“D’amor sull’ali rosee”: Marina Rebeka in concerto al Rof (19.VIII.2013)

RebekaAnche il Rossini Opera Festival ha voluto ricordare Giuseppe Verdi nell’anno del bicentenario. E poiché organizzatori ed esecutrice principale sono i medesimi che hanno partorito, tra geremiadi e iterati proclami di eccellenza, le proposte già ampiamente esaminate e discusse nelle puntate di Sorella Radio, che hanno accompagnato questo il mese d’agosto, la recensione del concerto di Marina Rebeka potrebbe anche concludersi qui. Ma alcune puntualizzazioni sono, mi sembra, doverose.

Già da qualche anno il ROF propone un concerto di canto con orchestra, affidato di solito a una voce femminile. Nel 2012 fu quella, festeggiatissima e non senza ragione, di Mariella Devia. L’annunciato omaggio oloverdiano, intitolato “D’amor sull’ali rosee”, aveva legittimato l’aspettativa di ascoltare, da parte della signora Rebeka, l’aria o almeno il cantabile dell’aria del quarto atto di Trovatore, affrontata in passato da molti soprani non riconducibili al tipo del drammatico di agilità. Un poco di delusione ha quindi accompagnato l’annuncio del programma del concerto, poco fantasioso oltre che, a dire il vero, alquanto striminzito: quattro arie (da Rigoletto, Masnadieri, Vespri e Traviata), più gli intermezzi sinfonici di prammatica, affidati all’Orchestra Sinfonica “G. Rossini” sotto la bacchetta del suo direttore principale, Daniele Agiman. All’inizio del concerto è stato annunciato un cambiamento, supponiamo dell’ultimo minuto: al posto del bolero della Duchessa Elena è stata eseguita la cavatina di Medora dal Corsaro. Il brano espunto è stato comunque proposto al termine del concerto, quale unico bis. Evidentemente la canzone di Nannetta, la cavatina di Elvira, le arie del paggio Oscar e la polacca dei Lombardi/Jérusalem (tradizionalmente affidate, soprattutto in sede di concerto, a soprani di coloratura) non rientravano nel novero dei pezzi “papabili” per l’occasione, o magari gli organizzatori del festival adriatico hanno trascurato di esplorare gli scaffali, forse un poco impolverati, delle loro librerie e discoteche.

Nella raccolta sala del Teatro Rossini Marina Rebeka ha, nell’ottava centrale, sufficiente volume per risultare udibile al di sopra dell’orchestra, almeno di una in formazione poco più che cameristica a onta dei clangori dispensati negli interludi sinfonici nonché nell’accompagnamento alle arie. La voce è però del tutto fuori controllo al di sopra del sol4, con sistematico ricorso a suoni gridacchiati e sovente anche stonati. Il che può essere una conseguenza di un centro in cui difetta il sostegno, e che, se può passare per “importante” (almeno in uno spazio del genere), non ha però la flessibilità necessaria non solo ad ascendere ad acuti facili e sicuri, ma a sgranare una coloratura accettabile, a sfoggiare un legato degno di questo nome e a offrire all’esecuzione delle pagine verdiane (copiose almeno quanto le rossiniane di indicazioni dinamiche ed espressive) tutte le sfumature richieste. Difetti non da poco in qualunque esecutore, capitali in chi, non possedendo voce autenticamente verdiana (la derisa araba fenice per tanti addetti ai lavori, che forse non hanno mai sentito un disco di Ebe Stignani o Anita Cerquetti), debba trovare in un’esecuzione sorvegliata e al tempo stesso inventiva la via di tributare il giusto omaggio all’autore e il sacrosanto rispetto al pubblico.
In presenza di un canto abborracciato, anche l’espressione faticherà a manifestarsi. Anzi, non si manifesterà proprio, soppiantata da una dinamica perennemente inchiodata sul mezzoforte e condita da copiosi manierismi e bamboleggiamenti. Il che è puntualmente avvenuto lunedì scorso in Pesaro.

Riferisce la stampa locale (http://www.pu24.it/2013/08/19/rof-marina-rebeka-dopo-lomaggio-a-verdi-niente-mi-bemolle-non-sono-maria-callas/) che al termine del concerto Marina Rebeka avrebbe risposto a una spettatrice, che si congratulava per il mancato mi bemolle al termine della scena di Violetta (la filologia innanzi tutto!): “Ma quello non appartiene a Verdi, è di Maria Callas”. Ci auguriamo che sia stata la stanchezza a indurre la signora a una dichiarazione così avventata (o il giornalista a male interpretare le parole della cantante), ma per scrupolo, negli ascolti riportati di seguito sono incluse alcune esecuzioni “prima della Callas” (non me ne voglia l’amico Donzelli!), tutte con il loro mi bemolle. Per fortuna, dell’autore come degli ascoltatori di ogni età e latitudine, c’è anche altro. Molto altro, in almeno un paio di casi.

Nota a margine: ancora nelle recite fiorentine dell’anno scorso la Rebeka concludeva il primo atto di Traviata con la puntatura. Vedi http://www.corgrisi.com/2013/04/sorella-radio-violette-comparate/.

 

Gli ascolti

 

Giuseppe Verdi

 

I Masnadieri

Atto II

Carlo vive – Marina Rebeka (2013)

 

Rigoletto

Atto I

Caro nome – Marcella Sembrich (1906)

 

La Traviata

Atto I

E’ strano…Ah fors’è lui…Sempre libera – Maria Ivogün (1916)

Sempre libera – Maria Galvany (1908), Luisa Tetrazzini (1908), Amelita Galli Curci (1919), Mercedes Capsir (1928)

 

Il Trovatore

Atto IV

Timor di me…D’amor sull’ali rosee – Luisa Tetrazzini (1913), Amelita Galli Curci (1925)

 

I Vespri siciliani

Atto V

Mercè, dilette amiche – Antonina Nezhdanova (1914)

 

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14 pensieri su ““D’amor sull’ali rosee”: Marina Rebeka in concerto al Rof (19.VIII.2013)

  1. Ma che meraviglia la Tetrazzini e la Galli-Curci ; è una lezione di canto ascoltare come sapessero gestire un registro basso timbrato e sostenuto nella prima battuta di “damor sull’ali rosee”. Ora se sei un soprano leggero la moda imperante vuole che in basso esca solo aria.

  2. figuriamoci se non venivano citate anche qui le beniamine del CdG. Dovresti cambiare il tuo nick in Tamburini Stignetti o trovare un angelo del focolare do nome Ebita che t prepari tante torte mousses e bavaresi mentre scrivi le recensioni

  3. Caro Tamburini,
    ieri ero alla prima di Roméo et Juliette in Arena con la signora Rebeka, e grosso modo devo concordare con quanto scrivi. Mi è sembrata un ottima voce di soprano leggero, un ottimo materiale, purtroppo sembra trovare il fiato solo di spinta e quindi il controllo in acuto è precario e il fraseggio latita.
    Ieri ho assistito ad un altra di quelle serate strane che ultimamente l’Arena ci regala. Io la stessa opera in Arena l’ho sentita due anni fa, ero seduto guarda caso più o meno nello stesso posto, eppure ieri sera l’orchestra è quasi scomparsa, non si sentiva; cosa che non succedeva due anni fa. La signora Rebeka vantava un volume nettamente superiore al tenore Demuro (che sentivo per la prima volta dal vivo per cui non ho metro di paragone); tu mi dici che l’hai sentita in un teatro bomboniera ed era sufficiente a passare l’orchestra, io l’ho sentita in una piazza d’armi e la voce correva, meglio della disgraziatissima Aida della Siri sentita a luglio per esempio… e a tratti copriva il tenore!
    Ma allora questa amplificazione oltre che esserci è pure fatta male! Ieri era tutto talmente squilibrato…Ma come si fanno a giudicare le voci in questo modo? Ammesso che ancora a qualcuno importi ascoltare una voce e non la sua proiezione virtuale…

    • Ciao Aureliano,
      Ho ascoltato piu’ volte la Pilou, a Ginevra
      a Milano, a Marsiglia…..e a Verona!!!
      Voce tutt’altro che voluminosa, pur con meriti
      innegabili, nei teatri non e’ che fosse un tuono,
      ma a Verona copriva tutti!!!
      E in quegli anni, non esistevano le recite
      microfonate! Per me che sono un tecnologico
      ignorantissimo queste cose continuano a rimanere
      un gran mistero.
      Anche la Magda, brava fin che vuoi ma mica puoi dire
      grande voce, no? Ecco, nella Lescaut a Sassulo si
      sentiva esattamente come gli altri, a Verona, sempre nella Lescaut, metteva fuori un quarto di filo di voce,
      e track! la si sentiva perfettamente anche su’ in cima! E’ strano eh! Ma a Verona e’ cosi’. Anche a Macerata adesso che ci penso! Nel 73 la Gencer nel
      concertato dell’Aida allo Sferisterio, nel 73 eh, non nel
      63, viaggiava che era una meraviglia su coro e orchestra, e un mese prima nel Ballo a Milano si
      sentiva poco alla Scala, a parte il favoloso finale…
      Cose strane all’aperto. Ciao

      • Si certo Miguel, ma qua stiamo parlando di un intera orchestra che scompare, di un tenore protagonista (che non sarà Del Monaco per carità però…) che viene coperto da tutti i comprimari in scena; c’era un evidente squilibrio poco naturale. Rimane il fatto che la sfilza di microfoni e la batteria di amplificatori a proscenio a qualcosa dovranno pur servire. Io sono come te ignorantissimo in materia, ma l’arena in cui il vento ti portava via la voce, in cui se il cantante girava la testa il suono ti arrivava di riverbero te la ricordi di certo; queste cose non succedono più, o in modo molto attenuato. E onde fugare dubbi io dall’84 in poi in arena mi metto più o meno sempre nello stesso posto, sotto l’ala, primissime gradinate dal basso, ieri come due anni fa ero nella prima fila di gradini, quella che da direttamente in platea. O son cambioto io, o qualcosa li dentro non mi torna come prima. Rimane il mistero. Ciao.

  4. credo che tutti noi abbiamo avuto d che sognare sul disco pavarotti re del do d petto. Ma tutti i fuoriclasse d cui spesso discutiamo sono come bellissime morbide uniche coperte corte che non riescono mai a coprire completamente spalle e piedi. Avere questa consapevolezza consente d guardare con maggior serenita’ il nostro vissuto teatrale passato ma soprattutto quello presente

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