Uno degli esponenti più illustri della Rossini Renaissance, che nelle parole di un “avveduto” frequentatore del teatro milanese, “non sembrava un basso”, solo perché non bitumava la voce nello stile dei cantanti dell’Est europeo, allora come oggi assai in voga. Riascoltiamolo al top della forma, prima che un avventato ampliamento del repertorio lo conducesse a un irreversibile declino.
11 pensieri su “MODESTE VOCI: SAMUEL RAMEY”
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Buon anno Tamburini.
Ramey e’ secondo me tra i migliori cantanti del dopoguerra.
Ha iniziato a cantare nel 63 a 22 anni, se non ricordo male, e ha cantato piuttosto bene sino al 93-94.
Poi e’ iniziato un logico declino.
Nel video bellissimo da te postato non e’ comunque gia’ piu’ al top della forma, e le “scelte avventate” non le aveva ancora fatte.
L’ampliamento lo fece quando non fu piu’ in grado di cantare con la stessa bravura il suo repertorio, che rimane il piu’ difficile da cantare.
Pimen e Scarpia li porti sempre a casa bene o male, Argante e Assur no.
Cosi’ decise di essere uno dei migliori Filippo della sua epoca .
Con trent’anni di carriera sulla gobba, o sei un Fugère, o il declino arriva.
Ciao caro, ancora buon anno.
Sì, volendo contare anche i dieci anni che ha cantato come corista, la carriera è iniziata nel ’63. Credo però sia più corretto considerare l’avvio della carriera solistica, nel 1973 alla New York City Opera.
Dovendo scegliere un ruolo verdiano di Ramey non penserei certo a Filippo. Semmai ad Attila, che come vocalità si avvicina molto di più a quello che fu il repertorio di elezione, e di eccellenza, del cantante statunitense.
E buon 2013, ovviamente.
Di Attila e’ stato certamente il migliore interprete, e lo cantava anche prima della “svolta”.
Di Filippo e’ stato uno dei migliori interpreti del suo tempo.
Ciao caro.
Beh… non tutti i cantanti dell’est – europeo e non – bitumavano: vogliamo dimenticare un Mark Reizen?
O un Sibiryakov, o un Kastorsky, o un Kipnis, se è per questo… il guaio è che negli anni Ottanta imperava il gusto Ghiaurov, tanto per essere ancor più chiari.
Ah ok sì scusami: io generalizzavo! 😀 Sì effettivamente in quegli anni quello avevamo…
io d ramey ho sentito tutto compresi gli ottimi acuti quando un pueno declino faceva escamillo e concordo con miguel. Attila e’ stato uno dei suoi pezzi forti e suscitava entusiasmi anke con i pubbluci piu assonnati. Per me grande figaro mentre il don giovanni cfu solo cantato benissimo. ciao a tutti torno a sciare
samuel Ramey è stato il cantante che mi ha fatto appassionare alla lirica… fino ad allora, come musicista in orchestra, non avevo fatto poi troppa attenzione alla qualità delle voci di chi cantava.
Ma quando mi capitò di lavorare con Ramey in Mefistofele (e con la giovane Daniela Dessì… mamma mia che cast!), tutto questo cambiò.
La perfezione del suo strumento vocale, la voce sempre meravigliosamente emessa, appoggiata e vibrante dai bassi più estremi agli acuti, per tutta la durata delle prove e tutte le recite… bè tutto cià mi lasciò allibito.
Un paio di anni dopo ci lavorai di nuovo, in un magnifico Don Carlo (sempre con la Dessì!), e l’emozione di due anni prima non potè che essere confermata
Sarà stata pure una voce non strapotente… ma era emessa talmente bene che finiva per sembrarlo. Da allora non ho ancora risentito niente di simile fra le voci maschili, purtroppo.
Tra l’altro secondo me la sua voce abbinava benissimo a quella di Daniela Dessì, altra voce sempre perfettamente “girata”.
non esageriamo…la Dessy é una di quelle principesse che non é mai diventata regina. E se principessa lo é stata lo deve al fatto che nelle opere veriste la sua capacità di accentare e colorire era piuttosto buona e originale. In Verdi però ha sempre pasticciato (Don Carlos, Vespri per es.). Nel Simone era sufficiente ma una come l’Agresta (ho una live perché non ero a Roma) la distacca di molto
Concordo con Rubini. Ramey è uno dei pochi cantanti del dopoguerra a reggere il confronto con i grandi dei 78 giri.