Le cronache catalane di Nicolai Ivanoff. Elisir d’amore al Liceu

Mi ha scritto in questi giorni un caro collega a voi tutti noto, Nicolai Ivanoff. Indimenticabile tenore, Nicolai, pieno di ardore romantico e fuoco tutto russo: le nostre serate assieme sulla scena non posso ancor oggi dimenticarle! Il destino lo ha portato a risiedere in Cataluna, nella vitale Barcellona, immagino presso qualche caliente nobildonna del posto! Mi scrive di quel teatro, di ciò che ha inaspettatamente trovato in quella ridente capitale musicale. Intende aggiornare me , e voi assieme a me, di quanto passa su quelle scene, delle differenze tra i nostri ed i moderni costumi vocali e scenici. Leggiamolo insieme, perchè Nicolai è straordinarimente arguto nel raccontare e preciso nel descrivere voci e cantori.

L’ELISIR D’AMORE ( Liceu, Nov. 12)
Después del fracaso sin paliativos de La forza del destino inaugural, el Gran Teatre del Liceu ha ofrecido tres funciones de L’elisir d’amore en el viejo montaje de Mario Gas que, a pesar del cambio de época en la Italia fascista y de algunas otras licencias, funciona amablemente sin entorpecer ni música ni acción y sin deformar el carácter de la ópera o de sus personajes. En mayo-junio se representará de nuevo con otro cast, para el cual casi ya se ha agotado las localidades gracias a la presencia (anunciada) del gran divo (no digo tenor) Rolando Villazón, quien hace unos años ya experimentó un éxito vergonzante en ese mismo papel y teatro.
En esta serie de funciones otoñales, el triunfador ha resultado ser el Nemorino, confiado al también mejicano Javier Camarena, que se presentaba por primera vez en este teatro. Su principal mérito fue la entrega sin reservas a un papel no muy exigente y las ganas de gustar, junto a un par de does y un aria que todo el mundo quiere aplaudir a rabiar. En el centro la voz está baja de posición (especialmente pesada y atrás la vocal a) y apoyada en la gola, por lo que el sonido no es nunca mórbido, sino más bien duro y descubierto. Cuando la parte exige el uso del primer agudo (do-sol), por suerte no muy frecuento en este rol, Camarena produce un sonido más áspero, spinto, con frecuencia tomado di sotto y de afinación no siempre exacta, puesto que la voz sigue emitida en posición baja (aunque buscando ocasionalmente apoyo en la nariz) y falta de un verdadero apoyo sul fiato e in maschera. En el registro netamente agudo, consigue sonidos más spinti  que squillanti, como lo fueron ambas puntature (muy celebradas por el publico y censuradas por la crítica) al do sobreagudo en el dúo con Belcore del segundo acto. Con este tipo de emisión, no es de extrañar que al buscar una media voz o una smorzatura tenga que emblanquecer o incluso falsear el sonido, lo que comporta una inmediata pérdida de armónicos y de proyección (que por lo general, a pesar de lo atrasado de la emisión, es por lo menos suficiente). En realidad, Camarena no dudó a recorrer a una especie de parlando en los recitativos y en otros pasajes donde su objetivo parecía ser la media voz. Si añadimos a esto un legato perfectible, un fiato no especialmente generoso y una cierta parquedad en colores y acentos, ya tenemos todos los ingredientes para un Nemorino soso en lo vocal (aunque efectivo desde el punto de vista escénico), pero que por lo menos no masacró su parte como lo hicieron los tenores del espectáculo inaugural y sacó la función adelante con honestidad.
Nicole Cabell, por mucho que esté avalada por Decca, no fue capaz de solventar las exigencias limitadas de la parte de Adina. La emisión es muy gutural en toda la gama, el agudo directamente un chillido, las coloraturas vienen resueltas con una especie de mormullos y la dicción es absolutamente ininteligible. En consecuencia de todo esto, su personaje resultó frío, distante y anónimo, además de vocalmente pobre e insuficiente. El barítono catalán Àngel Òdena, quien desde hace un tiempo afronta papeles de más densidad (reciente su debut en el MET como Conte di Luna), hizo gala de una emisión rígida, un registro grave y central ensanchado y oscurecido (no precisamente por medios naturales), agudo atrasado y estentóreo, y de unas coloraturas escanciadas con pesantez y cierta dificultad. Simone Alberghini fue un perfecto declamador de la parte de Dulcamara, de voz áfona, dura y caída, especialista en hablar su canto silabato. Prácticamente inexistente e inaudible la Giannetta de Eliana Bayón, aunque se intuía un voz desapoyada, desimpostada y chillona.
La dirección musical de Daniele Callegari fue pura y netamente expeditiva. Metrónomo en mano, el director italiano impuso unos tiempos siempre veloces (aunque no por ello dejó de firmar una versión lastrada por cierta pesantez) y sacrificó sin contemplación cualquier tipo de refinamiento orquestal o cualquier variedad de fraseo. En definitiva, resultó una dirección monocorde que se limitó a acompañar discretamente a las voces. La respuesta de la orquesta, en horas bajas desde hace meses, fue sólo discretita. Notoriamente imprecisa en los ataques al inicio de la función, ganó algo de empaque a lo largo de la representación, aunque sin conseguir realmente nunca un sonido cohesionado y transparente. El coro, algo menguado en efectivos, ofreció una prestación correcta, aún si especialmente la sección femenina gritó en alguna de sus intervenciones (escandaloso, por falta de color y de empaste, el ascenso final al sol4).

Nicolai Ivanoff

Dopo l’insuccesso senza palliativi della inaugurale Forza del Destino, il Gran Teatre del Liceu ha offerto tre funzioni dell’Elisir d’amore con le vecchie scene di Mario Gas che, nonostante l’ambientazione fascista ed altre piccole licenze interpretative, funzionano correttamente senza danneggiare né la musica né lo sviluppo drammaturgico e senza deformare il carattere dell’opera e dei suoi personaggi. Tornerà sulle scene a maggio-giungo con un altro cast per il quale è già stato annunciato il tutto esaurito per la presenza preannunciata del grande divo (non dico tenore) Rolando Villazon, che pochi anni fa portò in scena nel medesimo teatro lo stesso personaggio con esiti vergognosi.
In queste funzioni autunnali il grande trionfo lo ha preso Nemorino, affidato al messicano Javier Camarena, che per la prima volta cantava in questo teatro. Il suo merito principale è stata la sua dedizione totale ad un ruolo non molto impegnativo e pure il suo desiderio di piacere, assieme ad un paio di DO e un’aria che tutto il mondo vuole applaudire. Al centro la voce è bassa di posizione (particolarmente pesante e in dietro la vocale a) e appoggiata in gola, per cui il suono non è mai morbido, ma sempre duro e scoperto. Quando la parte richiede l’uso del primo acuto (do-sol), per fortuna non molto presente in questo ruolo, Camarena mostra un suono più aspro, spinto e con frequenza preso da sotto e non sempre intonato, considerando anche la voce in posizione bassa (anche se talvolta cerchi una posizione nasale) e la mancanza di un vero e proprio appoggio sul fiato e in maschera. Nel registro acuto ottiene suoni più spinti che squillanti, come sono state le due puntature (molto applaudite dal pubblico e censurate dalla critica) al do sovracuto nel duetto con Belcore nel II atto. Con questo tipo di emissione non deve risultare strano che al cercare una mezza voce o una smorzatura Camarena debba schiarire e talvolta falseggiare il suono, cosa che ha come conseguenza la immediata perdita di armonici e di proiezione (che in generale, nonostante l’emissione in dietro, è per lo meno sufficiente). In realtà, Camarena non si è rifiutato di ricorrere ad una specie di parlato nei recitativi e in altro passaggi dove il suo obbiettivo sembrava essere la mezza voce. Se aggiungiamo a tutto ciò un legato perfettibile, un fiato non particolarmente generoso e una certa moderazione nei colori e negli accenti, abbiamo tutti gli ingredienti per un Nemorino insipido nella parte vocale (anche se efficace scenicamente) che però almeno non ha massacrato la sua parte come fecero a suo tempo i tenori dello spettacolo inaugurale e che è riuscito a portare avanti la parte con onestà.
Nicole Cabell, sebbene promossa dalla Decca, non è stata capace di rispondere alle esigenze della parte di Adina: emissione molto gutturale in tutta la gamma, l’acuto chiaramente urlato, le colorature risolte con una sorta di borbottio e la dizione totalmente incomprensibile. Come conseguenza di tutto ciò, il suo personaggio è parso freddo, distante e anonimo, oltre al fatto di essere povero e insufficiente.

Il baritono catalano Angel Odena, che da tempo ha deciso di affrontare ruoli più pesanti (recente è il suo debutto al Met nel Conte di Luna), ha dato mostra di una emissione rigida, un registro grave e centrale gonfio e oscuro (non precisamente per doti naturali), un acuto in dietro e stentoreo, e di colorature cantate con pesantezza e notevole difficoltà.
Simone Alberghini è stato un perfetto declamatore per la parte di Dulcamara, con una voce afona, dura e in caduta, specialista nel parlato sillabato. Praticamente inesistente e inascoltabile la Giannetta di Eliana Bayòn, anche se è risultato chiaro che fosse in possesso di una voce spoggiata, senza impostazione e urlata.
La direzione musicale di Daniele Callegari è stata puramente e chiaramente sbrigativa. Metronomo in mano, il direttore italiano ha imposto tempi sempre veloci (nonostante ciò ha firmato una versione caratterizzata da una certa pesantezza) e ha sacrificato senza attenzione qualsiasi tipo di eleganza orchestrale o qualsiasi altro tipo di fraseggio. In sintesi, è parsa una direzione monocorde che si è limitata ad accompagnare discretamente le voci. La risposta dell’orchestra, in crisi da tempo, è stata solo poco discreta. Nota per essere imprecisa negli attacchi all’inizio della funzione, è riuscita a recuperare nel corso dello spettacolo senza però raggiungere un suono coeso e trasparente.
Il coro, leggermente calante, ha offerto una prestazione corretta, anche se la sezione femminile tendeva ad urlare in alcuni dei loro interventi (scandaloso, per mancanza di colore ed unità, la salita finale al sol4).

Nicolai Ivanoff tradotto da Manuel Garcia

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3 pensieri su “Le cronache catalane di Nicolai Ivanoff. Elisir d’amore al Liceu

  1. il grazie ed il benvenuto sono d’obbligo avere recensioni da barcelona un tempo teatro di grande canto ed oggi deposito salme di divi e dive è importante, aggiunge un tassello a questa costante, sofferta CONTROCORRENTE del corriere della grisi. CONTROCORRENTE che diviene un minimo dovere di onestà dopo avere letto sulla carta stampata italiana autentici peana per esecuzioni come la Forza del destino del Liceui che anche i blog ed i fori, ben più mansueti e disponibili haqnno definitoi scandalose e scalcagnate.

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