Dopo aver esaminato nelle scorse settimane due spettacolari esempi di canto mezzosopranile quali Supervia e Obukhova, verifichiamo con l’ascolto odierno lo stato viceversa problematico in cui versano ai nostri giorni le voci di nominale mezzosoprano/contralto specializzate nel repertorio antico. L’aria che ascoltiamo è la famosa “Erbarme dich” della Passione secondo S. Matteo di J.S. Bach, eseguita in una traduzione italiana. Sappiamo come la priorità della parola sulla bellezza dell’emissione sia uno degli aspetti più opportunisticamente propagandati – almeno sulla carta – dagli odierni specialisti del barocco. Tuttavia è sufficiente disporsi all’ascolto con la mente sgombra da suggestioni e preconcetti per rendersi conto di come oggi la chiarezza di pronuncia risulti invece non meno latitante della bellezza dell’emissione. Se nella Supervia e nella Obukhova esaltavamo la disinvoltura nel gestire passaggi scomodi in zona grave e centrale, e la trasparenza della parola che non entra mai in conflitto con la bellezza del suono e con il legato, qui non si può che rilevare invece la tendenza a disinteressarsi della chiara pronuncia (a stento si riesce a cogliere qualche sillaba), per far posto invece alla ricerca di effetti sonori esteriori, come l’artificioso colore scuro contraltile (chi lo ha detto poi che un contralto debba essere scuro?) o gli attacchi fissi seguiti da un vibrato indotto meccanicamente, artifici volti a creare una vaga suggestione antichizzante (stesso discorso si potrebbe fare a proposito del suono degli odierni complessi orchestrali di strumenti d’epoca). Non ci si lasci suggestionare poi dalla apparente omogeneità, che è il risultato di una omogenea spalmatura del difetto, ossia il cantare indietro e ingolato, e non certo la conseguenza di un corretto bilanciamento dei registri. Il gravi sono infatti sordi, stretti in gola, ventriloqui, il centro è velato, fosco, tutto affogato indietro per contraffare il colore naturale della voce. Rilievi precisi sulle singole note lasciano qui il tempo che trovano, in quanto il brano è ridotto ad una sbobba indifferenziata di suoni foschi e lamentosi privi di una vera valenza espressiva.
42 pensieri su “I venerdì di G.B. Mancini, impariamo ad ascoltare. Il “canto antico” dei moderni barocchisti.”
Lascia un commento
Devi essere connesso per pubblicare un commento.
Ecco, leggete quanto ho appena scritto su Luca Pisaroni (in confronto a Samuel Ramey), proprio cantando il barocco.
Il Pisaroni, come la Mingardo, hanno magari tante qualità. Ma servono a ben poco. Sono qualità “suppletorie” alla vera voce e alla vera emissione. Magari sono persino più musicisti, musicali, raffinati e stilisti di tanti cantanti del passato… ma in fondo è soltanto per compensare il fatto che di voce e di canto c’è sempre meno.
Ripeto: sentite il Pisaroni (bravino, tra l’altro) e il Ramey in “Sibilar gli angui d’Aletto” su Youtube e sappiatemi dire se dico il vero.
Mah … Ho ascoltato il brano (una volta sola) e non nascondo che mi sia piaciuto molto.
Se proprio dovessi ravvisare un difetto nella Mingardo (che mi piace in generale ma non adoro) è che non è un contralto ma un mezzosoprano, e dovrebbe veramente lasciar perdere i ruoli contraltili perché nel grave schiaccia e ingola troppo, portando la voce ad essere poco sonora.
Un ruolo in cui secondo me è splendida, la Messaggiera nell’Orfeo http://www.youtube.com/watch?v=iuxkFao2hX0
Purtroppo il difetto dei barrocchisti, persecutori stupidi del non vibrato (il caro e buon Zarlino dice che il vibrato naturale nella voce è necessario!!!) è che lasciano fissa la nota accentata per poi vibrare la nota seguente non accentata: una emerita eresia!
Sentita qui la Invernizzi, da arrestare http://www.youtube.com/watch?v=P3vJMlC9l54
Tuttavia bisogna intendersi sul concetto di “vibrato” perché dire genericamente vibrato sì – vibrato no, non ha molto senso. Il problema è quando si perde di vista il fine dell’esecuzione musicale, che è far musica, non esporre teorie o saggi da accademia delle scienze. Poi è chiaro che per cantare Monteverdi – ad esempio – bisogna padroneggiare tecniche che non sono utilizzate in Massenet: penso alla sprezzatura (concetto che è stato esemplificato solo recentemente) che davvero segna la profonda differenza esecutiva tra antico e moderno. Poi si aggiunga che l’assenza totale di vibrato è ormai un dogma poco frequentato dai barocchisti più recenti che hanno abbandonato l’intransigenza di un tempo. Personalmente ritengo che il vibrato sia una risorsa espressiva da utilizzare in modo differente rispetto al repertorio affrontato. Come al solito intelligenza e gusto (oltre che consapevolezza stilistica) devono guidare l’interprete assai più dei dogmi e delle regole.
Io di vibrato non parlerei proprio, la voce ha una sua naturale oscillazione che trovo insensato andare a modificare meccanicamente, non capisco poi per adempiere a quale logica espressiva… Senza contare poi che l’effetto che si crea è del tutto innaturale, manierato, artefatto, quando invece il repertorio antico dovrebbe sempre inseguire quella naturalezza, quella semplicità, spontaneità di emissione (che non significa emissione incolta, tutt’al contrario), senza la quale la sprezzatura si trasforma ineluttabilmente in affettazione.
Ohhh, benissimo caro Mancini : “La voce ha una sua naturale oscillazione”, perfetto. E’ verissimo. E, la naturale oscillazione, anche secondo me non e’ il “vibrato” di cui tanto si parla. Le voci che per gusto, scelta, scuola, epoca, tendono ad eliminare questa naturale oscillazione, non fanno altro che divenire voci poco accette ad alcuni pubblici, i latini in primis, e da questi vengono definite “fisse”.
Intendiamoci, “fisse” , sono le voci anche di grandissimi artisti, solo che, ripeto, meno accette a determinati ascoltatori. Per mio gusto sono portato a preferire voci magari oscillanti anche troppo ma, esenti da questo, per me, fastidioso modo d’emettere il suono. Questo non toglie che i veri grandissimi interpreti, anche se affetti da quest’emissione
siano da me considerati per quello che sono e quindi, grandissimi interpreti appunto.
Alcuni dei miei miti dalla Kurz alla Bumbry, da Jadlowker alla Kurt, erano spesso “fissi”.
è vero che i cantanti della “scuola tedesca” (anche Slezak) se così si può dire erano a volte fissi. Ma credo anche che questo veniva esagerato dalla registrazione acustica – credo in teatro si sentiva meno.
Certo Selma,
Ne sono sicuro.
Non solo si sentiva meno in teatro, ma anche nelle stesse registrazioni elettriche.
E comunque Slezak non lo trovo particolarmente fisso.
Esatto: la voce ha una sua vibrazione naturale. Amplificarla può avere funzioni espressive in certe occasioni, in presenza di determinate scritture e in dati repertori. Eliminarlo per ideologia, invece, rende artificioso il canto che, giustamente, ha da essere naturale e spontaneo. Ovviamente altri requisiti indispensabili sono pronuncia e dizione (in qualsiasi lingua si canti), a meno di accontentarsi del mero aspetto sonoro: ma non si parli più di canto o di musica, bensì solo di note.
Credo che stiamo dicendo tutti la stessa cosa: il “vibrato naturale” è un termine da letteratura, mentre quello che preferisce Mancini ossia “oscillazione naturale” riprende la natura fisica di oscillazione del suono. Il senso non mi pare cambi! 😉
Cosiccome, è giusto quanto dice Duprez che un vibrato accentuato nel barocco serve ad esprimere un certo sentimento, ma quello è un ricorso stilistico, come un trillo, o un’appoggiatura o altro.
Zarlino, come il Tosi, e tanti altri (qualcuno mi ricordava tempo fa che quando furono aggiunti i registri negli organi rinascimentali, si inserì il “Vox Humana”, registro caratterizzato da un suono vibrato) parlano del vibrato naturale della voce, o se vi piace di più, di naturale oscillazione!
Non dico esattamente questo, Papageno. Dico che il “vibrato” (inteso come accentuazione della naturale oscillazione della voce) è uno strumento espressivo da utilizzare in determinati repertorio. E comunque da non intendersi come metodo costante di emissione: nel barocco non mi piace sentire il vibrato largo tardo romantico, ad esempio. Trovo che le estremizzazioni (vibrato mai e vibrato sempre) siano egualmente scorrette e, spesso, sgradevoli.
[premessa: sono papageno]
Stiamo dicendo esattamente la stessa cosa! XD
Una chiosa ed uno spunto:
– sarebbe peraltro impossibile fare un vibrato accentuato continuo e come dici tu “largo” nel barocco per via del recitar cantando (far capire le parole) e nel caso di handel per via delle peripezie vocali;
– il trillo in inglese si dice “shake”: sarà mai che il trillo sia effettivamente un vibrato molto veloce? 😉
Premessa: perché hai cambiato “nom de plume”?
– il vibrato accentuato, per quanto possa essere sgradevole in certo repertorio (ma dipende come lo si usa), è stato largamente praticato (con esiti differenti): soprattutto nella musica strumentale (basta ascoltare i Brandeburghesi di Karajan o il suo Vivaldi). Il “recitar cantando” soffre soprattutto della mancata conoscenza o dimestichezza della tecnica della “sprezzatura” (e della cattiva pronuncia italiana): se ascolti certe vecchie incisioni monteverdiane ascolterai infatti una specie di “melodramma” inchiodato e monotono perché i cantanti non usano quella libertà di fraseggio (e naturalezza) che caratterizza il genere. Per non parlare dell’astrusa lingua in cui si esprimono i cantanti.
– il trillo è un abbellimento musicale “codificato”, consistente nella rapida esecuzione di due note…non ha nulla a che fare col vibrato checché ne dica la lingua della “perfida Albione”
giustamente come il trillo eseguito su uno strumento,es. pianoforte
[piccolo restyling, come quando le donne cambiano colore di capelli 😛 ]
Eppure guarda, piano piano sto sempre trovando delle ragioni al fatto che il trillo non sia altro che un vibrato molto molto rapido.
due figlie acquisite di Albione, la Sutherland e la Horne, in una loro intervista hanno scritto che per allenare il trillo più che focalizzarsi sul fare queste due note, bisognava focalizzarsi sul fatto di muovere bene il palato molle.
Assolutamente il linea tra l’altro col Garcia jr che dice espressamente di non pensare a fare llìe due note diverse ma semmai garantire mobilità alla laringe e palato
Papageno, non siamo tutti d’accordo,
secondo me vibrare e oscillare son due cose diverse.
La voce della Farneti ad esempio e’ affetta da vibrato, ma e’ fermissima.
L’emissione della Sass invece e’ tendenzialmente oscillante.
Quando il vibrato e’ eccessivo si ascoltano voci che una volta, magari volgarmente parlando, si definivano “caprine” o affette da “vibrato stretto”.
Quando invece le oscillazioni diventano preponderanti , si hanno emissioni di suoni che, sempre volgarmente parlando, “ballano”.
Poi ci sono anche voci affette da “vibrato largo” sempre come si diceva una volta , (leggi Cortez ieri o Ravedishvili oggi) che sono altra cosa ancora .
Ciao caro, a presto.
mi sembra corretta la distinzione d miguel il concetto d vibrato esiste eccome e anche celletti lo stigmatizza come caratteristica (tra le righe s intuisce un difetto) d una voce. tra gli oscillanti metterei la dessy in verdi da almeno vent anni e l ultimo decennio di giaiotti
Mi piace la distinzione che Miguel fa tra il vibrato e oscillazione.
Io personalmente chiamo “vibrato naturale” la oscillazione naturale della voce o per meglio dire, quella vibrazione che un cantante ha nel pieno delle sue capacità vocali – arrivando ovviamente a soglie di decenza 😛
Mentre il “vibrato acquisito” lo intendo come quella vibrazione acquisita vuoi per vecchiaia, vuoi per uso scorretto della voce (tipo il vibrato della Dessì, di Terfel o quello del Commendatore nel “Non Giovanni” recente alla Scala).
Sentite qui Barbara Frittoli http://www.youtube.com/watch?v=b_hmoFfv4gc
Vibrato naturale della voce o vibrato indotto ? 😉
No, questa è una voce malferma, non si tratta di un vibrato fisiologico.
per me é un vibratino che notai per la prima volta a Firenze in Don Carlos (l’ultima volta in cui Violeta Urmana cantò da mezzos. x cui é passato un po’ di tempo) e poi nella Suor Angelica. Meno nel Requiem 2009 e nella Elvira del 2011. Io é un’altra persona ci dicemmo all’intervallo “mi pare che la voce della Frittoli presenti un vibratino….” può darsi che sia voce malferma ma questo mi pare concetto più generico, può essere cioé una causa ma non l’effetto. L’esempio di ex-Papageno é cmq molto interessante e calzante anche se tratto da una registrazione dove ‘sto benedetto vibratino viene molto evidenziato
scusate: vibrato stretto = madga olivero da sempre in misura inferiore alla fine della carriera, suono ballanti = maria callas dal 1955 in poi negli acuti estremi e nei piani e pianissimi.
A parte la prodezza unica della scotto che riusciva ad oscillare su suoni emessi fissi. Poi si faceva perdonare quasi tutto con il fraseggio
Non capisco perché tanto spreco di commenti su una questione che credevo ovvia e semplicissima. Allora, ribadisco, il suono della voce umana quando emessa felicemente, quindi senza quei trattenimenti, quei blocchi di gola che determinano la innaturale fissità, ha una sua naturale vitalità, brillantezza, una sua normale vibrazione. Questa oscillazione per difetti di emissione può altresì diventare troppo stretta e veloce (il “vibratino”), oppure allargarsi fino a dar luogo al comunissimo “ballamento” del diaframma, che oramai a causa della decadenza imperversante è divenuto un vero e proprio marchio di fabbrica del cantante d’opera nell’immaginario comune (basti pensare alle caricature che si vedono nei cartoni animati…), un esempio scontato di voce che oscilla paurosamente in acuto è la Callas nel suo periodo di declino. Tornando alla questione dei barocchisti, io trovo insensato pensare di agire volontariamente sul vibrato, sia per fare un’emissione piatta e fissa, sia per viceversa accentuarlo. La voce non si usa come gli archi nell’orchestra…
Per Donzelli : Certo, proprio cosi’.
Per Mancini : I commenti quando servono a chiarire qualcosa non sono per niente sprecati. Anzi.
Se alcune questioni a te sembrano ovvie e chiarissime, per altri non lo sono.
Ci fosse una rubrica, veramente utile, che insegnasse a tutti noi ad usare gli stessi termini , (possibilmente esatti, ma non necessariamente, andrebbe benissimo usare la terminologia che da sempre si usa nell’ambito operistico) sarebbe di enorme aiuto, PER TUTTI.
Io trovo che si potrebbe fare una rubrica simile ad un’enciclopedia dei termini e del gergo vocale-melomane, con esempi musicali. Tutto diverebbere più facile per tutti, appunto. Tante volte certi lettori hanno chiesto chiarimenti circa dei termini che sono magari troppo specifici.
sono d’accordo con te (una volta tanto) anche se quelli utilizzati da Celletti mi sembrano sempre appropriati (la sua ultima edizione del teatro d’opera in disco e le sue recensioni su Discoteca Hi Fi contengono molti esempi). Ti dirò che la cosa divertente é applicare le sue definizioni ai cantanti che non ha sentito. Penso che sulla Bartoli sarebbe stato della mia opinione una grandissima cantante con una voce piccolissima
La voce della Bartoli non è piccolissima. E’ priva di ogni cosistenza, sostanza ed espansione esteriore per colpa di un gravissimo limite tecnico che dovrebbe essere sufficiente per risparmiarsi di definire la Bartoli grandissima in qualunque senso.
Urge il dizionario!
Sìiiiiiiii !!
Pieno appoggio alla proposta di Giuditta Pasta.
Già imparo molto seguendo il Corriere, ma tante volte non riesco a seguire molti “botta e risposta” tra esperti o a comprendere a fondo le recensioni.
Un enciclopedia, dove si potesse trovare qualcosa tipo: “Qui c’è un esempio di scalino / questo è un trillo ben eseguito / qui c’è un trillo abortito / ecc.”
Un mega grazie in anticipo se l’idea si concretizzasse.
Ecco, Donzelli mi ha preceduto.
piccola domanda perche in alcuni cantanti un vibrato stretto da fastidio,mentre il vibrato di Magda no? poi come si sente il vibrato nel corso della carriera si è attenuato,poi la stessa Magda aveva detto che a inizio carriera praticamente ha avuto un inizio sbagliato,ed è stata corretta nel suo modo di cantare da un maestro molto severo
l’olivero tutta che sentiamo anche quella della turandot, che credo sia la sua prima documentazione discografica era già la cantante tecnicamente rifinita grazie alla cura (draconiana) di gigino gerussi. Con l’occasione mi sia consentito dire che l’olivero, la stignani e la prima callas (loro sole) quella calals definita un grosso soprano leggero sono le ultime cantanto cui l’emissione ricordi quella ottocentesca che i dischi di una sembrich, lehmann, siems e patti documentano
Vorrei tornare al trillo. Forse non parliamo della stessa cosa, ma il trillo ha un significato ben preciso, ossia – mi ripeto – l’esecuzione ripetuta di due note ravvicinate (con varie differenze: diretto, rovesciato, con preparazione, con chiusura etc…che vanno a modificare la nota di partenza o quella finale, o altre modalità esecutive). Non è un concetto “aperto” all’interpretazione: come i gruppetti, le acciaccature, le appoggiature, i mordenti…risponde a regole ben precise e definite. E questo aldilà di quanto possano dire la Sutherland o la Horne o persino Gesù Cristo disceso in Terra. A parte che le suddette si riferivano al modo di esercitare la voce, non a come eseguire il trillo… Ma poi, se davvero il trillo corrispondesse ad un “vibrato veloce” che diamine sarebbe il tremolo? Perché differenziare le figure?
Accetto la chiosa sul fatto che Sutherland e Horne diano un espediente per fare il trillo, e non dicano come si faccia, però anche tu Duprez non dici come si fa un trillo ma descrivi la sua applicazione musicale! Le mie domande sono dirette ad investigare non i contesti in cui si fa un tremulo, un trillo etc (un abbellimento in genere), quindi il contesto musicale, ma semmai il contesto tecnico 😀 Spero di aver chiarito dove volessi arrivare!
Divertissement: esiste anche il “trillo caprino” ed i barocchisti sono dei maghi nel farlo: basta pensare a quando fai dei gargarismi con l’acqua ed il gioco è fatto XD PS e chissà mai che non li facessero anche così nel Seicento!
Comunque, trillo caprino assolutamente vietato dal Tosi (1723)!
Per Sardus Orpheus _
Caro il mio Sardus,
La Frittoli nelle Nozze che hai postato, non e’ afflitta da nessun vibrato, non e’ vibrato naturale e tantomeno indotto.
E’ una cantante incolta che non appoggia un tubo, oscillante, dal fraseggio mortalmente noioso e dalla dizione alla ricotta (con tutto il rispetto per la ricotta).
Ma, non senti che gia’ l’attacco dell’aria non e’ sostenuto? Che la voce e’ come su un pedalo’? E, non possiamo neanche dire che era anziana, non possiamo dire che avesse fatto chissa’ quali tour de force, non possiamo dire che gonfiasse in modo innaturale i centri. L’unica cosa che si puo’ dire e’ che ignora il vero imposto. Punto. (Sempre per me eh!) e’ chiaro.
E poi (e giuro che su questo “impariamo ad ascoltare” sara’ il mio ultimo intervento), senti vibrare qualcosa in questa mala cantante? No. E allora perche’ dovremmo chiamarlo vibrato? Oscilla? Si. E allora? Allora diciamo che il suono e’ oscillante. A ripunto.
E’ un poco come quando si dice “ingolato”, “intubato”, “avanti”, “indietro” , “sgonfio”, “forzato”, etc etc etc.
Insomma, un suono non e’ proiettato verso il pubblico? No? Rimane in gola? Sai che suono e’?
Un suono ingolato, che rimane li’, non viene fuori, non ha vibrazioni, e’ posticcio, con colore innaturale.
Se partiamo dal significato di una parola, arriviamo alla comprensione, e, per favore, anche senza trattati, del cinque, sei, sette, otto e novecento .
Credimi. Ciao caro, ti abbraccio.
pero’ miguel la frittoli che ha fatto le nozze all arcimboldi era un po’ diversa…ricorderai che s sentiva il doppio degli altri che non erano scartini. Che poi la Frittoli sia sempre stata una cantante impersonale si che non abbia mai saputo cantare no. Per me quello che ha evidenziato papageno e’ il vero e proprio vibrato da declino diverso dalle oscillazioni da declino che a memoria con tutte le riserve ricordo nella sills di don pasquale e rigoletto EMI
@miguelito: io sto solo giocando e pungendo con le domande 😉
Il vibrato della Frittoli (per me è un vibrato … ) è dovuto all’imperizia tecnica: le corde vocali si adducono male di loro, lei poi fa tanti trucchi tra laringe e bocca, ed il suono che esce è un suono ovviamente oscillante. Il vibrato è un effeto: bisogna capirne le cause appunto!
Spesso De Lucia ha dei suoni vibrati: http://www.youtube.com/watch?v=7ad3T-Wj1ZY
Fermo restando che la registrazione rispecchio lo stato della voce, non mi sembra mica che lui induca questo vibrato ma sia naturale! O no?
“se mi sbaglio, mi corrigerete”
@duprez: certo, quello che dicono le nipoti di Albione è un espediente pratico per fare il trillo; che peraltro male si presta per i trilli di intervalli superiori al tono 😉
Domanda: mi potresti fornire un esempio di ascolto del tremolo? Perché credo di nn averne mai sentito o mai (forse) averci fatto caso grazie!
@mancini: ho sempre creduto che la rubrica servisse per il dialogo appunto, sopratutto per (s)punti che fanno sorgere dubbi.
Spesso si è detto che lo fosse – e quindi intervenivo; in altri momenti si è detto che non lo fosse – e non sono intervenuto.
Se puoi chiarirmi il dubbio, eviterò di commentare in seguito visto che commenti differenti da quanto scrivi non sono bene accetti e creano in te risposte piccate fastidiose.
Basta chiarire e mi comporto di conseguenza! Grazie
Premesso che tutto ciò che scrivo è per imparare e chiarirmi le idee…Se il vibrato è “una fluttuazione periodica dell’intensità e della frequenza di un suono vocale” (Garzantina) allora con vibrato stretto si intende una variazione di periodo breve della frequenza (altezza) del suono e con vibrato largo una variazione con periodo più lungo della frequenza (altezza) del suono? Esistono viceversa dei termini per indicare una diversa ampiezza nella variazione dell’altezza del suono? Ci sono esempi in tal senso?
Io intuitivamente associo il vibrato alla variazione, di periodo più o meno breve, di altezza più o meno ampia, dell’altezza del suono, ma secondo la definizione di prima varia anche l’intensità (sono le voci che “ballano”?)
La garzantina poi si spinge a distinguere anche un vibrato in fase (le fluttuazioni di altezza e intensità sono in fase) da uno in controfase tipico della musica antica….
Da ascoltatore ho imparato a conoscere il vibrato con la Pendatchanska: quello è vibrato stretto di periodo, però anche largo di altezza!!!
Ascoltando l’integrale dei recital della L. Price mi è sembrato di cogliere un certo vibrato, che in passato non avevo notato in lei.
Saluti
Le voci che “ballano” direi sono quelle in cui l’oscillazione è lenta (periodo lungo) e l’escursione di altezza dell’intonazione piuttosto ampia… una specie di sirena dei pompieri 😀 . Il vibrato come “variazione di intensità” è una cosa che francamente non ho mai sentito. Né so cosa sia il “vibrato in controfase” della musica antica…
ho trovato questo argomebto sul vibrato nelle lirica
magari serve approfondire la discussione
http://www.voceartistica.it/home.php?Lang=it&Item=Vibrato
Grazie pasquale. Questo articolo di Fussi, che avevo visionato in passato ma non ne ricordavo il contenuto, confermava la mia ipotesi che il trillo FISICAMENTE non sia altro che un vibrato veloce.
“Il trillo è invece una sorta di “vibrato esagerato”, descritto dal Garcia come alternanza di due note, con intervallo di seconda maggiore o minore, prodotto da rapide oscillazioni della laringe. La frequenza di oscillazione al secondo è maggiore del vibrato ma può in alcuni casi sovrapporsi; la distinzione percettiva è allora dovuta alla maggiore escursione tonale propria del trillo.
Le ricerche di Metfessel e Vennard misero in evidenza, nelle voci di Amelita Galli-Curci, della Callas, della Horne e della Sutherland che, mentre nel vibrato la frequenza di oscillazione dell’intensità e dell’altezza tonale erano identiche, nel trillo la velocità di variazioni dell’intensità risultava doppia rispetto a quella delle variazioni di altezza tonale. In altri termini, la tecnica di esecuzione del trillo finisce per fornire un rinforzo acustico, per l’orecchio dell’ascoltatore, sugli estremi delle fluttuazioni di altezza tonale facendolo così differenziare nettamente dal normale vibrato.”
La discussione è un po’ vecchia ma mi permetto di intervenire (ho letto solo ora): ricordate Pietro della Valle, e il suo discorso sui cantori (soprattutto falsettisti) dei suoi tempi? Lì era descritto un cantante di voce bella, ma afflitta da un “trillo tremolante”: è quello che voi chiamate “vibratino”, voce spoggiata, et similia. A mio modesto credere non c’è dubbio sul fatto che il trillo di buona scuola Ottocentesca (la cadenza della Patti a Casta Diva è una meraviglia!) sia un prodotto ultrarifinito dopo secoli di tremolii e rantoli varii (del resto il loro accostamento tra trillare e vibrissare – espressione del gergo canoro latino antico – è abbastanza eloquente, perché vibrissare significa proprio tremare, ballare). Aggiungo che, se è vero quel che dice Battaglia ed il trillo rinasce con il Conforti verso il 1591 (ne dubito, ma prendiamo per buona la cosa), allora il trillo nasce per questi falsettisti di voce “tremolante” descritti da Pietro della Valle, e doveva essere una cosa relativamente semplice da fare, atteso che a detta di tutti la tecnica di questi cantori era tutt’altro che eccellente. Temo che la differenza tra tremolo, trillo, vibrato, etc., sia solo determinata da tradizioni scolastiche differenti (e dall’uso di un italiano differente): del resto chi oggi parla di “acciaccare”? E però le appoggiature brevi si chiamano acciaccature, alla napoletana, esattamente come i bisticci terminologici tra mezza voce, falsettone, color chiaro e altro.
Guarda che il trillo resta una cosa ontologicamente diversa dal tremolo, a prescindere dalla lingua o dalle tradizioni scolastiche (e pure dalle etimologie). Così come differenti sono appoggiature e acciaccature (pure nei segni grafici): in queste ultime la “nota piccola” leva una frazione brevissima alla nota successiva, dando il senso di schiacciatura (ossia acciaccatura), mentre nelle prime leva un valore pari circa al proprio.
Il tuo discorso non fa una piega hic et nunc, con la tua tecnica attuale e l’esperienza di secoli di esecuzioni: io mi riferivo agli inizi dell’esperienza canora moderna, quando certe cose non erano così ovvie. La differenza tra appoggiare e acciaccare sarà chiara nelle edizioni a stampa ottocentesche, ma non lo è nei manoscritti settecenteschi. E così il tremolo è ontologicamente diverso dal trillo oggi, non è detto che lo fosse ieri.