Con Giacomo Lauri Volpi siamo in presenza di uno degli interpreti più straordinari del ruolo di Arnold, che seppe collocarlo, per specifica natura vocale ma anche per lucidità interpretativa, nell’esatta dimensione ottocentesca tardobelcantista.
Il grande tenore ciociaro, delle cui recite scaligere del 1930 ci resta purtroppo soltanto l’incisione dell’aria, conferì ad Arnold quella voce di tenore contraltino che fu certamente del primo interprete Adolphe Nourrit, emendata da qualunque tratto eunucoide eccepito dalla critica del tempo. La saldezza tecnica di Lauri Volpi e la volontà di spingere il proprio mezzo al massimo delle possibilità ( si ascoltino con attenzione i si bem ) gli consentivano di conferire alla voce squillo, straordinaria ampiezza in zona acuta ( passaggio superiore incluso ), nobiltà di fraseggio, in forza anche di una dizione chiarissima, senza però mai intaccare l’emissione belcantista, sempre stilizzata e pulita. Questi tratti fanno del frammento sonoro che ci è pervenuto un documento di grandissimo valore per la storia esecutiva del Tell come del canto tenorile in generale. Lauri Volpi esemplifica il percorso della vera voce di contraltino da opera drammatica ( e non da opera buffa ) che partiva cantando Puritani, Ugonotti, Favorita, Barbiere per, poi, trasformarsi nel corso degli anni in Manrico, Faust, Radames, Cavaradossi e Rodolfo, secondo un iter già comune ad altri grandi tenori dell’ottocento, come, ad esempio, Mario Tiberini. Nulla accomuna il suo canto allo stereotipo del tenore rozzo della seconda metà del novecento di derivazione verista, ma nemmeno alla corrente ed inetta definizione odierna di “contraltino” in forza della quale alcuni interpreti recenti e presenti hanno abbordato il ruolo di Arnoldo del Guglielmo Tell. Ai primi mancavano l’emissione belcantista e la capacità di esprimersi con eleganza; ai secondi mancano la sostanza vocale, l’adeguatezza del fraseggio e la forza di gestire lo slancio epico della parte come pure il confronto con la grande orchestra. Prerogativa di Rossini fu sempre quella di spingere la voce ai limiti delle possibilità umane, e così fece anche con questa nuova ed innovativa vocalità tenorile, al punto che tutti i tenori, anche quelli cosiddetti “di forza” che arrivarono a rivestire il ruolo, soffrendo la reiterazione delle recite come la lunghezza della parte eseguita, finirono per praticarvi una sequenza di tagli. Anche Lauri Volpi, che fu Arnold tante volte in tanti diversi teatri, utilizzò la forbice a cui, sin dal primo esecutore, i tenori erano ricorsi e sono ricorsi sino alle prove moderne dell’unico tenore rivelatosi in grado di reggere il ruolo vocalmente e con adeguatezza stilistica, ossia Chris Merritt. Anche Lauri Volpi pagò lo scotto di avere affrontato senza risparmio questo ruolo terribile ed uscì provato dalle grandiosi recite offerte con il suo Arnold, tanto da doversi fermare per un lungo periodo di “restauro” della voce.
Con Lauri Volpi, per alcuni minuti, rivive ancora il mito del grande tenore romantico orami scomparso.
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