“Invano Alvaro…Le minacce e i fieri accenti”: Seconda puntata: Martinelli/De Luca versus Pertile/Franci

Ritorniamo alla nostra galleria di celebri e celebrate esecuzioni del passato del terzo duetto Alvaro Carlo all’atto IV di Forza del Destino, perché l’archeologia ristora l’udito mentre la memoria continua a tener vivo il ricordo del genio di Verdi.

Si fronteggiano oggi i cugini di Montagnana (Pd), Aureliano Pertile e Giovanni Martinelli, in coppia rispettivamente con Benvenuto Franci e Giuseppe De Luca. I due tenori, che si alternarono nel 1934 al Maggio Musicale Fiorentino sotto la direzione di Tullio Serafin in compagnia di Elisabeth Rethberg come Leonora, furono celeberrimi interpreti di Don Alvaro, il primo in tutti i teatri italiani, Scala compresa (in condominio con Francesco Merli), il secondo soprattutto al Metropolitan di New York sia pure sporadicamente dal 1923 al 1943.

Le due coppie di esecutori documentano, in modo speculare ed opposto, modi diversi di eseguire sia Carlo che Alvaro. Esecutori che facevano leva sull’epica e la retorica Martinelli e Franci, destinati a generare una messe di epigoni di qualità più o meno alta,
nella maggior parte dei casi stentorei e truculenti; esecutori che si basavano piuttosto sul fraseggio nobile oltre che sulla perfezione tecnico esecutiva Pertile e De Luca, per queste ragioni difficili da imitare, in tutto o solo in parte.

Con la coppia Martinelli De Luca si fronteggiano una voce importante per definizione, quella del tenore, e quella più modesta del baritono, la prima gestita in forza di slancio, epica e squillo, senza alcun risparmio, tanto da spingersi sino alla fissità in alcuni
momenti finali; la seconda legata ad una gestione acuta e razionale della scrittura, qui alle prese con una parte di grande peso drammatico, che risolve in forza di acuti avanti, dizione scandita e tempi veloci quando non velocissimi. La maestria di Rosario Bourdon esalta le qualità esecutive dei due grandi cantanti, ottimizzandone le risorse e trovando nel contrasto dei tempi
staccati per le rispettive voci la dialettica dell’incontro – scontro dei due  protagonisti.

Diverse le soluzioni della coppia Pertile Franci, entrambi grandi voci, il secondo addirittura debordante stando alle testimonianze di chi lo udì in teatro. Il tenore, formidabile ed emozionante fraseggiatore, non ha bisogno di alcun effetto o trovata direttoriale per restituire il Don Alvaro più perfetto che il disco documenti, mentre il baritono incarna in tutto e per tutto il cattivo, veramente cattivo, che tutti i baritoni sguaiati di oggi vorrebbero essere senza possederne l’aplomb vocale e la natura eccezionale. L’artificio del contrasto dei tempi non serve loro per essere perfettamente contrapposti e diversi nella realizzazione dei rispettivi personaggi.

L’incisione Martinelli De Luca del 1927 si apre con il recitativo di Carlo, che esibisce subito una dizione  perfetta, nitore e  brillantezza del registro acuto nel do e do disesis delle frasi “ il sangue, solo il tuo sangue “, quindi nella salita facilissima si-mi
nat di “ e tutto verserò..”. Le frasi di inizio del duetto sono eseguite per entrambi con piglio e epica, “Fratello”, “ Da un lustro ne vò
in traccia..”, mostrano un De Luca aggressivo, che insiste sulla proiezione delle note in “ch’io ti punisca è scritto nel libro del destin..”, con la salita al mi nat coronato. Il tempo incalzante del canto di De Luca contrasta con la risposta lenta e pacata di Martinelli, “Vissi nel mondo..”, dall’accento dolente, la voce sempre proiettata come d’abitudine per il tenore patavino, che
esibisce uno dei suoi vezzi tipici, nella frase “che i falli ammendo, che penitente”, risolvendo con un portamento la salita su messa di voce si-re diesis-fa diesis. Il duetto procede ancora con lo stesso escamotage del contrasto profondo tra i due, De Luca insiste con frasi veloci ed incalzanti sino a “Codardo”, cui Martinelli replica lentissimo “ Assistimi signore..”.

L’andante cantabile “ Le minacce i fieri accenti..”, sezione centrale del duetto, è la cifra tipica del canto di Martinelli, tutto proiezione e dizione, senza, però, speciali sfumature o intenzioni. La serie di doppie forcelle scritte per le frasi “ perdonatemi pietà o fratel”, “ chiniam la fronte al fato, o fratel..”, “o fratel pietà pietà…” non è rispettata ed allo stesso modo procede De Luca, che non vantava
certo un mezzo vocale imponente. Martinelli esegue in modo molto ampio le frasi estatiche “ Sulla terra l’ho adorata”, con una salita squillantissima al si bem di “ s’ella m’ama”, mentre di seguito De Luca lo incalza velocissimo con le frasi “ Non si placa il mio furor”. Sul finire della sezione, nelle frasi della sfida a duello, iniziano a comparire le fissità che connoteranno regolarmente di lì a qualche anno il canto Martinelli, dall’ultimo “uscite”, in zona fa-sol, alle frasi seguenti, dove si scatena anche con accenti ed inflessioni feroci e piuttosto naturaliste. Il finale è uno scontro di note percussive e di accenti eroici da parte di entrambi, come oggi è impossibile udire in un teatro moderno.

Più convenzionale la direzione del duetto nell’edizione Pertile Franci. I due, del resto, fanno tutto da soli, proponendo una sfida tra voci monumentali. Benvenuto Franci, un mezzo possente, dagli acuti vibrati e certamente meno perfetti e squillanti di quelli
di De Luca ( da subito il mi di “il tutto verserò” ), incarna il prototipo del vero cattivo, destinato a diventare nel corso dei decenni il truce becero. Franci, invece, resta sempre composto, gli bastano le frasette che introducono il duetto per tratteggiare un Carlo ieratico e statuario, capace di giganteggiare in souplesse senza alcuna forzatura della voce. Quindi entra Pertile, che sin da “ Vissi nel mondo intendo” prende il largo: le frasi suonano subito toccanti e di grande espressività, senza bisogno di ricorrere ad effetti o artifici di sorta.. Di fronte a tanto fraseggiatore Franci può replicare con la proiezione di “ Da un lustro ne vò in traccia “, ma la musica ed il personaggio di Alvaro, qui più vari rispetto a Carlo, consentono a Pertile di dispiegare tutto il suo superiore magistero. “Codardo…Assistimi signore..” introducono a “ Le minacce i fieri accenti “ eseguito con tutto il suo apparato di messe di voce e smorzature che Verdi prescrive. Anche Franci le esegue tutte nella replica “ Tu contamini tal nome”: imprescindibile per il Don
Carlo di Toscanini sapere eseguire tutti i segni di espressione dell’autore. Quindi il capolavoro di Pertile, l’attacco in pianissimo di “Sulla terra l’ho adorata..”, dolcissimo, come vuole Verdi, con la progressione al si bem della forcella “s’ella m’ama”, squillantissimo. E’ straordinario qui Aureliano Pertile, dicitore irraggiungibile, sempre aderente allo spartito, con misura e stile: qui “l’arte comincia dove finisce la scienza” ( Shelling ), perché entra in gioco qualcosa che va oltre il canto.

La progressione del duetto fino alla sfida non crea alcun problema ai due protagonisti. Quando si ha la voce di Franci il “finalmente” della incipiente sfida non può che essere un tuono, come pure l’aggressivo “Ti fai dunque di me scherno?”, il sogno di tutti i baritoni
rozzi di oggi, che di Franci non hanno la strepitosa dote naturale in zona medio alta e la cognizione del fiato e della corretta  respirazione di Benvenuto  Franci. Il finale è uno scontro di voci squillanti, di accenti eroici, insomma una grande sfida con tutti i crismi. Ancor più altisonante e tragica per la santità del luogo dove si svolge.

 

Gli ascolti

Verdi – La Forza del Destino

Atto IV

Invano Alvaro…Le minacce, i fieri accenti

1927 – Giovanni Martinelli, Giuseppe de Luca

1927 – Aureliano Pertile, Benvenuto Franci

8 pensieri su ““Invano Alvaro…Le minacce e i fieri accenti”: Seconda puntata: Martinelli/De Luca versus Pertile/Franci

  1. Tre giganti ed un gran bravo tenore (Martinelli).
    Non e’ che si possa desiderare molto di piu’, no?
    Per me De Luca da sempre e’ il baritono amato, e qui’ risponde in modo esemplare al concetto di voce “non adatta” o “modesta” che pero’, usata magistralmente risolve, e in modo spettacolare, le esigenze di una vocalita’ che poco in natura gli apparterrebbe.
    Ma, da sempre, il duetto tra Franci (Ma che voce aveva? Ma quanta ne aveva? Riesce sempre dopo tanto tempo a mettermi i brividi! Ma era un fenomeno!) e Pertile (Il miglior Alvaro del disco secondo me) rimane il prediletto, il piu’ bello, il piu’ sentito, il piu’ giusto, il piu’ commovente. Ripeto, adoro De Luca, ma il secondo duetto e’ una delle vette dell’intera discografia di tutti i tempi.

    Per Albertoemme :
    Caro Alberto, eccoti la risposta.
    Vedi , anche per me ci sono brani nei quali non ci sono peli o contropeli da fare, stars o non stars: Pertile-Franci nei duetti da “Otello” e “Forza del destino”.
    E non uso il termine “perfezione”, per carita’, che dai, diciamolo ancora, non esiste, ma a loro non tolgo un pelo che sia uno.
    Sempre de gustibus…ciao caro.

    • ma miguel tu sfondi una porta aperta (metaforicamente perche’ sono cosi’ timido chiuso ed introverso) quando fai peli e contropeli xche’ metti sempre la riserva sul tuo gusto che pur se sai che e’ ottimo non e’ universale. Cmq io amo moltissimo pertile. stimo martinelli ma le gigionate di tuker con tagluabue o il personaggio di carreras col vigore di cappuccilli sono per me miscele esplosive.

  2. Madame Giulia,
    un post come questo non genera commenti perchè è così giusto, circoscritto e puntuale che porta i lettori solo a condividere e a godere.
    Solo un commento a quantoscritto a Mozart2006 quando dice che queste cose dovrebbero essere materia di studio obbligatoria nei Conservatori; quanto è vero caro Mozart, quanto è vero! Eppure, per uno strano ed inspiegabile fenomeno, nell’era del digitale alla portata di tutti, anche se mai prima d’ora è stato così facile reperire registrazioni storiche, la memoria dell’ascoltatore medio è corta……….terribilmente corta, asfitticamente corta!

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