“Invano, Alvaro…Le minacce e i fieri accenti”. Quinta puntata: the Americans

Jan Peerce & Enzo Mascherini  live broadcast 1950

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 Jan Peerce made his debut at the Metroplitan Opera as Alfredo in „La Traviata“ in 1941,  five years before his brother in law, Richard Tucker made his as Enzo in „La Gioconda“.  Although Tucker had married Peerce´s sister in 1936, the two men, from a certain point on, did not speak to each other anymore (Peerce did not speak to Warren either in later years) and their relationship was yery complicated. – Peerce was convinced (and rightly so) that he had contributed to bringing Tucker to the Met and felt that Tucker was not only being ungrateful, but that he was overshadowing him. Two tenors in a family are one too much, especially since both men had very proud and strong personalities. Yet – both generally refused to discuss their „issue“ in public.

Alvaro is not a role one associates primarily with Peerce. He sang Alvaro sporadically from the late 1940s on, at the Met only in the season of 1962. It was Tucker who „owned“ this role at the Met practically since his role debut in 1952.Yet, Peerce was such a musical and clever singer with such an excellent technique that he could afford to stray from his usual repertory (which stretched from Bach and Mozart to Verdi) every once in a while.

This version with Mascherini shows in an excellent way the difference between a modest voice, steered by a great and expert singer and a beautiful and gifted voice, but a not more than average singer.

To listen to Peerce tackling a role which on the whole is too heavy for him is highly interesting: all he actually does is darken the voice (naturally) and add more accento and vocal focus. He is not broadening the sound, but bundling the tonal concentration, without putting eccessive weight on it. Not for one second the voice sounds forced or over-driven. What it lacks occasionally in dramatic outburst Peerce is compensating with accento and fervent diction. The voice is in splendid shape here in his mid-Fourties (even though with slight nasal inflections)  totally even in range (even „io mi prostro al vostro piè“ which puts most tenors in considerable difficulty – here, Peerce catches it actually better than Tucker) and totally secure.

In this concert broadcast from 1950 Mascherini makes it clear from his very first words on who is the bad guy here: singing out fully in the recitative, his diction is good and incisive, but his singing is not really nuanced. His ringing top is impressive („da un lustro n´ero in traccia“). Yet, often he tends to open too much, sounding a bit driven at „tu contami il mio nome“ and „una suora mi lasciasti“ and low range not well focussed.

Peerce´s „Vissi nel mondo“ boasts a perfectly focussed and concentrated tone and an incredibly steady vocal line. „più non brAAma questo cor“ and „cOODAAardo“ is perfectly covered and steady, but not overcovered.  „Sulla terra l´adorava“ is not exactly „dolce“ as noted in the score and „l´amo ancor e s´ella m´AAma più non brama questo cor“ is impressive but does not have the beautiful climax and vocal line of Pertile. Peerce´s „un brAAAndo, un brAAndo – uscIIIte“ has a great ring as has „l´inferno non triOOOOnfi“. More than a routine version, but not an outstanding one – yet Peerce teaches many a vocally more gifted Alvaro a lesson…

Richard Tucker & Leonard Warren live MET 1956

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Alvaro was one of Tucker´s trademarks during his career and at the Met he practically owned it from the day of his debut in 1952 as long as he lived.

 Warren is more nuanced than Mascherini and starting off more pensative building a climax to „il sangue sarà il tuo sangue“ calming down on „lo giuro a Dio“ erupting only when he faces Alvaro „Riconoscimi!?!“.

Tucker´s „Vissi nel mondo“ does not have quite the urge and concentration of Peerce´s but he soars out beautifully and effortless in „Le minaccie, i fieri accenti“ with a perfectly placed „o fratEEEL, pietà, pietà“) Stiedry takes quite a broad tempo, a bit too much so for my taste, but both singers have enough breath reserve as to be put into difficulty. Like Peerce´s „sulla terra l´adorava“ Tucker´s isn´t really „dolce“ either. „Non si placa il mio furor“ is quite slow, giving Tucker ample opportunity to show his endless breath for „s´ella m´ama più non brama questo cor“. „Ah la macchia del tuo stemma“, „sangue il tinge di mulatto“ and „ti fai dunque di me scherno“ finds Warren with a terriffic „grinta“. What occasionally is a bit tiresome is his „whiny“ sound. Tuckers full and ringing top at „un brAAAndo, un brAAndo“ is impressive.

 Even if the italian diction is a bit marred occasionally, this is a great version. Dramatic, intense with great vocal outpour – yet mostly fully sung out and concentrating more on the big picture, lacking just a little in structure and nuance.

 bis: Richard Tucker & Robert Merrill  live Boston Pops 1973

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I have included this „bonus“ for two reasons: first, because we have to have Robert Merrill in here (although he is past his prime in 1973) and second because it is fascinating to watch Tucker sing. Listen to „assistimi, signore“ and „le minaccie, i fieri accenti“ and „sulla terra l´adorava“ – still sounding solid as a rock at the age of sixty he/they would bring any house down at any time.

29 pensieri su ““Invano, Alvaro…Le minacce e i fieri accenti”. Quinta puntata: the Americans

  1. non che ami le graduatorie, ma tucker è l’ultimo tenore romantico che vesta i panni di don alvaro. Quanto a fierezza di accento, slancio, eroismo neppure bergonzi ( fraseggiatore irripetibile, ma non Pertile, per essere chiari) regge il confronto con il robustissimo richard.

    • Io condivido quello che scrivi su Tuker, però aggiungerei che aveva una voce molto fonogenica o piuttosto un brio e una vitalità che molti grandi (pensa a Bruson o Kraus) in sala d’incisione non riuscivano ad esprimere. Dal vivo, come fu per Bjorling, le cose pare non funzionavano altrettanto bene. Nello specifico pare che Tuker, che nell’ultima parte di carriera frequentò spesso i teatri italiani, presentasse talvolta nel mediun vuoti, opacità e legnosità che in disco non si avvertivano.-

        • certo, ma anche i suoi live italiani sono ottimi all’ascolto. Quanto scritto e’ quanto riferitomi da chi lo ascoltò dal vivo e lo si legge anche in alcune recensioni dell’epoca. Ma niente di grave anche la Dupuy dal vivo era diversa da come poi risultava nelle registrazioni…la fonogenicità non é un istituto assolutamente campato in aria

        • basta sentire le registrazioni della Miller scaligera, del Trovatore parmigiano e fiorentino. Tucker stava fra i 54 ed i 57 anni se non mi sbaglio , cantava dal 1940 circa….. al massimo si sente un cantante che talvolta sfuma e modula con parsimonia. Ti invito a sentire un concerto del 1970 dove Tucker attacca la furtiva lagrima ed “oh soave fanciulla” con una tenerezza di accento ed una morbidezza oggi sconosciute anche al più promettente dei debuttanti
          http://www.youtube.com/watch?v=gkSib3VAPIU
          http://www.youtube.com/watch?v=0wyR8YSFVwA
          tanto per documentare

          • gli estratti da youtube mi sembrano più che altro utili a certificare quanto ricordato da Mozart circa volume e squillo (a orecchio il duetto della Boheme mi sembra anche in tono). Poi Donzelli devi sempre piangere sul tempo passato…mica vorrai vincere per il quarto anno consecutivo il premio “Fazzoletto Scottex d’Oro”?…Celso Albelo a Venezia aveva fatto un ottimo Nemorino, tanto che il compassato pubblico della Fenice chiese e ottenne il bis

  2. Ascolti piacevolissimi e molto istruttivi. Anche buffi, in questo caso più la visione che l’ascolto: il video di Tucker e Merrill è fantastico: sembrano due rockstar un po’ appesantite dagli anni, con quegli smocking così anni settanta e le pettinature poi, Tucker soprattutto.
    Ma le voci… beh, tolto il fatto che io non amo Merrill (non è una questione, come dire, vociologica; è questione di pelle), abbiamo sotto le orecchie prima di tutto e soprattutto dei professionisti del canto, la cosa di cui oggi si sente maggiormente la mancanza. Peerce è splendido; esiste un documentario su di lui presentato nientemeno che da Isaac Stern, nel quale canta una canzone (“Blue Bird” o qualcosa del genere) in età avanzatissima e la voce è ancora tutta lì, avanti, timbrata, squillante, non bella certo, ma salda. Professionismo, appunto. E la domanda che mi pongo ogni volta che ascolto cantanti come questi è: come si può, oggi, pensare di essere grandi artisti se non si è nemmeno in grado di esercitare la professione con onestà e sicurezza? Altri tempi. Il video è anche molto istruttivo poiché si nota che i due, non più giovanotti, non fanno il minimo sforzo per produrre il suono: aprono la bocca e la voce e lì, e che voce. Dovrebbe essere una visione obbligatoria ovunque si pretenda di insegnare il canto.

    • se così non fosse stato come giustifichi e comprendi trent’anni di carriera, ritmi massacranti, la capacità di alternare ruoli leggeri a ruoli pesanti. Su Tucker basta sentire il racconto di Madga Olivero.

      • Oh beh, non giustifico perché giustificare non è mio compito e cantanti di questo valore non hanno bisogno del mio benestare; basta la mia ammirazione. Invece, avendone gli strumenti, comprendo benissimo la carriera e la versatilità: quando sai governare il tuo strumento come questi signori, puoi farne un po’ quello che vuoi. Faccio solo un esempio, del resto segnalato giustamente anche da Frau Kurz: basta sentire come Peerce risolve senza il minimo pensiero la frase “l’inferno non trionfi”, scritta in una zona fondamentale per l’equilibrio della voce di tenore, per capire che ci si trova di fronte a un cantante con i controfiocchi. E tanto basta. Ripeto: oggi son cose sconosciute ai più, fra chi si picca di praticare la professione di cantante. Peccato.

    • Tucker è una colonna di suono di impressionante omogeneità. Nonostante la dizione non sia mai stata perfetta ha sempre avuto un gran senso della frase; è vero, non sarà Pertile ma dopo di lui un attacco di “vissi nel mondo, intendo” facendo sentite quella “virgola” che separa le due frasi, non si è più sentito. Questi video sono straordinari e dovrebbero veramente far riflettere le attuali generazioni di cantanti ed essere oggetto di studio. Fortunatamente qualche video di Tucker si trova, qualcosa di Corelli, tra i Baritoni I pagliacci con Protti. Protti ad esempio, non sarà Galeffi o Basiola ma cantava così http://www.youtube.com/watch?v=10Lt_pFt8_8 … ma dico io, se nessun baritono degli ultimi 30 anni ha cantato il finale del prologo dei pagliacci senza strozzarsi, ci sarà pure un motivo, o no?

  3. Concordo con Mozart.
    A sentire Tucker nel ballo a Verona nel ’72 ci sono andato anch’io e la voce c’era tutta.
    Personalmente, fra l’altro, l’ho sempre considerato uno dei migliori Riccardo in assoluto, aveva tutta l’estensione vocale necessaria e tutta la gamma dei colori per la parte.
    La sua padronanza della voce era evidente, gran uso del fiato e gran tecnica di emissione, non forzava mai.
    Stare a quei livelli a quell’età – 59 non sono uno scherzo – non è casuale e il Ballo non perdona.
    Ho anche parecchie registrazioni e devo dire che sono d’accordo con Selma, anche a me dal vivo aveva fatto una impressione migliore che su vinile, “il ragazzo” sul palco era bello da sentire.
    Quanto alla fonogenicità della voce, in generale è sempre un bene, nel suo caso è innegabile.
    Ripetitivo dirlo, ma averne oggi !

    • ragionavo a voce alta con madama grisi oggi a pranzo avere tucker/peerce tenori, tucci/carteri/stella/ soprani ( per qualche recita la jurinac e la steber applicata al belcanto), zanasi/taddei/mac neil baritoni metti in scena quasi tutto quello che vuoi dal 1840 in poi…… e in fondo proprio fuori classe o cantanti storici i sopracitati non lo erano lo so che donzelli delira

  4. Amodomio, io non critico i live di Tucker, riferivo di pareri e recensioni sentite nel corso degli anni. Poi il suo Alvaro l’ho sempre detto é stupendo. In particolare l’ultimo duettone, ma anche il secondo con Tagliabue é al calor bianco. Trovo che anche Carreras alla Scala nella stagione del bicentenario fece un Alvaro che nella resa complessiva e sotto il profilo della comunicativa non era inferiore a nessuno. Come ci sia riuscito viste le deficenze tecniche ed un registro acuto di second’ordine sono i misteri (o miracoli) della lirica. Ma Carreras era così…si pensi al suo primo Chenier alla Scala o, sempre alla Scala i suoi Lombardi.-

      • hai ragione i pareri é meglio lasciarli…cmq per me è stato interessante leggere le testimonianze di Mozart e Akonkagua che Tucker l’hanno sentito per davvero (ovviamente li invidio un po’). Oggi mi sono ri-ascoltato il Tannhauser di Khun alla Scala (quello che doveva dirigere Pretre): Goldberg, Connell, Vejzovic, Brendel…

  5. A parte alberto che parla delle solite chiacchiere meta-operistiche (se proprio vogliamo dirla, Tucker sembra un rospo intonacato) il duetto è semplicemente STUPENDO: a parte la natura vocale veramente felice di entrambi per colore, che tecnica, che fraseggio!
    Gli acuti di entrambi sono DAZZLING! Grazie Selma!

  6. Per albertoemme : ero molto giovane, ventenne, per me Tucker era un tenore che avevo sentito un po’ su vinile – Boheme, Traviata, La Forza, Aida – con una dizione italiana non proprio perfetta, tipo ” O mia Violeta mia Violeta..” prima del duetto del terzo atto di Traviata -, che mi lasciava un po’ perplesso, ma a Verona quella sera con me c’era mio padre, che Tucker lo aveva sentito e mi disse che, età permettendo, sarebbe stato una sorpresa, e aveva ragione lui.
    Se ho ben capito Mozart ha avuto la mia stessa impressione positiva, io col senno di poi – l’esperienza – lo ricordo saldo e omogeneo nei registri, e squillante negli acuti, correrei ad ascoltarlo anche oggi come allora.

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