Alcune considerazioni sull’esecuzione della grande aria di Baldassarre offerta da Michael Spyres nella recente rappresentazione pesarese del Ciro in Babilonia. Altrove ho dovuto subire attacchi personali e corali ostracismi solo per essermi dichiarato per nulla convinto dalla prestazione vocale del tenore americano; amareggiato, ritengo opportuno tornare sull’argomento per fare un po’ di chiarezza. In molti hanno parlato, a proposito di Spyres, di elettrizzante spericolatezza, varietà di fraseggio, eccitante imprevedibilità, con riferimento alle sue scorribande su e giù per il pentagramma, dagli oscuri gravi baritonali, sino agli estremi acuti tenorili. Un ascolto cosciente appalesa invece, secondo i miei criteri, importanti carenze espressive derivanti da una assenza di rilievo dato alla parola, inficiata com’è da una pronuncia sempre aperta e starnazzata, e da una voce che non dispone di autentici colori e sfumature salvo quelli derivanti dall’ingolamento delle note gravi e dallo sbiancarsi, schiacciarsi e sfilacciarsi del suono man mano che si sale nella tessitura. Spericolato sì, nell’eseguire parti di notevole difficoltà tecnica e musicale senza sapere come risolvere il passaggio di registro, imprevedibile un po’ meno, giacché di fronte a tali deficienze tecniche è un gioco da ragazzi immaginare come possano essere mal gestiti gli ostacoli che il brano presenta, e ancor più facile risulta pronosticare la piega che prenderà la carriera se non interverrà una sana revisione dell’organizzazione vocale (e del repertorio). Tralasciando il recitativo, si faccia attenzione, nell’Agitato, a come tutte le vocali, a partire dal settore centro acuto, dove gli allargamenti di posizione possono essere fatali in quanto sbarrano la strada agli acuti, siano ridotte ad un indistinto suono aperto che tende alla A, ad esempio ad 1,47 “al soglio” diventa “al sAglio”, o ancor peggio a 2,09 “penso ai figli al regno” diventa “pensa ai figli al regna”, mentre la successiva frase “e non vedo che terror” è rinforzata tutta di gola per dare corpo al settore grave dove la voce, in nulla baritonale, è per natura più in imbarazzo. Ancora pessimo a 2,33 “penso al soglio”, la mancata copertura delle note di passaggio produce suoni aperti sguaiati e forzati e le O diventano inevitabilmente A. Da un centro così largo e forzato consegue che il settore acuto è tutto indietro e stiracchiato, fisso, privo di squillo, e le agilità, con cui Rossini fa aggredire alla voce tenorile tale settore, poco incisive, sporche e quasi equine. A 2,52 la “e” di “E mi spavento” sul la bemolle è un versaccio sguaiato. Nell’allegro il cantante non riesce ad evidenziare lo stacco musicale e psicologico, ossia non c’è differenziazione rispetto alla prima parte dell’aria, in cui è già stata impiegata ogni energia vocale. L”Abbian morte” è tutto abbaiato e manca di vera perentorietà. Nella cabaletta le variazioni sono per lo più semplificazioni risolte preferibilmente verso il basso, ove la voce si ingola, anziché verso l’acuto, perché evidentemente ingestibile.
G.B.Mancini
Interessante ma spietato, o se si preferisce, spietato ma interessante. A mio avviso, concordo soprattutto sulla cabaletta dove il tenore pare esausto e a corto di fiato. Mi piacerebbe sapere quale esecuzione tenorile del Rossini “serio” piace a Mancini.
Devo concordare con Mancini…Spyres non è un gran cantante di suo, e poi nel Ciro era totalmente fuori parte…infatti non ha tenuto per molto.
Cordiali Saluti.
Concordo con le considerazioni di Mancini su Spyres relativamente alla parte di Baldassarre: il buon Spyres ha le note nominali ma è indubbio che la parte sia “troppo” baritonale per la voce che non è comoda. Una scelta non corretta che spero non faccia più.
A me personalmente, Spyres piace molto, ma in ruoli più acuti.
Non sono d’accordo e mi sembra un giudizio ingiustamente duro dire che non risolva il passaggio; inoltre per il tipo di vocalità rossiniana, certi falsettoni che fa – non sempre – ci stiano stilisticamente benissimo, oltre alla elettrizzante coloratura e grande musicalità!
http://www.youtube.com/watch?v=7WA2EpczIwM
http://www.youtube.com/watch?v=dhsc3PSezXI
http://www.youtube.com/watch?v=1kpqrUTKGQU
ci stanno*
Mancini ha ragione in questo video non è nel suo ruolo
ho ascoltato Les pêcheurs de perles
a 0,43 una stecchetta un altra a 1,49 si ripete a 1,55 in difficolta a 3,30 3,32
troppo falsettante nel finale
Come dicevo ieri a mozart, con un quarto di secolo alle spalle devo farmi una visita dell’udito:
– 0:43 attacco di nota sicuro
– 1:49 attacco di acuto
– in 1:55 posso magari capire che si senta troppo il distacco tra l’acuto piano e la nota grave forse attaccata troppo forte, ma errori tecnici non ce ne sono;
– 3.30-3.32 c’è un problema di intonazione!
Per me Spyres, se proprio non lo si vuole definire un cantante, è sicuramente uno dei più validi vocalisti in giro oggi per la corda tenorile!
Ineccepibile il commento di Mancini, stando al video proposto. In particolare là dove sottolinea l’aspetto di “una voce che non dispone di autentici colori e sfumature salvo quelli derivanti dall’ingolamento delle note gravi e dallo sbiancarsi, schiacciarsi e sfilacciarsi del suono man mano che si sale nella tessitura”. Mi sembra che faccia fatica a sviluppare la voce in acuto con facilità e naturalezza e che non “giri” le note, in poche parole sembra che “non cambi la marcia” con il risultato che il “motore” non emette suoni equilibrati. La resa, quindi, mi ricorda molto Florez, con questo effetto spiacevole di “motore incanalato su un’unica marcia”.
Mi è piaciuto molto di più nell’ascolto proposto da Papageno della Gazza ladra, anche se sembrano mancare squilli agli acuti ed accenti ben definiti. Aspetti che, invece, si apprezzano nel Maestro Blake: http://www.youtube.com/watch?v=qCu7jcRdmI4
Io l’ho trovato terribile a Pesaro.
Voce indietro, acuti bianchi, fraseggio inconcludente.
Non so ma non mi vien voglia di risentirlo neanche un po’.
Io cambierei titolo alla rubrica però..propongo i venerdì di Beckmesser.
Detto questo vorrei fare qualche riflessione polemica. Non contesto Mancini (che scrive quel che gli pare secondo le sue concezioni di musica e canto, che io posso anche non condividere, ma che hanno, indubbiamente, una loro spietata coerenza), contesto, invece, certi apprezzamenti “di comodo”.
Ora, aldilà della valutazione del canto di Spyres (a me piace, ma non importa), faccio notare che Mancini si concentra sulla singola nota, sulla singola vocale, sulla minima incertezza e – tralasciando il complesso dell’esecuzione (legittimamente) – da un punto di vista tecnicistico (non solo tecnico), riducendo – di fatto – la singola performance musicale nella somma di capacità (o incapacità) tecniche. E da ciò fa dipendere il proprio giudizio. Va benissimo: Mancini è molto chiaro in questo e non privo di ragioni. Ma, ovviamente applicando lo stesso parametro non si può salvare nessun cantante, dato che la perfezione non esiste. Faccio alcuni esempi eccellenti:
– Merritt aveva più di un problema con l’intonazione (che sbandava, spesso, anche di mezzo tono), per non parlare di una pronuncia fastidiosamente yankee: applicando i parametri di Mancini, lo si dovrebbe ritenere cantante mediocre, perché non bastano gli acuti e la potenza di voce.
– la Sutherland faceva poltiglia di vocali e consonanti…inutile fare esempi, ma se “al soglio” di Spyres è un censurabile “al sAglio”, mi chiedo cosa sia la “casta diva” della Joan se non un guazzabuglio di vocali messe a caso e doppie raddoppiate (in modo censurabilissimo, quindi)…certo la Sutherland non era solo questo, ma applicando i parametri di Mancini, neppure lei si salva.
– si può andare avanti con la Horne (e certi suonacci bassi oltre al gusto spesso da baraccone), con la Dupuy, con Blake…per non parlare dei grandi del passato (su cui mi taccio per amore della pace).
Mancini, con onestà e coerenza, applicherebbe il suo metodo (come ha fatto con la Sutherland, sollevando un INGIUSTO putiferio)…e ne avrebbe tutte le ragioni, perché EFFETTIVAMENTE, con quei criteri si arriva necessariamente a certi risultati.
Cosa cambia dunque? Cambia l’oggetto di interesse…quanto scandalo – tra chi adesso elogia con soddisfazione la “stroncatura” di Spyres – ci sarebbe stato se tali cure fossero state riservate a Merritt o Blake? Si sarebbero levati i titoli più cruscanti, con accuse di ogni sorta al Mancini che non avrebbe fatto altro che applicare il metodo che ora è tanto apprezzato, ad un artista che, al contrario di Spyres (evidentemente sgradito), invece è oggetto di culto o fanatismo? Che è successo con la Sutherland? Si arrivati all’insulto e alla crisi diplomatica (senza che nessuno, però, riuscisse a rispondere nel merito alle giuste osservazioni di Mancini, mascherandosi dietro a percezioni soggettive, gratitudine e culto).
La critica, però, non può essere sottoposta al vaglio dei propri amori o disamori, perché diventa partigiana e funzionale a dimostrare tesi o a regolare i conti. Io apprezzo molto Mancini – pur non condividendolo – poiché è onesto intellettualmente e coerente. Non apprezzo invece i due pesi e due misure di chi applaude la stroncatura tecnicistica del cantante sgradito (per motivi anche extramusicali) e poi si scandalizza o si incazza quando il medesimo tecnicismo è riservato, invece, ai propri beniamini. Perché si passa dalla critica al culto della personalità.
Non posso che essere d’accordo con Duprez.
Assolutamente d’accordo con Duprez. Personalmente la cosa che trovo più fastidiosa nel video linkato è l’affanno nel finale…veramente preoccupante
è chiaro che poi subentrano anche altri parametri come il gusto,simpatia il recitare ecc ecc ,ma siccome la rubrica è impariamo ascoltare,è giusto che Mancini si concentri sull’aspetto puramente tecnico non dando retta ai fans..
Infatti è quello che dico io…
Io ce l’ho con chi adesso elogia il Mancini che “stronca” Spyres e qualche tempo fa lo insultava per aver OSATO utilizzare tale metodo verso la presunta intoccabile Sutherland… Io trovo sempre interessante Mancini, pur non condividendone i principi.
Faccia i nomi, Duprez! 😉
Anche io rispetto il metodo di Mancini per quanto non sia sempre d’accordo sull’uso che ne fa, che fin daglia albori ho trovato spesso estremista.
Senza contare che, come ogni umano, anche il Mancini ha spesso preso degli abbagli – ricordo un elogio al canto di Blake nella parte di Don Ottavio che era palesemente in difficoltà, oppure certe difese di cantanti preistoriche per cui l’audio era talmente disturbato da rendere invalidante ogni giudizio.
Questa è solo una puntualizzazione al metodo generale, non al caso in questione su Spyres per cui condivido in gran parte le segnalazioni fatte sopra da Mancini, come scritto sopra!
Secondo me il discorso è diverso: Mancini non ha preso affatto degli abbagli…mai. Ha semplicemente applicato un metodo (finalizzato a un determinato scopo). Il fatto che ciascuno ritenga sbagliata questa o quella valutazione dipende solo dal fatto che per i cantanti graditi si tende a nascondere a sé stessi difetti che, invece, non si perdonano ad altri. Mancini è coerente e non sbaglia…il problema è il doppiopesismo di chi spesso lo critica.
Non sono d’accordo, Duprez.
Fermo restando che a me Blake piace nel repertorio rossiniano, in quel brano mozartiano citato – i.e. “Dalla sua pace” – Blake letteralmente grattava (per dirla come disse la divina Grisi) nel molto presente registro medio grave e Mancini ne lodava respirazione e fiati, quando il nostro Blake era in evidente difficoltà respiratoria proprio per il sovraconsumo di fiato per la tessitura non comoda (come di parallelo si presenta questo ascolto di Spyres che non canta nella sua tessitura ottimale ed è in difficoltà).
Per me questa è una svista 😉
Continuo a reputare il Don Ottavio di Blake estremamente interessante, prima di tutto sotto il profilo musicale, al di là di un’emissione forse non sempre irreprensibile. D’altronde nel Dalla sua pace mediamente tutti gridano, sforzano con voci dure e legnose, oppure sfalsettano sui difficili primi acuti… come tutto ciò che scrive Mozart non è per niente facile. Qualche grattata in basso non è niente a fronte di una sapiente musicalità e capacità di eseguire vere dinamiche anche nelle zone più impervie della tessitura.
La mia però non è una vera e propria critica, non è una recensione o un consiglio per gli acquisti. Io propongo un ascolto e segnalo dei particolari perché tutti possano imparare a riconoscerli. Lo scopo non è né salvare né stroncare. Il tono della rubrica vuole essere strettamente tecnico e scolastico, obiettivo, e come tale vorrei che venisse letta. In tutti i cantanti, praticamente in tutte le esecuzione è possibile trovare qualcosa che non va, è necessario saper guardare a questi difetti con serena obiettività, senza farne un tabù. Non ho niente contro di Spyres, cantante che a mio giudizio possiede un potenziale notevole e che in altre occasioni ho anche abbastanza apprezzato.
Infatti capisco perfettamente il metodo, e lo trovo sempre interessante, coerente e intellettualmente onesto (lascia perdere certe battute che posso fare). Oltre ad essere estremamente condivisibili – dal punto di vista di un certo metodo. Giustamente dici che vale per tutti i cantanti presenti passati e futuri (soprattutto in un mondo, il nostro, che sta perdendo il gusto e la capacità di ascoltare)…
Sarà che Duprez si chiama DUPREZ, e quindi preferisce i suoni di petto, ma anche stavolta debbo ammettere d’essere d’accordo con lui (e lui è quello della redazione con le idee che maggiormente divergono dalle mie): difficile passare sotto silenzio i suoni che Merritt emetteva in acuto, involutisi con tempo da falsettone a più banale e stridente falsetto, sia pure di grosso volume. Erede di Nourrit? Nemmeno per sogno, malgrado un notevole talento.
@Duprez: ricordo anche l’ascolto dei Puritani di Fanny Torresella che tra registro medio e grave aveva tante di quelle disomogeneità – anche di emissione – che poi mi sembra quanto meno una svista da parte di Mancini criticare – nel senso etimologico – la Podles avvocando la sua disomogeneità di colori e peso tra il suo registro grave e medio, ma comunque condotto sempre con una stessa emissione (poi le si può criticare la musicalità, la senescenza, la sillabazione, ma ancora la Podles rimane una importante vocalista).
I casi che io ritengo di svista sono pochi sulle tante critiche e ascolti che Mancini ha proposto, di cui apprezzo sempre il rigoroso metodo, però siamo tutti umani e anche lui ogni tanto manifesta degli apprezzamenti ad personam 😀
Difatti quando proposi la Torresella segnalai io stesso la disomogeneità di cui parli, vai a rileggere. La Podles teniamola fuori che è meglio…
Sai cosa ho pensato, Mancini? Che forse c’è un problema-limite comunicativo nelle tue recensioni insito nel mezzo di comunicazione, ossia la scrittura del post, per degli chiamiamoli “incontri di ascolto” che come tali dovrebbero essere spiegati sempre a voce.
Con la sola scrittura ho a volte infatti difficoltà nel capire se i dati che dai sono dati critici o se esprimi una positività o negatività.
Quindi ripeto, queste “sviste” che posso notare possono essere anche dovute ad interpretazioni di quel che è scritto che magari non avevi pensato così.
Piccolo OFF TOPIC cmq XD ahahah
No… vi prego… La Torresella no…..! Per favore… la Torresella no…
tiè
http://www.youtube.com/watch?v=mwSn1-DqBiU
Mi ricorda un po’ la Gruberova 😛
tecnicamente sarà pur perita ma fa delle emerite GREZZATE 😛 tipo i finali di parola (vezzo-SA’), quelle sbracature nel grave!
Poi il piano … ma li accordavano? XD
Celletti diceva essere un soprano di transizione come riportò Mancini: sembra più uno di quei mostri mitologici metà una cosa (registro medio acuto) e metà altra (registro grave) XD
Sei di un’implacabilità luciferina….!
Ti adoro.
Lily
Anch’io apprezzo molto Mancini e le sue analisi. Al di là di queste però c’è la musica, il Don Giovanni, il Tristano etc., composti di centinaia e centinaia di pagine, interpretati da musicisti, filosofi, scrittori fra i più grandi. E tutto questo è un’altra cosa. Si può certo analizzare un libro e denunciarne tutti gli errori, di stampa e di contenuto. Ma se c’è un solo spunto veramente innovativo, tutti gli errori perdono importanza, perché solo tale spunto è in grado di mettere in moto il cervello.
Marco Ninci
Ciao Marco!
Un libro è un testo che veicola un pensiero soggetto a interpretazione, una partitura è la NOTAZIONE (necessariamente sommaria) di un testo che non vive se non nel momento dell’esecuzione, e che solo allora veicola un pensiero (musicale) soggetto a interpretazione. I musicisti esecutori interpretano, gli scrittori e i filosofi (se non sono anche musicisti, e pochi lo sono) non possono che interpretare l’interpretazione.
C’è un passaggio in più o mi sbaglio? E non pensi che sia un passaggio cruciale? Altrimenti perché saremmo tutti qui a scannarci tra noi?
Facci sapere.
Sto ancora ridendo per la “poltiglia di vocali e consonanti” della Sutherland e per il “gusto da baraccone” della Horne, ahahahahah!! Mancini, condivido in toto la tua recensione, potresti proporre anche qualche ascolto? Per esempio con qualche tenore che in zona centro-grave non ingoli o scurisca artificialmente il suono?
Giovanni
1) Stai ridendo in che senso?
2) Non è una recensione ma un’analisi tecnica di alcuni particolari (chiaramente ho dovuto limitarmi a poche cose).
3) Al di là dei gravi ingolati, qui i problemi maggiori sono nel centro acuto, ove il suono si allarga e si slabbra impedendo una salita corretta agli acuti.
4)Per quanto riguarda i tenori che non ingolano, i principali esempi sono i soliti Schipa McCormack Lauri Volpi…
1) In senso autentico, senza retrologie, ridevo perché è buffo che la Sutherland e la Horne vengano presentate così, ahah!
2) Si beh, ho scritto recensione solo per sbrigarmi, è ovvio…
3) Vero, concordo in pieno, ho trovato l’analisi accurata…
4) Grazie!
Ti rispondo in merito alle mie definizioni che, volutamente, hanno voluto “esagerare” (ma sino ad un certo punto) certi difetti che – piaccia o meno – sono presenti in entrambe le cantanti. Questo per dire che nessun cantante è immune da critiche e rilievi (e da difetti più o meno evidenti)… Ma il fatto che si debbano fare dei distinguo per certi nomi presunti intoccabili, conferma i miei assunti.
Grazie per la risposta, ma figurati non era necessaria, mica volevo far polemica! Dicevo solo che la cosa mi ha fatto ridere, perché fra l’altro la ritengo assolutamente vera (adoro la Horne, fra le tante cose proprio per certe baracconate)… Cari saluti,
Giovanni
Per amore di polemica, Mancini, ti dico che, di fronte ad affermazioni come queste:
— «Il tono della rubrica vuole essere strettamente tecnico e scolastico, obiettivo, e come tale vorrei che venisse letta»;
— «Un ascolto cosciente appalesa invece, secondo i miei criteri, importanti carenze espressive derivanti da una assenza di rilievo dato alla parola, inficiata com’è da una pronuncia sempre aperta e starnazzata, e da una voce che non dispone di autentici colori e sfumature salvo quelli derivanti dall’ingolamento delle note gravi e dallo sbiancarsi, schiacciarsi e sfilacciarsi del suono man mano che si sale nella tessitura» ,
la conclusione è che tu te la canti e te la suoni.
Altro che analisi tecnica: nella tua analisi, purtroppo, c’è una dose ferale di ideologismo, che rovina tutto e impedisce ogni dialogo.
Dico ciò con buona pace del Duprez, che riesce pure a giustificare le tue idee alla luce di un presunto tecnicismo metodologico; aggiungo che, sempre con buona pace del Duprez, le opinioni non sono affatto tutte equivalenti. Il «tutto si tiene» mi sta bene solo nell’ambito di un’analisi seria, ma se l’analisi è questa che il Mancini ci propina, essa va respinta perché non può esser presa sul serio; e non c’è «de gustibus» che tenga. E non obiettatemi di «argomentare», perché uno, come il Mancini, che non è in grado di capire e quindi di spiegare la differenza tra l’emissione di Edouard De Retzke e di MacCormack non vedo che serio ruolo possa avere, sotto il profilo tecnico-critico, all’interno di un blog che avrebbe ambizioni formative.
La questione, caro Grondona, è che tu non hai nessuna competenza per giudicare ciò che io scrivo, perché dimostri di non avere alcun orecchio per le voci. Per cui scusami ma non sento neanche il bisogno di replicare per difendermi dalle tue oramai insistite e sgradevoli insinuazioni. Smettila di leggermi e stop.
Non ho capito dove sarebbe l’ideologia ravvisata dal Grondona, né di che tipo.
Grondona visto che ti lamenti che qui non si contestualizza visto che hai citato Duprez vai sul post “J. F. Cooke, “Great Singers on the Art of Singing”. Ernestine Schumann-Heink, prima parte”
il 9 settembre su un commento Duprez scrive (uno stralcio ):
“Informare” o “formare” non rientrano nei nostri interessi: semplicemente vogliamo esprimere opinioni, argomentarle e metterle a disposizione.”
se tu avessi letto non scrivevi :
“di un blog che avrebbe ambizioni formative.
riguardo il tuo attacco a Mancini non lo capisco..se ti ritieni di essere piu bravo ad analizzare una voce posta un video di un cantante ci fai una bella analisi nota per nota ,e ne discutiamo,sono curioso …
Per formazione, stil e cultura preferisco considerare “intoccabili” alcuni cantanti (leggi artisti) in quanto emanazione del Dio che invasa l’oracolo, piuttosto che alcuni “recensori” o presunti tali. Questo vale per me, pe rMancini ecc. Davvero non vedo dove sia lo scandalo.
Nessuno scandalo, ma allora lo si dica chiaramente e non si cerchino ragioni ad un culto che, evidentemente, si nutre di fede e di devozione. Va bene, quindi, spaccare il capello per i cantanti sgraditi (impiccandoli per una vocale), ma non si osi criticare i beniamini… Boh, a me non piace molto, ma ne prendo atto.
Se in questo blog, come dice Duprez, non c’è nessun intento formativo, non si capisce il motivo per cui qui compare una rubrica che si intitola “Impariamo ad ascoltare”; rubrica nella quale l’intento formativo, espresso anche con una certa arroganza, è innegabile. A meno che Mancini, nel momento in cui formula le sue analisi, non si consideri il primo che ha bisogno di imparare. Ipotesi improbabile, vista la sua insofferenza per le eventuali critiche, che gli causano ferite apparentemente insanabili.
Marco Ninci
caro marco, mancini nn si considera un bel niente, dato che sono io ad aver voluto ed inventato e titolato la rubrica. Semmai di queste cose a me. Lui mi fa la cortesia di gestirla. Impariamo ad ascoltare, ossia a sentire, volutamente incentrata sugli aspetti tecnici. Una volta avevamo una critica cresciuta ed educata al canto di scuola, che non aveva problema a ricnoscere un cane da un cantante bene impostato. Ora come ora qualunque rumoore corporale è ammesso nel canto lirico, si osannano anche ignobili cantori che intenzionalmente fanno l’opposto di ciò che si deve fare per cantare, e quindi la rubrica ha questo scopo. Un pubblico che in teatro non sa distinguere una cane da un grande cantante è il peggiore che ci possa essere. Impariamo ad ascoltare ha lo scopo di stimolare la discussione sugli aspetti tecnici del canto secondo la tradizione, dato che il proliferare di cacchiologie sul canto è uno dei tumori maigni di questa arte. Quanto ai tuoi giudizi sulla rubrica, li trovo provocatori come al solito, ma lasciano il tempo che trovano dato che a te, come a grondona, la tecnica di canto non interessa, come si evince da quello che scrivete. E la rubrica andrà avanti, anzi, troverà ulteriore risonanza nei post futuri che abbia o programmato.
Non ho mai negato l’intento formativo della rubrica. E’ una rubrica pensata per coloro a cui interessi approfondire certi aspetti tecnici del canto. Tra gli appassionati si parla spesso di tecnica ma in modo del tutto approssimativo e scorretto. Ciascuno dice quel che gli pare, questa rubrica invece vorrebbe riuscire a stabilire dei parametri un po’ più obiettivi. Non è questione di canto “secondo tradizione”. Io qui non faccio lezioni di storia, di filologia, di stile… Qui si parla di vocalità e basta. Ed il canto è uno e non può che essere UNO, ieri oggi e domani.
Chiarisco il mio pensiero, Ninci: io dico che l’intento di questo Corriere non è “insegnare” ossia “imporre lezioni”, bensì suggerire e proporre. Certo che, tutto ciò, può essere “formativo” (come ogni aspetto della “commedia umana”)…ma non ci puoi imputare determinate “responsabilità” professorali. Qui non si impone nulla e non si impartiscono lezioni (gradite o sgradite). Mancini – come ha chiarito – non sale in cattedra a interrogare i suoi studenti: propone un’analisi di metodo. Tutto qui!
mancini ha avuto le repliche di prassi dovute a gusti personali e mi pare che non pochi hanno condiviso le sue riserve su Spyres. Io credo che saremmo comunque tutti d’accordo sul fatto che é un tenore che non dice nulla di nuovo, ecco perché chi tira in ballo il discutibile fraseggio della Sutherland in “Casta diva” mi pare vada fuori tema, quella cantante come succede in questi anni per esempio con Florez è di quella categoria di cantanti che é stata in grado di dire qualcosa di nuovo e imprevedibile.-
Questo é il punto chiunque a) abbia mandato a memoria le recensioni di Celletti, b) abbia una certa esperienza di ascolti dal vivo, c) una certa elasticità nel comprendere come la voce di un cantante non sia tutti i giorni allo stesso livello, é nelle condizioni di dare un giudizio tecnico, ma oltre alla tecnica c’é quella parte istrionica dell’artista che solo raramente lo rende unico, inimitabile e così personale da suscitare in tutti gli amanti del belcanto uniformità di giudizi.-
Gli intenti della rubrica sono chiari e non vedo perché mai chi persegue un’idea si debba giustificare per il fatto di difenderla… Secondo me si dovrebbe giustificare piuttosto per il contrario! Ciò non toglie che ognuno sui vari temi può e deve giustamente assentire o dissentire secondo coscienza, ma non capisco perché mettere in discussione all’infinito presupposti metodologici una volta che siano stati stabiliti come tali.
Tuttavia una delle questioni trattate è cruciale e secondo me rimane un problema aperto. Analiticamente l’esecuzione di un brano può diventare un campo di battaglia in cui rilevare errori, incertezze, svirgolature, defaillance, ecc., sinteticamente può avere una sua dignità, una sua accettabilità perché nell’insieme riesce a restituire una certa credibilità. E di sicuro quando si parla di grandi artisti, un gelido scandaglio “analitico” non può mai prescindere totalmente anche da un necessario ascolto “sintetico”. Un esempio: quando ascolto le p e le t inglesissime del “potea” di “Ei potea placarmi Iddio” vorrei strozzare la Sutherland, e sono portata spesso ad ascoltare altre registrazioni in cui le p e le t siano un po’ più italiane, ma ciò non impedisce a quegli stessi brani di essere assolutamente splendidi per me! Io non ho un’opinione definitiva su questo, ovvero se l’appagamento sintetico sia dipendente anche da altri fattori che non siano perfezione e perizia tecniche, ma pedissequa “fidelizzazione” o gratitudine verso un potenziale che in altre occasioni è apparso mirabile. Di sicuro so che le “poltiglie” varie di artisti immensi come la Sutherland non mi risultano per niente suoni sgradevoli (saranno le mie orecchie, sicuramente). P.S. Per tornare all’oggetto del post, analiticamente questo brano è un disastro, sinteticamente, non so, non mi sembra una schifezza, però. Forse è la difficoltà dell’aria, forse il potenziale di Spyres che, è innegabile, c’è. Mi rendo conto che sono aspetti che toccano il lato tecnico solo in maniera marginale, ma l’ho già detto che non ho un’opinione definitiva su questo problema!
Carissima
tu dici (così credo di aver capito):quando ascolto “artisti immensi” non mi soffermo su eventuali difetti o limiti. Non mi soffermo, passo oltre… Appunto, la perfezione tecnica non è tutto. O vogliamo affermare, cambiando campo artistico, che sarebbe il caso di buttare nel cesso un Van Gogh per mettere sull’altare …l’Hayez?
Un vecchio principio dell’ermeneutica afferma che il tutto si interpreta attraverso le parti e le parti attraverso il tutto. Io penso, e non dico davvero niente di nuovo, semplicemente che parti e tutto non siano la stessa cosa. Per il resto, il discorso è complesso e non voglio banalizzarlo. Giustamente è stato sottolineato il fatto che non si possono mettere sullo stesso piano Sutherland e Spyres e quindi bisognerebbe già partire da questo. Ti posso dire la mia opinione: la perfezione tecnica non è tutto, ma sicuramente quando un brano è cantato male tecnicamente mi provoca indifferenza oppure orrore. Io parto da questo.
Vorrei ancora aggiungere, per non essere frainteso, che un conto è stigmatizzare limiti tecnici che distruggono il significato intimo di un brano (es. l’incapacità di eseguire alcuni passaggi in pianissimo cantando Bellini, come fa Florez) un altro sottolineare difetti marginali in interpretazioni “storiche” (le esse strascicate di Bergonzi, i suoni “imbottigliati” della Callas, la “poltiglia” della Sutherland…)
Che noia con la faccenda della Sutherland, a distanza di mesi mi tocca ancora parlarne. SINTENTICAMENTE, l’Amina della Sutherland NON MI CONVINCE. E’ una parte centrale dove la parola ha importanza fondamentale, è necessario saper legare e articolare in modo cristallino la parola cantata in quella zona della voce dove invece la Sutherland era più molle e sfocata. Nell’analisi apportai esempi diretti per suffragare questo giudizio sintetico, non certo solo per trovare il pelo nell’uovo… Quanto a Spyres, pure questa esecuzione, sinteticamente, è poco convincente. Pare sempre starnazzare, la voce è tutta schiacciata e forzata. Lo trovo sempre fuori parte e decisamente caricaturale quando affronta queste parti serie.
Se ci pensi bene, sei stato tu a mettere in mezzo la Sutherland, non io! E poi mi riferivo alle “poltiglie” citate in questo post, e non all’Amina. Sull’Amina hai espresso il tuo pensiero e lo hai anche perorato in maniera ineccepibile. Io non sono d’accordo perché sul caso di specie trovo la voce della Sutherland perfetta e in totale consonanza con quella partitura musicale, eterea, sublime, struggente. Su Spyres invece secondo me hai ragione, e infatti io ho detto più che altro che non mi sembra una schifezza, e il mio discorso era più in generale sul fatto che, se non sbaglia repertorio (come dici tu), può ancora far bene.
No, siete voi che continuate continuamente a metterla in mezzo, il post era su Spyres. Mi state seccando parecchio.
Rileggendo, ho visto che è stato Duprez a parlare di poltiglia per la Sutherland, pensavo fossi stato tu. Non ho problemi ad ammettere di aver visto male e quindi di aver sbagliato ad attribuirti questo giudizio, ma per fortuna ci hai subito messo il carico e quindi alla fine va bene così (nel senso che alla fine per me era importante puntualizzare il mio pensiero dopo le ulteriori affermazioni su Amina). L’unica cosa che mi permetto di dire, senza polemiche, “Mi state seccando parecchio” non è un bel modo di interagire con un interlocutore. Se si tiene una rubrica, ci si espone necessariamente, e si dovrebbe solo essere contenti se qualcuno sviluppa l’argomento proposto, come ho fatto, senza attaccare mai la tua persona, ma discutendo, questo sì, sulle tue posizioni.
Eh ma scusa sai, tutta questa insistenza con la faccenda della Sutherland dopo un po’ fa perdere la pazienza, anche perché dimostrate di non aver capito niente di ciò che scrivo, di non leggere con attenzione, ed è questo che più di ogni altra cosa mi manda in escandescenza. Non ce l’ho con te in particolare. Su, basta così.
sull’amina della sutherland, la prima sinteticamente: mancini, non farmi incavolare!!!
Mi obbligano a tornare sulla questione, non so cosa farci, moderali! Non c’è bisogno di arrabbiarsi, se no ha ragione Duprez… Ripeto, io qui dei cantanti e del loro nome me ne infischio. Se in passato ho trovato utile analizzare una registrazione poco brillante della Sutherland, non era certo per infangarla. Quando si legge ciò che scrivo qui, vorrei si lasciasse da parte il proprio spirito da melomani, con le nostre predilezioni e le nostre idiosincrasie verso questo o quel cantante. Qui io parlo di canto puro, non di cantanti. Sarebbe molto più semplice farlo con ascolti anonimi… si riuscirebbe a discutere con molta più serenità.
….ero ironica…
ecco bravo Mancini da adesso un paio di video anonimi cosi non si offende nessuno hi hi
Lasciando perdere la questione dell’arroganza, che mi sembra indiscutibile (come chiamare altrimenti il tono apodittico di molte affermazioni che invece sono quanto meno soggette a dubbio?) ma non molto importante, il problema è che Mancini (e non solo lui) sembra risolvere tutto in un’analisi tecnica esasperata, spietata è stato detto, dell’esecuzione di un brano isolato. E all’interno di questo brano si isolano dettagli infinitesimi. L’interpretazione, di cui la tecnica è solo la premessa, sembra non esistere più. Come non esiste la problematica dell’interpretazione complessiva di un’opera. Si dirà che non è questo lo scopo di Mancini. Bene. Ma si tratta di un limite enorme. Come se si giudicassero le interpretazioni di Furtwaengler dal numero di accordi slabbrati (innumerevoli) che costellano le sue esecuzioni. Il suo gesto non era chiaro. E’ per questo meno grande? Di questo passo si arriva a disprezzare, come spettacolo complessivo, il Simone di Abbado e Strehler; francamente, una delle più grosse sciocchezze che mi sia mai capitato di sentire dalla bocca di uno o più melomani.
Marco Ninci
Ed in base a quali criteri obiettivi, ossia qualcosa di più di un semplice “è così perché è così”, affermi così dogmaticamente questa intoccabilità del Simone di Abbado? Ti rendi conto che tutto questo parlare di interpretazione senza un ancoraggio concreto a regole esecutive universali ed oggettive rischia di trasformarsi solo in aria fritta ossia nel solito “de gustibus…”? Se tutto è solo questione di gusti allora smettiamola di scrivere in pubblico e ognuno si tenga per sé i proprio pareri soggettivi autoreferenziali ed incomunicabili. Farne sfoggio pubblicamente è solo una nauseante forma di narcisismo.
Un commento alle parole di Mancini. Quando Giulia dice che questa rubrica è semplicemente uno stimolo e, priva di arroganza, non si propone di insegnare nulla, dice una cosa che non ha né capo né coda, né babbo né mamma. Mancini è invece un vertice di arroganza. Intanto assume sempre, di fronte alle critiche, un tono piccato e annoiato, usando espressioni spesso volgari. Anche se magari non ne conosce gli scritti (oppure li conosce, non lo so), rappresenta un lontano cascame dei modi di Celletti che, pur essendo un critico e uno storico intelligente, spesso rivestiva la necessaria durezza di modi sgarbati, cosa che al contrario non è affatto necessaria. Fedele D’Amico, a mio parere il maggior critico musicale italiano del secondo dopoguerra, pur procedendo nelle argomentazioni quasi sempre per via polemica, simili maniere non le usava mai. Glielo impedivano e la sua provenienza da una nobile aristocrazia intellettuale e la finezza di pensiero e di espressione che gli apparteneva in proprio. Mancini poi mostra un senso di superiorità di cui si farebbe volentieri a meno. Si presenta come una sorta di sacerdote di regole universali ed oggettive. Nientemeno! L’analisi sembra consistere soltanto nel grado in cui un cantante o una cantante riescono a tradurre in concreto questa oggettività, al di fuori della quale non c’è salvezza. Una specie di Pizia o Sibilla Cumana dunque, prescrittiva, sdegnosa e priva di dubbi. Ora, è difficile, molto difficile imporre al mondo in qualunque campo regole universali e oggettive. La storia del mondo è consistita nel tentativo incessante di metterle queste regole; regole che valessero per sempre. Hegel poteva coerentemente pensare che la filosofia morisse con lui, dato che lui e non altri aveva realizzato il completo dispiegamento dell’Idea. Ma la filosofia non è morta con lui, per quanto Hegel sia stato grande (e io penso che sia stato immenso); e qualunque “ipse dixit” non è durato molto. Tali regole sembrano oggettive e durare per tutti e per sempre. E tuttavia si erodono lentamente dall’interno e si sbriciolano, mantenendo però quella parte di verità che, magari in altre forme, è capace di riapparire in tempi diversi. Questo è il divenire storico, che riguarda tutto e tutti. Però Mancini dice che il canto è uno e non può essere che quello. Un altro bel tomo ha detto qualche giorno fa che la tecnica di canto è astorica. Stupefacente. La tecnica di canto sarebbe l’unica attività umana a mia conoscenza che deve rimanere fissa e immobile, al di qua (o magari al di là per chi vi vede qualcosa di divino) del trascorrere del tempo. E’ un po’ difficile, no? Ma ammettiamo anche che questo sia vero, che le analisi di Mancini siano impeccabili. Io ho proprio delle difficoltà di metodo ad accettare questo dato, difficoltà che ho cercato di esporre. Ma diamo queste difficoltà per superate. Queste analisi sono poi in grado di giustificare la globalità dell’ascolto? E chi devia da quelle regole è proprio un orrore come pensa Mancini? Ramon Vinay e John Vickers sono proprio da buttare? E, riguardo a quel Simone, io credo che un’analisi condotta con il metodo di Mancini non sarebbe in grado di valutarlo, perché quella pretesa oggettività la inchioderebbe a terra, non sarebbe sensibile al valore dell’interpretazione globale, scenica e musicale. Valutazione quest’ultima che è necessariamente più volatile, difficile, sottile, ma non per questo meno necessaria. Non si tratta del “De gustibus”; io stesso ho criticato questa categoria in un intervento sul post dedicato al “Simon Boccanegra”. Ogni giudizio può incontrare invece gli altri e non chiudersi nel solipsismo dell’individualità. Ma ridurre ogni valutazione che trascenda il mero dettaglio tecnico, improntato da un’oggettività e da un’universalità quanto meno dubbiose, a qualcosa di non comunicabile, al puro sfogo di un io in cerca di visaibilità non equivale ad una grande apertura mentale, lasciatelo dire, caro Mancini. E’ l’equivalente musicale della tua visione della storia, che procede per blocchi, positivi e negativi. Eraclito è stato un vertice (anche se vivere ad Efeso all’inizio del sesto secolo A. C. non deve essere stato facile, neppure per un aristocratico come lui); la nostra epoca invece, incapace di produrre alcunché di artistico, è il punto terminale di una decadenza senza rimedio. Anche questa decadenza è oggettiva e universale. Come se non fosse questa l’epoca in cui sono apparsi Kundera, Saramago e Boulez. Ci sono i trapassi, caro Mancini, l’assoluto e l’universalità non abitano in questo mondo. Un’ultima cosa, che vorrei dire a Giulia. Le mie idee si possono condividere o respingere, anche con toni accesi; non c’è nessun problema. Ma definendo come “giudizi provocatori” le mie osservazioni, non sei onesta con me. La provocazione dà l’idea che uno scriva semplicemente per causare una reazione, senza convinzione. Invece tutto quello che io scrivo proviene sempre da un’idea, da un interesse, da una questione che per me è importante; la provocazione la penso al contrario come una cosa stupidissima. A meno che non si pensi che l’esprimere un disaccordo equivalga per ciò stesso a provocare; ma ad un’ipotesi del genere non voglio nemmeno pensare.
Marco Ninci
Caro Ninci,
il tuo discorso non mi convince perché ti soffermi quasi esclusivamente sulla “persona” di Mancini. Come sai bene, “individuum est ineffabile”, non è possibile conoscere una persona dal vivo, figuriamoci attraverso tutte le mediazioni di un blog, e bisogna pur rispettare il fatto che in questo caso l’altra persona non è interessata a farsi conoscere. Poi, molte delle tue osservazioni mi sembrano più che giuste, ma che c’entrano? Anche il tuo disappunto verso la pseudonomia usata in questo sito (che a me personalmente piace: ma almeno su un blog uno può fare quello che gli pare?) mi sembra fuori luogo. Perché la pseudonimia è il sintomo di un aspetto che a me interessa molto, ovvero quello ludico. E’ inutile che ti dica, perché lo sai già, che l’importanza del gioco è un meccanismo che trascende l’importanza dei singoli giocatori, e che alla fine è il gioco a giocare i giocatori e non il contrario. Se mi posso permettere, allora, dico a Mancini quest’unica cosa legata alla sua persona: di godersi un po’ di più, come fanno tutti gli altri redattori di questo sito, l’aspetto ludico di questo gioco!
Ma Dioniso, Mancini lo sa fare eccome. Il nostro scambio sulla Torresella cosa altro è?
Forse basterebbe evitare di prendersi tanto di petto: a questo bastano i troll.
Caro Marco Ninci
se mancini è arrogante, se donzelli è un somaraccio, che maneggia la lingua italiana come un badile, la domanda spontanea del povero contadino bergamasco è una sola: ” Ma che fai tu qui, altri sono i posti dove puoi trovarti a tuo agio e che rispondano al tuo presunto sommo livello” e questo più volte te lo abbiamo detto e rinnovo l’osservazione. Non solo ne aggiungo un’altra ovvero l’invito a guardare la trave del tuo occhio e non la pagliuzza nell’altrui. Sai noi poveri contadini bergamaschi siamo figli di insegnamenti semplici e spicci,che ci consentissero di sopravvivere fra le pestilenze della vita
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Cara Dionisopiùapollo, il discorso sull’arroganza di Mancini è soltanto un gioco. E’ la stessa cosa del discorso sul mio narcisismo. Un gioco e nulla più. Il nocciolo del discorso è invece un altro. E’ quello sull’oggettività e il dettaglio. Magari quello ti convince o almeno ti pare degno di discussione.
Ciao collega
Marco Ninci
Caro Marco, se pensi che il discorso sul tuo Io Grandioso sia SOLTANTO un gioco allora non hai capito proprio niente.
Men e de.
Con stima e affetto.
Lily
ci sono giochi di cattivo gusto, magari anche pessimo…..
Fatemi capire: ma questa rubrica è diventata una gara a chi ha l’arroganza o l’ego più grandi, oppure serve per parlare di canto, musica, ed un certo Spyres in questo caso?
se questa rubrica fosse una locomotiva ,spesso e volentieri se ne andrebbe per la campagna invece di rimanere sui binari,non capisco se questo succede perche la gestisce Mancini,e a dei lettori questo non va giu o altro,penso che se non si hanno argomenti per controbattere quello che Mancini espone,è meglo il silenzio,che parlare d’altro.Per Marco Ninci propongo una nuova rubrica sul pensiero filosofico,solo che questo è un blog di musica,e non si può
Cara Brandt, Grisi, Mancini & Co.
no, non penso sia così.
Tutto è partito dal fatto che Mancini ha affermato che Spyres starnazza; per quanto mi riguarda, l’ennesima prova di una scarsa attitudine per l’analisi critica. E già che ci sono, direi anche che qui l’unico a parlare ex cathedra è proprio Mancini, i cui toni sono, spero ne converrete tutti, tendenzialmente poco gentili perché assolutistici, dunque come esemplarmente falsi nella loro unilateralità, che è sempre ottusa.
Alcuni di voi evidentemente non hanno ben chiara la distinzione tra opinione ragionevole e fanatismo di parrocchia. Ed è un gran peccato che alcuni di voi si compiacciano del loro nordismo: a questo genere di nordismo tendenzialmente corrisponde una certa dose di arroganza e di grettezza, che puntualmente da queste parti trovano riscontro.
Sarebbe bene che il vento del nord non entrasse in questo blog, altrimenti il già troppo baldanzoso ideologismo vociologico si troverebbe a marciare accanto ad un ancor più spiacevole municipalismo culturale.
Me ne dispiaccio per il blog, che ha sempre ottime cose ma purtroppo è un po’ guastato da una certa linea editoriale (evitate per favore di rispondermi che non c’è alcuna linea editoriale perché ciascuno di voi risponde a se stesso ecc. ecc.; spero capirete che parlare di linea editoriale non significa dire che qualcuno vi costringe a scrivere “a tesi”: sono purtroppo alcuni di voi che lo fanno inconsapevolmente, difettando di spirito critico).
Da queste parti, quando qualcuno fa un discorso culturalmente più raffinato e incisivo (mi riferisco a Marco Ninci) viene tendenzialmente preso a pesci in faccia o grevemente schernito; Ninci (che non conosco di persona, ma che sicuramente è tipo paziente e gentile con il prossimo) non si perde d’animo e insiste.
Io sono meno paziente e gentile di lui, e mi irrito a vedere che un blog, nato bene, si è da un po’ di tempo incamminato su una cattiva strada, probabilmente per un provincialismo di cui alcuni di voi si nutrono voracemente e beatamente: e più fate così e peggio sarà (per chi vede le cose in altro modo, sia chiaro; magari formerete una pattuglia scelta di fedeli e agguerriti seguaci, se già non c’è; e voi pensate che con questi compirete una rivoluzione culturale?).
La (possibile e prevedibile) rozza risposta della Grisi: «Ma che vuoi da noi? non ci leggere» (come quella che effettivamente mi diede tempo fa: «Ma che vuoi da noi? fatti il tuo blog») dimostra che non ha capito granché, quanto meno metodologicamente, delle questioni di cui parla: ma tu, Grisi, pensi davvero che i prodotti di un pensiero onesto o sono veri o sono falsi? Tu (che, se ben ricordo, hai scritto di occuparti di arte) hai questo approccio alle cose? Non meravigliamoci allora che Mancini si muova lungo questi instabilissimi binari, pensando magari di acquisire e di insegnare certezze mentre ottiene, senza volerlo, l’effetto opposto: mostrare la fragilità di ogni estremismo e di ogni assolutismo.
Un consiglio non richiesto che vi do volentierissimo: scrivete meno e leggete di più.
Ti ho già detto che non sei nella condizione per poter giudicare ciò che io scrivo di canto. Ma mi sfugge una cosa. Ti disturba che io dica che Spyres “starnazza” – a parte che l’analisi non si limita a questo, ma individua esempi puntuali di cosa significhi ‘starnazzare” – perché tu invece trovi che Spyres canti bene, o perché trovi la parola di per sé inappropriata per una analisi obiettiva? Nel secondo caso, ti faccio presente che qui siamo su un blog ed il tono della rubrica può essere volutamente informale, con uso di termini sintetici e coloriti, che però vengono suffragati, lo ripeto, da osservazioni puntuali e obiettive. Invece nella prima ipotesi, ossia se obietti la fondatezza del mio giudizio su Spyres, ribadisco quanto ti ho scritto in principio. La prima persona plurale nel titolo della rubrica è solo un atto di carità, per chi non l’avesse capito.
maurogrondona sei fuori tema dell’argomento parla di Michael Spyres ribatti con argomenti tecnici a Mancini
Un mio “pensier profondo” (scusandomi per la volgarita’ ) : CHE P…E !!!
santo massimo!!!!!!!!!! mi stanno infestando il sitoooooooooooooooooo……………
adesso sono un po io che vado fuori tema, Maurogrondona per quando mi riguarda io a Ninci l’ho sempre rispettato,e a parte qualcuno qui tuttoilo rispettano,solo che si dimentica che questo è un blog di musica,non è un sito di filosofia o simile,capisco che lui vuole allargare i discorsi ,e argomenti portandoli magari a vedere certi temi da un altro punto di vista ,magari approfondendo un argomento collegandosi ad altri contesti,è professore,è il suo mestiere,ma questo è un sito che parla di musica,e questo l’argomento,magariqusti allargamenti si possono(parlo da lettore)accettare in un post che oltre a parlare della musiche o cantanti si parli anche di un epoca storica, un evoluzione culturale dove anche la musica ha avuto la sua parte,allora un allargamento dall’ambito musicale non solo è giustificabile,ma pertinente per la comprensione,(quande volte si lega la vita di un compositore per esempio nel contesto storico del suo tempo,o un genere musicale) ora questa rubrica e spero che finalmente si capisca(è parlo sempre da lettore ) ha un titolo ben preciso una persona che lo gestisce ha una compentenza nello studio della vocalità quindi è in questo tracciato che bisogna rimanere,e Ninci penso che deve capire come altri se c’è una risposta un dubbio è dire che su una nota non si è d’accordo con l’analisi di Mancini lo si dice poi ognuno può restare nella sua posizione,però la rubrica ha avuto successo perchè anche non se c’è una identica veduta su qualla nota il fatto che si è discusso vuol dire si è tratto una lezione per affinare l”ascolto,che è lo scopo della rubrica..scusate se mi sono permesso il fuori tema.
Meno male che lo hai fatto, il fuoritema, amico mio… meno forbito il lingaggio certamente, ma un senso ce l’ha, chissa’ che non arrivi a destinazione
Non voglio intasare il blog, quindi sarò brevissimo. Io ho parlato di musica, non di filosofia, che funge soltanto da esempio.
Marco Ninci
Mi scuso di aver contribuito al putiferio
http://www.youtube.com/watch?v=-3WMPVTC_WA
Carissima Lily, per me la grandiosità del mio io è un gioco e soltanto un gioco. Se poi per gli altri è anche qualcosa di diverso, benissimo; questa impressione si può avere e va bene così.
A Dionisopiùapollo vorrei dire che, al di là del gioco, per me l’arroganza di Mancini consiste nel fatto che lui si sente depositario di regole assolute, oggettive e universali; chi lo critica quindi necessariamente sbaglia e il suo giudizio incarna il falso di contro a quello vero. Io ho cercato di introdurre metodologicamente qualche elemento di dubbio in queste ferree certezze; ovviamente, è stato tutto vano. Non ho certo voluto fare un’analisi psicologica, per la quale non ho nessun titolo. Una vaghissima impressione però ce l’ho, un’impressione maturata attraverso la conoscenza di tantissime persone che si esprimono così (l’Università abbonda di questo tipo psicologico). L’iperiperipersuscettibilità di Mancini, il suo uso di definizioni sguaiate e violente (l’ultima è “osceno dilettante” affibbiata a Domingo, ma gli esempi si potrebbero moltiplicare a dismisura) mi induce a pensare che a tanta arroganza non corrisponda un’analoga sicurezza di sé.
Marco Ninci
Ma quali critiche? Chi mi ha criticato? Chi ha provato a confutare una riga di ciò che ho scritto? Con quali criteri mi si critica? Quali? Lo vedi che chiacchieri solo di aria fritta.
caro ninci
non per essere ratzinger e l’inquisizione, che non amo, quale figlio del vaticano II e dei suoi più aperti esponenti non posso però non ricordare (reteoricamente si dice a me stesso) che ci sono criteri oggettivi ed insindacabili in qual si voglia campo si operi. Mi pare che a codesti criteri fai ampio richiamo quando si tratta di lingua, grammatica, morfologia e sintassi della lingua italiana. Allora se “vadi” è un forma errata, si può discutere se sia ammissibile una frase ellettica di verbo o di predicato o addirittura consistente in un solo avverbio. Se sposti il tutto nel canto un suono stonato, fisso, emesso “da sotto ” è e rimane un errore; un portamento un fiato spezzato possono essere segno di cattiva o insufficiente tecnica o una discutibile scelta interpretativa. HAI CAPITO?????
tornando alle oggettive riserve sulla Amina della Sutherland (non faccio riferimento a chi le a formulate altrimenti si innervosisce)…a parte la Callas (che ci divertirebbe come attrice e la Patti di cui ci incuriosirebbe “ascoltarla almeno una volta”) secondo VOI se ci regalassaro due biglietti per una recita contemporanea di Sonnambula dove in una canti la Sutherland (non la mitica del 61 basterebbe quella del 1979 ma dal vivo non in sala d’incisione) e nell’altra un’altra di tutte le grandi che abbiano almeno inciso qualcosa di quell’opera…chi andremmo a sentire? Secondo me dalla relativa risposta può ricavarsi la soluzione del contrasto insorto fra i Signori Mancini e Vinci