Oggi sospendiamo la rubrica “Modeste Voci” per il ricordo
irrinunciabile, a 50 anni dalla scomparsa, di una grandissima artista oltre che
grande voce wagneriana di ieri, Kirsten Flagstad. Nell’anno delle celebrazioni
wagneriane il pensiero di molti non potrà non andare a lei molte e molte e
molte volte. L’arte della Flagstad è l’opposto di tutti gli “specialismi”
wagneriani di oggi. Il suo è un canto che non presuppone alcuna differenza tra “canto
wagneriano” e “canto italiano”, perché il suo è il vero ed unico canto sul fiato. Emissione
purissima da belcantista, legato straordinario amministrato da una voce di
qualità timbrica soggiogante e rara, accento composto e misurato, nessun
ricorso al parlato o al declamato o ad effetti naturalisti di sorta, sono le
componenti di un canto affascinante e “bello”. I personaggi della Flagstad
conservano sempre la loro dimensione statuaria adeguata alle figure da saga,
connotati ora da una grande dolcezza e femminilità quelle amorose, ora da
distaccato slancio quelle semiselvagge. Il canto della Flagstad non contempla
alcun facile “drammatismo” privo di qualità sonora o di ampiezza di fraseggio
come nelle cantanti attrici odierne, perché le sue sono ancora la lezione del
canto e del fraseggio wagneriano preveriste, ove l’articolazione eccessiva intacca
e corrode il suono e il legato, come oggi siamo soliti udire. Il suo è uno dei
veri miti del canto wagneriano.
9 pensieri su “Kirsten Flagstad, un ricordo”
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Dona Giulia, Grazie di questo ricordo importante. Io mi ricordo che quando è passata a miglior vita un mio insegnante di allora, che sapeva della mia ‘perversione’ per la cultura del canto, a me e mi a tutta la classe, ha raccontato, seppur brevemente, l’importanza di questa figura allora e come, secondo lui, nessuno avrebbe mai dimenticato di lei. (Ricordarsi che c’era la Nilsson appena scesa in campo internazionale) Poi… Ci mise il suo Liebestod.
15-20 minuti che mi sono sempre portato dietro.
Riprendo da una intervista alla Flagstad che si trova facilmente su youtube:
“Il mio primo consiglio per giovani ed immaturi cantanti può essere espresso con tre parole: LASCIATE STARE WAGNER, perché richiede delle forze [risorse] che si possono sviluppare solo dopo molti anni di canto. Avevo già 34 anni e avevo già cantato per circa 15 anni prima di tentare il mio primo ruolo wagneriano, Elsa in Lohengrin, che è uno dei tuoli wagneriani più leggeri; ma ciò nonostante, richiede grande esperienza vocale! Per i ruoli pesanti, come Isolde o Brunhilde, bisogna averne anche di più: una voce perfettamente posizionata, controllo assoluto del fiato e un’immensa […] potenza”
Così parlò la grande cantante Kirsten Flagstad.
bravo papageno! Hai fatto bene a postare questa intervista
Pappy, vallo a spiegare ai direttori artistici che ci sono adesso, tutti fissati sulla “scoperta clamorosa” più giovane e sexy possibile…
SENZA AVERLO PENSATO QUESTO ASCOLTO CHE CELEBRA UNA FIGURA DELLA STORIA DEL CANTO è ANCHE UNA CONSOLATORIA PER COLORO CHE QUESTA SERA SARANNO IN SCALA , ATTESO L’ARRIVO DELLA DIXAN (OPS DASCH) senectus increscit
Eeeeh wie bitte? Zerlina von Brabant inaugura la Scala??? Allora è vero, i Maya avevano ragione…
tanto sappiamo tutti che amplificano, suvvia, smettiamo di prenderci in giro.
Ringrazio Giulia Grisi per lo splendido ricordo…Giornata infausta tuttavia…Spero la signora non si sintonizzi sulle frequenze scaligere dall’oltretomba.
Per chi volesse approfondire aspetti biografici oltre che artistici:
http://www.youtube.com/watch?v=Ww3Zr-iyJ1c
Doveroso e giusto il ricordo di Kirsten Flagstad, oggi in modo speciale, sia per il 50° anniversario della scomparsa, sia per il titolo scelto per l’inaugurazione scaligera, con cui la cantante norvegese a sua volta iniziò la sua parabola wagneriana.
Oltre che per le immense risorse vocali e timbriche, il ricordo di quest’Artista oggi fa riflettere anche per il timore reverenziale e l’umiltà che, in un tempo neanche troppo lontano, era alla base della professione del cantante nell’affrontare il proprio mestiere e nell’approcciarsi a determinati titoli e autori. Ancora una volta alla base del mito della Flagstad stanno i requisiti fondamentali della tecnica, del fiato, della proiezione, tanto più che la stessa Joan Sutherland non ha mai nascosto l’immensa ammirazione per la Flagstad come modello di tecnica.
Oggi è giusto ricordarla e non si può non essere un minimo nostalgici nell’ascoltare le note di Wagner cantate da una voce così bella, tecnicamente sicura unita ad un’interprete dall’assoluta nobiltà di espressione.