Trovandomi a Berlino e vedendo l’annuncio di una cosiddetta HD transmission di Aida da New York nei cinema berlinesi, finalmente decido di fare l’esperienza che fino adesso avevo evitato o mancato – andare al cinema per vedere un’opera dal vivo. O quasi. M’incuriosisce di sentire come canta Lyudmila Monastyrska nel suo debutto al Met. Accanto a lei ci sono Roberto Alagna, Olga Borodina e George Gagnidze nel ruolo di Amonasro. Dirige Fabio Luisi. Mi motiva anche il pensiero di vedere in HD la produzione di Sonja Frisell il cui video (con Aprile Millo, Placido Domingo e Dolora Zajick) era tra i miei ricordi più cari.
Il prezzo fisso: 30 euro. Né più, né meno. E’ troppo caro per assistere a nient’altro che una simulazione di ascolto live? E’ troppo poco per avere la possibilità di vedere tutte le cose che a teatro non si può vedere – o sentire? Anyway, se si considera che la sala era abbastanza colma (ancora una volta con un pubblico dall’età piuttosto avanzata) e che queste trasmissioni accolgono sempre qualche centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo, il reddito supplementare del Met non deve affatto essere male. Un guadagno abbastanza inequivocabile almeno per il botteghino del Met, se non per il pubblico.
Nel grande complesso Cinestar al Potsdamer Platz entro in una delle sale che già qualche minuto prima dell’inizio dello spettacolo è impregnato dall’odore di popcorn. Sullo scherno gigantesco vedo Renee Fleming, elegante ed americanissimamente raggiante e positiva, presentare l’opera ed i suoi interpreti con una benevolenza e dei superlativi che potrebbero tranquillamente stare anche nelle pubblicità del tele-shop. Va bene, pazienza, Pastina, togli il tuo snobismo, stai assistendo ad un evento che è fatto per avvicinare un pubblico assolutamente nuovo e poco avvezzo a quello che per te è come il pane quotidiano.
Le camere che osservano la sala prima dell’oscuramento delle luci mostrano membri del pubblico che parlano al telefono o manipolano con i loro Iphone. Media nei media.
Entra Fabio Luisi. Il direttore attacca un preludio forse un po’ troppo pesante e lento per i miei gusti, ma alla fine non ho neanche la possibilità di discernere chiaramente qual è la mia impressione musicale, perché la mia attenzione è permanentemente cattivato dalla figura del concertatore, dai tratti rifiniti del suo viso, dai movimenti eterei della sua mano. Si apre il sipario ed entrano Ramfis (l’ingolato Stefan Kocan) e Radamès. Le voci si sentono troppo forte. Tutto è troppo vicino – un incubo del binocolo da teatro. Alagna canta con una voce che ormai riesce solo a tratti e solo al centro ad evocare il suo timbro opulente degli anni passati, in alto dimostra una fatica inumana, sempre aggravata durante la serata. Però, poco importa – i cambiamenti di prospettiva visiva, le close-up del viso del divo (spesso disperato), la veduta quasi microscopica delle sue braccia pelose (un vero punctum nel senso di Roland Barthes, un dettaglio che non si lascia integrare nel sistema dei codici culturali e significativi che il medium vuole rappresentare), l’aggressività del volume della ripresa sonora, le dimensioni travolgenti dello scherno – tutto è li a simulare la massima distinzione e diversità percettive che alla fine si annegano nella vertigine indistinta e stancante dell’esperienza puramente sensoria.
Arriva Amneris. Sento una voce da mezzo autentico, con un centro e dei gravi ancora molto belli, ma con acuti ormai completamente duri e faticosi. Cosi la Borodina nella scena del giudizio manca o stecca le frasi più acute del dialogo con i sacerdoti. Apparentemente le hanno detto che durante la trasmissione HD bisogna essere particolarmente espressivi con il viso e cosi la diva russa si sforza – con un’ingenuità commovente ed un’esagerazione grottesca – a fare la principessa gelosa, furiosa, dolce, amante. Fa gli occhi dolci, gli sgrana, gli rovescia. Un privilegio riservato solo al pubblico del HD.
Quando entra Aida, subito la ripresa rinforza tutti i difetti della cantante ucraina – un centro tubato, gravi completamente sordi, qualche smorzatura ingolata. Però nel complesso si capisce perché, dopo tante Aide con Violetta Urmana, la Monastyrska abbia ricevuto un trionfo in questo debutto al Met. Canta con calma – differenza abissale fra lei e la disperazione di Alagna e Borodina che mostrano i loro movimenti ed espressioni facciali nei passaggi di cui hanno paura –, ha un suo sistema, pare abbia molto migliorato il sostegno del canto piano e morbido nel settore superiore della voce dopo le critiche ricevute per l’Aida londinese e cosi lei risulta essere la più convincente sia dal punto di vista visivo che da quello canoro. L’interprete rimane grezza, con idee musicali poco incisive o del tutto inadeguate, ma c’è sempre una saldezza generale con cui porta a termine la recita, nel “O terra addio” cantando anche un po’ per il collega completamente perso, con piani belli e solidi.
Quando canta George Gagnidze, l’impressione è quella di una voce enorme. Aspetto anche lui piuttosto grottesco, con la sua figura imponente e gli occhi sgranati – sia per suggerire demonismo e rabbia, sia perché sta spingendo fino a fare saltare fuori gli occhi. Avendolo ascoltato dal vivo nella grande sala della Scala in cui era stato a tratti inudibile (certo che si “sentiva”, però bisogna chiedere COME si sentiva, perché dal punto di vista meramente acustico si sentiva talvolta pure la Bartoli), mi chiedo che cosa penserà una persona che, impressionato dall’effetto che il baritono li abbia fatto in HD, andrà a sentirlo al Met per vivere questa esperienza dal vivo… Stiamo davvero facendo un servizio alla popolarizzazione dell’opera? O stiamo popolarizzando solo il HD?
Tutto troppo forte, tutto troppo vicino. Viene abolito qualsiasi spazio, qualsiasi distanza necessaria per l’ascolto. E’ un non-spazio in cui, soprattutto negli ensemble, diventa difficile ascoltare la polifonia come polifonia. Però, è bellissimo vedere il sontuoso allestimento di Frisell, soprattutto nel finale secondo, è interessante farsi condurre durante le pause nelle quinte dove un vero esercito di lavoratori sta cambiando le scene, spiare su come Amneris fa il segno della croce prima della grande scena del giudizio, vedere l’archivio del Met e ovviamente seguire le interviste di Renee Fleming con gli partecipanti principali della recita – interviste in cui si cambiano complimenti esagerati, in cui la diva americana pone una domanda alla diva russa la quale risponde tutt’altra cosa con un inglese grottesco al pari della sua recitazione. Quando la Fleming presenta Roberto Alagna apprendiamo che lui è un tenore eroico nella grande linea di Caruso, Corelli e Domingo…. Alagna sottolinea che preferisce essere comparato a Pertile o Gigli che, secondo lui, avevano reso Radamès più lirico… Insomma, è forse per questa “vicinanza” con Gigli che Alagna ha fatto ricorso a dei falsetti a dir poco ridicoli sul Si bemolle del “sol” in “Celeste Aida” o nel “O terra addio”?
“Tenore eroico”, “come Gigli” – concetti, immagini fissi che devono essere serviti con altrettanta velocità con cui si consuma (preferibilmente, mangiando anche un sacchetto di popcorn) la gelosia della principessa egiziana nella close-up sugli occhi sgranati della Borodina. Luoghi comuni che appellano ad incarnazioni perfettamente intercambiabili, facilmente eliminabili per dare spazio a nuove sensations che però incarnano sempre la stessa cosa astratta, eliminati subito al termine della trasmissione, perché quello che rimane dopo le tre ore di esperienza HD, è solo una stanchezza fisica causata da un’ipertrofia, un sovraccarico dei sensi, come dopo un film 3D. Nemmeno un pensiero banale come “Viva Verdi!” o qualcosa del genere…
E’ con una tale impressione che ho lasciato la sala di cinema, godendo già dell’attesa del Tannhauser a cui dovevo assistere in teatro l’indomani.
Ho assistito a qualche opera e balletto al cinema, e devo dire che il risultato non era quello che mi aspettavo, ma in sala , sia in America che in qualche paese europeo, ho visto molti govani e anche alcune scuole, soprattutto in Inghilterra, e tutto cio’ mi ha molto rallegrato; Certo non potranno ascoltare le voci magiche di Corelli o di una Olivero, ma sono sicuro che qualche ragazzo o ragazza sia rimasto colpito dalla potenza dell’opera, e con questo pretesto potra andare su youtube o itunes a scaricare qualche incisione di grandi cantanti, del resto e’ capitato anche a me.
Sono rimasto stupito , durante una perfomance di Tosca a San Francisco, dalla dichiarazione di una giovane ragazza alla sua prima esperienza d’opera dal vivo, diceva che si era avvicinata dopo aver visto un’opera al cinema, e gia’ riconosceva che il soprano aveva completamente sbagliato il personaggio , ma che soprattutto la sua voce non era adatta al ruolo di Tosca.
Io appoggio l’opera al cinema, naturalmente abbassandoi prezzi che raggiungono alcune volte delle cifre astronomiche.
PS Dovrebbero dire ai cantanti che quando c’e’ una ripresa televisva ,o qualcosa di simile, le espressioni del viso devono essere meno marcate, proprio perche’ la telecamera puo’ captare delle espressioni che lo spettatore in teatro non puo’ cogliere.
si, anche io penso che avvicini. Ma a quale teatro? O meglio, è ancora teatro? Il teatro è tutt’altra cosa, sia per ciò che si ascolta che per ciò che si vede. Secondariamente, e non poi tanto, il cantante lirico usa la bocca in relazione al canto, ed il canto non ha lo scopo o le esigenze della recitazione. La mimica facciale di un attore è determinata da ciò che recita, quella del cantante dal canto, e non è sempre bella vedere. Dunque si pretende dal cantante una cosa impossibile. Terzo, un cantante si misura in teatro, e quello che la pasta dice del baritono è indicativo del fatto che il cinema è falsante rispetto al teatro. Il mezzo tecnologico ‘ affascinanate, ma quando poi gli spettacoli sono concepiti per il cinema o la ripresa tv ravvicinata e microfonata il sistema di valori del teatro ne esce stravolto. Facciamo cantare le gnocche che al cine poi non sembrano le sagnette che sono in teatro……..questo è l’altro lato dell hd.
Anche qui in Italia esiste un elenco abbastanza nutrito di cinema che offrono il MetLive in HD e, incuriosita, ho fatto la stessa esperienza la scorsa stagione con la Manon cantata dal duo Netrebko/Beczala, sempre con Luisi direttore. Qui la situazione era un po’ diversa: multisala di provincia (ma con ottimi impianti), sala semideserta (saremo stati sì e no una ventina), niente popcorn (così l’odore nauseabondo è rimasto fuori). La struttura è sempre la stessa: mega-collegamento, martellamenti ripetuti degli sponsor della serata, la Voight presentatrice al posto della Fleming (almeno uno si risparmia di sentirla cantare), stessa condotta in tema di interviste e sbrodolamenti vari di reciproche lodi e cortesie. Tuttavia, io sono uscita abbastanza soddisfatta. Ovvio, nulla a che vedere con una rappresentazione nel suo luogo naturale, ma il tutto è stato nel complesso piacevole, non eccessivamente “vicino” o “forte”, grazie probabilmente anche ad una sala ben strutturata e alla mia posizione favorevole, piuttosto indietro data l’ampia scelta di posti a sedere (nelle prime file, sarebbe impensabile assistere a questo tipo di spettacolo). Anch’io ho apprezzato gli intermezzi con escursioni dietro le quinte, vanno bene per i ragazzi che sono sempre curiosi di vedere cosa ci sia “dietro” ad uno spettacolo, un concerto, ecc.
Tutto ciò detto, non è, sia chiaro, vera lirica, è la classica americanata., da provare una volta per curiosità, perché ogni tanto ci sta anche mangiarsi würstel e patatine per la strada, leccandosi poi le dita unte, benchè normalmente abituati a mangiare sano e magari raffinato a casa nostra.
Piccola nota: a Berlino sono dei ladri, io ho pagato 16 euro, che è già il doppio rispetto al normale biglietto del cinema, ma è più equo rispetto al tipo di spettacolo che si va a vedere, altrimenti meglio andare direttamente in teatro…
Tra l’altro, ho visto successivamente la stessa opera in Scala, stesso allestimento, stesso direttore, cast diverso (Jaho-Polenzani), ma quella è un’alttra storia…..o forse la stessa….sotto certi aspetti…
Si hai perfettamente ragione, ma in questo modo i giovani , quelli dotat di curiosita’ e intelligenza, possono guardare ed ascoltare i grandi del passato…
Sicuramente, Doniverdi. Diciamo che le curiosità del backstage sono solitamente tipiche dei ragazzini più piccoli, quelli che non si concentrano ancora completamente su musica e performance canore, vogliono vedere sempre “come funziona”, più avanti subentrano (auspicabilmente) altri interessi. Purtroppo, se vogliono vedere l’opera dal vivo, in questi ultimi anni non hanno a disposizione un gran panorama e va da sé che non possono vivere solo degli ascolti del passato…come dire….sono costretti ad accontentarsi, e molto!!!
E’ peggiore la pezza del buco, dicevan ed è vero. 1l 17.8.2000 in Arena di Verona si dava la Messa di Requiem di Verdi, direttore-Lorin Maazel, interpreti Cedolins-D’Intino-BOCELLI-Scandiuzzi.
Ci son andato sulle gradinate popolari (posto dove capita, capita)
latosinistro a cica metà della cavea. Spledido posto perchè i cantanti al buio vedono l’ultimo pezzo rimasto della ulteriore cercia di pietre illuminate e quindi cantano verso quella direzione. Quindi il suono arriva benissimo. Tutto bene finchè non arriva il Bocelli col suo Ingemisco. TRAGEDIA tra i fan del tenore, non lo si sente, e dapprima si guardan intorno, poi incominciano ad aver mal di pancia, infine la domanda : Non canta? Non stà bene ?
Alla fine io sbotto: che vi aspettavate da un prodotto discografico?
Uno che è uso cantare col microfono in gola ?
La cavea dell’arena è la prova provata di chi ha voce e chi no!
E’ vero che poi si cercherà di rimediare con i microfoni anche lì, ma sino ad allora l’Arena era stata risparmiata.
Ritornando alla Aida in HD e al recente Lohengrin scaligero, la tecnologia avanzata (microfoni tra i capelli etc.) non migliora il risultato, anzi amplifica i difetti del canto fa percepire il respiro affannoso degli sciagurati (asma perenne) tutti i trucchi per far correre i suoni, che un tempo eran affidati alla “TECNICA di canto” e non agli artifizi.
Mala tempora currunt ahime’!
eh eh c ‘ ero anch io quella sera. vedi a differenza d altri bocelli e’ proprio un cantante da disco. bada pero’ nell ottava alta che s restringevin maniera completamente anomala: si appuntisce e non s espande. la sua ottava bassa e ottima e la centrale niente male per un lirico leggero
“Secondariamente, e non poi tanto, il cantante lirico usa la bocca in relazione al canto, ed il canto non ha lo scopo o le esigenze della recitazione. La mimica facciale di un attore è determinata da ciò che recita, quella del cantante dal canto, e non è sempre bella vedere.”
Non esiste solo la mimica facciale, esistono anche gli occhi, uno sguardo ecc… per me un cantante puo’ avere la piu bella voce del mondo ma se non interpreta anche con il corpo e con il viso, oltre che con la voce, non lo considero artista, l’opera oltre ad essere un arte da ascoltare e anche da guardare…
D’accordo sul fatto che un cantante lirico è anche attore, ma come la mettiamo quando succede (come praticamente SEMPRE ormai, sic!) che uno interpreta con il corpo e il viso e NON la voce??? La maggior parte dei cantanti il canto lo ha dimenticato da un pezzo! Vogliamo fare un esempio a caso? K…., come al solito….
Molto belli l’articolo e le considerazioni dell’autrice, fanno riflettere non solo sulla questione Opera al cinema ma sulle condizioni attuali del Teatro d’Opera.
io invece se potessi queste proiezioni le farei fare in piazza,e a gratis,e sono convinto che ci sarebbe un discreto pubblico,e un invito a vedere opera,certo che darla in un cinema facendogli pagare un prezzo esagerato per forza che le sale sono deserte,o quasi ,almeno qui in Italia
Beh non posso che essere d’accordo con te , gratis sarebbe perfetto, almeno potrebbero sentire qualcosa, certo Netrebko e Co non sono neanche un unghia di Olivero e Co, ma almeno potrebbe sentire qualcosa, magari una Di Donato l’unica che ho trovato soddisfacente in questi anni.
Ciao, Doniverdi. Certo che il HD avvicina un nuovo e giovane pubblico all’opera, però, devo dare ragione alla Grisi: a quale opera? che cosa ci rimane dell’opera? E’ una questione troppo vasta per essere trattata in un blog, ci vuole sicuramente un’analisi molto più ampia e approfondita.
Per me il più grande problema è la qualità del suono, sopprattutto quello della voce. Ovviamente anche in CD, in DVD, in tv quando c’è un’opera, le interrelazioni acustiche fra voci ed orchestra nello spazio dell’esecuzione vengono, diciamo, pervertite. Un Gagnidze che a teatro non si sente, avrà un vocione nella ripresa radiofonica (idem per una Stemme e tanti altri). Però la novità che arriva con il HD è che non stai più “seguendo” una recita (in tv, radio…), ma stai “assistendo” ad una recita. E il HD ha la chiara ambizione di offrire delle cose che neanche un ascolto a teatro può offrire. Volens nolens il HD contiene la tendenza di essere una forma “migliore” dell’opera. E’ la logica inerente a qualsiasi medium tecnologico: avvalare l’anteriore essendo più rifinito di lui.
Si vedrà se il HD continuerà ad acquistare popolarità e quali saranno i benefici – per il teatro!
Io penso – e ripeto che questo ha bisogno di un’analisi molto più dettagliata – che con il HD l’opera come l’abbiamo conosciuta fino adesso, cioè come esecuzione vocale in uno spazio determinato senza aiuto tecnologico, sta entrando nella fasi decisiva della sua crisi, anzi bancarotta. Il HD è la morte definitiva della QUALITA del suono sentito a teatro, con la varietà ed il gioco delle voci ben o mal proiettate.
beh da un lato posso essere d’accordo,stare al cinema non è come stare al teatro,però bisogna anche stare al passo con i tempi,se l’offerta è buona,e c’è domanda,è sempre una continuazione per ascoltare opera,d’altronte quando la vediamo in tv o davanti a un computer non è quasi uguale?
solo che in cinema come in teatro c’è una condivione di pubblico.
certo che i prezzi trattandosi di cinema devono essere abbordabili la parola gratis,specie qui in Italia è una parola magica,un esempio a Rivoli ( grosso comune prima cintura di Torino) un teatro qualche anno fa ha dato una recita della Traviata ingresso libero,il teatro capienza 500 posti era pieno e parecchia gente è rimasta fuori,Dopo un paio di mesi hanno riproposto questa recita mettendo un biglietto al prezzo di 15 euro,l’incasso sarebbe stato dato in beneficienza,ebbene la sala era semideserta una cinquantina di persone.
E su questto c’è anche da fare un ragionamento c’è chi può pagare,e magari è tirchio ,altri che vorrebberò andare al teatro,ma non possono,perche le tasche non lo permettono.
come si può fare in modo che questi possono assistere alle recite cercando di andare loro incontro,trattandosi del genere melodramma un evento anche culturale?
Io credo che queste dirette (livello vocale parte) siano fatte davvero bene, una persona che non é necessariamete appassipnata puo iniziare con il cinema e poi se gli poace puo andare a teatro dal quale non puo rimanere delusi anche solo per l atmosfera e così col tempo il cinema diventerà solo il ricrdo del mezzo che lo ha fatto appassionare. Scusate la fprma abominrvole ma scrivo do fretta col cellulare:)
Qui in Germania le dirette del Met sono frequentatissime e si possono trovare anche nei cinema di città relativamante piccole come Ludwigsburg. Per esperienza personale, posso dire che sono frequentate in gran parte da un pubblico che, al di là dei condivisibili problemi posti da Judy, vuole semplicemente godersi una bella e sana messinscena di stampo tradizionale. Il fenomeno è molto più diffuso di quanto non crediate, io conosco personalmente moltissimi appassionati d’ opera tedeschi che a teatro non vanno più perchè si sono frantumati i cabbasisi, come direbbe Camilleri, di assistere alle schifezze cervellotiche del Regietheater.
se le cose stessero cosi’ e mi sa che stanno cosi…la battaglia di noi appassionati non dovrebbe essere indirizzata ai kaufmann e alle bartoli ma a questi spettacoli. Io credo che se Guth leggesse. la nota sintesi d m brandt sulla sua regia diventerebbe rosso dalla vergogna
http://www.youtube.com/watch?v=9FAWV8_VXI8
O_O
ma sarebbe olga borodina????????
certo
io ho avuto un esperienza da studente povero (e purtroppo non ho la registrazione) di una cantante che in una recita steccava sistematicamente tutti gli acuti. Tuttavia era la recita di fine d’anno della Fledermaus alla staatsoper di Vienna. Ebbene la grande Gundula Janowitz come Rosalinde non ne beccò uno, trattavasi però di do e rebemolli (note che non aveva) a conclusione di aria, duetti e concertati che in quel contesto ci stavano. Ci stavano perché nel clima di nostalgia per il tempo che passava e al cospetto di un’esuberante Adele (tale Edita Grubequalcosa non ricordo il cognome ma l’era na brava sceta e avrebbe fatto carriera) quelle stecche erano più belle di un sopracuto azzeccato. Sentire la Borodina che rifiutò di cantare Carmen all’Arcimboldi per insulsi pretesti (rinunciando ad una medaglia di cui fregiarsi visto che chi ha cantato quel ruolo a Milano non é mai stata una minestrina serale insipida come faceva mia mamma) fare una figuraccia simile davanti a tutto il mondo é sconcertante.-