In un’epoca di baritoni dal suono poderoso ed ampio ovvero di fraseggiatori di illimitate risorse e fantasia fare la carriera di Antonio Scotti non può non destare perplessità. Anche dalle prime registrazioni che lo strumento non fosse eccezionale per timbro e per estensione appare evidente. Eppure fu al Met per trentatrè anni, molti dei quali trascorsi più a dire che a cantare sopratutto Jago, Falstaff, Scarpia ed il protagonista dell’Oracolo di Leoni perchè la voce divenne presto sorda e legnosa limitata nelle zone estreme e l’intelligenza o la furbizia del cantante consigliò certe parti, che crearono -giustificato o meno non è questa la sede per vagliarlo- il mito di don Antonio.
3 pensieri su “MODESTE VOCI: ANTONIO SCOTTI”
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Purtroppo anche nei primi dischi il cantante è già declinante e l’emissione è un po’ compromessa da un certo birignao e da quella oscena erre moscia… Però resta molto positivo ed educativo sentire un baritono (brillante) che non ha nessuna paura di cantare con la propria voce, senza quindi cercare ingrossamenti ed artificiosi annerimenti di colore, com’è ormai uso comune tra le voci maschili gravi da più di mezzo secolo. In ogni caso alle ragionevoli perplessità sui motivi della lunga e proficua carriera che lo Scotti in declino ebbe al Met si può dare facile risposta e spiegazione – oltreché riconoscendone i meriti, che stanno nella musicalità, nell’eleganza del fraseggio e nella nobile presenza scenica – considerando che ivi a successo anche maggiore ed alla gloria di un mito ben più duraturo ed importante – nonché deleterio per le conseguenze che avrebbe avuto nella storia del canto – riuscì ad innalzarsi uno come… Caruso.
Probabilmente anche Scotti (di cui é comunque affascinante l’esprit e proprio quel suo cantare con la propria voce) é uno di quei baritoni che hanno avuto tre carriere. Noi per esempio ne conosciamo uno di grande valore Renato Bruson. Cappuccili si é fermato alla seconda non per colpa sua. Nucci, sentito nella Miller lo scorso anno non lo definirei ancora in terza, ma in prima e mezza…
Piuttosto mi pare di cogliere nel riferimento del Sig. Mancini a Enrico Caruso un certo disprezzo. Da alcuni riferimenti di altri blogger deduco una non tanto lontana polemica sul mitico tenore che purtroppo non avevo seguito…
Se qualcuno può darmi i riferimenti di quell’articolo lo ringrazio perché mi interesserebbe conoscere quel dibattito. Per ora a difesa di Caruso (che per me é ancora il numero uno tenuto conto di quello che ha saputo fare nel suo repertorio specifico e di come si é difeso nel repertorio non suo) dico che Jadlowker (che nei giorni scorsi é stato portato a modello e ho ripassato un po’ in questi giorni) mi pare possa iscriversi nel novero di quelli che vollero imitare il grande napoletano in alcune sue caratteristiche cadendo spesso in quel cattivo gusto che (io penso anche grazie a Toscanini) é sparito solo con l’arrivo dei vari Pertile, Merli, Fleta, Lauri Volpi, Schipa.-
E sì, davvero modesto.