Proprio dopo il Bolero di Elena nei Vespri Siciliani del 1989 la via crucis scaligera di Cheryl Studer visse una delle sue più rumosose “stazioni” ( qui opportuamente tagliate dagli editors del video ). Voce importante e sonora, di grande qualità timbrica, stupendamente lirica, quella del soprano americano possedeva anche la prerogativa della quasti totale mancanza di appoggio, una rarità assoluta in quegli anni. Mai collocata su ruoli a lei naturalmente adatti, ma costantemente spinta su parti o dal tasso tecnico troppo elevato quando non eccessivamente drammatiche, Cheryl Studer elargì con generosità la sua voce senza mai riuscire a prodursi in esiti davvero convincenti. Il suo è il tipico caso di superdotata vocale, priva della solidità necessaria nei fondamentali del canto. Troppo spesso stonata ( era capace di cantare intere frasi senza cogliere con esattezza le note, sollevando le reazioni del pubblico non soltanto italiano ), sia a voce piena ( e la voce era davvero tanta… ) che nei falsettini, tremendamente miagolati, soprattutto in acuto ( qui udiamo uno dei suoi passaggi più celebri a 3:33, che in quella serata fu il degno contraltare ai coglii della scala in cadenza dell’ “Arrigo ah parli un core”.. ) con cui era solita arrabattarsi, temeva anche le discese ai gravi, che in parti come Elena debbono essere gestiti con ben altra perizia tecnica. Taccio dell’esecuzione delle agilità, spesso spappolate, mai nitide, se non cempennate, come in questo bolero. Inutile parlare di espressione o fraseggio in una cantante inerte, di poca personalità anche scenica: forse l’eccesso di dote fu il suo vero handicap, perchè tutti credettero, forse lei per prima, di essere in presenza di una grande cantante eclettica e duttile, dalla voce sontuosa, destinata a lunga carriera. Il culto dell’universale, tanto caro ai managers, quelli del disco soprattutto, accecò tutti quanti, e si pensò all’inizio che potesse essere una nuova Caballé, o al limite una nuova Katia, cui era affine solo per via dei suoi falsetti (assai più sfortunati!). E invece no, era soltanto…Cheryl Studer. Tante prime, tanti dischi, tanta gloria subito evaporata e poi …il silenzio dell’oblio rapido. Un esempio per i giovani che, magari assistiti da una vera voce, pensano di potersi addentrare nel ritmo della carriera senza adeguata preparazione.
5 pensieri su “Quaresimal XXV: Cheryl Studer”
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concorde assolutamente. Sentita molte volte a Vienna. peccato quando il dono non va accompagnato di cervello. Poi quando ci si cerca i colpevoli per le carriere fallite si deve dire che è solo ed unicamente colpa e “merito” del cantante, chi è il solo a sapere cosa pretendere dalla stessa voce. La responsabilità è tutta sua.
Un caso di elefantessa nel negozio di porcellane
a me e a tanti altri non provoco’ nessun accecamento. in disco era versatile ma dal vivo i momenti d appamnamento erano frequenti. Si pensi al terzo atto del Tell dove arrivava stremata. Per me anche come vice riusuonava piu o meno come la freni matura e una come la Netrebko ne ha molta d piu’. In definitiva una cantante che con piu’ senso della misura poteva essere d piu d quellameteora che e’ stata
oddio..la “Strudelona” come veniva chiamata ai tempi…. voce timbricamente abbastanza gradevole, abbastanza corposa di natura (ne aveva eccome!), ma STONATA come poche altre, certe calate improvvise da far paura! A me comunque ha sempre dato l’impressione di una grandissima presunzione, ogni volta che l’ho ascoltata e vista dal vivo era come se volesse dire: eccomi qua sono IO sono L’UNICA! e poi si mise a far dischi uno peggio dell’altro. Concordo con Albertoemme: al Tell dopo un “Selva opaca” discreto andò sempre più in discesa… e alla grande aria del terzo atto guaiva. Per tacere del finale in cui il do era una cosa che lancinava l’udito degli spettatori… e ora..da quanti lustri disparve???
ho scritto” lancinava l’udito…” vado a ripetizione di italiano, scusate AAAAAAAAARGHHHHHHHHH!!!!!!