Dopo aver già introdotto la questione nella puntata del Quaresimal dedicata a Gloria Scalchi, soffermiamoci ancora sulla vocalità del mezzosoprano ed in particolare sul ruolo di Fidès nel Profeta di Meyerbeer, di cui ora ascoltiamo l’arioso “Ah! mon fils”. Parte scritta per una storica prima donna assoluta, Pauline Viardot-Garçia, dalla cui scuola discende, attraverso la maestra di canto Aglaja Orgeni, il mezzosoprano franco-tedesco Sigrid Onégin, una delle ultime specialiste dell’impegnativo ruolo. Ritengo che le pagine del Profeta incise dalla Onégin (tra cui l’ineguagliata scena della prigione) siano tutte esemplari capi d’opera, sotto l’aspetto non solo vocale ma anche espressivo, musicale e stilistico. Esemplare è la morbidezza dell’emissione, l’imposto soffice, immateriale, impalpabile, che consente un legato liquido e attacchi molto dolci, mai taglienti e spigolosi, nemmeno nelle note acute. Ma soprattutto esemplare è l’uguaglianza della gamma, ossia la perfetta unione dei registri, il passaggio graduale dall’uno all’altro (e non l’utilizzo monocratico solo di uno o solo dell’altro) senza scalini o disuguaglianze. Questo ci consente di sentir legare le frasi con suono pieno, rotondo, saldo e timbrato in quella zona della voce, a cavallo tra i gravi ed i primi centri (insomma, la prima ottava), dove le donne da mezzo secolo a questa parte esprimono tutto fuorché l’arte del canto. Lo verifichiamo già dalla prima frase, in cui dopo il sicuro attacco con lieve messa di voce sul re naturale (nota del secondo passaggio), la cantante sulle parole “sois beni” lega impeccabilmente con un discreto portamento discendente il registro centrale (la3) con quello grave (si#2-do#3). Le frasi successive evidenziano ancora la disinvoltura nel sostenere il canto nella delicata quinta del medium fa3-do4. L’emissione davvero “sul fiato” le consente di attaccare ancora piano, sospirando, la ripresa del tema “ah mon fils” eseguendo la prevista forcella, e magistrale è il percorso che porta poi a sfogare nel registro di testa, sulle parole “que vers le ciel s’élève ma prière”, in cui la figurazione musicale ascendente serve ad esplicitare il significato contenuto nel testo (la madre che innalza verso il Cielo la benedizione per il proprio figlio). Il la# acuto, clou della progressione, viene raggiunto senza l’ombra di spinte ma con un suono morbido, astratto, delicato, davvero celestiale e catartico, espressivamente appropriatissimo: una autentica prodezza. Il salto repentino verso la zona grave (“dans le Seigneur” 2’33’’) è risolto ancora impeccabilmente con un uso perfetto del registro di petto, dimostrazione esemplare di come il petto debba essere emesso correttamente, senza pompose sguaiataggini o pacchiani esibizionismi. La cadenza compendia infine tutti i pregi sin qui esposti. Buon ascolto.
2 pensieri su “I venerdì di G.B. Mancini: impariamo ad ascoltare. Sigrid Onégin nel Prophète.”
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Come miele per la gola, la Oregon alle orecchie. Sempre una delle mie superpreferite.
Oregon??? ONÉGIN!! Auto correttori…