Le vacanze di Mancini continuano e allora la supplenza è affidata a Domenico Donzelli ed Antonio Tamburini. E allora non poteva che essere dedicata ad un titolo che vide fra i suoi primi interpreti proprio Antonio Tamburini.
La parte di Norina del don Pasquale fu scritta esplicitamente per la più famosa primadonna del tempo Giulia Grisi, dedita al repertorio serio e che, quale protagonista di don Pasquale, si esprime con formule vocali, tipiche dell’opera seria di ascendenza rossiniana. Dobbiamo, però, segnalare, che poche primedonne tragiche del presente o del recente passato abbiano vestito i panni dell’arguta vedova romana con mezzi vocali ed interpretativi, che potessero rifarsi alla prima esecutrice. Di fatto l’unica testimonianza discografica in tal senso va ricercata in Marcella Sembrich. Infatti il ruolo già ai primordi del disco era monopolio dei soprani cosiddetti leggeri che trascinarono il personaggio nella sfera sia vocale che esecutiva della soubrette come già in altra sede abbiamo avuto occasione di scrivere.
I 78 giri però presentano due eccezioni Maria Ivogun (1891-1987) ed Amelita Galli Curci (1882-1963) entrambe soprani leggeri, ma di imposto vocale saldissimo che si riflette in sede di interpretazione. Perché saper ascoltare, imparare ad ascoltare è una operazione che inevitabilmente sfocia nel distinguere l’interpretazione dalla mera esecuzione.
Il brano non presenta estensione stratosferica anche perché la Grisi ben difficilmente saliva oltre il do5 (almeno stando alle scritture a lei riservate), ma era in grado si sfoggiare ogni ornamento e di fatto nella breve sortita di Norina tutti sono puntualmente presenti.
Ascoltando la registrazione di Maria Ivogun, realizzata nel 1924, prima di tutto colpisce la dizione italiana quasi perfetta per una cantante che quasi mai nel corso di trent’anni circa di carriera canto in un teatro italiano o spagnolo. Secondo aspetto positivo della vocalista è la perfetta copertura dei suoni centrali a cominciare dall’iniziale “ quel guardo il cavalier” che cade su un si3 ancor più evidente alla ripetizione “son vostro cavalier”. In genere con poche eccezioni (l’altra è la Galli Curci ed anche Olimpia Boronat) i soprani leggeri trovano marcatamente centrale la scrittura del recitativo accompagnato e indulgono per rendere il carattere vezzoso della protagonista a suoni aperti e bamboleggianti. Quando arriva il “sapor di paradiso” abbiamo un saggio chiaro della differenza fra grandi cantanti e solfeggioni perché la Ivogun non sembra neppure prendere fiato nella frase o meglio lo ruba talmente bene che il legato esemplare rende il languore e la civetteria del personaggio. Insomma saper cantare per interpretare!
La prima frase dell’aria vera e propria è eseguita con un tempo relativamente lento, e non solo, arrivata a “cori a lento foco” e “d’un breve sorrisetto” la cantante ungherese inserisce due preziosi rallentando. Anche qui la scelta interpretativa è dettata e resa possibile dal solo fatto che al centro la cantante controlli il fiato anche in una scrittura che per una Zerbinbetta è centrale (aggiungo però che la Ivogun come la Galli Curci fu una Violetta famosissima).
Alla fine della prima sezione dell’aria la Ivogun interpola una complessa cadenza, che porta la voce sino al mi bemolle sovracuto.
Poi ci sono due “numeri” di altissima scuola quelli del “fo presto a cangiar” dove la Ivogun cambia il colore della voce sulla parola cangiar e interpola un trillo facilissimo e liquido con tanto di rallentando dimostrando che un trillo è in primo luogo un artifizio canoro che riesce a pochi ed in secondo che eseguito da manuale serve a rendere il languore e l’erotismo del personaggio. Alla sezione conclusiva del brano dove in omaggio all’arte della prima esecutrice compaiono quartine vocalizzate l’esecuzione è facilissima come è facilissima la scaletta che porta la voce sino al fa sovracuto (per inciso lo spartito si ferma solo, si fa per dire, al re bemolle). Che poi alla chiusa nella cadenza il soprano ungherese sfoggi ancora trilli facilissimi è solo la firma o l’autentica della cantante.
8 pensieri su “Quando Mancini è in vacanza, seconda puntata. Maria Ivogun nel Don Pasquale”
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un classico! interessante compararla con la registrazione di qualche anno prima in tedesco, dove forse mancava ancora l´ultimo tocco, ma splendida anche quella.
http://www.youtube.com/watch?v=uDJi8T0q2Zc
Molto istruttivo!
Incantevole di tecnica e di intelligenza interpretativa. Grazie
La Ivogun è sempre stata una delle mie cantanti preferite e su di lei, niente da dire. Tuttavia trovo che oggi, dato il disastroso stato dell’arte vocale tra le voci di sesso femminile incapaci di gestire la prima ottava senza tubare, andare indietro, spoggiare, stimbrare, e di emettere qualcosa di più dell’aria calda nei gravi, oltreché di pronunciare con chiarezza mezza sillaba, sia quanto mai inopportuno rimarcare la presunta necessità di “coprire” una nota centrale come il si3, su cui non si situa nessun “passaggio” e che pertanto può essere risolta senza problemi anche in color chiaro, come insegna la divina destinataria dell’implicito ascolto comparato che è questo post.
caro Mancini, in questo post non ci sono destinatari occulti, semplicemente pur nella mia rispetto a te indegna preparazione, esempi di buiona tecnica che sfociano in esempi di grande interpretazione. quanto alla copertura o meno di un si3 centrale, a seguire la tua teoria e i tuoi assunti lo si potrebbe emettere aperto e spampanato, come la peggiore imitazione di un sopranaccio verista, in guisa che le note successive, quelle del passaggio, venissero emesse arrangicchiandosi in grazia della natura generosa e non già con il corretto sostegno del fiato, che porta spontaneamente al suono coperto e rotondo. cantare chiaro, come fanno ad es. Amelita Galli Curci, Ebe Stignani, la giovine Callas non significa affatto cantare aperto e spampanato.
Il si3 è nota del registro medio, può essere emessa anche chiara e aperta, bambinesca, purché stia leggera e sottile e non decada in corda di petto (ma nessun soprano emette un si3 di petto, neanche le tanto ingiustamente vituperate veriste, che tutt’al più spingono il petto fino al fa o massimo sol ma il si3 no). Coprire il suono diventa opportuno nella zona della voce che prepara gli acuti, non sui primi centri, il rischio è di renderli sfocati e intubati come spesso capita di sentire da cinquant’anni a questa parte.
Meravigliosa.
Una cantante tecnicamente molto ferrata con un passaggio di registro molto suggestivo e trilli come Dio comanda. Anche il gusto a mio avviso é notevole: evitando i portamenti é ancora abbastanza attuale. Le manca la spontaneità (e anche un po’ di classe) della Storchio altra grande esecutrice della sortita di Norina