Con Francesco Merli ascoltiamo il vero ( ed in questi giorni vituperato! ) tenore di forza alle prese con la parte di Arnold. Un’esecuzione a dir poco impressionante per eleganza di emissione, pulizia di suono, assenza di qualunque forzatura, fibra, artificioso ingrossamento del suono, squillo, omogeneità timbrica in tutta la gamma. Laddove potevano risiedere i peccati veniali di un grande contraltino come Lauri Volpi, ossia la zona centro grave di ampiezza contenuta rispetto a quella superiore, Francesco Merli esibisce, al contrario, un mezzo di pari corposità e sonorità.
La sua emissione era ancora pressoché perfetta nel 1931 in una carriera fatta di Otello ( di Verdi ), Forza del Destino, Andrea Cheniér, Lohengrin, Aida, Trovatore, Don Carlo, Ernani, Turandot, Tosca, Fanciulla del West, Sanson et Dalila, Norma. Fu Arnold al san Carlo e, soprtutto, all’Arena di Verona ( certamente senza i doping tecnologici oggi in uso nei grandi spazi ). Lo spregio con cui in questi giorni alcuni improvvisati vociologi hanno preso a parlare del tenore di forza su Arnold dovrebbe essere moderato, o piuttosto indirizzato verso altra e diversa categoria vocale, quella del tenore di “sforzo”, che è ben diversa da quella rappresentata dallo straordinario Francesco Merli. Continuare a parlare a vanvera di categorie di cui non si conoscono gli esponenti, applicando fuori luogo etichette e definizioni riduttive ad uso e consumo delle chiacchiere da caffè, contribuisce ad accelerare il declino, ormai quasi del tutto portato a compimento, dell’opera lirica. Inconcepibile per noi oggi che un tenore canti con la perfezione tecnica, oso dire “belcantista”, di Francesco Merli, fatta tutta di emissione, alta qualità del legato, dominio assoluto della voce, che poteva essere manovrata con facilità a tutte le altezze, quasi che fosse senza peso pur essendo grandissima ( pare la più grande del suo tempo assieme a quella di Lauritz Melchior). La questione della vocalità di Arnold, stando a Francesco Merli, non risiede nell’essere contraltini e meno, di forza o meno, ma nel saper cantare con eccellente perizia e solidità tecnica, perché quando presenti nella loro massima espressione, tali prerogative sono in grado di assimilarsi automaticamente alle regole dello stile rossiniano, che è sempre e solo quello del grande canto di scuola italiana, il belcanto. Della prova di Merli vorrei solo fare osservare la perfezione con cui “gira” la voce mantenendo sempre il suono a fuoco, brillante e “fuori”, oltre che la grande sonorità del centro, che, con buona pace delle odierne teorie sul contraltino rossiniano originario, è componente fondamentale della voce maschile che pretenda di eseguire Arnold.
Che altro dire? Parole sante!
Merli è semplicemente strepitoso. Avesse avuto un timbro privilegiato (il timbro di Merli era, come scrisse Celletti, più ferrigno che argenteo), sarebbe stato il più grande tenore mai inciso.
P.S.
Avrete capito che sono un fan di Merli che personalmente (spero non mi fustigherete) ritengo complessivamente, nel repertorio comune, superiore anche al grande Pertile
Merli o Pertile?
Pertile!
Ma se ce la vogliamo dire tutta,
Merli o Pertile, Pertile o Merli, e’ grasso che cola.
Chi vuoi che ti fustighi? Figurarsi.
Che cantante spettacolare!! Da sottoscrivere al 100% la presentazione fatta dalla Grisi. Preferirei però maggior morbidezza e quindi un’emissione più di testa nelle salite “ahi quanto felice”, che cantate così sono a mio parere troppo eroiche e non in linea con lo spirito dell’aria.