Concediamoci questa settimana qualcosa di diverso dal solito, un breve ascolto corredato di video, un ascolto leggero e spiritoso, ma nient’affatto irrilevante per chi sappia coglierne gli aspetti, nel bene e nel male, esemplari: l’anziana Toti Dal Monte che esegue in televisione un simpatico motivetto dialettale. La possibilità che il video ci offre di vedere, oltreché sentire, il modo di cantare di questi artisti d’altri tempi (che tanto possono insegnarci anche da anziani), è molto preziosa per chiunque si interessi di vocalità sotto l’aspetto strettamente tecnico. Il brano eseguito appare, sulla carta, di difficoltà irrisoria, la tessitura centralissima e l’estensione che in alto non supera il mi naturale 4 lo rendono virtualmente idoneo a qualsiasi dilettante o principiante. Tuttavia ritengo che proprio la necessità che brani come questo impongono di cantare con limpida naturalezza, schiettezza e semplicità, sulla parola, nella prima ottava della voce, metterebbe gravemente in imbarazzo la maggior parte delle cantatrici dei nostri giorni e del recente passato, sovente incapaci di gestire correttamente l’emissione in zona grave e medio grave, nonché di dire le parole con franchezza. Certo la Toti di queste riprese, ritiratasi ormai da anni dai palcoscenici operistici, non può considerarsi un esempio professionale di arte canora, tuttavia non si può non lodarne ancora la buona intonazione, la musicalità, e la formidabile nitidezza dell’articolazione, che le deriva da una emissione semplice, chiara, netta e fondata sulla parola, e che consente all’ascoltatore di apprezzare il testo del brano come leggendolo sul libretto. Già dalla A del primo attacco (fa#), laddove molti soprani anziani suonano vuoti e stimbrati, sentiamo una voce che in zona medio grave gode di ottima salute e sonorità. Come già anticipato, però, i difetti (che mi preme qui sottolineare non per fare un torto alla cantante, che a questa età non aveva più niente da dimostrare, ma perché si impara soprattutto dagli errori) sopraggiungono quando si superi il do, ovverossia sulle note critiche in cui si situa il c.d. “secondo passaggio” della vocalità femminile (a partire dal re4, prima nota del registro di testa), che la Toti anziana, complice anche il declino fisico, non padroneggiava più con accortezza: già sul re di “micEtto” la voce non “gira” come dovrebbe, il suono è un po’ sgarbato, imperfetto di intonazione, aspro perché mal tornito, non “coperto” a dovere, di un color chiaro eccessivo (stesso problema si ripresenta, ad esempio, sui successivi mi4 di “dorme la nOnna” e “dOrme le seleghe”). Esemplare invece la successiva discesa alla i di “canarin” (un mi3), che coinvolge invece il primo passaggio, dove la voce omogenea non cede alla tentazione di allargarsi, e però non perde appoggio e focus; si osservi la posizione della bocca, sorridente come prescrive l’antica scuola, con scopertura degli incisivi superiori, per tenere il suono chiaro, alto, ed evitare che, scendendo in zona grave, esso scivoli indietro. Ne deriva una i ben pronunciata, tutta “fuori”, pura, leggera, galleggiante sul fiato, qui come nelle altre i del prosieguo del brano. La i – la vocale del focus, della “punta” – risulta spesso difettosa nei cantanti dall’emissione indietro o ingolata, per cui è bene segnalare chi la sa emettere correttamente. Molto belle le frasi finali, che mostrano una estrema disinvoltura nel sostenere il canto in zona grave, a mezzavoce, senza stimbrare. Globalmente si fa apprezzare la schietta semplicità con cui la cantante porge la parola cantata, comunicandoci con facilità il senso del brano eseguito.
G. B. Mancini
eh la Toti…una grande é sempre moderna (anche in questo estratto dal Musichiere). OItre a godere della sua bravura mi é sempre stata utile durante le performance di Luciana Serra che godevo di più pensando: “beh anche la Dal Monte non trillava come Dio comanda nella Lucia…” e così per me il bicchiere diventava mezzo pieno e uscivo da teatro felice e contento