La cavatina di Matilde del Tell in italiano “Selva opaca” preceduta dal recitativo “S’allontanano alfine” è un modello ed un metro di paragone sull’esecuzione del recitativo e del cantabile, assolutamente spianato, estraneo alla vocalità più tipicamente rossiniana, a differenza della seconda aria di Matilde, che inaugura il terzo atto, tanto che alcune cantanti, non dedite al Belcanto, ne hanno offerto un’esecuzione esemplare. Cito fra tutte Giannina Arangi Lombardi o Hina Spani, entrambe Matilde accanto a Lauri Volpi nella famose riprese del 1929, che impegnarono allo spasimo il tenore romano.
La prima difficoltà è l’esecuzione del recitativo e l’accento da conferire allo stesso. Della due prescelte entrambe ebbero voce di qualità superiore alla media, entrambe (ma per motivi assolutamente differenti) carriera brevissima. Tanto differenti i motivi che, oggi, a distanza di oltre mezzo secolo dal ritiro l’arte del dire ancor più che la straordinarietà del mezzo di Anita Cerquetti continuano ad essere celebrati; reietti, dimenticati e spesso utilizzati quali “perle nere” i passi eseguiti da Cheryl Studer, che pure bacchetta e potentati delle case discografiche anteposero scorrettamente a Lella Cuberli nelle recite scaligere del 1987.
La Cerquetti nel recitativo, che sta nell’ottava centrale emette sempre e solo suoni in posizione “avanti” squillanti e sonori e questo le consente con il solo cambiare di un’inflessione di essere sempre nobile, ispirata ed innamorata, senza cadere nel lezioso e nel melenso. Basta sentire come il soprano umbro, sostenuta da una dizione da grande attrice di prosa (in questo Anita Cerquetti, Antonietta Stella sono insuperate ed insuperabili) dice “lontano essere non puote” dove il semplice cantare piano rende immediata la trepidazione d’amore della nobildonna o quale espressione deriva dal semplice rallentando di “prevenisse MAI”. Chi volesse comprendere come debba essere eseguito il recitativo in un’opera italiana deve anche fare attenzione a come la Cerquetti utilizzi la semivocale “erre” e come la voce cambi colore e quindi cambi espressione ogni qual volta venga chiamato in caso il termine “amore”, come accede quando la cantante ripete “in questi campi” o dice la frase “amor più possente in me destassi”. Per contro la Studer appena arriva un fa acuto emette un suono stretto in gola come accade alla frase “del cor non mi ha ingannata” o il successivo “Arnoldo semplice abitator etc”. Inoltre non scandisce mai il recitativo e questo non è un limite di conoscenza della lingua perché Marilyn Horne o Leontyne Price, due cantanti con cospicui difetti di dizione, scandivano sempre il recitativo ad onta, appunto, dei difetti di dizione. Qui il recitativo, per il malinteso tentativo di essere dolci e trepidanti è spesso querulo e manierato ed una frase come “i giorni miei salvasti” diviene una lamentela. Nel seguente cantabile la Studer continua imperterrita ad essere lamentosa e basta sentire l’attacco dell’aria dove la voce passa dalle note precedenti il passaggio “selva opaca”, che suonano tubate a preparatorie del passaggio e del passaggio medesimo “deserta brughiera” per sentire suoni stretti in gola, e non saldissimi. Le cose non vanno meglio quando compaiono tre quartine “le mie pene udrà” che sono strascicate come esecuzione del suono e non scandite nella dizione e nella sezione conclusiva dell’aria dove complice il mutiano metronomo, sempre efficientissimo ed in orario come i treni del regime, le ripetizioni sono tutte uguali anche se per dote naturale i la sono facili, un po’ meno il si nat.
La Cerquetti nel cantabile sfoggi prima di tutto un legato perfetto (anche grazie al tempo staccato), che consente di distinguere le singole frasi musicali e che è la derivazione del controllo del fiato, anche quando la cantante emette un la acuto non felicissimo (è un suono un poco fisso). La dizione è perfetta, le fiorettature eseguite senza intoppi né relativi al canto né relativi alla dizione e la cadenza presa di slancio facile anche negli acuti estremi, ufficialmente il tallone d’Achille della cantante.
Insomma per chi vuole sentire un modello di canto all’italiana la Cerquetti, un esempio –usando il cellettese- di eurosbobbico (ad onta di un timbro sontuoso) la Studer. Differenza non da poco.
Anita Cerquetti, una delle più belle voci che io abbia mai sentito.
Cheryl Studer, mediocrissima cantante su cui le case discografiche hanno scatenato le loro più assurde fantasie.
Insoma un confronto assolutamente spietato. Mi piace!!!!!!!!
Favolosa davvero la Cerquetti, soprattutto il recitativo. E non è peraltro solo un fatto di “dizione”… E’ proprio il cantare, il DIRE con semplicità, emettendo la voce nitidamente sulla parola, dizione da attrice di prosa o meno. Posso già dirmi soddisfatto di quelle frasi così perfette nel centro, per cui pazienza per gli acuti un po’ duri e bianchi, difetti che comunque in bocca ad un’altra cantante forse passerebbero inosservati, qui risultando evidenziati proprio per il contrasto con la perfetta morbidezza del centro.
Il recitativo è stupefacente… Lo stavo notando anche io.
E poi che espressività. Il dire, appunto…
Ad onor del vero, le recite di Guglielmo Tell inaugurarono la stagione 1988/89. Saluti….
Non ci sono dubbi su quale sia l’interpretazione migliore ma non disprezzerei la Studer per la quale anche Celletti ebbe parole di elogio. Secondo me fu un problema di repertorio e fu troppo pompata dalla DG , ma la ricordo bravissima Contessa nelle Nozze con Muti. Concluse la recita appoggiata ad un bastone dopo una caduta dietro le quinte. Confronto impari ma molto interessante. Grazie
la studer fu oggetto di discussione con celletti, che non l’aveva mai sentita in teatro, ma solo per tramite dei ben corretti dischi DG, e che era convinto la voce fosse di limitato volume. Al contrario il volume, naturale, c’era come le stecche e la difficoltà ad intonare derivata da un inesistente sostegno del fiato. I risultati di tale approssimazione non tardarono a farsi vedere!!!
Considero quest’aria, proprio perché – come ben ha rilevato il Donzelli – estranea alla più tipica vocalità rossiniana, tra le cose migliori scritte dal compositore pesarese.
E questo tuo commento, specchio e cartina di tornasole dell’assoluta serenità di giudizio che lo ispira, uno dei migliori mai apparsi sul sito.
Che dire? La classe non è acqua!
La Cerquetti è favolosa… peccato che non si trovino molti dischi, mi custodisco gelosamente il recital della Decca… per quanto riguarda la Studer è stata distrutta dalla DG facendole incidere anche cose non adatte come Traviata, Rigoletto, Lucia… ricordo una sua Aida in diretta dal Covent Garden davvero obrobriosa
ma che paragone è ? Uno dei pià grandi soprani del dopoguerra (seppure di corta carriera) contro una sopravvalutata che cantava bene Strauss e Wagner (e qualche Mozart) che poi si decise dovesse cantare di tutto e cos’ fin’ in fretta ? Piuttosto io trovo molto bella quella incisa dalla Caballe che poi la eseguì molto bene in un concertone in TV con Abbado
Non sapevo che la Studer fosse umbra…