Le problematiche che un soprano “drammatico” (o sedicente tale) incontra nelle parti del Verdi degli “anni di galera” non sono differenti da quelle analizzate nelle scorse puntate a proposito della voce di mezzosoprano: disporre di uno strumento i cui registri siano ben saldati e bilanciati per poter risolvere opportunamente gli ampi sbalzi della tessitura dal grave all’acuto, disporre di una sicura agilità di forza e di una parola scandita e ben accentata. Si tratta di parti, quelle sopranili del primo Verdi, vocalmente impervie per non dire incantabili, avvicinabili solo da voci in natura molto dotate e tecnicamente molto agguerrite, e pertanto sarebbe saggio approcciarvisi con molta prudenza. L’esempio proposto evidenzia lo stato scoraggiante in cui versa ai nostri giorni il canto drammatico d’agilità in corda di soprano. Premetto che la scelta di questo ascolto è stata puramente casuale, qualsiasi altra attuale frequentatrice di tale repertorio si sarebbe prestata alle medesime osservazioni, che descrivono la generale miseria del livello di canto femminile in questi anni di verticale decadenza. Voce sbilanciata verso l’acuto (con suoni molto sfogati però sparati senza controllo, spesso imperfetti di intonazione), vuota, indietro, impastata nel medium, schiacciata nei gravi; pronuncia come solito evanescente. La prima frase (“Santo di patria indefinito amor!”), con la scala discendente dal do acuto al si grave (oltre due ottave di intervallo, figurazione che esprime l’impeto della guerriera)già preannuncia una notevole disomogeneità tra l’acuto, molto pieno e forte (ma il do è sguaiato e non perfettamente intonato), e la prima ottava, vuota , sorda, spoggiata. L’andantino principia con una frase centrale (“Allor che i forti corrono”) in cui la voce suona chioccia e schiacciata su una generica A che rende indistinguibili le diverse vocali. La cantante cerca di forzare l’emissione creando un posticcio gonfiamento per sopperire ad una natura che non è certo di vero soprano drammatico. Nei gravi, sotto il fa3, quando non si accontenta dell’aria calda, fa una sorta di “vocione” caricaturale tutto schiacciato in gola (“come leoni al branDO”, “sempre vedrai pugnAR”). La voce così impastata e ovatta nei centri (fa3-fa4) impedisce di declamare con credibile incisività d’accento. Nella cabaletta risolve abbastanza dignitosamente le agilità, ma resta il problema di una voce incompleta, la cui unica ragion d’essere è un settore acuto ostentato maldestramente, che non può rendere giustizia ad una scrittura così giocata sull’ambiguo contrasto chiaroscurale tra grave e acuto.
8 pensieri su “I venerdì di G.B. Mancini, impariamo ad ascoltare. Lucrecia Garcia, “Santo di patria”.”
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come quella che ora sta esibendosi in scala
Bisogna ogni tanto non essere tanto severi nelle critiche. E vero che oggi giorno non ci sono cantanti come una volta e meno con le voci drammatiche, ma penso que la Garcia abbia fatto un bel debutto con l´Attila alla Scala e la sua Aida é migliore di molte che ostentano il primato. Verdi é per la sua voce solo che appena ha due anni nel firmamento operistico internazionale, bisogna darle un po piú di tempo e incorragiarla invece di cercare solo i commenti sgradevoli.
Come no, tra due anni sarà diventata la Cerquetti. Aspetta e spera!
cara regina degli enigmi, benvenuta. Io ti pongo una domanda, però: come fa una cantante non bene impostata a durare il tempo normale di una carriera? La voce della signora garcia non la discute nessuno, ma …..è il resto che latita. Vorrei ricordare la sua amalia dei masnadieri napoletani, in par condicio web con la signora agresta che abbiamo recentemente toccato sul piano tecnico, pur facendo un’amalia di molto superiore. Il tempo con la carriera non gioca afavore, ma rema contro ahinoi. Alle prese con ruoli spinti a amggior ragione.
Cara Turandot2000,
La voce in questione è notevole, la tecnica diffettosa e ad un repertorio così oneroso bisognerebbe arrivare con grande calma e sicurezza tecnica;
noi vorremmo tanto dare alla signora Garcia tutto il tempo che le necessita per maturare,
ma è lei che non se lo prende.
il medico pietoso ingrandisce la piaga. Debuttare in teatro importante con attila è un lusso che forse solo una callas o una cerquetti potevano permettersi. Non so se rendo l’idea
cara principessa di gelo hai ragione pero’ dieci oltranzisti ci possono stare. Anzi t diro’ che nel mondo della musica c sono sempre stati. Magari mancano le grandi voci loro no 😉
Il problema della Garcia non sono però soltanto le carenze tecniche, ma anche l’assoluta mancanza di carisma e di personalità in scena e il totale disinteresse nei confronti del significato e del senso delle parole. In questo risulta solidale con la Netrebko, che sarà sicuramente uno dei suoi idoli, poichè il suo copiarla dal vivo non solo è evidente, ma a me è sembrato addirittura ostentato.