonino flautati. Sta badando, e questo e’ preoccupante. In basso poi non sa girare la voce e senza prima ottava meglio fare altro . Credo che la voce sia ridotta di volume, cmque troppo piccola per verdi. Alvarez anche lui voce modesta, personaggio rozzo, in alto non va e nei piani da dimenticare. Genova fa uno sforzo, e questo e’ un merito. Ha giocato una carta importante e credo sarà premiata dal pubblico. Del resto scala o Carlo Felice, il livello e’ tragicamente uguale, un magma informe di poco valore diffuso. L’opera e’ finita, si capisce da come il nuovo e il vecchio sistema confrontano sul palco…non c’e’ nulla di nuovo che dia veramente segno di ritorno al buon canto. Allestimento pagato da mille altri wagneriani, una inutile routine che non aveva ragione di essere prodotta….meglio risparmiare.

      • Dici bene, Giulia.
        Vero che per il Carlo Felice quest’Otello deve essere stato uno sforzo . Dopo tanti spettacoli allestiti con fondi di magazzino, cantati (si fa per dire) da “promesse della lirica”, ed andati deserti ! qui si tenta una svolta.
        Credo che il dilemma nel teatro genovese non si ponga tra lo spendere soldi che non ci sono o risparmiare, ma tra il riuscire, con svariati espedienti, che non necessariamente hanno a che fare con il canto, ad attrarre pubblico e sovvenzioni o di andare tutti a casa.

        • Già lo scrissi tempo fa e fui reguardito in modo un po’ stizzito (mi sembra proprio da te Olivia, ma potrei sbagliarmi): a me ha sempre fatto molta impressione il disamore (per non dire il menefreghismo) dei genovesi (che conosco bene) nei confronti del loro teatro. Mi fu risposto che è colpa della cattiva gestione, ma non ne sono per niente convinto. Se i genovesi amassero davvero il Carlo Felice si ribellerebbero o scriverebbero almeno lettere di protesta , o farebbero volantinaggi… ..

          • Che dire caro Billy.. non percepisco nel pubblico genovese l’indifferenza ed il disamore di cui parli, peraltro, non mi pare, che in altri teatri mal gestiti, il pubblico attui azioni di protesta (?).
            Sicuramente, se in altre occasioni ti ho risposto malamente, me ne dispiace e me ne scuso! Ti auguro un felice anno nuovo con tante belle produzione da vedere e sulle quali darci il tuo parere, cordialmente, Olivia.

  2. Caro Antonio,
    non ho ascoltato nulla di questo Otello, ma non stento a credere che ciò che hai scritto corrisponda a verità, soprattutto dopo aver sentito dal vivo la sgradevolissima esecuzione di Kunde in Africana .
    Ma perché non se ne va in pensione, lui che può…..

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