ROBERTO DEVEREUX
Madrid, 03-III-2013
Entre el gris escenográfico de la temporada madrileña de Gerard Mortier, una brizna de verde ha despuntado con especial fuerza, demostrando que es el canto y sólo el canto lo que puede poner en pie a un teatro entero. Me refiero a la versión concertante de Roberto Devereux protagonizada por Edita Gruberova. Bastó la primera frase “Duchessa, alle fervide preci” para que la vieja diva eslovaca, a sus 66 años de edad y con 45 de carrera a las espaldas, llenara el teatro por completo, con un sonido en su sitio, proyectadísimo, timbrado, sul fiato, in maschera. Una frase bastó para demostrar que nos encontrábamos ante una resonancia que deja en ridículo incluso a quienes afrontan el repertorio wagneriano o el Verdi pesante. Ella sola sostuvo la velada y dejó testimonio de que no se necesita ni escenografía, ni “Konzept” para que una representación resulte un gran éxito y se celebre con vítores y bravos. En audible buena forma vocal, bastaba la presencia de la diva en el escenario para que, a pesar de Mortier, para notar como cada uno de los espectadores respirábamos con ella. La Gruberova es todavía capaz de cantar siendo ella misma, sin renunciar a ninguna de sus virtudes ni a ninguno de sus defectos, que la han convertido, valga la redundancia, en quien es.
El timbre permanece sanísimo (sólo el centro acusa cierto desgaste — ¡qué menos!) y la firmeza de la voz es todavía pasmosa (exceptuando, claro está, el grave que Gruberova nunca tuvo y que nunca tendrá). El control del aire y la capacidad para sostener frases largas, aunque se haya visto algo mermado respecto a hace tan solo unos pocos años, es aún admirable y le sigue consintiendo prodigar exitosamente messe di voce y todo tipo de reguladores, incluso en la zona alta del pentagrama, y ligar los sonidos con una facilidad remarcable que contrasta trágicamente con la uniformidad dinámica y la ausencia de fraseo que estamos acostumbrados a escuchar hoy en los teatros. También la penetración de la gama aguda permanece asombrosa (a pesar de que, a causa del irreparable avance de la edad, pierde algo de apoyo en los agudos extremos mantenidos, como por ejemplo en el re5 conclusivo). Por lo demás, como ya anticipado, la vieja diva mantiene también sus sonidos fijos, la afinación no siempre intachable (aunque, en este ocasión, estuvo mucho más precisa que en otras recientes veladas y tendencialmente creciente más que calante), el uso abusivo del portamento (curiosamente de forma muy limitada en la escena de salida), el grave grotesco, caricaturesco, hecho de aire caliente, exhibido sin pudor ni tapujos (especialmente en el dramático segundo acto), la falta de la agilidad de fuerza (hoy más evidente que nunca), así como su gusto y aproximación estilística censurable en muchos aspectos. Pero, sin embargo, sigue siendo sorprendente con qué inteligencia la diva afronta un papel tan dramático como Elisabetta, como sabe llevarse a su terreno aquellas partes más dificultosas para sus características naturales e incluso sacar un provecho expresivo (expresionista, más bien) de sus limitaciones (aunque también a veces con resultados poco satisfactorios).
Pero a pesar de estos antiguos defectos de la eslovaca, es imposible no rendirse, o por lo menos sentir admiración, ante la entrega de la vieja diva, ante tal riesgo constante en el canto, ante tal cantidad de figuras virtuosas, ante una visión concreta del personaje desgranada tanto en las pequeñas como en las grandes frases (nos guste menos o más esa visión), sencillamente ante algo que es canto auténtico y espectáculo del sonido (no ladridos, gritos, mugidos, gruñidos o demás sinónimos). Incluso si nada de lo oído no se asemejara para nada a lo previsto por Donizetti, no me hubiera extrañado que el público del Real cayera rendido a los pies de la incombustible Edita Gruberova.
El resto del reparto jugaba, en mi opinión, en una liga diferente. Josep Bros, en el papel de Roberto, hizo gala de su elegante fraseo y de su curada dicción, pero abre excesivamente en el centro y la voz está literalmente rota por encima del pasaje. Ello le obligó a “adaptarse” su gran escena del tercer acto, no sin que ello disimulara sus dificultades para sobrellevar las exigencias de este tipo de papeles. Cabe destacar, por otra parte, la gran química evidente entre el tenor barcelonés y la diva eslovaca, cimentada en una relación artística constante de más de 20 años. Sobre la Sara de Sonia Ganassi me remito a lo dicho ya por activa y pasiva en estas páginas. Sólo quiero añadir que la sentí más engolada, chillona y chabacana que en todas las otras veces que la he escuchada. Indecente sin paliativos Vladimir Stoyanov como Nottingham, con la voz siempre atrás, ensanchada artificialmente, sistemáticamente calante y agudo imposible. Decoroso silencio sobre los coprimarios y el maestro Andreij Yurkevych, cuya única virtud fue la de seguir ciegamente a la diva.
N. Ivanoff
Nel buio scenografico della stagione madrilena di Gerard Mortier, un piccolo spiraglio di luce è apparso con grande forza, dimostrando che il canto e solo il canto può tenere in piedi un intero teatro. Mi riferisco alla versione in forma di concerto del Roberto Devereux con Edita Gruberova come protagonista. È stata sufficiente la prima frase “Duchessa, alle fervide preci” perché l’anziana diva slovacca, con i suoi 66 anni d’età e 45 di carriera alle spalle, riempisse completamente il teatro, con un suono nel posto corretto, proiettatissimo, timbrato, sul fiato, in maschera. Una frase dunque è bastata per farci capire che ci trovavamo davanti ad una risonanza capace di ridicolizzare persino coloro che affrontano il repertorio wagneriano o il Verdi pesante. Lei sola è stata in grado di sostenere l’intera notte testimoniando l’assoluta inutilità della scenografia, del “Konzept” per la buona riuscita e il buon trionfo di una rappresentazione. In una buona forma vocale, era sufficiente la presenza della diva nella scena, nonostante Mortier, per accorgersi che ognuno degli spettatori nel pubblico respirava assieme a lei. La Gruberova è ancora capace di cantare mantenendosi fedele a sé stessa, senza rinunciare a nessuna delle sue virtù e dei suoi difetti, che l’hanno resa, mi sia concessa questa ridondanza, quella che è.
Il timbro è rimasto in ottima forma (solo il centro sta iniziando a subire un certo logoramento, ma è il minimo che potesse capitare), la solidità della voce è ancora stupefacente (ad eccezione del registro grave che la Gruberova non ha mai avuto e mai avrà). Il controllo del fiato e la capacità di sostenere frasi lunghe, anche se più debole rispetto a qualche anno fa, è ancora ammirabile dandole la possibilità di fare delle prodigiose messe di voce e ogni sorta di abbellimento persino nella zona alta del pentagramma, e di legare i suono con una facilità sorprendente che è in evidente e tragico contrasto con l’uniformità dinamica e assenza di fraseggio a cui siamo abituati oggi. Anche la proiezione del registro acuto è e rimane sbalorditiva (anche se, per l’inevitabile invecchiamento, ha perso un po’ di appoggio negli acuti estremi, come ad esempio il re5 finale).
Per il resto, come ho già anticipato, la anziana diva conserva pure i suoi suoni fissi, l’intonazione non sempre perfetta (anche se in questa occasione è stata senza dubbio molto più precisa rispetto ad altre e recenti serate, forse più crescente che calante), l’uso eccessivo del portamento (uso però stranamente limitato nella scena d’uscita), un grave grottesco, quasi da caricatura, fatto d’aria calda, mostrato senza alcun pudore o sotterfugio (in modo particolare nel drammatico secondo atto), la mancanza di agilità di forza (oggi più evidente che mai), così come il suo gusto e l’approssimazione stilistica criticabile sotto molti aspetti. Senza dubbio, continua comunque ad essere impressionante l’intelligenza con cui la diva affronta un ruolo così drammatico come Elisabetta e pure come riesce sia a risistemarsi quelle parti più faticose per le sue caratteristiche naturali sia a tirar fuori dai suoi limiti delle doti espressive (espressioniste direi) anche se con risultati non sempre soddisfacenti.
Ma, nonostante questi antichi difetti della cantante slovacca, è impossibile non inchinarsi, o per lo meno ammirare il mestiere dell’anziana diva, quel continuo rischio nel canto, quella tale quantità di virtuosismi, una visione concreta de personaggio sempre sgranato nelle piccole come nelle grandi frase (piaccia o no quella visione), più semplicemente è impossibile non ammirare qualcosa che è canto autentico e spettacolo del suono (senza latrati, urla, muggiti, grugniti o suoni simili). Se per caso nulla di ciò che abbiamo ascoltato fosse stato simile a quanto previsto nello spartito donizettiano, non mi sarei stupito se il pubblico del Real fosse caduto in estasi tra le braccia dell’incombustibile Edita Gruberova.
Il resto del cast, a mio parere, stava in un altro mondo. Josep Bros, come Roberto, ha mostrato un fraseggio elegante ed una curata dizione, ma ha aperto troppo nel centro e la voce era letteralmente rotta oltre il passaggio. Ciò l’ha costretto a “sistemarsi” la sua grande scena del terzo atto, cosa che ovviamente non ha celato le sue difficoltà al cantare questo ruolo. Bisogna però sottolineare, d’altro canto, la bella chimica tra il tenore catalano e la diva slovacca, chimica risultato di un continuo rapporto artistico iniziato quasi 20 anni fa. Riguardo la Sara di Sonia Ganassi, rimando a quanto detto in queste pagine. Vorrei solo aggiungere che l’ho sentita più ingolata, strillona e grossolana rispetto alle altre volte. Indecente senza palliativi Vladimir Stoyanov come Nottingham, con la voce sempre indietro, gonfiata artificialmente, sistematicamente calante e col registro acuto impossibile da raggiungere. Decoroso silenzio sui comprimari e pure sul maestro Andreij Yurkevych, capace solo di seguire ciecamente la diva.
(traduzione di Manuel Garcia)
com’è possibile scrivere queste cose. La Gruberova riempirà il teatro con la sua voce ma ora sono versi, grida. Poi pensatela come volete. Nemmeno la Callas del 74 cacciava urli di questo tipo. Mi meravigliano due cose: la prima che lei sentendosi non capisca che è ora di smettere, la seconda che il pubblico la applauda. Prego riascoltate quanto avete postato da you tube e aggiungete il finale di Stuarda, Borgia cantati nel 2012 e vi renderete conto dell’assurdità di scrivere un simile articolo.
eh caro domenico, giusto oggi ho sentito due amici, diversi per formazione, nazionalità e competenza, per nulla giovani, ed entrambi hanno detto che è stata una esperienza fantastica. Che la voce era sonora, enorme e trasparente….sotto niente, ma due spanne su tutti oggi. L’articolo non è infondato ma obbiettivo, e lucido, non scritto da un fan ma da uno che sente bene anche i difetti. Che ti devo dire…….quello che penso è sempre ciò che ho scritto recensendo il concerto in scala..
scusate,ma a 3,59 cosa sarebbe un acuto ?
se è un omaggio alla carriera,niente da dire,ma forse un ritiro sarebbe auspicabile
Perfettamente d’accordo con Domenico: siamo in zona Foster Jenkins; intollerabile per chi ha a cuore intonazione e fraseggio.
Meglio fora se avesse taciuto.
perfettamente d’accordo
Finché persistono catorci quarantenni (non nel senso della durata delle carriere) come la Netrebko, che presto, stando al gossip, debutterà Lady Macbeth, la Gruberova e le altre “velone” della lirica sono autorizzate e anzi incoraggiate a dare il meglio (che spesso coincide con il peggio) di loro stesse.
tamburini ,ma non è meglio farsi rimpiangere ? cosa può più dimostrare ormai ? Capisco che è una cantante che ti è sempre piaciuta,ma tutto ha una fine. Se almeno avesse quel minimo che è rimasto all’altra anziana,cioè la Devia
La Gruberova non ha più gli acuti estremi (ma i primi reggono ancora) e ha mantenuto il centro della voce, alla Devia sono rimasti gli acuti estremi, al centro e nei primi acuti rispettivamente il nulla e suoni acidi e tirati. In due insomma fanno una voce, ma l’artista latita, per ragioni diverse, nei due casi.
Antonio, la dignità non ha prezzo. Poi è inutile fare paragoni. Capisco essere fan. Io amo ascoltare la Gruberova degli anni d’oro, ma anche d’argento. Ora siamo invece gli anni di latta. Oppure, meglio, d’alluminio.
http://www.youtube.com/watch?v=KjSddRZ5kvY
ascoltare per credere- Questo finale di Lucrezia del 2012 dimostra quanto dico. Ogni anno ha 4 stagioni. Si inizia con la primavera. Ma quando viene l’inverno meglio ritirarsi in casa. Vale anche per le voci. Poi perchè dopo una carriera importante farsi deridere? Avete mai sentito la Horne, la Sutherland ma anche la Tebaldi Schipa Gigli ecc ecc in condizioni simili? Giusto la Caballè sta rovinando il suo splendido ricordo con concerti scandalosi.
dimenticavo: questo finale di Lucrezia è stato postato nel 2009. Sono passati ancora 5 anni !!!!!
guarda, non ti contraddico mica. Pare che dal vivo sia stata come ho scritto, hanno detto la stessa cosa altri due che non sono ivanoff. L’audio è osceno.
Sai, ti dico che il Devereux recensito non era per nulla così. Negli ultimi anni, gli ho sentito serate buone (come era il caso), serate regolari e serate veramente brutte. E guarda: le serate buone sono ancora buone. E debbo dire che perfino nelle serate brutte ha quei cinque minuti che ci offrono più che tutti oggi in carriera. Io lo penso così. Penso che chi ancora può eseguire una VERA messa di voce su un si bemolle alcun rispetto merita. Ma hai ragione: questo questo devrà finire presto in alcun punto, perché il declivio è sempre più evidente. Non lo nego. Neanche dico che quello che fa lei sia proprio “belcanto”. Neanche dico che mi piaccia completamente. Ma sì dico che è il più avvincente che si può sentire in teatro: tutti stonano, ma nessuno tranne lei fa una VERA messa di voce, un VERO trino e un VERO piano (con quella proiezione!). Ed in questo Devereux lei era in buona forma e ci ha offerto molto più che soltanto cinque minuti. Penso che normalmente alla sua età non dovrebbe essere recensita (come non lo merita la Caballé odierna), ma il Devereux recensito lo meritava, non posso dirti perché, ma lei era in buona forma… Mi spiace per te, ma era così.
Mah, caro Ivanov,
Ho smesso di seguirla da qualche decennio dopo una sua Chamounix a Milano, ma ho dovuto sorbirmela per ovvie ragioni attraverso i dischi ed i celebri “live” per molto tempo ancora.
Non ritengo che quelle siano le “vere messe in voci”, e i “veri piani”, Non ritengo lo fossero neppure trent’anni or sono. Sono l’espressione di una scuola di grandissimo lignaggio vocale e di un gran controllo del fiato. Cose che han fatto anche altre. E, penso sia molto difficile, se non assolutamente impossibile, che a sessantacinque anni si possa cantar meglio che a quarantacinque. Ne ho gia’ sentiti troppi di “miracoli di longevita’”. I miracoli se non li fai a quarant’anni, caro Ivanof, non li fai piu’, …al limite li rinnovi, ma per cio’ bisognerebbe tornare ad Elisabeth Schumannn o a Sergei Lemeshev. ….No Match.
Non vorrei sembrare troppo cattivo, la considero un grande nome del dopoguerra, ma per favore , basta. Basta con sempre tutte queste scuse, e l’eta’, e il ruolo, e il marito, e l’acustica, e la serata sbagliata, e com’era stupenda due giorni dopo, e com’era partecipe alla prova generale….e, quante palle!!!!
E poi, l’intervista prima del brano, parlando del Devereux : “Donizetti hat fuer meine Stimme komponiert”,
ma vaaaai, va’!
Pensava proprio alla tua Stimme il povero Gaetano quando scriveva il Devereux e godeva dell’intima compagnia di Giuseppina Ronzi- De Begnis!
Edita Gruberova e’ una diva dell’opera, una di quelle che devono la propria fama a dei periodi CONCRETI vocalmente parlando (Me la ricordo bene, sai, la sua splendida Konstanze al debutto scaligero quando sostitui’ LA SIGNORA Cuberli),
non e’ una porella qualsiasi, ma quello che e’ oggi, e’ il risultato dell’agire di una coorte d’ammiratori che, come nel caso di altre celebri primedonne, e pur amandola alla follia, contriburiranno a lasciare ai posteri prove d’una bruttura vocale che, una grande cantante come lei non avrebbe meritato. E come si sa’, alla grandezza artistica, spesso non sono abbinati comprensione, logica, amor proprio, autocritica etc etc etc.
io portai mia sorella al penultimo concerto alla Scala proprio per farle sentire dal vivo quello che é il corpus di una grandissima. Tuttavia fece un programma molto ma molto prudente e anche i bis si limitarono all’aria della Beatrice di Tenda eseguita con tutte le baracconate del caso ma con un sopracuto finale non perfettamente intonato ma al fulmicotone (stile vecchio Lauri Volpi x intederci). Io non posso non condividere le perplessità di Domenico e Pasquale e pure della Lily con la quale sono spesso in disaccordo ma perlomeno qui si dimostra assolutamente coerente con le sue note stroncature.
Devo applaudirla,
Veramente non conosce la vergogna!
Comprendo ciò che Ivanoff apprezza nella vecchia diva, ma non lo trovo sufficiente per farmela piacere.
Quanto ascoltato nel video, non mi pare buon canto, anche se sul fiato…. Sento, piuttosto, un eccesso di suoni fastidiosi, strilli e stonature, una voce puntuta e fissa in alto, che nel centro abbaia, espressione non pervenuta….
Direi, che anche cercare di rivalutare la Gruberova di oggi per pochezza altrui, non riesca a giustificare o migliorare l’esito di tale indifendibile performance.
Per Olivia.
Hai ragionissima, che ce ne frega se la Netrebko cantera’ Lady, o se la Baltsa l’ha cantata o se Pincopallo non la cantera’ mai?
E’ un Devereux accettabile da gente che che sta attenta in alcuni casi alle virgole, quello postato?
E che ce ne frega se il suo pubblico continua ad applaudirla?
Perche’? I Villazon e i Cura non vengono applauditi?
In quel caso il pubblico e’ incolto e becero, mentre quando applaude
sta’ roba riconosce il “canto sul fiato” o la “proiezione”?
Ma per favore….
Per Domenico.
Ben tornato, spero tu stia bene.
grazie per il bentornato. Mi sono beccato immediatamente l’influenza. Ho letto un commento sulla Gruberova . L’hanno paragonata ad Albin del film il vizietto. Gli atteggiamenti, le mani, gli sguardi, il togliersi la parrucca. Non ribadisco il lato canto che è penoso. Veramente la Cage aux folles.
ritengo il video postato una mala scelta, ciò premesso , riagganciandomia lily bart, le ragioni del successo attuale della gruberova vecchia per nulla casuale. E razionalmente spiegabile. Anche a chi, come me, è sempre piaciuta poco per ragioni di gusto, nel repertoruo italiano soprattutto, fa impressione il tipo di suono capace di produrre al centro e in quei momenti i cui la vecchiaia sospende la sua presenza. Ed impressiona doppiamente per la sua espansione, proiezione, perfetta trasparenza, il volume, superiore ad ogni cantante wagneriano oggi in attività perchè oggi udiamo solo suono malmessi, voci piccole, ingolate, spinte e fibrose, vociacce sgarbate. La cantante è stonata e nessuno lo nega, ma i melomani fanno esperienza con lei del grande suono della voce lirica che possiamo immaginare soltanto attraverso i idischi ma non epserire in teatro. L’esperienza sonora di quanto immaginiamo delle galli curci, dellle toti, ma anche delle altre voci maschili e femminili, il pubblico oggi la fa a trattii con frau edita, così come si è immagintata lo splendore della sutherland attraverso gli acuti e sopracuti della piccola voce della devia, farneticandone l’equivalenza con la grande dame. Questi successi per una vecchia signora provano il bisogno che abbiamo della meraviglia sonora della voce impostata come nel passato dei nostri 78gg che oggi i più disprezzano Lei è la prova del bisogno di vero canto che abbiamo e della forza che la voce esatta ha ….figuriamoci su un cantante in forma e nel giusto repertorio.
Io condivido al cento per cento la recensione della Grisi sul Devereux di Madrid. Tra l’altro io ero presente sia al Roberto di Varsavia (di cui c’é il brano dal Youtube) che ai tre concerti di gennaio a Vienna della Gruberova. Quello che scrivono qui sopra alcuni che da 20 anni non hanno ascoltato dal vivo la Gruberova e la vogliono seppelire a base di certi ascolti di lí o lá, non sanno e — questo é piú grave!! — non capiscono nulla dell’arte canora della Gruberova. La loro opinione non ha NESSUNA rilevanza. Io da anni non partecipo a queste discussioni semplicemente perché non ha senso polemizzare con dei interventi assolutamente ignoranti. É uno scandalo se alcuni stanno litigando senza esser stati presenti al concerto con qualcuno che c’é stato e ne dá un quadro pressoché completo. Chi ha visto la Gruberova dal vivo anche negli ultimi anni sa esattamente come riesce a portare addirittura in delirio il pubblico, la Grisi appunto di questa magia ha capito qualcosa ed ha cercato di far capire a tutti e perció io la ringrazio molto. Senza successo completo, é ovvio, ma alcuni, forse molti l’avranno capito, ne sono sicuro. Oggi come oggi la Gruberova é unica: sa dare qualcosa al pubblico che nessun altro o altra cantante sa dare. Ai sordi certamente no. Ma, grazie a Dio, non tutti lo sono.
la recensione è del muo amato ìvanoff, con cui sono peraltro d’accordo. Cmq, polemizzare ha senso…benvenuta
Grazie. Ma non benvenuta: benvenuto. -:)
sorry…ci vedo poco ormai!
mi fa piacere che ci sia chi ancora apprezza. Io l’ho ascoltata nel suo penultimo concerto alla Scala e mi è bastato. Poi i gusti sono personali. Se guardi su You tube la sua Lucrezia ti accorgerai che il pubblico è in delirio. Bene per lei. Io non la fischierei per rispetto alla carriera ma a questo punto registro e conservo questi pezzi come un pezzo comico da utilizzare per fare una risata. Credimi: è un delitto offendere il grande Donizetti ed alla fine anche il pubblico pagante , che acquista il biglietto per trovare una cosa positiva e gli rifilano invece un DISATER .
fantastico edito gruberovo! Forse pero’ vent’anni fa ascoltava meglio anke lui ora m pare un…po’ in declino 😉
Per Domenico.
Trovano davvero che somigli ad Albin?
Pensaci bene, Domenico, non ti ricorda invece la Carlotta di Opera?
Comunque, al di la’ del fatto che purtroppo la Gerda insiste a riempirmi di tutti gli “eventi” a cui la nostra divina partecipa o ha partecipato, (ergo : ho piu’ registrazioni io della Edita di quante non ne abbia lei stessa), bisognera’ pur dire all’amico Edito Gruberovo che Gli diamo il benvenutO, o no?
Ma non faccia come gli altri Gruberovi, che spuntano soltanto quando gli aggettivi usati per Nostra Signora di Breslau siano men che meravigliosi, facendo un casino della Madonna, e tornando nell’anonimato non appena si parla di altri artisti.
No, caro Gruberovo : rimani con questi poveri ignoranti, ed illuminali!
Elargiscici il tuo Sapere. Non e’ mai troppo tardi!
Aggiungo che “non seguire piu'” significa anche, non spendere denari in modo inutile. Non muoversi dalla propria citta’ per andare appositamente a sentire qualcuno. Non interessarsi piu’ all’involuzione vocale, scenica e interpretativa di un artista. Tanto,…ci pensa la Gerda .
Ciao GruberovO.
Ti aspettano ancora grandi “eventi”, stai tranquillo.
E con il pubblico sempre piu’ in delirio, Film gia’ visto.
Tchuss!