Un altro convento. O meglio lo stesso convento, quello della Madonna degli angeli, ma non più il piazzale antistante dove giunge l’ansiosa di pentimento Leonora de Vargas, ma il cortile interno dove giunge, ansioso anch’egli, ma di vendetta don Carlo de Vargas. Non cerca affatto la disonorata sorella, che crede morta e che ormai è ridotta all’ipostasi del solo onore da vendicare e che oltretutto, nella propria ottica è correa nella morte del padre. Infatti pur moribondo, senza rimorso alcuno la pugnalerà.
Sa che deve incontrare un religioso, che nella visione cavalleresca (iberica per giunta) non è il novello padre Cristoforo, ma un vile che si nasconde nel convento per sottrarsi alla giusta vendetta, che la famiglia dell’ucciso e della disonorata debbono consumare. Incontrerà, spinto dalla “forza del destino” il nemico, che nell’incipit del duetto si comporterà manzonianamente come il padre Cristoforo secondo la regola francescana del chiedere ad ogni costo il perdono. Solo che la flagellazione e la mortificazione spirituale di don Alvaro hanno i loro ben evidenti limiti le offese, sopratutto quelle recate alla propria stirpe, sono quelle che fanno mettere mano alle spada (che don Carlos si era portato. ben conoscendo il mancato cognato e prevedendo gli eventi). Finirà in un melodrmmatico bagno di sangue al di sopra di ogni previsione, perché i duellanti non sanno chi si celi, quale romito, nel convento.
Ma quello che importa per offride lo spunto alle riflessioni sulla storia del canto e dell’interpretazione verdiana è come si debbano scontrare due cavalieri di altissimo rango in un melodramma che è un dramma di cappa e spada dove i protagonisti parlano il linguaggio dell’onore, dell’orgoglio di casta e del rango (addirittura parzialmemte di stirpe reale per uno dei due).
Solo quei tenori e quei baritoni, che dispongono di legato, canto morbido ed emissione di scuola vestono appropriatamente i panni dei due contendenti, gli altri possono, forse essere emuli di un duello rusticano o di una recita di mezz’Agosto finita nel sangue per colpa di un zoccoletta di nome Nedda.
Questi principi ci impongono e costringono ad una scelta, che si ferma almeno ad un trentennio or sono ed alla usata considerazione che le esecuzioni a 78 giri sono quelle più aderenti al dettato ed alla poetica verdiana. In questa edizione del convento, però, abbiamo pensato di lavorare su un duplice binario; commenteremo come sempre i nostri reperti archeologici, quei morti che piacciono a noi morti, come ha scritto qualcuno di recente, tanto per “dare aria ai denti”, ma proporremo senza commento, il più
delle volte perché non lo meritano, esecuzioni ben più recenti del meraviglioso incontro scontro fra i grandi di Spagna e terre della Conquista.
Per entrare in argomento qualche ascolto di grandi cantanti che, con nostro autentico rammarico non hanno inciso lo scontro finale, ma il duettino del terzo atto. Ripeto con nostro autentico rammarico per queste grandi voci.
Verdi – La forza del destino
Atto III
Solenne in quest’ora – Koloman von Pataky e Heinrich Schlusnus (1927)
legato..canto morbido e grande scuola li lascerei a leonora e padre guardiano da tenore e baritono vorrei scatto elettricita’ fantasia e un po’ di istrionismo (s dice cosi?) tanti baritoni mi sono piaciuti tra i tenori tuker e carreras alla scala ne 77
Perché? Il canto morbido e di grande scuola, il legato non si possono, secondo te, accompagnare a scatto elettricità fantasia e un po’ di istrionismo?
E lo spartito? Se è prescritto il legato, perché il cantante non lo deve onorare?
infatti i baritoni ci sono spesso riusciti. I tenori meno, altrimenti non citavo Richard Tucker e Jose’ Carreras fra i miei preferiti nell’eseguire i tre duetti. Soprattutto il secondo e il terzo, visto che nel primo ci sono tenori che sono stati migliori di loro due.-
Alberto talvota fai degli interventi che mi sconcertano. Cantare morbido è molto più un’indicazione tecnica che non di espressione come forse tu credi. E la stessa cosa vale per il legato. Ché legare i suoni si deve sempre. SEMPRE. E entrambe le indicazioni valgono per qualsiasi corda per qualsiasi cosa cantino. Altrimenti si finisce in quello in cui siamo scaduti oggi: liberi fiati in libera tecnica.
beh caro albertoemme, quando devi cantare Una suora mi lasciasti non credi si debba legare? La scuola del muggito ha ablato il cervello del pubblico!!!!! Il legno, la fibra e lo sforzo…..e la strozza afonoide in alto…
A me colpì l’ incisione (live?) del duetto con la coppia Lauri Volpi-Bechi. M’impressionò Lauri Volpi ma nonostante che forse per molti di voi Bechi fa parte della scuola del muggito, a me piacque anch’ egli.
Secondo Celletti. Fosse per me, avercene di buoi del genere!
allora facciamo un patto con chi ha contestato i principi generali che andremo ad utilizzare nella disamina del grande duetto alvaro-don carlo del quarto atto ossia quando proporremo quelli che sono per noi i MODELLI o LE REALIZZAZIONI più complete e che anticipo rispondono a quei principi generali ci direte se e perchè manchino di mordente , slancio ed elettricità
Affare fatto?
Affiliamo le armi! 😀
http://www.youtube.com/watch?v=JP_-EzQ01S0&feature=share&list=PLF4B273FAD94DB22C
Per Albertoemme: qui non ti pare di trovare quel che cerchi ?
buona l’idea del Sig. Donzelli, ma già che ci siamo mettiamo facciamo partecipare i tenori e i baritoni a vincere le medaglie sui tre singoli duetti e sul completo. Per il Sig. Fazzari, Pertile é ovviamente grande: fantasia, duttilità, scatto e fantasia (spettacolare la mezzavoce) che come sempre compensano un timbro che forse nemmeno il valente Mukeria invidia. Franci gli arriva alla caviglia (anzi un pochino più giù) con quel suo vibrato e quelle aperture sull’ultima sillaba così “vintage”.-
Visto che é stato citato Bechi, una volta vi racconterò di quando mio zio andò senza biglietto ad assistere con un grande melomane amico di Nessi (noto bravissimo compimario che doveva intercedere col commendator Gigli per un ingresso) alla Forza del destino. Se la ricordava bene perché fu bellissima, perché fu lasciato solo dall’amico con la Caniglia in camerino assai imbarazzato e perché pochi giorni dopo i tedeschi lo arrestarono (era ufficiale dell’esercito) e restò in polonia fino alla fine della guerra…
Massimo, due giganti. Dico solo questo: due giganti alti uguali.
Alberto: se il vibrato ce l’hai lo puoi contenere fino ad un certo punto. Poi devi andar di gola. Io sinceramente preferisco una voce sfogata anche se vibrata ed anche un po’ “vintage” ad una ingolata.
il tenore nell’esempio di Donzelli é bravo. Non amo però i portamenti in questo pezzo e come utilizza la A che penalizza per es. l’attacco di “s’Abbruci, me spento” dov’é postato Jadwloker?