Ecco un esempio di come un soprano che al massimo possiamo definire lirico-leggero possa ben destreggiarsi in una tessitura centrale come quella di Rosina (nella tonalità originale) cantando sempre con la propria vera voce, con un centro leggero ma ben saldo, timbrato, chiaro, pulito e omogeneo, scevro da artificiose ricerche di colore, affondi e ingolfamenti. Semplicità del porgere e pronuncia nitida sono poi i segni distintivi del vero ben cantare, e anche di questo abbiamo qui un saggio esemplare. Esecuzione forse censurabile agli occhi dei filologi perché molto tagliata – ma erano i limiti, angusti, del disco acustico – e per l’inserimento di variazioni poco coerenti con lo stile rossiniano, eppure un disco come questo può insegnare, ad esempio, che per un soprano leggero (non importa che oggi si facciano chiamare “mezzosoprani d’agilità”) che non disponga del sol# grave previsto nella discesa di “sarò una vipera sarò”, è lecito e consigliabile puntare la parte all’ottava superiore, anziché ingolare la voce ed emettere quei suoni che solo l’espressione “rutti uterini” ben descrive. Comunque almeno fino al si grave (0’12’’, “mi risuonò”) sentiamo qui una emissione sicura, timbrata ma soffice, omogenea, senza l’ombra di uno scalino nel passaggio al registro di petto (giustamente utilizzato). La primissima frase con quell’attacco sulla U netto e limpido, sul mi3, dà subito prova di una grande abilità nel sostenere la linea di canto in prima ottava, sulle note a cavallo del primo passaggio; non si riesce a percepire l’uno o l’altro registro tanto l’equilibrio tra le due voci è perfetto. Ammiriamo infine nella precisa esecuzione di quartine e terzine la classe della grande virtuosa allieva di Matilde Marchesi, e pertanto discendente della scuola del Garçia.
Un pensiero su “I venerdì di G.B. Mancini: impariamo ad ascoltare. Sigrid Arnoldson nel Barbiere di Siviglia, ossia dell’uguaglianza dei registri.”
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grande cantante esemplare l’uso della voce al centro