I venerdì di Mancini: impariamo ad ascoltare. Elisabeth Schwarzkopf nel “Così fan tutte”.

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Ascoltiamo quest’oggi una tra le più famose e celebrate dive discografiche del secolo scorso eseguire uno dei maggiori cavalli di battaglia di tutta la sua carriera: Elisabeth Schwarzkopf nella grande, prima aria di Fiordiligi dal Così fan tutte. Brano da vero e proprio soprano drammatico d’agilità, cui si richiede spessore vocale nel centro e nelle ripide discese nel registro grave, canto di sbalzo, slancio e sicurezza nella salita all’acuto, autorità d’accento, agilità di forza. Tralasciamo il recitativo (sul quale già si potrebbe scrivere parecchio), e ascoltiamo l’appalesarsi, già dalla prima frase dell’aria, di una voce di soprano leggero che nel grave forza l’emissione per simulare uno spessore che le è innaturale (simulazione che solo in disco può riuscire a trarre in inganno, e che funziona solo con gli ascoltatori più sprovveduti), finendo però solo con l’offrire un eclatante esempio di cosa significhi cantare con lo scalino, ossia col difetto della doppia voce: gonfiata e forzata di gola nei gravi, vuota sorda e sfalsettante nelle note immediatamente successive il primo passaggio. L’impossibilità di legare il registro di petto col resto della gamma (e segnatamente con gli impegnativi primi acuti sollecitati dalla scrittura a sbalzi) dà luogo ad inevitabili compromessi esecutivi, che non trovano però alcuna giustificazione di ordine musicale e testuale, come ad esempio quello strilletto flautato e spoggiato, da autentica soubrette, su cui viene risolto il salto di decima di “contra i ven-TI” (sol4): l’insicurezza tecnica diventa sì scoglio… uno scoglio su cui però l’autorità e la furia del personaggio si incagliano, anziché saldamente poggiarsi. Brutto il suono dell’acuto su ”la tempEsta”, indietro, fisso, fibroso. Particolarmente negativa è poi l’affettazione della pronuncia, con le vocali – e segnatamente la A, ma pure la O – spessissimo nasalizzate, e schiacciate nella posizione della E (un esempio tra gli innumerevoli, ai lettori assegno il compito di individuare tutti gli altri:“così ognor quest’alma è forte”, che diventa una sorta di “choésì ognoér quest’aèlma è foérte”), ed impressiona sotto questo aspetto – oltre che per gli acuti sfalsettati o gridati senza voce – la somiglianza con un altro astro del disco (di targa decca però), sorto di lì a trent’anni, oggi famosissimo: Cecilia Bartoli. Nel prosieguo è ancora notevole la somiglianza con la popstar romana, per i frequenti suoni tarpati in bocca, l’inesistenza del legato a causa di una linea disomogenea per il costante cambiare, ad ogni nota e ad ogni vocale, della posizione del suono, le agilità sporche, farfugliate, gli acuti mal risolti (imbarazzante la figurazione virtuosistica a 2:50, che porta ad un acuto sul do sparacchiato malamente). Non resta poi molto altro da aggiungere. La sezione più mossa del brano mette ancora più severamente alla frusta i limiti fin qui segnalati, la doppia voce fa sì che le veloci successioni di terzine siano ridotte ad una poltiglia di jodel vocalico tutto schiacciato e male articolato, la frase “non vi renda audaci ancor” ancora si incaglia nel grave squilibrio dei registri, nella coda, terribile, restano solo gli acuti sempre fissi e sguaiati. Ascolto esemplare per capire come non deve essere organizzata una voce femminile.

G.B. Mancini 

101 pensieri su “I venerdì di Mancini: impariamo ad ascoltare. Elisabeth Schwarzkopf nel “Così fan tutte”.

  1. Insomma avete demolito anche uno dei miei miti giovanili . La ascoltai dal vivo e la conobbi personalmente , a 50 anni e 80 anni ( a Berna ) : sempre bellissima ( questo almeno lo concederete ) ed amabilissima. Non tento neanche di contestare la Vostra incontestabile competenza ma , pongo una domanda assolutamente non provocatoria che , invece , puo’ spiegare il misterioso fascino della voce umana : perche’ il canto della Signora Schwarzkopf ( finalmente non Legge ) continua ad affascinarmi ? Non sono uno sprovveduto , ho frequentato quasi tutti i teatri del mondo – infatti la mia chioma e’ oramai grigia- e Vi ritengo ” l’Autorita’ ” .Perche’ una voce imperfetta ammalia e commuove ? Orfeo non poteva ammansire le bestie se avesse cantato con lo ” scalino ” ?. La Signora Schwarzkopf non sara’ certo Orfeo ma io sono sicuramente una bestia .

    • Non hai tutti i torti, Imparato. La Schwartzkopf, pur non avendo i mezzi di una Jurinac o di una Della Casa, ha sempre esercitato un fascino sul pubblico, che secondo me è indipendente anche dal mero canone estetico. La voce-e sopratutto la tecnica- non erano splendide, ma riusciva ad ottenere sempre un risultato accattivamente, e ad instaurare nello spettatore (almeno in un tipo di spettatore come posso esserlo io) una strano meccanismo per il quale, pur sapendo che tecnicamente era ben inferiore di altre sue contemporanee, rimaneva comunque colpito da un qualcosa che ritrovava anche in una cantante del suo livello (buono, ma certamente, ripeto, inferiore ad altri).
      Cordialmente.

  2. A me piace quasi sempre, certo non quando canta Liù o certe arie mozartiane che pretendono ben altro spessore e caratura tecnica (anche la prima aria di Elvira del “Don Giovanni” è all’incirca inascoltabile) , ma la sua Contessa delle Nozze mi sembra splendida arie e recitativi sono cesallati (forse fin troppo…) in maniera spesso sublime. A volte , poi, era capace di discreto virtuosismo:
    http://www.youtube.com/watch?v=CAit21EGJfI

  3. @Imparato. Trovo la Schwarzkopf insopportabile soprattutto nel repertorio italiano. L’incisione proposta nell’analisi la coglie poi già nella fase di declino. Se ha esercitato un certo fascino sugli ascoltatori è perché tutto sommato è intonata, a suo modo musicale se per musicalità intendiamo fare le note, far quadrare il ritmo e andare a tempo, perché la vera musicalità è qualcosa di molto più profondo, ha una certa scansione di parola anche se come dicitrice è manierata e le vocali sono artefatte e schiacciate, e per me le mie orecchie questa è una cosa abominevole. La voce non trovo sia niente di che, però il timbro, seppur artefatto, è abbastanza personale e questo sicuramente l’ha avvantaggiata come personalità da dischi. Si tratta infatti, lo ribadisco, di una diva del disco, ed il disco spesso riesce a spacciare come autentica l’apparenza di bene.

  4. Ho ascoltato tante volte questa registrazione, e devo dire che effettivamente è piena zeppa delle pecche e delle mancanze rilevate, e anche di più. Tutto giusto, dunque, secondo me, tranne il confronto con la Bartoli… Prima di tutto perché anche per quanto riguarda pecche e mancanze ci sono differenze e sfumature, e soprattutto perché in fondo gli ascoltatori di Frau Gesetz erano molto meno involgariti e imbastarditi rispetto a quelli della Bartoli, quindi riuscire a convincerli era qualcosa di diverso del riuscire a persaudere e appagare il “pubblico” ammaestrato dalle case discografiche e dall’ignoranza che applaude il fenomeno del momento… Per non parlare di classe ed eleganza, che Frau Gesetz aveva da vendere e la Bartoli si sogna dipinte… Per quanto riguarda invece l’ascolto, ripeto, non si può che essere d’accordo: anzi, è stato importante proporlo perchè, vista la penuria di ascolti di quest’aria (magnifica quanto mostruosa!) di un certo livello, temo che esso possa anche essere considerato di riferimento su tubo e affini.

    • Invece le affinità con la Bartoli sono manifeste. Primi acuti flautati e sfalsettati, quel centro vuoto e tutto in bocca, schiacciato nella posizione della e, dal colore artefatto, l’ingolamento nei gravi… le agilità fatte su quell’orrida intervocale… La Signora Legge (pardon uso il nome da sposata perché molto più semplice da scrivere) aveva più voce ma non cantava in modo molto dissimile dalla Bartoli… in quanto diva del disco è stata un po’ l’antecedente storica di tutte queste odierne… non so neanche come chiamarle.

  5. Buongiorno, a tutti.
    In effetti, se esiste un brano nel quale vengono messi a nudo tutti i difetti di Elisabeth Schwarzkopf, questo e’ proprio “Come scoglio”, e principalmente nell’edizione scelta qua’ sopra, dove le ripetute tensioni nel registro acuto, (quando non proprie autentiche urla), e le frequentissime note intubate in quello grave, unitamente ad un medium depauperato e della consistenza di un’ostia, non possono che essere notate e sottolineate. Ma neppure la capacita’ espressiva mi sembra, in questo caso, raggiungere la sufficienza.

    Direi pero’ anche che, al di la’ dei matrimoni, delle frequentazioni politiche, del presenzialismo a tutti i costi, dei ruoli sbagliati imposti dal nascente star system, dall’invidia suscitata in oche e ochette locali e estere fermamente convinte di essere le uniche degne di poter affrontare in disco o in teatro Mozart e Strauss Weber e Wagner Lehar e Waldteufel, dell’affettazione tipica del suo linguaggio espresso in diversi repertori ed in diversi idiomi, dall’indigestione mediatica e discografica proposta per anni, ed infine alla poca propensione a togliersi di torno quando i tempi vocali lo imponevano, direi , che il canto di Elisabeth Schwarzkopf espresso in diverso repertorio , la pone tra le interpreti femminili del primo dopoguerra che van ricordate . E sottolineo, interpreti. Penso al esempio al suo Wolf , con cosi’ tanti difetti vocali, eppur cosi’, ancor oggi per me, insostituibile. E la Marzelline beethoveniana della Schwarzkopf rimane, anche vocalmente, una delle migiori. E poi, diretti da Szell o Karajan o Ackermann o da chi volete , i suoi Strauss con accompagmamento orchestrale, non hanno mai suscitato in nessuno di voi l’dea di una poetessa che invece che scrivere, maluccio, ma canta?

      • Ahahahahah, le gran bacchette le ha avute senz’altro, Giulia! E nonostante le bacchette, e nonostante i difetti, brava ANCHE lei, almeno per me, ovvio, non in tutto. Ma l’ho gia’ detto, e tu che mi conosci, sai bene che non mi son mai prostrato dinnanzi a Schwarzkopf, e neppure a nessun altro celebre nome, ma che vuoi, aveva voce che mi piaceva, era una brava liederista, e diceva spesso in modo per me coinvolgente, tutto qui’. Un esempio : Billy ha postato poco sopra un brano, che senza lasciarmi senza fiato non trovo brutto come il “Come scoglio”. Anzi, lo trovo molto piacevole. Quindi, non e’ diventata uno dei nomi piu’ celebri della musica SOLO perche’ sposa, amica e manager.

  6. Personalmente ho ascoltato poche volte la Signora Schwarzkopf; soprattutto qualche anno fa, quando di lirica ne masticavo ben poca: ho sempre provato un fastidio fisico all’ascoltare il suono della sua voce (che adesso so che dipende dall’emissione, allora no); e mi ricordo che manco facevo finire la registrazione. Oggi, che di lirica ne ho masticata molta di più, all’ascolto di questa imbarazzante e disgustosa esecuzione provo il medesimo fastidio ma ancor più acuito.
    Al contrario, devo dire che di recente ho ascoltato una sua aria di Micaela che mi è piaciuta molto; soprattutto la coda è di grandissima tenerezza (anche se l’emissione mi sembra comunque mal funzionante). http://www.youtube.com/watch?v=9zHK7M2z_Dg

      • No, non sarò certo io a negargliela; al contrario, aggiungerei anche L’Es gibt ein Reich di Ariadne e la Contessa in Capriccio.

        Ma stiamo parlando di registrazioni in studio. I miei ascolti dal vivo si limitano ad un’appagante Marschallin a San Francisco metà anni ’60 e a una dimenticabilissima Donna Elvira nello studio della RAI di Roma, fine anni ’60.

        X imparato: Per una bella trattazione del suo canto e del suo fascino – da un punto di vista non strettamente tecnico – vedi “Listening to Elisabeth Schwarzkopf” da “Cleavage” di Wayne Koestenbaum. New York, 2000.

  7. La Schwarzkopf ( non Legge o in neotedescoitaliano Gesetz ) una delle peggiori cantanti ?
    Quanti l’hanno vista sulla scena ? E il suo repertorio liederistico che suscito’ l’ammirazione di Furtwangler ? Certo nel repertorio italiano non aveva le sue frecce migliori e infatti se ne astenne ( Mozart e’ altro ! ).Nessun eccenno al suo vero punto debole per cui dovremmo condannare anche Karajan , ma cio’ esula da questa querelle.No ho ricevuto lumi dalla questione da me posta all’inizio : perche’ una voce poco valida sotto il mero aspetto tecnico ammalia e seduce ? L’Otorinolarigoiatria , seppur paludata , da sola basta a spiegare cio’ ? Non buttiamola sulla polemica ,please, questo nobile blog non e’ uno studio televisivo : qui ho imparato (nomen omen ) cose che nemmeno sospettavo , la caratura degli interventi e’ spesso di alto profilo culturale , posso ad esempio citare Husserl e Bergson , essenziali per comprendere il complesso mondo del “Suono ” e dell’ “Ascoltare ” come ci ha insegnato Celibidache .Per favore non rispondete – non sarebbe degno di Voi – che ignoro , perche’ e’ vero , la tecnica vocale : per commuoversi dinanzi ad un quadro di Vermeer non e’ necessario essere pittori.

    • Guarda che io ti ho risposto, non hai letto il commento di risposta che ti ho scritto? Per favore controlla bene. Il Mozart di Da Ponte va cantato all’italiana non alla tedesca e la Schwarzkopf purtroppo riesce solo, nella migliore delle ipotesi, ad annoiare.

    • Imparato,
      però lascia che io ti dica ciò che penso. -E con ciò credo che mi piomberanno addosso le Erinni!-
      Esistono coloro che cantano e coloro che non cantano. Soltanto i primi hanno coscienza e competenza tecnica reali. Perché non sono l’amore per il canto e la melomania; non sono l’orecchio educato all’ascolto e la sensibilità; non è la lettura astratta dei trattati priva della loro applicazione che dà competenza e coscienza tecnica reali. A limite si può parlare di una coscienza tecnica letteraria. E su questo blog di cantanti che cantano non ce sono (da quanto ho capito: il che significa che può essere che mi sbaglio): c’è chi come me studia il canto da poco tempo (e pertanto mi ritengo ancora un qualsiasi amatore), chi lo studia da più tempo e chi si diletta privatamente nel cantare; ma nessuno di questi soggetti è cantante.
      Con ciò non intendo criticare coloro che si lanciano in giudizi tecnici; lo facciano pure, ognuno come e quanto ritiene opportuno: non sta certo a me negare loro il diritto di parlare. Ma con ciò voglio dire a te di non ritenere la componente tecnica di questo blog come “l’Autorità” (come tu sopra dicevi), magari anche lasciandoti influenzare: -se posso- ritienila letteratura ed opinione. E non temere che qualcuno ti possa accusare di ignorare la tecnica.
      E adesso, sbranatemi pure!

      • Vox clamantis in deserto ! Finalmente qualcuno che centra la questione . La Signora Schwarzkopf e’ stata una grande Interprete . Perche’ di questo si tratta ,di Interpretazione . Il Canto deve ” significare”
        perche’ e’ la forma piu’ alta di Musica , la quale da’ ” senso ” al Mondo ,anche in modo ermeneutico.Ma questo Beckmesser non lo sa.
        Non temere lo sbranamento , caro Amico : queste belve non hanno unghie !

        • Scusa Imparato,
          ma io avevo detto tutt’altra cosa: ho espresso il mio parere su ciò che dici quando parli di “Vostra incontestabile competenza”, ed anche “l’Autorità”, e soprattutto a te che dici “Per favore non rispondete – non sarebbe degno di Voi – che ignoro , perche’ e’ vero , la tecnica vocale”. Rileggi!
          Di contro, lungi da me pensare come te sull’interpretazione: per me l’interpretazione esiste soltanto quando la voce funziona come uno strumento (ed alla Signora Schwarzkopf, anche stando solo a quest’esecuzione, non funzionava come tale). Quindi prendo distanza dal pensiero che c’è dietro alla tua espressione ” La Signora Schwarzkopf e’ stata una grande Interprete . Perche’ di questo si tratta ,di Interpretazione.”
          E poi io non sono andato contro nessuno: pertanto non cercare di fare clan con me contro di loro.

          • Non mi piacciono i clan e mi piace stare da solo , anche per evitare le cattive compagnie.

        • Come volevasi dimostrare sei un troll. Questa benedetta interpretazione di cui ti riempi la bocca non significa nulla. E se fossi io a regolare la moderazione dei commenti, la tua puzzolente aria fritta sarebbe immediatamente cestinata.

      • Conduco io la rubrica e, parlo per me, se mi lancio in un giudizio tecnico è perché credo di avere coscienza, sviluppata non solo con l’ascolto o con la lettura di trattati ma come ben dici soprattutto con lo studio pratico, di ciò che scrivo, pur non praticando il canto a livello professionale. Non parlo mai in assoluto ma indico sempre concretamente, con l’ascolto alla mano, qual è la nota che trovo difettosa, qual è il difetto, cosa non mi piace, così che ognuno possa verificare da sé ciò che intendo. Mi rendo conto già da tempo che l’obiettivo di “insegnare ad ascoltare” è troppo ambizioso. In ogni caso, se non si condividono le osservazioni che io faccio in questi post, e che cercano sempre di essere il più possibile puntuali ed obiettive, esistono i commenti apposta per replicare e provare a confutare: e purtroppo, autorità o no, non ci ha ancora provato nessuno.

        • Giambattista,
          se sono presente su questo blog e soprattutto se dico le cose che penso (che tra l’altro sono spesso contestate) è perché anch’io credo di avere una coscienza: ciò significa che mai potrei (e vorrei) permettermi di negare la tua coscienza; e credo di non averlo fatto; o quantomeno lo spero. Però che tu sappia cantare è sulla fiducia, visto che non è possibile ascoltarti; e non si sa nemmeno chi sei. Che poi si possano condividere le tue analisi (ed io quasi sempre le condivido) è altra cosa.
          Verissimo quando dici che ciò che scrivi è pubblicamente contestabile tramite il commento; io personalmente non lo farei (almeno per adesso) proprio per il mio modo di pensare suesposto. Ma ricordati sempre che si tratta pur sempre di un’opinione: non tutti hanno le stesse orecchie: neanche quando si tratta di sentire cose che tu ritieni oggettive e tecniche, non emozionali, come un suono ingolato.
          Ti prego infine di non ritenere nulla di ciò come personale: il tutto era per rispondere ad Imparato che parlava di questo blog come verità e come l’Autorità. E tutto ciò detto da me, che ho grande interesse per il Corriere.
          Con stima e deferenza
          Antonino

    • Secondo me non c’è nessuna spiegazione razionale al tuo quesito iniziale: dipende soltanto dall’istinto. Ragiona al contrario: voci tecnicamente inappuntabili a qualcuno potrebbero non emozionare per nulla: a me, per esempio, Pavarotti non mi ha mai detto e trasmesso nulla. Perchè? E’ questione d’istinto. Poi posso anche provare a costruire una spiegazione ponderata e naturalmente valida sull’immediato dell’istinto: ma è una sovrastruttura. D’altronde anche tu non sai perchè la Signora, nonostante abbia carenze tecniche, ti piaccia. Credo che nessuno te lo possa dire.

      • Almeno tentare ! A cosa serve se non a chiarire e spiegare , questo nobile blog ( senza ironia ,e’ il Migliore ). Non credo nell’istinto .Ho spiegato prima perche’ amo la Signora Schwarzkopf : da’ un senso a quello che canta , magari con lo ” scalino ” , ma fa comprendere la verita’ del sentimento espresso al di la’ della finzione della rappresentazione. Ma questo Beckmesser non lo sa .

  8. Per Antonino :
    No, la sua Micaela non mi piace neanche un po’. E nella sua Micaela non trovo neppure uno di quelle particolarita’ che mi fanno piacere il suo canto in altri repertori, ai quali ho gia’ accennato. Non mi piace la sua Micaela all’inizio della romanza, nello svolgimento di essa, e neppure alla conclusione.
    Non stiamo a ripeterci cose gia’ dette.
    Ecco, sono contento che tu abbia ascoltato in questi periodi molta musica, ma non per questo dobbiamo recepirla nello stesso modo.
    Continuando a frequentare il Foyer come stai facendo, ti sarai certo accorto, che il sottoscritto, cosi’ come altri iscritti, non giudicano un’interprete esclusivamente sotto l’aspetto tecnico. Ed Elisabeth Schwarzkopf, non e’ il solo nome che a riguardo, possa piacermi.
    Non ho mai parlato cosi’ tanto della Betty. Adesso non ne parlo piu’.
    Neanche sotto tortura ti diro’ mai che canti benissimo qualche cosa, perche’ non e’ in grado di farlo, ma se qualcosa mi piace, lo dico. Punto!
    .

    • Miguel,
      proprio non ti ho capito.
      Io non ho espresso nessun giudizio tecnico: ho soltanto descritto alcune mie sensazioni: descrizioni che servono nient’altro che ad amplificare il nudo istinto per cui la Schwarzkopf non mi piace.
      Riguardo all’aria di Micaela però mi piace; e a te no: qual’è il problema? Boh!
      Per piacere, ridimmi in altro modo da “continuando a frequentare…” perché veramente non ho capito che cosa tu abbia detto.

  9. Che si può dire? La Schwarzkopf piaceva a Furtwaengler, a Karajan, a Szell, a Boehm ed altri incompetenti simili a loro, tutti dei burattini nelle mani di Walter Legge. Ma ora è venuto chi ha scoperto il burattinaio, una specie di controspionaggio capeggiato da Mancini, da Donzelli e dalla Grisi. Tutti noi abbiamo sbagliato. Ci sarà perdonato e ce ne faremo una ragione, anche se si può sommessamente aggiungere che il brano postato non è il più adatto a far rifulgere le doti della Schwarzkopf, notoriamente splendide. Ma si sa, i grandi fanno bene tutto, tutto, tutto.
    Marco Ninci

    • Celletti non è nessuno. Vale tanto quanto noi a confronto di quei direttori. Quindi se vuoi utilizzare lo scudo di quei grandi nomi per dirci che non possiamo parlare male della Signora non ha senso che metti in mezzo Celletti.

        • Pasquale, se per questo sito Celletti ha molta importanza per me non ne ha alcuna. Sai cosa dico io? Chi non sa suonare o comporre dirige; chi non sa dirigere insegna (riferito a quelli che insegnano soltanto, ma non hanno attività da musicisti; con le dovute eccezioni), chi non sa neanche insegnare fa il critico. Questo detto da me (ed altri) che sono diplomando in direzione d’orchestra! Ciò non togli che il critico possa essere rispettabilissimo e scrivere cose di valore; e che io possa condividere in parte ciò che dice Celletti.

          • Non sono molto d’accordo sai. La direzione d’orchestra dovrebbe essere un’arte almeno di pari rango al suonare uno strumento: che cosa significa “non hanno attività da musicisti”? Il direttore d’orchestra cos’è se non un musicista? Poi che nella pratica molti direttori d’orchestra siano solo degli incompetenti palloni gonfiati è verissimo. Lo stesso vale per l’insegnamento. Insegnare un’arte non è come insegnare matematica o fisica al liceo. E’ una attività pratica, insegnare il canto è una vera e propria arte, che solo chi sa fare può compiere. Difatti il canto si è sempre insegnato per imitazione: il maestro fa l’esempio, l’allievo ripete. Quanto al critico… beh il critico principalmente deve saper scrivere.

    • difatti Ninci nel ptimo post l’ho scritto,pur con i difetti elencati da mancini a me questa cantante piace,anche perche il nostro mancini ha scelto proprio quel video di un pezzo vocale non adatto,e poi era in declino in questo video.

  10. @antonino: abbiamo avuto modo di parlare ieri di questa “critica del giudizio” nella chat.
    Io personalmente divido la mia personale critica (fondata su una pratica pluriennale, su letture di tipo tecnico e sui trattati storici, e chiaramente su ascolti) in una critica tecnica ed una critica emozionale. La critica tecnica è una critica il meno soggettiva possibile: se uno fa un suono ingolato, è un suono ingolato. Se uno gratta nel passaggio, gratta nel passaggio! Non è un opinione soggettiva o un sentimento: i dati tecnici sono incontrovertibili! Ecco perché si può discutere scambiandosi pareri e dialogando in modo cotruttivo!
    La critica emozionale, ossia quello che ognuno di noi prova all’ascolto, è personalissima e sebben possiamo discutere di questa, ognuno rimarrà sempre della sua opinione, perché ognuno ha il santo diritto di dire “mi piace” o “non mi piace”. Ovviamente, è del tutto fuorviante ergere questa opinione personale-spassionata-contaminata come un metro di giudizio perché ognuno ha la sua opinione e non ci può essere dialogo proficuo! Vedi pasquale che erge la Netrebko ad esempio solo perché le piace: la ragazza non sa cantare, punto! Se dico che la Schwarzkopf non mi dice niente emozionalmente, è una mia personale opinione, rispettabilissima! Se tu dici che la Schwarzkopf ti emoziona, altrettanto rispettabile!
    Se però si dice che la Schwarzkopf canta bene (nel brano) perché mi emozioni, allora lì concordo pienamente con Mancini: tutti i dati tecnici segnati sono incontrovertibili: canta MALE! Poi ovviamente ci possono essere diverse letture, che portano al dialogo, ma comunque con un po’ di infarinatura, si sa cosa va bene e cosa va male!
    Inoltre, come benissimo saprai dalla pratica, il sentire del cantante non corrisponde al sentire del pubblico! La Callas raccontò una volta di aver cantato un brano di Medea che lei personalmente percepì come tecnicamente perfetto: pensava di aver cantato benissimo! Poi lo riascoltò e si dovette ricredere: non le piaceva dal piano espressivo! Quindi finiamola con questa scemenza che esiste chi canta e chi no: chi ascolta, spesso sa meglio di chi canta cosa va bene o no! Basta essere periti!
    Inoltre, se forse non lo sai, diversi utenti del blog sono o sono stati cantanti professionisti, quindi starei attento ad usare pluralis maiestatis incoerenti 😉

    • Mister,
      condivido pienamente la tua distinzione tra critica tecnica e critica emozionale; soprattutto la necessità di non confondere l’emozione provata con la bontà vocale del cantante. Ciò che non condivido è la pretesa oggettività della critica tecnica: banalmente, non tutti hanno le stesse orecchie; quindi non tutti potrebbero sentire un suono ingolato come tale. E non parlo di educazione dell’orecchio, ma della sua costituzione (dove per orecchio intendo l’organo ricettivo e la sua componente cerebrale). Certamente essa è comunicabile e discutibile; ma è sempre un punto di vista.
      E perdonami, non è affatto una scemenza che esiste chi canta e chi no: chi canta ha ben altre orecchie di chi non canta. E chi canta è l’unico perito: il resto (anche ciò che dico io) è letteratura. Ed il fattore che proponi del sentire del cantante è ben altra cosa: riguarda la capacità di controllo del proprio strumento nel momento in cui lo si utilizza.
      In ultimo -con preghiera di non prenderlo come un attacco personale a te e nei confronti degli altri-, che qui ci siano cantanti professionisti o dilettanti è un fatto privato dacchè la loro identità non è manifesta e non è possibile ascoltarli, non potendo così essere verificata la loro bontà (sempre come opinione, beninteso) da noi lettori. Ed il fatto privato può avvalorarsi soltanto sulla fiducia: possibile in chat, ma non sulla parte pubblica del blog.
      Con stima e deferenza
      Antonino

  11. Un saluto attento a tutti.
    Trovo splendida attrice e cantante a Frau Legge(scusatemi, è più semplice per me che il suo lungo nome), perfetta(ottima, forse) in Mozart ma troppo amanerada. Vero, il suo canto pieno di inflesione e di belcanto, di frasi ben dette. “Il canto per noi, tedeschi, è pi`difficili per la lingua che ai latini e per queto, dovremmo ben imparare cosa si dice, si sente si vuol esprimere e a chi si dice”, diceva il soprano ai suoi allievi. Mi piacciono una Della Casa o Lehman o Lorengar, per interpretazione piene di lirismo, di “verità”.
    http://www.youtube.com/watch?v=OO6UEmITW1s
    Un saluto affettuoso di Madrid.

  12. Un fatto di costume che mi piacerebbe annotare relativamente ai post di Mancini è la solita, reiterata e noiosa “lesa maestà” che si avvoca per i cantanti “famosi” in nome di … ? Di cosa?
    Argomento principe dei “ribelli all’ascolto” sono la solita, demagogica e limitativa piacena personale: anche a Giulini piaceva Di Stefano, che sappiamo dal ’52 in poi va in declino inesorabile; anche a Karajan piaceva la Bartoli e non dico altro; a Mehta e Maazel piace tuttora Boccelli e si dimenano nel dirigerlo in improbabili brani operistici. Insomma, come vediamo le avvocazione di piacenza non servono a granché quando ci si può sedere (come propone Mancini), ascoltare e valutare tecnicamente come cantano i proposti, senza pregiudizi di sorta.
    Purtroppo la maggior parte degli utenti non frequenta più la scuola dell’obbligo, in cui spesso gli insegnanti chiedevano anonimato nei compiti per maggiore imparzialità, ma sarebbe un’ottima prova per constatare un maggiore oggettività in colore che gridano all’idolo infranto! Parliamo di cantanti, non di dei o semidei! 😉

  13. Guarda, Misterpapageno, che le venti righe di Mancini non sono in grado né di infrangere un idolo né di ledere la maestà di qualcuno. Sono le semplici considerazioni di un appassionato su una grande cantante, (maliziosamente) colta in una delle sue esecuzioni meno felici. E basta. La grande Schwarzkopf è altrove, nel “Capriccio”, nel “Rosenkavalier”, nell'”Ariadne”, nelle “Nozze” (la contessa), nel “Don Giovanni” (Donna Ellvira), nella “Lustige Witwe”, nell'”Abu Hassan” di Weber, nei Lieder di Schubert con l’accompagnamento di Fischer, nei Lieder di Mozart con l’accompagnamento di Giesiking, nei Lieder di Wolf con l’accompagnamento di Furtwaengler, nei “Vier letzte Lieder” di Strauss diretti da Ackermann, Karajan o Szell. E, a proposito di direttori, gli esempi che fai sono del tutto fuori centro. Nei casi che tu nomini si è trattato di dichiarazioni occasionali (Karajan sulla Bartoli) oppure di collaborazioni altrettanto occasionali (Maazel o Mehta con Bocelli). La Schwarzkopf invece è stata al centro dell’interesse di quei grandi musicisti, che hanno improntato di sé un’epoca, scrivendo insieme con lei pagine storiche. Ma per capire questo occorre avere una cultura generale, una visione d’insieme. Basta il paragone con la Bartoli (quello che nella grande cantante tedesca è volontà, pur discutibile e certe volte manierata, di penetrazione psicologica diviene nell’italiana una serie di noise mossettine), del tutto assurdo, per capire che di una visione di questo genere nell’intervento di Mancini non c’è alcuna traccia.
    Marco Ninci

  14. Però Ninci, come spesso accade sei partito per la tangente e – absit iniuria verbis – non hai capito “una mazza” del discorso di Mancini. Qui si analizza una – e una sola – esecuzione (per alcuni importante e per altri meno) e sulla base di propri metri di giudizio (come li hanno tutti, te compreso, nonostante ti atteggi a depositario del “buon senso”) esprimere pareri. Piacciano o meno. Qui si tratta solo dell’esecuzione di “Come scoglio” da parte della Schwarzkopf in una determinata incisione. Punto. Nessuno ha scritto che sia una cagna, nessuno ha scritto che Furtwaengler, Boehm, Szell o Karajan fossero dei “pirla” (detto in senso rafforzativo milanese). Ora se tu – per puro gusto di impartire lezioni non richieste – tiri in ballo Strauss, Wolff, Weber o Schubert, quando in realtà si parla di tutt’altro (come chi risponde “ho mangiato una mela” a chi gli chiede le ore), accomodati..liberissimo di scrivere concioni e richiami all’ordine, ma – per cortesia – non farci passare per idioti e rispondi, una volta almeno, in modo coerente all’argomento trattato: ti piace il “Come scoglio” della Schwarzkopf inciso nel ’62 con Boehm? Ti assicuro che le ragioni (eventuali) del tuo apprezzamento sarebbero più gradite delle consuete sbrodolate retoriche da isterica lesa maestà…

    • Ma sì, appunto, le mie venti righe non servono ad “infrangere idoli”… propongo ascolti che nel bene e nel male trovo adatte ad esemplificare come ascoltare un cantante, su cosa porre attenzione, quali pregi o quali difetti saper cogliere. Nessuna pretesa di fare cultura. Solo un po’ di pratica e obiettiva guida all’ascolto della voce cantata.

      • Mancini hai terminato il tuo post scrivendo “Ascolto esemplare per capire come non deve essere organizzata una voce femminile.”
        come dire questa donna come cantante vale poco,invece non è cosi
        se vuoi essere coerente dovevi terminare ” in QUESTA incisione la cantante non ha saputo essere all’altezza di quest’aria del personaggio di Fiordiligi.
        invece tu terminando in quel modo hai fatto una stroncatura alla cantante,il che è sbagliato,

    • @ Duprez Sinceramente , di “isterico” io trovo spesso il tuo modo di ripondere (e pure ripetitivo tipo : “ho mangiato una mela” a chi gli chiede le ore”) non certo lo stile e il modo di argomentare di Nici.

      • Innanzitutto io parlavo a Ninci..non a te. Poi prendo atto del tuo non gradimento al mio modo di argomentare..e devo dirti altrettanto sinceramente che non me ne frega un tubo… Non leggermi..sai che mi importa.

  15. Caro Duprez, l’intervento di Pasquale è esemplare. Mancini, prendendo spunto da quel brano (che oltretutto non piace neppure a me, lo ripeto per la terza volta), stronca proprio la cantante nella sua generalità. Non ci vuole molto ad accorgersene. Ed è questo ciò su cui non mi trovavo d’accordo. A mio modesto parere, la via percorsa da Mancini s’infrange su quegli scogli su cui naufragano tutti i Beckmesser. Sospinti dall’idea della propria competenza e dalla supposta oggettività delle proprie idee e osservazioni, rimangono schiacciati fra un’autentica ansia di scoprire i difetti e la ricerca affannosa di un’altissima e quasi mistica perfezione. Con la conseguenza che non rimane molto dell’oggetto preso in esame. Riguardo all’ isterismo, magari ne sono un monumento. Chi sa? Certo, che il modo in cui hai risposto a Billy qualche pensierino lo fa venire…
    Marco Ninci

    • Caro Ninci, non credo che le osservazioni tecniche siano da contestualizzare, bensì riguardino l’intera carriera di un cantante. Ci sono cantanti, pochi, che hannno saputo cambiare nel corso della loro carriera, correggendo difetti: esemplare il caso di Corelli. Per i più, invece, i difetti esistono, anzi, sussistono al canto e l’intera attività ne è caratterizzata. Non esistono cantanti perfetti ( qualche raro caso straordinario si, Stignani docet ), ma difetti o vezzi che con l’andare del tempo si amplificano e diventano evidenti. Alcuni ascoltatori particolarmente attenti li captano da subito, altri solo quando il cantante è a pezzi, perchè il pubblico ha capacità uditive variegate.
      Mancini stronca la Skf? e che problema c’è, è uno dei casi più clamorosi di sopravvalutazione e pompaggio mediatico per ragioni extrartistiche della storia del canto. Nel suo tempo la signora, cosa che tu Ninci non accetti, aveva concorrenti molto più capaci di lei e a cui lei è stata anteposta, a cominciare dalla Jurinac. La stampa ha sempre ignorato i limiti tecnici, grandi, molto grandi sopratutto per il suo tempo, della Skf. Conferire a questa signora il suo vero valore fa solo bene al canto, perchè vocalmente è un pessimo modello, la madre di tutte le parlatrici asfittiche di oggi. Il canto è talmente pieno di falsi miti, che una sfrondatina fa solo bene.

    • Che tu lo voglia capire o no, Ninci, ho scelto appositamente questo Così fan tutte, in cui la Testanera è in evidente declino, proprio perché esemplare per evidenziare dei difetti vocali. Non me ne importa NIENTE della Schwarzokopf, le mie venti righe non servono ad infrangere un mito, te lo ripeto. E’ lei, la Signora Legge, a servirmi per dimostrare ai lettori come NON si canta. E’ un esempio come un altro. Ma a te di capire qualcosa di canto non importa niente, per cui…

  16. invece ti ho capito benissimo,ti ho difeso anche da un attacco su questo argomento,cioè in occasione di una tua analisi su Joan,
    sei tu non che vuoi capire, fai una rubrica su” imparare ad ascoltare”allora limititi a questo,resta nel contesto dell’ascolto proposto,senza terminare con un giudizio seppure implicito sulla cantante,o sul cantante;se vuoi dare un giudizio sulla globalità di un cantante,allora fai una rubrica diversa dedicata alla carriera,e la vita artistica di un o una cantante,prendendo in considerazione,non solo il puro lato analisi tecnico della voce,ma anche gli altri parametri che hanno resa famoso, e celebre un cantante o una cantante,mi sembra di essere chiaro su questo punto..

  17. Ninci, come sempre cerchi di fuorviare il discorso. Io, sino ad ora, ho letto da parte tua, di Billy Budd e di Pasquale solo “difese” scandalizzate a un mito ritenuto vilipeso (come accadde con le reazioni smodate ad analoghi discorsi sulla Sutherland o su Fischer-Dieskau): nessuno si è preso la briga di entrare nel merito di quell’incisione per dire dove Mancini sbagli. Non so che farmene di dichiarazioni universali, di dogmi da fan o di culti della personalità (già Milano in questi giorni ne avrà uno, piuttosto ingombrante e grottesco, da smaltire) e neppure mi interessa l’agiografia della Schwarzkopf attraverso l’elencazione dei grandi direttori con cui ha lavorato. Mi piacerebbe – ripeto – parlare della Schwarzkopf in Così fan tutte (edizione malfatta? Beh si tratta pur sempre di un’incisione ufficiale con largo utilizzo di mezzi economici e artistici, non certo di un’ultima replica nella stagione estiva di Baden-Baden), in “Come scoglio” e – allargando l’analisi – nel repertorio italiano, dove, quasi sempre ha mostrato più difetti che pregi. Poi sarà perfetta in Strauss o Weber o Schubert…va bene, ma che c’entra con Mozart/Da Ponte? Poi davvero sarei curioso di sapere in che modo quell’incisione sia salvabile.
    Ps: non ho nulla contro la Schwarzkopf (in un certo repertorio), ma è indubbio che gran parte della carriera sia merito delle maritali attenzioni (così come sostengo che quella di Bonynge sia dovuta a favori muliebri). Credo che, come dice Giulia, ci fossero molte altre cantanti assai più meritevoli in quel repertorio: penso alla Jurinac e, soprattutto, la Della Casa.

  18. Vedi, Duprez, ripeto per la quarta volta che in quel brano la Schwarzkopf non piace neppure a me. Ma il fatto è che Mancini non ha preso quel brano come esempio di come la Schwarzkopf esegua male il repertorio italiano, ma come esempio di quale mediocre cantante sia in assoluto. Ecco la questione. Quindi è assolutamente pertinente ricordare quale grande interprete invece fosse in un altro repertorio. Anche perché Mancini non fa mai questione di repertorio. Per lui il canto è uno. Basta. Non c’è evoluzione, non c’è storia, non c’è dialettica di un fatto umano, non c’è differenza di repertorio. C’è un ideale di perfezione e difetti che se ne allontanano più o meno. Tant’è che, coerentemente, Mancini della Schwarzkopf, di quello che ha fatto o non ha fatto, di quello che può aver significato, se ne frega. Forse se ne frega persino della musica. E’ pessima e basta. E’ un metodo come un altro. Anche se questa assoluta negazione della storia qualche problemino lo pone. Sarebbe come se uno prendesse in esame un’incisione della Callas degli anni Sessanta e la usasse per dimostrare quanto fosse cattiva la sua organizzazione vocale. Questo ho inteso dire, né più né meno. E ora basta.
    Marco Ninci

    • Non voglio sembrare assillante, però Mancini circoscrive il suo argomentare ad un certo repertorio: ossia l’opera italiana. Non mi sembra “lesa mestà” (in un’epoca che ha fatto della “smitizzazione” – motivata o meno – una delle sue cifre identificative) riconoscere difetti e vizi: senza nulla togliere all’interprete di Strausso di Schubert (aldilà dei gusti personali). Del resto non credo vi siano argomenti tabù e come sono d’accordo con Mancini in merito alla Sutherland (pur amandola in un determinato periodo) perché non posso e non voglio sovrapporre all’onestà intellettuale l’amore del fan o il dogma preconfezionato, così comprendo – magari senza approvarla del tutto – la sua riserva sulla Schwarzkopf (o su Fischer-Dieskau o su altri), perché credo (anzi: sono sicuro) che il cantante assoluto, l’interprete perfetto, esista solo nella mente o nei desideri del fan…

  19. Questa aria straordinaria , ha un chiaro intento parodistico. Far cantare una tipica ” aria di furore ” ad una donna che si erge ” come scoglio ” ed invece cedera’ subito , e’ una delle piu’ argute invenzioni di Mozart . La Signora Schwarzkopf e’ in palese difficolta’ , ma pochissime cantanti hanno cosi’ bene evidenziato l’aspetto parodistico di questa aria . E’ questa la ragione per cui Elisabeth Schwarzkopf puo’ ben essere annoverata tra le grandi interpreti del ‘ 900. Sempre secondo il mio parere di incompetente di tecnica vocale ma appassionato di Canto . Questa ultima precisazione e’ doverosa in questo blog , appassionante ma talvolta troppo intemperante, al limite dell ‘ ingiuria .

    • L’intento “parodistico” è certamente presente, anche se non credo sia da enfatizzare (non si tratta di un’opera comica o una farsaccia o una buffonata). E’ uno splendido pezzo di musica che andrebbe eseguito in modo degno del genio che l’ha composto: qui la Schwarzkopf fatica in ogni senso…sia dal punto espressivo sia da quello meramente tecnico. Ricordo che l’opera non è un genere realistico e la fragilità emotiva non può essere risolta o resa con approssimazione tecnica o sgradevolezze timbriche.

      • A me lascia perplessa questa interpretazione parodistica. Fiordiligi non è Konstanze, d’accordissimo, non ha la sua intransigente fierezza, la sua indomita indipendenza, tuttavia, al contrario di Dorabella, quando cederà non lo farà “per divertirsi un poco e per non morire di malinconia”, ma perché “davvero” innamorata (“Inorridisci: io amo!)”. Io credo che “Come scoglio”, per la tensione musicale in essa contenuta, scaturisca da sincera convinzione. E poi tutta l’opera è “La scuola degli amanti”, ovvero un tirocinio delle metamorfosi amorose: quattro giovani che sono convinti del loro amore fino a quando la vita non sconvolge i loro piani e le loro certezze. Generalmente la parodia contiene in sé sempre un elemento quantomeno ironico e autoironico, in questo caso un po’ troppo “evoluto” per quattro ragazzotti per la prima volta messi alla prova dal “vero” amore, ovvero dalla sua imprevedibilità e dalle sue sorprese. Scusate l’extra-topic, ma non ho resistito!

  20. Mah, io credo che l’elemento ironico non sia affatto nell’atteggiamento di Fiordiligi intesa come personaggio. Lei è sincera, convinta, non c’è dubbio. L’ironia è invece nel superiore sorriso con il quale Mozart guarda questa vicenda. E nel modo in cui fa esprimere a Fiordiligi la propria convinzione. Cioè con un’aria ispirata all’opera seria, solenne, compunta, incrollabile, enfatica. Quasi una dichiarazione di principio. Ma proprio qui sta la sua debolezza: non è credibile. Sembra più uno sforzo fatto per convincersi che una convinzione vera. E in effetti il tarlo del’umano, troppo umano non tarderà a schiantarla. Questa volta sono completamente d’accordo con Rodolfo Celletti: “…il filo conduttore dell’opera, e cioè l’assunto che tanto più certe affermazioni hanno carattere enfatico e melodrammatico, tanto meno sono credibili” (“Il teatro d’opera in disco”, p. 456). E del resto non c’è da stupirsi. Dalla raffigurazione di Konstanze erano passati otto anni, un tempo immenso, se consideriamo la concentrazione dell’avanzare della vita in un genio come Mozart. E qualcosa dell’inalterabilità dei sentimenti nel quotidiano, terreno di elezione dell’opera comica (sì, per me “Così fan tutte” è proprio un’opera comica), si è sbriciolato. D’ora in avanti ci sarà spazio soltanto per un’ultima incarnazione dell’opera seria, dove i sentimenti sono fissi per definizione, e per altri due amori: l’ amore eroico fra Tamino e Pamina e l’amore ingenuo e popolaresco fra Papageno e Papagena. Ma il malinconico sorriso del “Così fan tutte” si è dissolto per sempre.
    Marco Ninci

  21. che la signora Legge non mi sia mai piaciuta (l’ho anche sentita in un suo concertino terminale) non ne ho mai fatto mistero ed ho sempre cercato di spiegare il motivo. In riassunto: mediocre tecnica interprete costantemente affettata. Credo però che sia vero che le parti erano preparate alla perfezione e che il fraseggio fosse sempre pensato ( non realizzato per le ragioni di cui sopra) in maniera esatta. C’è un altro aspetto che pesa sulla signora ossia il fatto che per lei non ebbero la meritata carriera e fama due o tre cantanti fra cui la della Casa e più ancora Sena Jurinac. E poi l’eredità della signora dopo di lei anche nel lieder (su cui siccome era proposto Mozart operistico non ci si è soffermati) si è fatto luogo ad un petite style che non rende affatto lo spirito di Mozart ( ed anche di Strauss) riducendo tutto a mosse e spappolamenti di accento e fraseggio. Modo facile di cantare ed interpretare per chi non sa cantare e non è neppure preparato come Mrs Legge, ma che ci funesta da mezzo secolo. Ascoltare per credere la Marescialla della Reining o della Steber, la donna Elvira sempre della Steber o magari della Ligabue, tanto per non parlare a vanvera
    ciao dd

  22. Certo, è un’opera comica infinitamente più complessa, per esempio, del “Ritorno di Don Calandrino” o in generale dell’opera napoletana. Ma è pur sempre un’opera comica, nel senso di commedia musicale, di svolgimento di un’azione intessuta di quotidiano; che è poi l’origine del genere, che comprende anche l’opera napoletana. Che poi il genio di Mozart vi abbia inserito notazioni psicologiche che l’opera napoletana neppure poteva sospettare, una densità sinfonica inedita, è un fatto. Ma per misurare gli scarti immensi che Mozart ha fatto subire alla sua opera nei confronti del genere da cui si originava, di quel genere occorre tenere conto; che è appunto il genere dell’opera comica. Nulla nasce dal nulla; tutto si confronta con un genere. Senza questo confronto la genialità delle grandi opere non sarebbe neppure valutabile.
    Marco Ninci

    • Trovo l’interpretazione di “Così fan tutte” come opera comica assolutamente riduttiva. La sola chiave comica non può reggere: la volubilità, la fallibilità, l’imperfettibilità dell’amore sono un argomento tremendamente serio, e un Mozart che sotto sotto “deride” i suoi personaggi per me è inconcepibile. Tra l’altro trovo assolutamente perfetta la definizione di “dramma giocoso” , che presenta sì diverse pagine comiche – basti pensare al topos per antonomasia dello scambio di persona -, ma non è un’opera comica. E’ un’opera che usa la leggerezza per descrivere la profondità e finitezza umane e che delinea personaggi volubili, fragili, ma mai banalmente risibili. Poi si stava parlando in particolare di “Come scoglio”: quindi, se capisco bene, caro Ninci, Fiordiligi canterebbe l’aria con sincera convinzione, ma in realtà ci sarebbe una metalettura secondo la quale Mozart sarebbe il censore della schietta ingenuità dei suoi personaggi. No, guarda, queste iperpsicologizzazioni non fanno per me, e non ti nascondo che mi annoino non poco… Per me “Così fan tutte” è prima di tutto e soprattutto un dramma giocoso su “La scuola degli amanti”: l’amore non lo si eredita, né lo si può mai dare per scontato, ma lo si conquista ogni giorno sul campo della vita. Un caro saluto

  23. ma proprio “come scoglio” si doveva scegliere per aprire un DIBBATITO sulla SkF??? Un pezzo che nel dopoguerra é risultato praticamente ineseguibile (almeno sulla scorta delle incisioni e degli ascolti live che a tutti saranno capitati). Che la SkF sia cantante sopravvalutata da chi se ne intende é notorio -e a tale considerazione mi associo- ma una sua registrazione tarda della madre di tutte le arie del Cosi fan tutte che io conosco bene (credo del 60 ma verificherò perché non mi pare che il tenore fosse Kraus) funziona e anche se canta peggio mi emoziona più che in quella del 54. Ah non ditemi che la Caballé (che é forse la migliore a cantare Come scoglio) ha realizzato una Fiordiligi perfetta o che la Callas sarebbe stato in grado di farlo perché é tutto da dimostrare che non avrebbe finito per realizzare un personaggio in bianco e nero privo di quella carica ormonale con il quale (se fossi adelina patti) cercherei di connotarlo

    • Sì, l’incisione è del ’62 (quella diretta dal grande Boehm) ed è un’incisione EMI (registrata in studio): insomma con tutti i crismi dell’ufficialità. Ovvio che le aspettative sono molto più elevate rispetto ad una recita dal vivo, magari ripresa con mezzi di fortuna. Premesso che preferisco la versione del ’54 (quella con Karajan) devo dire che la Fiordiligi della Schwarzkopf proprio non mi soddisfa, né tecnicamente né interpretativamente. Credo che senza scomodare la Della Casa e la Jurinac, si potrebbero citare tante altre Fiordiligi che risultano più compiute: dalle due Price (Margaret e Leontyne) alla Stich-Randall alla Steber….

  24. Per me ciò che rende unica la Schwarzkopf è il fraseggio, e soprattutto l’arte del dire, il manierismo della fine dicitrice: la risata sulle parole “… La Roche” nella registrazione di Capriccio, in cui conversa, ride e canta insieme, ne è un ottimo esempio e cose di questo genere – possibili solo in disco – hanno i suoi ammiratori (tra cui me).
    In questo potrebbe essere stata uno degli esempi cui si è ispirata la Scotto? Anche lei ha fatto molte prodezze di questo tipo (come il “noi non Possiamo vivere sull’Acqua, bisogna calPestare il marCiapiedi” del Tabarro).
    In quella stessa incisione di Capriccio si apprezzano anche i limiti della Schwarzkopf: tutto il finale soffre un po’, oltre alla tecnica di registrazione monoaurale, di una voce formato ridotto, anche come ricchezza di armonici, “colori”, ecc. Dopo anni l’ho risentito da voci come la Te Kanawa o la Fleming e l’ho apprezzato diversamente.

  25. Ma guarda, Dionisopiùapollo, che a psicologizzare sei proprio tu. Il problema dell'”opera comica” non è un problema di serietà di contenuto, di concezione dell’amore, di profondità e finitezza umane e via discorrendo. E’ semplicemente un problema di genere, come io ho detto a chiarissime lettere. “Così fan tutte” rientra in quel genere, non potrebbe essere altrimenti, perché le opere non nascono come Minerva dalla testa di Giove; e il rapporto con quel genere va tenuto nella giusta considerazione, altrimenti tutto diventa incomprensibile. Diventano incomprensibili soprattutto la profondità e finitezza umane, la serietà del contenuto e così via. Tutte cose che fanno vedere quali nuovi contenuti Mozart inserisca in quel genere; non sarebbe Mozart altrimenti, sarebbe Paisiello o Cimarosa (che per altro erano grandi compositori). L'”opera comica” è la definizione di un genere, non la pretesa che la chiave dell’opera sia quella di una specie di banale farsa, il che sarebbe assurdo. Passiamo a quella che tu definisci una metalettura. Dalla quale metalettura si deduce che secondo la mia interpretazione Mozart è un censore dei suoi personaggi e ne rende risibile l’ingenuità. Intanto è difficile pensare che l’espressione “malinconico sorriso” sia compatibile con un atteggiamento censorio. Un atteggiamento per altro che Mozart non ha mai, nei confronti di nessuno dei suoi personaggi; tant’è che quando ognuno di loro si esprime cantando, noi pensiamo istintivamente che abbia ragione lui. Ma il problema principale è che la mia non è una metalettura. E’ invece una lettura dettata da precise ragioni stilistiche, come si poteva capire bene dal mio primo intervento, se solo lo si fosse voluto fare. Le due grandi arie di Fiordiligi e anche, pur se in misura molto minore, “Smanie implacabili” di Dorabella sono grandi arie di opera seria. Per quanto riguarda quelle di Fiordfiligi, “grande aria agitata la prima, grande aria patetica, la seconda” (Rodolfo Celletti, “il teatro d’opera in disco”, ancora p. 456). Presentano un grandissimo dislivello stilistico rispetto a tutto il resto dell’opera. Ora, in una creazione dove tutto si tiene e dove nulla è casuale, di questo dislivello e del suo significato ci si deve porre il problema. L’opera seria è un genere dove i sentimenti sono fissi e non c’è posto per sottili trapassi psicologici. Quindi, se Mozart usa stilemi di questo genere, tale impiego ha una direzione precisa: che è quello di descrivere una fissità, una resistenza. In altre parole, una mancanza di sicurezza interiore. Se così non fosse, non ci sarebbe bisogno di ricorrere ad un linguaggio così estraneo. Come sempre, col linguaggio non si scherza; esprime sempre quello che deve esprimere. E, al solito, la verità non sta nelle grandi dichiarazioni, ma nelle frasi sussurrate e messe fra parentesi. Con questo, con l’uso ironico del linguaggio dell’opera seria, voglio forse dire che Mozart deride le due ragazze e i loro incauti innamorati? Certo che no. Gli innamorati, accettando la proposta di Don Alfonso, hanno dato la loro vita in mano ad un autentico apprendista stregone (così lo chiamava Fedele D’Amico), che ha tratto dal suo laboratorio gli esiti più imprevedibili e dolorosi, il tradimento, l’intravedere che forse la formazione originale delle coppie non era quella giusta, il dover rinunciare a questa novità per ragioni di superiori saggezza e razionalità. Quella di Mozart è un’ironia affettuosa, l’ironia di un demiurgo che pur sempre partecipa. Guarda dall’alto le sue figurine da opera comica, ma sa, diversamente da tutti i suoi contemporanei, che il loro cuore si è spezzato per sempre. In effetti, quando Fiordiligi si arrende a Ferrando, la concentrazione sentimentale è massima; ma è anche di una tristezza lancinante, come accade quando si sono lasciati gli ormeggi. E’ proprio così. Nelle grandi opere italiane di Mozart nulla rimane così com’era e nulla va veramente a posto. Nelle “Nozze” il perdono della Contessa non cancella alcunché delle ambiguità e delle delusioni che hanno costellato quella folle giornata. Nel “Don Giovanni” il quotidiano che si prospetta nel sestetto finale non potrà cancellare il fatto di essersi scontrati con una personalità devastante. E nello stesso modo nel “Così fan tutte”. Gli ormeggi per un attimo sono stati lasciati, ma ora sono di nuovo ben saldi. E tuttavia di quel momento di libertà e di verità non ci si potrà dimenticare. Mozart non dà nessuna lezione sull’amore che non si eredita e si deve conquistare sul campo. Questa, cara Dionisopiùapollo, è un’idea moralistica, lontanissima da Mozart, che a contatto con la tradizione italiana ci consegna le sue riflessioni, malinconiche e al contempo leggere, sull’ambiguità e la caducità dell’amore, di ogni amore.
    Marco Ninci

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