Polpettoni I: Esclarmonde di J. Massenet

Apriamo l’estate dedicata ai polpettoni operistici con una delle maggiori espressioni del gusto francese per tale pietanza operistica nonchè suggestivo capolavoro di Jules Massenet, Esclarmonde. “Opera romanesque” ossia opera romantica, come recita il libretto, – e vedremo poi che cosa significa – dove si narra l’amore appassionato tra la principessa bizantina Esclarmonde ed il cavaliere Roland. Una leggenda che si svolge tra una Bisanzio immaginaria, oniriche foreste lussureggianti, tornei e castelli medioevali senza tempo, tra una donna velata, seducente e misteriosa, dotata persino di magici poteri ed un cavaliere romantico da Chanson de Geste. Accademismo e ricerca del nuovo si intrecciavano ad ogni livello nelle espressioni artistiche del tempo ed influenzavano il gusto e le mode, che trovavano spazio nei giornali, nell’attività teatrale, nella letteratura a puntate dei fueilletons e nella produzione delle arti applicate etc. Gli artisti senza distinzione di campo partecipavano alla vita politica quotidiana e ai pubblici dibattiti sull’arte nazionale. Le polemiche sorte attorno al progetto di Sauvestre, Nougier e Koechlin della Tour  Eiffel, destinata divenire il simbolo dell’Esposizione universale parigina dell’89, costituiscono ancora oggi il caso più clamoroso di pubblico interesse attorno ai temi dell’architettura, della contemporaneità, del bello, della tecnica etc. cui presero parte C. Gounod, Messonier, G. de Maupassant, E. Zola, V. Sardou, C. Garnier….

Tipico mix da eclettismo fin de siécle, il libretto di Esclarmonde ha una radice storica che rappresenta la parte verosimile del soggetto operistico e in cui vengono innestati elementi fantastici come la magìa, l’Oriente, i cavalieri medioevali, gli spiriti, le foreste etc, Soggetto tipico, del resto, di molte altre opere di Massenet, da Roi De Lahore, Thais, Erodiade, Le Cid..
La partitura dal canto suo riflette i dibattiti sulla musica della Terza Repubblicad Francia, dominati dalla questione wagneriana. Dopo la morte del compositore nell’83, l’affaire Wagner si era ripresentato in Francia in tutta la sua forza, non più come questione politica bensì meramente artistica, musicale e letteraria. Il dibattito sulla poetica di Wagner stava riunendo attorno a sé le avanguardie musicali e letterarie francesi, Édouard Dujardin, Joris-Karl Huysmans, Stéphane Mallarmé, René Ghil, Paul Valéry, Jacques-Émile Blanche, Claude Debussy, mentre la neonata Revue Wagnérienne di Duijardin catalizzava nelle sue pagine il dibattito sul futuro dell’arte in generale.

Massenet musicista raffinato, sperimentatore attento ma assai sensibile alle mode, fece di Esclarmonde un assemblaggio sapiente e ben calibrato di tutto quanto poteva servire in quel momento, nella capitale della cultura europea, a costruire un successo di grandi proporzioni, riclando, nel pieno del revival mediovalwagneriano, un libretto di qualche anno prima, il Pertinax de Blau, ispirato ad un testo autentico, il Parthenopeus de Blois di Denis Pyramus. Il reale nell’irreale, come lo ha definito Schneider, studioso di Massenet, fu la formula tipicamente massenetiana che, dopo l’esperienza orientalista di Roy de Lahore, prese la forma di una Bisanzio senza tempo, governata dall’imperatore e mago Phorcas – che quella R distingueva dal vero Foca della storia – padre di Esclarmonde, principessa dotata anch’essa di magici poteri ma condannata a rimanere velata sin tanto che un eroico cavaliere ne guadagni, in torneo, la mano e con essa il trono di Bisanzio. La principessa velata di Massenet evoca gli spiriti dell’aria, dell’acqua e del fuoco; fa approdare il cavaliere di cui è innamorata, promesso alla figlia del re di Francia, su un’isola incantata; lo spinge a compiere il suo dovere contro i saraceni che minacciano re Cleomen; appare e scompare nelle notti di Roland, persino avvolta dalle fiamme nella camera del castello di Blois, quando il vescovo le strappa il velo; seduce l’eroe ma si assoggetta, credendosi tradita, al volere del padre per divenire imperatrice di Bisanzio, mentre Roland, invece, è in balia dei poteri magici e seduttivi della principessa; viene spostato da una parte all’altra del Mediterraneo; vince il duello contro il sareceno ma anche il torneo finale in cui Phorcas mette in palio la mano della principessa, che riesce a sposare nel finale lieto dell’opera.

Il wagnerismo del soggetto è evidente nell’ambientazione medioevaleggiante, nel topos dell’amante velata che non può svelare la propria identità – non a caso Esclarmonde venne subito indicata come un Lohengrin al femminile – nel sonno del protagonista, che riecheggia quello di Bruhnilde in Wakuere e di Kundry nel Parsifal; nella suggestione dell’ambientazione di alcune scene, l’isola incantata e la foresta delle Ardenne in particolare. Il clima è quello del medioevo onirico e fantastico dei Preraffaelliti e dell’Arts and Crafts, ma anche del simbolismo francese. La sensualità delle donne dipinte da Gabriel Rossetti o Burne Jones si trasfigura nel simbolismo misterioso, magico ed oscuro, di Gustave Moreau. La natura del giardino di rose dell’isola incantata del II atto o il bosco delle Ardenne è quella che ospita gli spiriti evocati dalla protagonista e con cui lei stessa si fonde come la creatura di in un dipinto simbolista. Per questo Esclarmonde più che un personaggio sembra una sintesi di varie istanze poetiche, incluso il mito della cantante primadonna, cui daranno vita il teatro lirico ed di prosa di Belle Epòque.
Fu Massenet stesso a raccontare nei Me Souvenirs l’incontro, avvenuto nel 1887, col seducente soprano Sybil Sanderson in un salotto parigino. Il compositore ha lasciato una narrazione volutamente  sintetica della sera in cui, come in un racconto di Proust, la udì cantare la Regina della Notte e ne rimase tanto affascinato da voler comporre un‘opera per lei. Opera che in realtà pare fosse già in cantiere da qualche anno ma a cui la bella Sybil avrebbe partecipato non solo come musa ispiratrice, ma anche nella scrittura dei passi acrobatici, in cui sono inseriti trilli, staccati ed i famosi sol5 opzionali durante la scena delle evocazioni degli spiriti. Il primo manoscritto non contemplava le cadenze, poi più volte riscritte e perciò, non a torto, ritenute composte a due da Massenet e dalla cantante. La storia d’amore che si suppone aver fatto da backgro

25 pensieri su “Polpettoni I: Esclarmonde di J. Massenet

  1. A me Esclarmonde piace davvero molto, e a giudicare dalle reazioni del pubblico delle due differenti edizioni che ho visto, direi che piace a molti altri. Purtroppo i cast da me ascoltati erano uno peggio dell’altro. Se avessero tanta fantasia per poterla mettere in scena a Salisburgo, mi andrebbe bene anche la Parseis della Bartoli, figuratevi, con quell’Orchestra….magari diretta da Fournillier che a St.Etienne l’ha diretta cosi’ bene. Complimenti Grisi, articolo molto molto bello.

    • opera suggesriva, magari superficiale come spesso i francesi, con quella dose di kitch fin de siecle che fa…epoca…..ma io me la vedrei eccome! Ne ho visto i limiti dovendoci pensare sopra ma….a me piace tanto. Idem thais…

  2. Grazie, Giulia, dello splendido, esaurientissimo saggio su un’opera che è stata, tra l’altro, parte del territorio di caccia dei Bonynges; uno scritto e un ascolto che fungono da lavacro dopo le sgradevolezze salisburghesi. Un bel ritorno a casa.

    Una Prece. Qualcuno sa come mettere le mani sul concerto Joan-Ricky a Santa Cecilia di sabato 22 gennaio 1972 (Io non sono più l’Annetta, Les Filles de Cadix, Chanson de Zora e tanto, tanto altro) di cui ho perso anche il programma? Miguel caro, aiutaci!

    • En passant, segnalo che in francese “romanesque”, per lo più (e senz’altro in questo caso) non vuole affatto dire “romantico”, ma “romanzesco”. Se Massenet avesse voluto intendere opera romantica, l’avrebbe definita “romantique”. Ma non l’ha fatto perché Esclarmonde non è affatto un’opera romantica…

      • caro il mio provocatore, tu avessi letto l’articolo avresti potuto leggere la spiegazione circa architecture romanesque, ossia romanica, nei termini tardottocenteschi….l’irreale nel reale….il magico…….l’onirico……le cose sono dette chiare, ma siccome sei un cretino di provocatore, e vuoi forzare le mie parole per polemica, ti pubblico e t invito ad andare altrove.

        • ‘Romanesque’ significa ‘romanzesco’ in francese e ‘romanico’ in lingua inglese. In francese ‘romanico’ si dice invece ‘roman’ (maschile), ‘romane’ (femminile), che significa anche ‘romanzo’, aggettivo, nel senso delle lingue romanze. Il. sostantivo ‘roman’ in francese signfica anche ‘romanzo’ nel senso dell’opera letteraria.

          Ulisse

          • romantico romanzesco sentimentale…..al romanticismo come tale non ho manco pensato e mi pare sia chiaro da quanto segue….romantico, di soggetto amoroso si…
            quanto a romanesque in architettura come romanico fantastico è termine ottocentesco….il pastiche eclettico della mise en scene è detto dopo con chiarezza…l’archeologia e la moda dell’oriente che si riflettono nella libera invenzione teatrale…
            spero la precisazione sopra vi basti

          • Poi, naturalmente, la cultura romantica deriva nome e molti contenuti dalla tradizione dei romanzi cavallereschi di epoca tardoromanica…

            Ulisse

          • prova a proseguire sulla via dell’etimologia letteraria…..vai avanti con quel filo…….perchè fanno questa dichiarazione? Perchè reinventano un testo autentico cambiando nomi e facendo inserti?….oppure è un’altra etichetta che fa parte del mix alla moda?……

          • e negli novanta del ì sec romantico è già usato come lo usiamo noi……..non nel senso di romanticismo. Ergo ripristinp romanrico, perchè il senso è adeguato al significato del periodo Ìl sacro cuore a parigi è….romanesque….non romanico…..neoromanico ma di fantasia, di fatto eclettico.

          • si si ma qui il romanticismo in senso stretto è finito. I librettisti parlano di romanesque xhe secondo me è i da intendere come fantastico. Ma se è vero sempre come tu dici, è chiaro che loro l intendono altro. Guarda che è tutto il giorno che ci penso…..ìl restauro romantico ad ex è quello proprio neomedioevale fantastico,…..

      • Il veleno della tua penna biliosa – oltre che il ripetuto “cordialità” – ci dice che tu sei quel troll baroccaro – squassato dalle emoZZZioni – alfiere di dilette amiche e parenti la cui pochezza vocale attttira gli strali di chi ne sa più di te, cosa che ti rende furioso d’ira tanto da attaccarti a refusi, sviste, grammammatica, sintassi, e perfino al galateo della Contessa Clara, sul cui sito, quello sì, potresti appagare la tua velletaria sete piccolo borgese di “cultura”.

        Basta: “di tante sciocche si vuoti il mio palazzo”. Dispar, boglion!

        Scusate l’esorcismo antitroll, ma qualcuno doveva pur farlo.

        • mi dispiace perchè griso sa di lettere, mentre io ho solo riferimenti all’arte ed all’architettura. Aveva cose assai interessanti ed esatte da portare qui sul significato di romanesque, ossia fantastico e romanzato…di fantasia etc…che sarebbero state buon argomento di dibattito…..avremmo potuto parlare anche di wagner e del wagnerismo etc….Ma siccome prima insulta poi scrive , comportandosi da pazzoide, amen! Faremo a meno di lui. ….

    • Per Lily – Ciao cara, quando arrivero’ a casa questa sera, apriro’ il catalogo e ti diro’ con precisione quali dei concerti Sutherland-Bonynge sono in mio possesso, su Roma 72 pero’ ho dei grossi dubbi, ma, dei sopradetti concerti ne ho un paio non ancora catalogati, quindi potrebbe anche saltar fuori. I brani da te citati, cmq., sono presenti in tantissimi altri concerti della Joan. Ciao, un abbraccio.

        • Per Lily – Ecco qua’, trovato il concerto della Joan, datato 22 gennaio 1972. Madonna, meno male che sono andato a vedere in quel benedetto baule dove tengo le bobine non ancora passate in cd perche’ ci sono un sacco di cose interessanti, sulla stessa bobina ho ritrovato infatti un bellissimo concerto di Gerard Suzay del 1962, che manco mi ricordavo di avere. Sto ascoltando il concerto di Roma, e, devo dire che da come me lo hai descritto mi sta un poco deludendo, della Joan ho sentito di ben meglio, forse sono diventato un poco troppo difficile, e questo non e’ un bene. Al di la’, Mozart e Stefix hanno il mio indirizzo di posta elettronica e Tamburini il mio numero telefonico, fatti sentire o scrivimi il tuo indirizzo che ti mando il concerto passato sul cd. Se invece abiti vicino a Milano, passa un giorno che vuoi che ti faccio una paella. Ah, sullo stesso nastro, ho trovato anche un concerto della Margherita del 67 su musiche di Bach fatto all’Angelicum, se non ricordo male la Rinaldi a te piace molto, quindi ti prendi anche quello. Ciao cara e stammi bene.

  3. e gli insulti ad altri utenti che non insultano nessun tra l’altro, ti qualificano per quello che sei, un imbecille, come ho detto. Non ti pubblico più nè con questo nick nè con altri. Vai altrove, se trovi qlcno che gradisce ospitarti, ma ne dubito. Se ti annoi, o la tua estate è troppo calda e solitaria, ci sono spazi, siti, luoghi di turismo accessibili a tutti, anche a chi ha modeste disponibilità. Ti invito a farti una vita mugliore e meno malata, fuori dal web.

  4. Ero e New York per lavoro ed ebbi la fortuna di vedere la Sutherland in quest’opera. Non riesco immaginarla senza una grande, anzi, GRANDISSIMA, diva/interprete/cantante. Dame Joan, in quella occasione, non deluse.
    (Madonna Giulia, state calma, per favore. Bannare e basta.)

  5. Da super fan di Massenet quale sono (ma anche di tutta l’opera, se mi permettete il termine, “esotica” francese), non mi stanco mai di ascoltare nuove interpretazioni delle sue opere, sperando di beccare l’interpretazione che ritengo giusta e appropriata in base al mio modello interpretativo ideale che immagino delle opere di Massenet. Dapprima molto incline al ciclo di interpretazioni “shuterlandiane”, da cui rimango comunque attratto sia per l’unicità della sua voce, sia per la magistrale qualità interpretativa delle orchestre e direttori; nell’ultimo periodo mi ritrovo sempre più incline a fuggire le interpretazioni delle opere massenettiane (e di tutta l’opera lirica francese) non eseguite da madrelingua francese. Il francese lo mastico e mi accorgo subito quando il cantante lo fraseggia male perché straniero. Inizialmente non facevo caso. Certo, la grande voce come quella della Shuterland, può essere un salvacondotto, ma ha sempre una pessima e limitata pronuncia del francese. Se leggo invece il nome di Bartoli su un’interpretazione di un’opera francese, specialmente dell’epoca diciamo così “esotica”, nemmeno la prendo in considerazione.

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