Pare fuor di dubbio che don Carlos, quale che ne sia la versione, è una della passioni del corriere della Grisi e di tale portata da giustificare una puntata della Verdi Edission dedicata alle registrazioni a 78 giri. Don Carlos era ritenuta opera difficile da allestire per la contemporanea necessità di sei prime parti. Ed in epoca in cui il pubblico era ben più preparato e ben meno malleabile dell’attuale quando si allestiva don Carlos lo si faceva tenendo conto di tutte le esigenze –visive anche- che un siffatto titolo comportava. Nel raffronto con altri titoli verdiani don Carlos vanta almeno sino agli anni ‘50 un minor numero di rappresentazioni, numero inversamente proporzionale alla qualità. A cominciare dalla direzione e ben prima di Toscanini, a ciò bastando i nomi di Luigi Mancinelli, Edoardo Mugnone, Edoardo Vitale e soprattutto Cleofonte Campanini. Toscanini, che fu nel 1926 la guida di una ripresa scaligera che schierava alcune fra le maggiori star, era stato preceduto nel 1920 dal Met che sotto la guida di Gennaro Papi aveva schierato la Ponselle la Matzenauer, Didur, Martinelli e De Luca e non si può dimenticare il nome di Bruno Walter che diresse il titolo fra il 1936 ed il 1938 a Vienna e di cui rimangono preziosi, sia pur frammentari, stralci, che non possiamo non proporre. A differenza, però, di molti altri grand –opéra, che almeno sino agli anni venti del secolo scorso ebbero circolazione, don Carlos aveva un difetto non da poco, ossia una parte di tenore assai poco significativa e di soddisfazione (ad onta dell’onere vocale degno di Jean de Leyda o Vasco de Gama) e, comunque, schiacciata dal basso dal baritono e fors’anche dal mezzo soprano. Insomma le tre parti che nelle rappresentazioni riscuotono, se eseguite a regola d’arte il maggior successo.
Ancora le registrazioni a 78 giro ci dicono che nel don Carlos o meglio nella concezione del tempo di don Carlos la vicenda degli infelici amanti (destinatari di due ovvero tre duetti a seconda della versione proposta) poco conta. Nessuna registrazione (che non sia, per l’appunto, frutto di una fortunosa ripresa dal vivo) a quanto mi è dato sapere del duetto del giardino di san Giusto “io vengo a domandar” ed un paio, ancora una volta dal vivo, di quello finale. In lingua tedesca. Scarsissime anche le registrazioni dell’aria di don Carlos , assente dal repertorio di grandissimi cantanti come ad esempio Pertile e Lauri Volpi ed anche quelli come Martinelli e Merli, che lo interpretarono a lungo, non incisero alcunché della parte. Eppure anche i due reperti (de Muro ed Hermann Jadlowker) oltre che le registrazioni live viennesi ci dicono, in uno con le cronologie dei teatri, che contemplano nomi come Vinas, Tamagno oltre ai citati Martinelli e Merli come la parte fu appannaggio dei tenori cosiddetti di forza. E non potrebbe essere diversamente visto lo slancio e la scrittura vocale prevista chiamata a proclamare amore, amore di patria e a contrastare il potere di Filippo ed Inquisizione. Del pari le scarse registrazioni della parte della Valois ci dicono che la parte scritta per un soprano Falcon, che, talora, canta su una scrittura vocale più bassa della Eboli (nominalmente mezzo soprano) richiede soprani dalla voce opulenta al centro. Infatti la testimonianza a 78 giri è affidata a Giannina Russ, soprano drammatico per eccellenza che condivise il ruolo, negli anni della propria carriera, con Ester Mazzoleni. Ed alla categoria del soprano quanto meno spinto appartengono anche le voci di Maria Reining, Tiana Lemnitz e Meta Seinemeyer.
Molto più copiose le testimonianze dei tre ruoli, cui vengono riservati gli applausi in teatro. Anche qui devo segnalare la mancanza del grande duetto Filippo-Posa perché sentire Galeffi e Pasero, piuttosto che De Luca e Didur, la guida di un Toscanini o di un Walter servirebbe molto ad una più esaustiva cognizione del titolo e della tradizione interpretativa, considerato che anche le grandi bacchette e cantanti illustri, in anni ormai non recenti, ma a noi ben presenti, ci hanno inflitto Filippo formato Boris da teatrino siberiano e marchesi di Posa vociferanti sull'”orrenda orrenda pace”. Quest’ultima richiede per Filippo e per Posa prima di tutto il canto morbido, legato ed a fior di labbro perché questo è il modo di espressione sempre raccolta, sempre controllata che compete al nobile o al sovrano ( e più in generale al personaggio del grand- opéra) ed in virtù della quale si è interpreti congrui. Doveroso l’omaggio a Battistini e Kaschmann, che cantarono frequentemente il ruolo, riallacciandosi alla lezione di Cotogni (primo interprete italiano), rammarico che non vi sia nulla di Carlo Galeffi, che lo cantò dal 1912 al 1947 praticamente in ogni teatro italiano. Difficile scegliere fra la lezione di de Luca e lo splendore vocale di Stracciari. E lo stesso dilemma si pone per Filippo perché che lo canti un basso dal colore marcatamente chiaro come Pol Plancon o dal colore di autentico basso come Kipnis o de Angelis la levatura dell’interprete e le esigenze interpretative sono garantite sempre e solo dal pieno possesso della tecnica vocale e quindi del legato e della capacità di modulare la voce, di svettare sulle masse. Filippo è prima di tutto un re e da re, o meglio secondo l’immagine che l’iconografia ottocentesca ha del re, quand’anche paventi tradimenti coniugali o amicali, deve esprimersi. Nessuna concessione ad acuti spinti e bassi ingolati, che attentano alla regalità e alla aderenza del personaggio al pensiero verdiano e dell’epoca. Nessuno dei signori che proponiamo viene meno a questo modello che, credo, fosse, indiscutibile all’epoca di quelle registrazioni. E magari anche prima, visto che del “prima” quelle registrazioni sono emanazione.
Gli ascolti
Verdi – Don Carlo
Atto I
Dio che nell’alma infondere – Todor Mazaroff e Piero Pierotic (1937), Helge Rosvaenge e Heinrich Schlusnus (1942)
Nel giardin del bello – Margarete Arndt-Ober (1913)
Io vengo a domandar grazia alla mia Regina – Todor Mazaroff e Maria Reining (1937)
Atto II
Sei tu, sei tu, bella adorata – Dino Borgioli, Ebe Stignani e Richard Bonelli (1938)
Atto III
Ella giammai m’amò – Alexander Kipnis (registrazione dal vivo – 1937)
Son io davanti al Re? – Alexander Kipnis e Alfred Jerger (1937)
O don fatale – Margarete Arndt-Ober (1913), Frida Leider (1925), Margarete Matzenauer (1927)
Per me giunto è il dì supremo…O Carlo, ascolta – Riccardo Stracciari (1914), Giuseppe de Luca (1921), Heinrich Schlusnus (1936)
Atto IV
Tu che le vanità – Giannina Russ (1914)
E’ dessa…Un detto, un sol – Franz Volker e Hilde Konetzni (1937), Todor Mazaroff e Maria Reining (1937)
lo so infatti ho spesso apprezzato kaufman che qui e’ in uggia a molti. E’ poi ovvio (madame brandt) ke non ainsono un fanatico del canto slegato duro e della cattiva scuola. Ho citato Carreras e Tucker per amor d discussione m piacciono e penso piacciano anke a voi pur non essendo sintonizzati sulla ineccepibile regola ricordata dal sig. donzelli
Certo, perché Tucker, Carreras e Kaufmann cantano allo stesso modo, con pari squillo, comparabile legato, eguale morbidezza, identico rispetto dei segni di espressione…..
??? kaufman l’ho citato perché lei parlava di cantanti ingolati mentre tucker e carreras in altro contesto proprio perché sono distanti anni luce e m emozionano nei duetti della forza del destino in ugal misura e più di altri che cantan meglio di loro o quantomeno secondo la regola del canto legato morbido di antica scuola ricordato dal Sig. Donzelli.
Io direi di ascoltarli, così ci leviamo il pensiero 😉
Richard Tucker, 1952
http://www.youtube.com/watch?v=LoqaO_l6xiM
José Carreras, 1976
http://www.youtube.com/watch?v=iMs5BIwMs_Y
Jonas Kaufmann, 2008
http://www.youtube.com/watch?v=y8TYvdSJIIE
sentiamoli ma non capisco cosa c’entra kaufman nella discussione
con l’ifon devo essere finito nel don carlo (s) senza volerlo…ho qui una eboli invadente che m importuna…se riesco a svincolarmi dico che ho sentito volentieri Tucker ma quelle frasi interrotte sono terribili…Carreras del 1976 si rimpiange molto, Kaufman imbarazzante…io nel ruolo apprezzo molto Domingo nella recita alla scala del 1977 e Bergonzi nell’edizione Solti (che però cantano l’altra versione che preferisco). Saluto la Eboli e se riesco torno alla Forza del destino