Termina oggi la Verdi Edission, che aveva avuto principio nel mese di gennaio di due anni fa. Ora che, tanto per usare un po’ di librettese, “tutto è finito”, possiamo anche confessarlo: non eravamo, nel momento in cui abbiamo pubblicato la prima puntata, sicuri che saremmo riusciti ad arrivare sino in fondo, ovvero a documentare la tradizione esecutiva di tutti i titoli verdiani, da quelli degli anni di galera ai capolavori della maturità, celebrando ugole e bacchette, che hanno lungo i decenni documentati dal disco onorato la memoria del compositore cispadano e tentando al tempo stesso di fornire un commento, che non fosse mera rimasticatura di testi in ogni senso ben più ponderosi. E analogamente, nella scelta degli ascolti, abbiamo cercato, ove possibile, di diversificare le proposte, anche se talvolta non siamo riusciti nell’intento. Valga per tutti l’inclusione, quasi in ogni puntata, della signora Stignani, da sempre paradigma della voce verdiana ed oggi, più che ieri, anche dell’interpretazione.
Siamo lieti di essere arrivati a questo importante traguardo, che ci è risultato tutto sommato facile da raggiungere, spinti come eravamo, e siamo, dalla passione per il nostro “lavoro” (le virgolette sono d’obbligo, visto che parliamo di un hobby ovviamente non remunerato in alcuna forma) e soprattutto dal riscontro davvero eccezionale e lusinghiero che abbiamo costantemente ricevuto dai lettori, cui vanno i nostri più sinceri ringraziamenti.
Concluso il ciclo verdiano un altro e ben più impegnativo, in tutti i sensi, attende quelli del Corriere della Grisi: un’indagine altrettanto articolata del catalogo wagneriano. Per questa nuova avventura incrociamo fin d’ora le dita e ricorriamo a tutti i più usati gesti apotropaici, anche quelli meno riferibili, perché la sfida è tra le più audaci e folli tentate da questo piccolo spazio virtuale, che è nulla di fronte all’opera del compositore tedesco e alla mole di lavoro che sarà necessaria per onorarla degnamente. L’impegno da parte nostra sarà proporzionato all’ambizione del progetto, e speriamo che la risposta da parte del pubblico sia altrettanto vivace e stimolante che nei confronti della Verdi Edission. Che si chiude con una puntata a 78 giri, che unisce all’estremo frutto della maturità verdiana due titoli che per consolidata nomea “menano gramo”, anche se al primo abbiamo dedicato la puntata di esordio di questo ciclo e quella riguardante il secondo, a firma della nostra Marchisio, è a mio avviso una delle più riuscite dell’intera rassegna. Soprattutto quella che viene definita “l’opera mai scritta” ovvero “la malefica” dimostra oltre ogni ragionevole dubbio che per cantare degnamente Verdi, occorre, per usare le parole di una grandissima cantante verdiana, non solo una signora tecnica, ma LA VOCE. Ove per voce s’intende una voce potente, squillante, sicura al grave come all’acuto, dal medium saldo e capace di reggere senza sforzi le ampie arcate della melodia verdiana, sfoggiando accento aulico e conseguente fraseggio. Una voce verdiana, insomma, e in difetto di un simile poderoso strumento occorre non solo essere grandissimi esecutori, capaci persino di trasformare limiti naturali in risorse espressive (e per far ciò occorre chiamarsi Claudia Muzio, Leyla Gencer o come minimo Raina Kabaivanska), ma saper comprendere quali opere verdiane si è in grado di affrontare e cantarle con la necessaria oculatezza e parsimonia. Se da un lato è ridicolo che Verdi, al pari di Wagner, sia oggi ritenuto autore ineseguibile e “sciupavoci”, solo perché si è persa di vista l’importanza di una adeguata preparazione tecnica dell’esecutore, dall’altro una sconsiderata frequentazione di un repertorio così oneroso rischia non solo di compromettere fatalmente voci e carriere, ma soprattutto di produrre frutti artistici davvero modesti e indegni dei sacrifici necessari alla loro maturazione. È questo un principio di minimale prudenza e onestà professionale, su cui molti addetti ai lavori e non solo tra i cantanti, dovrebbero lungamente riflettere.
Come dovrebbero riflettere che l’allestimento dell’ultimo titolo di Verdi impone una bacchetta di altissimo livello non solo per le difficoltà tecniche che la strumentazione e la scrittura vocale presentano, ma perchè il direttore è la guida e il soggetto che, in un titolo come Falstaff deve portare i cantanti ad una uguaglianza di fraseggio ed espressione.
Gli ascolti
Verdi
La forza del destino
Atto I
Me pellegrina ed orfana – Eugenia Burzio (1910), Gina Cigna (1930)
Atto II
Son Pereda, son ricco d’onore – Pasquale Amato (1909), Carlo Tagliabue (1943)
Madre, pietosa Vergine – Celestina Boninsegna (1906)
La Vergine degli angeli – Giannina Russ (1904)
Atto III
O tu che in seno agli angeli – Augusto Scampini (1913)
Amici in vita e in morte – Helge Rosvaenge e Heinrich Schlusnus (1942)
Solenne in quest’ora – Carl Burrian e Friedrich Plaschke (1908), Florencio Constantino e Ramon Blanchart (1910)
Morir! Tremenda cosa…Urna fatale – Antonio Magini Coletti (1910), Mattia Battistini (1921), Heinrich Schlusnus (1942)
Né gustare m’è dato – Enrico Caruso e Giuseppe De Luca (1918), Helge Rosvaenge e Heinrich Schlusnus (1942)
Rataplan – Armida Parsi Pettinella (1906)
Atto IV
Pace, pace, mio Dio! – Salomea Krusceniski (1902), Claudia Muzio (1922)
Non imprecare, umiliati – Tancredi Pasero, Bianca Scacciati e Francesco Merli (1931)
Macbeth
Atto IV
Pietà, rispetto, amore – Mattia Battistini (1912)
Falstaff
Falstaff – Mariano Stabile
Alice Ford – Franca Somigli
Meg Page – Mita Vasari
Mrs. Quickly – Angelica Cravcenco
Ford – Piero Biasini
Nannetta – Augusta Oltrabella
Fenton – Dino Borgioli
Dottor Caius – Alfredo Tedeschi
Bardolfo – Giuseppe Nessi
Pistola – Virgilio Lazzari
Wiener Philharmoniker
Coro dell’Opera di Stato di Vienna
direttore Arturo Toscanini
Festival di Salisburgo
10 agosto 1936
Atto II
Signore, v’assista il cielo – Afro Poli e Mariano Stabile (1942)
E’ sogno o realtà? – Emilio Ghirardini (1932)
Alfin t’ho colto raggiante fior – Antonio Magini Coletti ed Elisa Petri (1906), Mariano Stabile e Natalia De Santis (1926)
Quand’ero paggio – Victor Maurel (1903), Mario Sammarco (1909)
Atto III
Ehi, taverniere! – Mariano Stabile (1942)
Dal labbro il canto estasïato vola – Karl Erb (1917), Tito Schipa (1921)
Sul fil d’un soffio etesio – Frances Alda (1910), Toti dal Monte (1929)
bel ultimo post di una bella rubrica che si è avviata alla conclusione,con un finale da fuochi artificio riguardo agli ascolti.
Grazie adesso aspettiamo Wagner .
Ma che meraviglia Rosvaenge e Schlusnus nel duettone della Forza!!! C’è veramente tutto: voce, gusto, interpretazione… Fantastici!
Complimenti per tutta la “Verdi edission”, oggi più necessaria che mai. E corraggio per la sfida wagneriana!!!!
Caro Ivanoff, per quella contiamo sull’appoggio di TUTTI i nostri colleghi e collaboratori, anche quelli arrivati di recente… intendi tu? 😉
caro ivanoff la verdi edission come la wagner è il viaggio nel tempo, nel perduto, nella memoria che si vuole distruggere per opporle uno squallido e svociato presente. e lo dice dei grisini il più stagionato, che ha assistito proprio alle ultimissime esecuzioni verdiane degne di tale aggettivo.
Claudia Muzio…..la dolente Claudia Muzio..il fraseggio composto ma intenso e toccante….esecuzione che da i brividi.
e con lei la suprema Russ……..che ti fa immaginare le sue altre grandi scene…..che darei per avere la sua Forza tutta intera