Festeggiamo i due milioni di contatti dopo cinque anni di vita: Un milione maturato negli ultimi diciotto mesi.
Festeggiamo soprattutto il dibattito che ha luogo in calce agli articoli sempre incentrato su un tema: il canto. I modi del canto, la tecnica, il mutare del gusto, le differenze tra gli esecutori, sono i temi che reggono questo sito e che volevamo riportare al centro della discussione sull’opera lirica. Nata senza registi ed in ottima salute, inesistenti gli stessi. Di canto si è strumentalmente smesso di parlare un paio di decenni fa, privilegiando registi e direttori, nella speranza che l’opera potesse trasformarsi in altro da sé, ed i risultati sono qui sotto i nostri occhi.
Questo 2013 che vorrebbe celebrare i genii di Verdi e Wagner non potrà celebrare alcunché, se non il fallimento del pensiero moderno sul canto e la déblacle economica dei teatri. Sarà (siccome l’arte del canto non è quella della cabala, per ricordare una frase di Celletti) un anno penoso ed imbarazzante, basta scorrere i cartelloni, con le loro promesse velleitarie e, in taluni casi, ridicole. Assisteremo agli osanna per i maestri e per gli ultimi conati del teatro di regia, mentre sul palco sarà il momento dell’ennesima dimostrazione dell’assenza di voci e peggio e più grave di educazione vocale delle stesse. Sarà un anno di prove inadeguate, che non possono in partenza onorare i compositori, ma anche di forfait, di bugie penose ed altrettanto penosi rincalzi last minute.
Lo stato dell’arte oggi è questo, ne abbiamo già parlato molte altre volte, ed è inutile inventariare responsabilità di questo o di quella categoria professionale. La catena autoreferenziale che si muove nei teatri ha portato ad una selezione innaturale delle voci ma, cosa assai più grave, ha consentito che venissero portate avanti concezioni tecniche errate e dannose per le voci con risultati sotto gli occhi anzi gli orecchi di tutti. Quelli che sanno ascoltare, ovviamente.
La questione chiave, dunque, è, dalla parte di chi fa, dove e come si possa imparare a cantare, essendo ormai oggettivo ed evidente ai più, che non riusciamo a produrre cantanti correttamente impostati in quantità e di qualità tali da garantire il fisiologico funzionamento dei teatri come avveniva sino ad una trentina d’anni fa.
Dalla parte della platea, invece, emerge in termini numericamente sensibili il calo del pubblico competente. L’aria fritta ammanitaci col corredo di foto patinate in questi anni si è fatta rancida; le recensioni affidate a persone smaccatamente incompetenti, le cretinerie sproloquiate dai guru della critica ( anch’esse col loro bel corredo di diffamazioni contro questo o quello che pesta i calli dei loro interessi ) non convincono più nessuno. La gente ha mangiato la foglia, mentre tanti improvvisati percorrono il mondo dell’opera, incapaci di offrire una professionalità ed una competenza in grado di invogliare e trattenere il pubblico in modo non solo occasionale. Il pubblico, troppo spesso imbrogliato, si è disamorato ed il posticcio dei peana che accompagna i grandi eventi non riesce mantenerlo attaccato al teatro molto a lungo. L’opera ha il parrucchino ormai, pure l’occhio di vetro, la gamba di legno, le tette e le chiappe siliconate. E’ un feticcio troppo costoso e facile da smagare nei suoi meccanismi e nelle sue falsità perché la gente la rincorra, si contenda il biglietto……tanto poi le tirano pure il pacco last minute!
Quindi nessuna meraviglia che il pubblico sia diventato così, il più facile da conquistare, ma al contempo il più incapace ed ingeneroso nel riconoscere i veri meriti. Oggi chi merita veramente, chi canta o cerca di cantare secondo la tradizione del buon canto, stenta ad essere riconosciuto. Chi domina i ferri tradizionali del mestiere se non si arma di altro, non può che essere riconosciuto da pochi, pochissimi melomani in estinzione, quelli che davvero amano il canto, lo cercano, ne vogliono conoscere la storia, vi riflettono sopra e ne parlano.
Amare il canto oggi è tremendamente demodè e il luogo dove lo si percepisce maggiormente è a teatro, dove il parlare di canto è anomalo, old style, oltre che rarissimo quanto ad argomenti competenti. Eppure mi pare chiaro che l’opera lirica sia oggettivamente un genere artistico incompatibile con il nostro tempo. La velocità, il consumo, la superficialità, il culto dell’immagine vuota….tutto confligge con i tempi lenti dell’apprendimento del canto, con la sua disciplina quotidiana durissima, con il saper aspettare, con le lunghe attese delle carriere solide. L’opera non ha via di scampo, o la culturalità dozzinale dei gadget di cui abbiamo parlato tempo fa, o la marginalizzazione dalla nostra società così condizionata dal mercantilismo.
Oggi chi sa cantare non ha modo di distinguersi dalla moltitudine vociante. Chi crede nelle regole dure di quest’arte è fuori mercato, è un tagliato fuori. Oggi chi si sottrae all’estetica dell’urlo e dello sculettare non riesce ad essere notato dal pubblico, perché l’opera non ha più un pubblico sensibile alla sua essenza specifica, il canto.
In questo sito, dunque, si resiste al declino praticando l’arte della memoria e della riflessione sulla memoria. E il pubblico che qui scrive e viene a polemizzare rappresenta quella minoranza resistente che ancora riconosce e distingue chi canta da chi non canta. Qui c’è il canto. E registrare questi numeri, ad onta della pletora imbecille che diffama gli autori perché questi ledono i loro interessi, è un successo non nostro, ma del canto e dell’opera. Un segnale che controcorrente si può ancora andare e che il teatro lirico non è ancora completamente omologato agli show televisivi o ai burlesque.
Resistiamo, dunque, e festeggiamo.
Festeggiamo celebrando cantanti verdiani, o da opera italiana, che cantarono occasionalmente Wagner, e cantanti wagneriani che eseguirono Verdi. Mondi abbastanza nettamente separati quelli di Verdi e Wagner, dove gli specialisti dell’uno si sono prodotti nella maggior parte dei casi solo sporadicamente nell’altro. Cantante wagneriano versus cantante verdiano. Se esista davvero questo dualismo, se risieda in ragioni vocali o commerciali o meramente culturali starà forse ai lettori dibatterlo. Certo, la specializzazione dei wagneriani inventata da Cosima ha influenzato profondamente il destino di una parte del canto wagneriano, più in generale tedesco. La manipolazione intellettuale operata dalla vedova Wagner e che non avvenne senza traumi ma, di fatto, a prezzo dello scontro con i massimi cantanti del suo tempo e l’isolamento di Bayreuth , è di certo alla base del pessimo stato dell’arte vocale wagneriana. L’ultima guerra, poi, fece il resto, con l’interruzione delle grandi scuole canore, che gravitavano attorno ai teatri tedeschi, la diaspora di grandi artisti verso altri palcoscenici, quelli d’oltreoceano in particolare. Il presente favorisce qualche caso di osmosi in presenza di nomi aurati, come quelli che inaugureranno la Scala, ma il movimento costante tra i due repertori nell’arco di un’intera carriera rimanda a casi celeberrimi del passato recente, per tutti la Nilsson. Per il cantante “all’italiana” Wagner sembra un rifugio tardo che allunga la carriera (Domingo), mentre le migrazioni al contrario hanno sortito esiti modestissimi ( Waltraud Meier ). Parlare del presente non ne vale nemmeno la pena, dato che anche al top si canta assai male nell’uno come nell’altro repertorio ( Pape, Dobber, Harteros, Kowaljow, Stemme… ), le velleità specialistiche cozzano con difetti basilari di imposto della voce. Che poi il cantante si esibisca nella lingua che gestisce meglio è fatto del tutto marginale a fronte a quanto si sente. Un tempo, infatti, la questione linguistica veniva “bypassata” cantando traduzioni, più o meno valide ed adeguate ( il tema di oggi non è la liceità o meno della prassi…. ) al fine di favorire l’avvicinamento del pubblico ai testi e favorire l’esecutore sul piano dello sviluppo del fraseggio. Di qui la grande tradizione del Wagner in italiano praticato da artisti solitamente impegnati nel repertorio verdiano. Alcuni di loro sono entrati quasi nella leggenda di un Wagner d’altri tempi, come Pertile o la Tebaldi. Gli ascolti oggi proposti mettono come al solito il dito nella piaga, cioè il canto. Questi ascolti sono stupende dimostrazioni che l’artista di rango non conosce ostacoli vocali o di compositore, e sapendo cantare gestisce ogni aspetto della linea vocale verdiana come di quella wagneriana.
Verdi
Il Trovatore
Atto III – Ah sì ben mio – Jacques Urlus (1923)
Atto IV – Se m’ami ancor…Ai nostri monti – Ernestine Schumann-Heink ed Enrico Caruso (1913)
Un ballo in maschera
Atto II – Ma dall’arido stelo divulsa – Melanie Kurt (1912)
Don Carlo
Atto III – Ella giammai m’amò – Alexander Kipnis (1930)
Atto III – O don fatale – Frida Leider (1928)
Wagner
Tannhäuser
Atto I – Als du in kühnem Sange uns bestrittest – Riccardo Stracciari (1925)
Atto II – Dich, teure Halle – Renata Tebaldi (1950)
Atto III – O du mein holder Abendstern – Mattia Battistini (1911)
Lohengrin
Atto III – Atmest du nicht – Aureliano Pertile (1922)
Tristan und Isolde
Atto II – Einsam wachend – Ebe Stignani (1930)
Atto III – Mild und leise – Giannina Russ (1906), Giuseppina Cobelli (1930)
AUGURI, cara Giulia, per i 2 millioni e per lo splendido articolo!
“Chi crede nelle regole dure di quest’arte è fuori mercato, è un tagliato fuori. Oggi chi si sottrae all’estetica dell’urlo e dello sculettare non riesce ad essere notato dal pubblico…”
“La velocità, il consumo, la superficialità, il culto dell’immagine vuota….tutto confligge con i tempi lenti dell’apprendimento del canto, con la sua disciplina quotidiana durissima, con il saper aspettare, con le lunghe attese delle carriere solide.”
triste verità – magari non proprio tagliato fuori ma per loro è MOLTO più difficile. Oggi è più importante “avere VOCE” e cantare forte di saper cantare. Ed il pubblico per una gran parte non ne conosce la differenza. O come diceva il Viennese Julius Patzak una volta. “Stimme brauchst kane – Singen muasst können!”……
auguri !!
sono perfettamente d’accordo ” Eppure mi pare chiaro che l’opera lirica sia oggettivamente un genere artistico incompatibile con il nostro tempo. La velocità, il consumo, la superficialità, il culto dell’immagine vuota…” come ha sottolinato anche Selma,ma forse qui c’è anche la chiave su una evoluzione e adeguamento,che può dargli un futuro,anche se in realtà è un involuzione ai nostri occhi,ma non per chi a questo futuro appartiene,poi può sempre succedere che si ritorni indietro l’evolvers,e cambiamentii dei gusti sono imprevedibili,l’importante che l’opera non venga dimenticata,al pari della musica classica.
Auguri anche da parte mia. Le reazioni stizzite, a volte ai limiti dell’ isterismo, che questo sito suscita sono la migliori dimostrazione del fatto che i problemi dibattuti sono reali e che si va a toccare un nervo scoperto. Inutile fare i buonisti de sta ceppa, la situazione, come diceva Flaiano, è grave ma non seria. Come diceva sempre agli amici il caro e compianto Giuseppe Sinopoli, la soluzione sta nel guardare al futuro indagando il passato. E questo è esattamente ciò qui viene fatto.
Ancora complimenti a tutti voi per il vostro lavoro.
Auguri e complmenti x il risultato ottenuto. Simpatica la citazione d Flaiano perche’ m suggerisce d raccomandare maggior moderazione e coerenza ai supercritici d questo blog che non vorrei mai che qualcuno considerasse appassionati a cui l insuccesso ha dato alla testa.
Tanti auguri anche da parte mia, e cento di questi giorni!!! Un ringraziamento particolare anche ai nostri fedeli contestatori, che, con i loro cattivi giudizi, hanno portato a questo risultato a noi graditissimo.
I complimenti e gli auguri vanno a tutti gli autori, che sono stati capaci di creare un sito che ancora parla in modo vero (sine oppressione/dipendenza dei media) del tema musicale, in un mondo nel quale di vero vi è-ahimè-troppo poco.
Auguri e un caro saluto a tutti, buon lavoro!!!!
Caro Gianguido, il discorso che fai sul nervo scoperto non è molto convincente, dal momento che può essere tranquillissimamente rovesciato. Anche le reazioni di questo sito nei confronti di altri siti o verso la carta stampata potrebberto testimoniare che si è toccato un nervo scoperto, questa volta presente qui ed ora. O quello che vale per gli altri non vale per noi?
Marco Ninci
faccio ( e lo sai benissimo) caro ninci un mestiere dove vige secondo regole il principio del “botta e risposta”. Siccome la tua impostazione mentale predilige la casistica e la compilazione saprai bene che l’aggressione, l’attacco viene sempre da altri e che al massimo talvolta siamo costretti a difenderci. allora se proprio dobbiamo parlare di “nervi scoperti” forse è il caso di aggiungere “altrui nervi scoperti”. I nostri non ci sono ed in alcuni casi, come il mio sono confit . E’ un termine di cucina francese che fra pochi giorni dovrò mio malgrado utilizzare
dd
http://www.youtube.com/watch?v=AI96e1vGvpk
Marco nelle ricorrenze svolge sempre questo ruolo…
Io userei un altro termine per cotale ruolo: l’ORCHICLASTA 😉
Auguri di cuore ( da un cardiologo, appunto..)
Agli isterici strizza-laringe che attaccano questo sito vale la pena ricordare cio’ che disse Julius Patzak ad un collega tenore dalla voce meno “modesta” della sua: io non ho il DO ma riesco a cantarlo, tu ce l’hai ma non riesci a farlo.
Infine una preghiera: siate meno severi con chi, come il sottoscritto, ogni tanto prende cantonate sulla tecnica canora : a volte sentir rispondere che non si ha diritto alla parola se non strapreparati ( cosa in se’ corretta e giusta nei confronti di chi chiaramente provoca) puo’ “buttar giu” il morale. Sia chiaro che non parlo per una mia esperienza in questo sito, ma per altri interventi. Grazie ancora e avanti per i 4 milioni !!
va bene signor dottore, saremo misericordiosi e gentili.grazie dell` apprezzamento
Carissimo Dott. Fazzari , sapesse quante me ne hanno dettte ma…..sono impagabili ed insostituibili !
Oh bravo il mio dottore che ricorda questo piccolo apologo del mio amato Patzak!
Eh già, disse proprio così. Se non sbaglio fu la Ludwig a ricordare la cosa…. Ed era vero: anche accantonando il mio patente debole per il tenore viennese, è e resta un esempio didattico di belcanto. Ma credo che agli isterici strizza-laringe sia del tutto sconosciuto questo nome. Poveri meschini.
E dopo un Cardiologo auguri anche da un Ortopedico. Poiche’ non sopportate tutto cio’ che e’ ” storto ” nel mondo del Teatro Lirico vi considero un po’ miei colleghi e vi nomino ” Ortopedici del Canto ” !
a questo punti ci manca solo il ginecologo
Conoscendo öe teste dei cantanti, un neurologo sarebbe piú opportuno…
Complimenti vivissimi, vi seguo costantemente e vi apprezzo anche se non intervengo quasi mai. Piccola nota sul ginecologo: non credo sia questo blog il suo luogo ideale, mentre mi sembra abbia ormai un ruolo primario come suggeritore per molte delle stelle (sic!) che di questi tempi calcano i palcoscenici delle opere. Non chiedetemi i nomi, please, li sapete già!
Complimenti per questo meraviglioso articulo, anche sfortunatamente vero. Ma non perdo (o non voglio perdere) la speranza che un giorno ci saranno una altra volta voci e cantanti…
Eh, Donzelli, sappiamo tutti che in qualsiasi contrasto, in quelli fondati sui carri armati come in quelli che vertono sull’arte del canto, ogni attacco viene sempre presentato come la risposta a un attacco precedente. Ma è una favola vecchia e decrepita. Anche Hitler del resto ha sempre sostenuto di rispopndere unicamente a delle provocazioni. Devo dire che in questo blog circola ogni tanto un’aria di vittimismo…
Marco Ninci
Ecco perché ti ci trovi tanto bene, Ninci, povera “ostia” sacrificale (ma non “salutare”).
Rinnovati complimenti e ringraziamenti agli ospiti.
A tutti gli altri tanti tanti auguri di Buone Feste, a cominciare dalla nostra adorata Nanny, che non si lascia mai sfuggire l’occasione di rimetterci in riga, anche quando non sarebbe strettamente necessario.
Mi unisco anche io, sebbene tardivamente, alle congratulazioni per il traguardo raggiunto.
Del bell’articolo scritto da giulia mi sento doi sottoscrivere tutto fuorché una cosa: non credo che l’opera sia un genere artistico così incompatibile con il nostro tempo; o almeno credo che lo sia molto meno di quanto appaia.
Recentemente ho avuto riprova di come anche uno spettacolo tutto sommato modesto abbia potuto affascinare un’amica profana la quale ha anche saputo percepire chi cantasse davvero male: segno che non serva una particolare scienza infusa per andare a teatro. Questo lo dico pensando anche al commento qui sopra di Massimo Fazzari del quale condivido con simpatia il punto di vista: chiunque penso possa parlare di canto e cantanti, con l’unico requisito del buon senso. E del buon gusto, che oggi fa gara col primo quanto a latitanze.
E’ vero, Lily, non era per nulla necessario. Ma tante volte si fa così, quasi per un istinto incontrollabile. Del resto, sono i pensieri che vengono a noi, non siamo certo noi a suscitarli, noi, che sui pensieri non abbiamo alcun potere.
Ciao e con l’affetto di sempre
Marco Ninci
Lo so, Marco caro, si chiama deformazione professionale e ce l’ho anch’io. Un abbraccio.
Due milioni, Giulia, quanta formazione possono fare tante pagine lette, tanti brani ascoltati ! Si impara molto qui, da voi e dai vostri commentatori, se tanti vi seguono è perché il buon canto ancora fa breccia su molti, attrae anche chi non conosce l’opera, come ci ha ricordato il caro Tamberlick, il canto giusto commuove, emoziona, è bello ! I vostri lettori vogliono capire, imparare a discernere, riconoscere le mistificazioni. Il segno del vostro successo è già un barlume di speranza . Mi associo a quanto dice Nicola Ivanoff, sperando che in futuro ci siano ancora voci, cantanti ed un pubblico capace di apprezzarli . Non posso che auspicare che i milioni di pagine di questo blog si moltiplichino vertiginosamente . AUGURI CARI !
P.S. Già all’arrivo del cigno ci sarà una volata
carissima olivia
parole come balsamo le tu edi questa sera, un invito ad andare avanti senza inciampare e senza guardare chi è solo inciampo e non merita sguardo.
a presto
dd
Un po’ in ritardo ma prima di una bufera forse, rinnovo i miei sempre sentiti, affettuosi auguri pieni di stima per voi, per il vostro blog e per la vostra coerenza ad andare avanti e a parlare e spiegare il canto, cosa che ormai non si fa più tanto che oggi come oggi si ritengono delle nullità vocali – benché bravissimi musicisti – dei master di non si sa cosa!
W la voce, W il canto e W la grisi & co!
Un po’ in ritardo ma prima di una bufera forse, rinnovo i miei sempre sentiti, affettuosi auguri e sempre pieni di stima per voi, per il vostro blog e per la vostra coerenza ad andare avanti e a parlare e spiegare il canto, cosa che ormai non si fa più, tanto che oggi come oggi si ritengono delle nullità vocali – benché bravissimi musicisti – dei maestri di non-si-sa-cosa, e si ergono invece a divette e divetti degli emeriti cialtroni e cafoni che niente hanno a che fare con l’arte del canto se non compartire una casa discografica che camperà a vita con i titoli dei grandissimi cantanti storici come la Callas, la Sutherland, la Horne, etc e non certo con i dischi di questi scafessi spinti a piè sospinto dalle major!
W la voce, W il canto e W la grisi & co, gli unici – come già dissi tempo fa – a descrivere la realtà di uno spettacolo nella maniera meno irrealistica possibile, con estrema perizia ed onestà!