André d’Arkor, tenore stabile dell’opera di Bruxelles a partire dagli anni 1930, non ha mai cantato Arnoldo in teatro. Questo fatto è forse dovuto al rispetto dell’artista per la propia voce e per il ruolo il quale era ancora associato ai tenori drammatici. Eppure, nella sua incisione di “Asile héréditaire”, eseguito in tono, d’Arkor sfoggia una voce di grande bellezza e resistenza in tutti i registri. Il “peso” sarebbe quello di un lirico pieno capace di fare qualche salto nel repertorio lirico-spinto, il timbro è naturalmente scuro, virile e morbido allo stesso tempo, i fiati sono lunghi e consentono al cantante di fare dei filati persino nei momenti più impegnativi. Squillo, morbidezza e duttilità sono esemplarmente mantenuti fino agli estremi acuti (ad es. “qu’habi-TAIT” o il Do sopracuto della cadenza finale).