L’arrivo di Romeo alle tombe dei Capuleti ed il saluto funesto e disperato al tempo stesso principia il tragico finale dell’opera
dove, troppo tardi, la morte apparente è disvelata. E’ una pagina molto amata dai tenori drammatici o di forza, che affrontavano l’eroe di Gounod per l’incedere declamatorio e la zona centrale in cui si dispiega la sapiente scrittura vocale. Ad un paio di grandi tenori di forza francesi come Agustarello Affre e Paul Franz appartengono esecuzioni di assoluto riferimento. Aggiungo che nessun tenore di nessuna epoca e di nessuna categoria vocale può reggere il confronto con lo splendore vocale, la sapienza tecnica ed il gusto interpretativo della pagina realizzata da Fernand Ansseau, il più completo tenore francese (anche se era belga) della prima metà del XX secolo. Pertanto inutile ed impietoso proporre a metro di paragone il tenore belga e, pure, i maggiori tenori di forza francesi prima citati perché, mi sia concesso il gioco di parole, gli attuali tenori che, credendosi e spacciandosi per tenori di forza affrontano il personaggio sono in realtà tenori di sforzo.
Quindi meglio confrontare il maggior ed ultimo rappresentante della grande scuola del canto di grazia francese Alain Vanzo e Roberto Alagna, che se non giocasse ad emulare la fabula della rana e il bove ed avesse una completa cognizione tecnica sarebbe un tenore di grazia come lo fu costantemente, supportato da un timbro splendido in natura, per circa trent’anni Vanzo.
In realtà le osservazioni sull’esecuzione si riducono ad una sapere o non sapere eseguire il passaggio superiore della voce ed a quali risultati vocali ed interpretativi porta. Perché il canto di scuola consente molte sfumature, quello dilettantesco solo la realizzazione di un Romeo, che declama la propria disperazione agli altri occupanti le sepolture Capuleti.
Basta la frase iniziale “c’est la” per sentire da Vanzo un timbro morbido e dolce attaccare un re 3 e da Alagna una voce grossa cantare la stessa nota. Interpretativamente un innamorato confrontato con “il sotterun” (per dirla alla milanese), che indica la più recente inumazione. Alla prima invocazione si confrontano una voce bella perché ubicata nel posto giusta ad una che canta per dote naturale. D’altra parte la nota più acuta è un do centrale. Solo che nell’accento aulico di Vanzo c’è l’esagerazione del disperato pronto al gesto estremo e quindi enfatico al punto giusto. Appena si entra nelle “criticità” della voce per dirla con l’attuale politichese ovvero il fa di “UN tombeau” il suono di Vanzo è aereo e librato sul fiato (senza peso dicevano i vecchi maestri di canto) quello di Alagna grosso e mal messo. Non solo ma in Vanzo cambia, per la manovra del fiato, il colore della voce, che diviene più dolce, e l’accento che è tenero ed accorato e che consente di realizzare l’aukesis interpretativa che si compie con uno squillante sol di “séjour ME”, suono aperto nell’esecuzione di Alagna, che ovviamente suona aperto sui vari seguenti fa di “salut, palais splendide”, invece, sono sonori in Vanzo che emette un altro sol acuto su “radieux” che rispecchia per sola virtù di suono il significato della parola. Cantare sulla parola, mi pare si chiami!!! I sol acuti di Alagna sono, invece, spinti e stretti in gola.
Per capire la differenza di risultato basta sentire due frasi e precisamente “viens offrir” dove la voce sale da do centrale al sol diesis e quella di poco successiva “sur ton front” dove dal mi si sale al la per capire che il mi acuto d Vanzo è la nota di un cantante che manda la voce nella cosiddetta maschera, mentre Alagna (di cospicua dote naturale) non esegue correttamente il passaggio e quindi emette i primissimi acuti stimbrati. Che il canto in zona di passaggio sia spontaneo in Vanzo e difficile in Alagna emerge nella frase “est-ce pour me jeter plus vite etc” che batte quasi in omofonia il mi acuto per salire al sol, che in Vanzo ha il colore e il peso delle note precedenti mentre in Alagna suona bianco e stimbrato. Nell’intera perorazione finale da “o mes bras donnez etc” i suoni di Vanzo consentono al cantante di cantare il passo con straordinaria levità e dolcezza e di squillare sul la acuto conclusivo, che è, nell’esecuzione di Alagna, il prototipo del suono di gola. Gola privilegiata, ma pur sempre gola!
E con la gola e la dote naturale non si né interprete e, talvolta , neppure esecutori.
ahahahah grande Donzelli, la categoria vocale dei “tenori di sforzo” è un marchio da registrare! quando si dice il dono della sintesi!
http://youtu.be/BOx-YHyESXY
Bravo, bello e dotato il nostro Alagna agli inizi inizi: peccato che dal debutto ad oggi il suo percorso sia stata una storia di decadenza totale.
Tipico esempio di andamento iperbolico della carriera (tendente asintoticamente a ZERO mano mano che il tempo passa).
Io sta storia dell’Alagna “dotato in natura” e dal “timbro opulento” non l’ho mai capita. La sua voce mi è sembrata sempre intubata, ingolata, fissa e metallica; brutta proprio come qualità e a prescindere dalla tecnica inesistente e dal canto berciante e strillato che ha sempre proposto. Comunque è sempre più ridicolo nella pretesa di considerarsi tenore totale e nel voler cantare “il repertorio”. Le sue recenti uscite come Chenier e Calaf sono state al limite dell’osceno (il bello è che lui ci crede sul serio e, come dicono a Roma, “se la sente calla”, vedasi la burbanza con cui tenta più volte l’ascesa al do su “Principessa altera” per ficcarsi poi la coda tra le gambe). E per la prossima stagione debutta Otello a Parigi. Vabè, pazienza, io nun me lo vado a vedè.
Anche se il pianista s’ha da sparare, trovo Alagna molto promettente (eccetto chiarissimi difetti: spesso calante e stonato per il suono leggermente indietro nel grave, le salite al la in “La la là lalalalaaaa”, spesso un po’ mieloso con dei portamenti alla Gigli)
http://www.youtube.com/watch?v=nB1oyduWKvQ
PS il video è del 1987, mio anno di nascita XD
Sull’Alagna di oggi, concordo pienamente; già quando venne fischiato in Aida alla Scala, per me erano fischi meritatissimi!
Concordo .Alagna a inizio carriera era molto promettente .purtroppo oltre alla precarieta’ tecnica c’e’ una presunzione di fondo ,errati consigli e compagnie da dimenticare.
http://www.youtube.com/watch?v=bgbt6Y-Gius
Talvolta fa scelte di repertorio appropriate…
Concordo, io non ero lì quella sera, ma quando l’ho sentito mi sono detto che l’avrei buato anch’io, e di brutto.
Ha tirato là come fosse uno straccio la Celeste, e poi si è pure offeso !
Ammazza che coraggio !
Ha la voce “grossa”, ha smesso di studiare da un bel po’ e si sente.
Canta tutto nello stesso modo, Verdi di ogni tipo, Giordano, Donizzetti…
Nel Romeo postato qui per me è inascoltabile, poi confrontato con Vanzo.., povero figlio puo’ solo soccombere.
Non mi capacito della definizione di Alagna promettente: di chè ?
Già alla scala il suo rigoletto con Muti mi sembrava una chiara forzatura. Voce tonda certo, ma grezza e involgarita da una voglia di
emergere. Vanzo lo ascoltai solo una volta dal vivo a parigi nel 1984 in un Werther e mi bastò per capire che era un fuoriclasse, comunque.
Mai una forzatura ne un cedimento al compiacimento di una tecnica da sballo. Sono sempre più convinto che chi non possiede una vera perla di voce emerge ancor più per capacità espressive.
E’ proprio nello sforzo di seguire le indicazioni in partitura che si riscattano i più bravi, non i più “belli”
Concordo: gentaglia come la Gheorghiu, la Netrebko, Alagna, Alvarez, Grigolo, etc sono cantanti con delle voci di bellissimo colore. Peccato che si autocompiacciano, non studiando e auto-distruggendosi (con dietro tutta la loro macchina di propaganda pronta ad applaudire tutto, pure le stecche come il buon Domingo insegna!).
Non si puo ‘ infatti parlare del Rigoletto scaligero per giudicare le qualita’ di inizio carriera di Alagna ‘ io lo ascoltai anni prima nella stessa opera a Tolosa e in Traviata a Genova e effettivamente la voce aveva una certa qualita’. Poi e’ chiaro che cosi’ si fa poca strada.