Il soprano prima della Callas, ventitreesima puntata. Maria Jeritza

Che fosse bellissima e affascinante lo testimoniano le documentazioni fotografiche; che avesse fama di “femme fatale” lo testimoniano molti racconti fra cui quello (gustosissimo) di Beverly Sills, che, nella propria biografia ricorda come ogni volta che apparisse in pubblico fosse accompagnata da diversi giovanotti, costantemente aitanti; che fosse una diva con il carattere della diva e le aspettative conseguenti lo rammenta lo scontro con Beniamino Gigli in occasione delle recite newyorkesi di Fedora; che avesse  la battuta pronta lo dice la tradizione del commento (apostrofe sarebbe più esatto) indirizzato a Zinka Milanov sulla Tosca di Madga Olivero, sessantacinquenne debuttante al Met, “Questa è la Tosca che avrebbe voluto Puccini”. Poi dobbiamo parlare della cantante Maria Jeritza e allora cominciano i problemi. Cominciamo problemi e curiosità nel capire perché nonostante i limiti vocali si trattasse di una cantante molto amata dal pubblico e dagli addetti ai lavori. Strauss per primo verso il quale, poi,  la Jeritza dimostrò perpetua riconoscenza, improvvisandosi venditrice di autografi del maestro quando quest’ultimo, caduto il nazismo con il quale aveva avuto collusioni, versò in cattive condizioni economiche.
La Jeritza nacque Maria Jedlitzka a Brno il 6 ottobre 1887 dove  compì  gli studi musicali. Dopo il debutto  alla Volksoper di Vienna approdò alla Opera Imperiale (attuale Staatsoper), pare per decreto di Francesco Giuseppe, certamente affascinato dalla donna nel 1912 e vi restò sino al 1935, si esibì in un repertorio quanto mai vasto che comprendeva il grand-opéra con Ebrea ed Ugonotti, Puccini (Tosca, Tabarro, Fanciulla), Strauss (Ariadne, quale protagonista, Rosenkavalier, quale Octavian, l’imperatrice della Donna senz’Ombra, il title role della prima locale di Elena Egizia), l’operetta Boccaccio, quale protagonista, e Rosalinde di Fledermaus , Wagner dove alle parti liriche aggiunse a fine carriera la protagonista di Walküre e, poi, talune tradizionali parti liriche come Antonia e Giulietta dei Racconti, Margherita di Faust e Micaela.
L’altro teatro di Maria Jeritza fu il Metropolitan dove la cantante morava approdò nel 1921 interpretando  Marietta in Die tote Stadt  e vi rimase stabilmente sino al 1932 . Ritornò nel 1951 per una recita quale Rosalinde del Fledermaus. Nel massimo teatro nord americano la cantante  praticò un repertorio assai più limitato e forse anche ben più consono alle proprie caratteristiche ossia il Wagner lirico (Lohengrin, Tannhäuser, Sieglinde di Walküre  e la Senta del Fliegende Holländer) e Puccini (Tosca, Fanciulla del West). Cantò, però, la prima locale di Jenufa quale protagonista in coppia con un’altra figura mitica del Met  di origine austroungarica Margarete Matzenauer, quale Kostelnika e fu, per le peculiarità di attrice, famosissima quale Fedora e Carmen.
Basta guardare le fotografie del tempo per rendersi che ci si trovasse dinnanzi ad una donna bellissima bionda alta con un fisico allora riservato ad alcune attrici di prosa o di cinema e questo –ripeto- spiega molto perché, al contrario le registrazioni nulla spiegano ed, anzi, mettono molti dubbi sulla cantante. Ed anche sull’interprete, intesa per usare un termine specifico attrice vocale,  termine che connota in maniera esaustiva l’esperienza artistica della Lehmann o della Muzio. E’, invece, inadatto a quella di Maria Jeritza,
Basta leggere quanto scrive Lauri Volpi (insieme alla favoletta che il ruolo di Calaf  sarebbe stato pensato per lui) per capire le ragioni del fascino, perché la critica sia in occasione della Tosca, sia della Thais dove il confronto era Mary Garden parlava del fascino della donna della bellezza e della statuarietà della presenza scenica, ma sull’interprete i toni erano piuttosto diversi.
Ascoltando le registrazioni ufficiali della Jeritza si ha l’idea di una cantante dalla voce di colore chiaro, squillante sui primi acuti, un poco vuota ed anche mal messa in basso. Ho omesso negli ascolti la registrazione dell’aria di Agathe del Franco cacciatore, che evidenzia il limite della voce in zona medio grave.
I dischi ufficiali non testimoniano neppure un’ottava superiore particolarmente facile e dotata. Eppure doveva esserci almeno dal vivo perché in difetto non sarebbe stata indicata quale Imperatrice o Turandot  od anche Minnie di riferimento, tutte parti che richiedono acuti estremi penetranti. E che ci fosse, magari a costo della linea musicale lo testimonia la chiusa del duetto con compare Alfio di una Cavalleria viennese anno 1933.  Di tutti gli ascolti che propongo due gruppi mi sembrano particolarmente interessanti per riflettere sulla vocalità della cantante.
Alludo, in prima battuta, alla registrazione dell’aria di Tosca “Vissi d’arte”  e le due di Fedora. Non si può negare che canti in maniera corretta e che l’interprete sia composta, anche se poco personale e non certo illuminata dal dire delle grandi come la Muzio o la Lehmann per riferirsi a Tosca  o dal fuoco e dall’eloquenza di una Fedora come l’Olivero. In Fedora frasi “clou” come “giuro su questa croce” passano via, anche se gli acuti sono facili e in frasi come “mio dolce Wladimiro” è varia nel fraseggio. Pensiamo che faceva l’Olivero o anche la Caniglia di queste  occasioni e non si deve omettere nel giudizio che  la dizione e la scansione sono poco italiane.
Viene quindi facile domandarsi dove fosse l’interprete tanto celebrata e il dubbio e che l’interprete sia più nell’atteggiamento scenico che non in scelte vocali ed interpretative. Il tutto è confermato dalle registrazioni pirata da Vienna, che ritraggono la cantante a fine carriera. Credo che siano molto “sincere” della qualità della cantante. In primo luogo l’ampiezza e la penetrazione della voce, che si percepisce con riferimento alla zona medio alta anche in Valchiria (dove i do sono piuttosto difficili e non sono eseguiti i trilli, che per altro eseguiva nelle arie della Tote Stadt), in Salome ed in Cavalleria si ha persino l’idea dell’eco che la voce faceva in teatro e questo è  l’aspetto positivo, in zona grave i limiti di una voce poco sonora e  che non scenda correttamente sono evidenti e si ripercuotono sul legato, buono invece in zona acuta. Poi arriva quello parzialmente negativo ovvero l’interprete perché da un lato  (vedi certe frasi della tentata seduzione di Salome) riesce anche ad essere dolce e con il timbro chiaro che ben si addice alla perversa fanciulla israelita come pure Santuzza è, verso Turiddu supplice ed accorata nel duetto con Turiddu vedi “no, no Turiddu” (in quello con compare Alfio la coetanea Rethberg la mette alle corde), ma poi si lascia andare ad effetti di parlato sino al famoso “a te la mala Pasqua”, salvo poi cantare lo “spergiuro”  con un suono facile e sonoro. Ecco qua questa è dopo  un secolo dal debutto e sessantacinque anni dall’effettivo ritiro Maria Jeritza: una cantante di buon timbro, di tecnica almeno solida (perché in difetto non si canta vent’anni quel repertorio onerosissimo) anche se non rifinita, un’interprete piuttosto esteriore e che talvolta preferiva l’effetto facile, pur essendo capace di altri effetti (perché in difetto gli autori –Strauss in primis – non si sarebbero dannati per averla prima esecutrice dei loro titoli).

Gli ascolti

Maria Jeritza

Giordano – Fedora

Atto I

Son gente risoluta (1923)

Atto III

Dio di giustizia (1923)

Puccini – Tosca

Atto II

Vissi d’arte (1914)

Korngold – Die tote Stadt

Atto I

Gluck, das mir verblieb (1927)

Ponchielli – La Gioconda

Atto IV

Suicidio! (1923)

Wagner – Die Walküre

Atto I

Du bist der Lenz (1922)

Atto II

Hojotoho! (con Friedrich Schorr – 1933)

Strauss – Salome

Atto unico

Ich bin verliebt in deinen Leib (1933)

Sieh diesen Mann nicht an (con Emil Schipper e Georg Maikl – 1933)

Ich will mit meinen Zähnen hineinbeissen (1933)

Mascagni – Cavalleria rusticana

Atto unico

Ah lo vedi (con Helge Rosvaenge – 1933)

Turiddu mi tolse l’onore (con Emil Schipper – 1933)

10 pensieri su “Il soprano prima della Callas, ventitreesima puntata. Maria Jeritza

    • la Walchiria fu un esperimento a fine carriera il suo ruolo fu sempre quello di Siegliende, anche perchè per la protagonista allora circolavano ben altri calibri. le registrazioni di Vienna, però ad onta della qualità e del declino era vicina ai 50 dicono qualche cosa di più. certo la cantante attrice come la Muzio esce benissimo ad onta dei metodi primitivi di registrazione , l’attrice cantante, mica tanto.
      ciao dd

  1. Mah, il segreto del suo successo proprio non capisco quale sia stato. Tutto e tutti parlano di Jeritza come d’artista in grado di monopolizzare l’attenzione, i grandi musicisti ambivano ad averla nelle produzioni piu’ importanti, le cronache del tempo la osannavano… Io la trovo interprete di cattivo gusto, fraseggiatrice sciatta e vocalista mediocre fino all’inizio degli anni venti, e dopo il 25 proprio una ciofeca.

  2. E’ lei che e’ mediocre. Non la sua vocalita’ incolta, (Parlo ovviamente di Netrebko), vocalita’ che avrebbe potuto portarla ben piu’ lontano. La Jeritza era invece una vocalista mediocre, ovviamente secondo me. Sull’isola deserta dovendo scegliere tra due titoli, ci andrei comunque con il primo cd della Anna, certamente non con un cd della Jeritza.

  3. Come spiegare il mito Jeritza? Penso che basti guardare il repertorio che ha frequentato: un teatro musicale dove l’aderenza fisica tra personaggio e interprete è assai più importante che nei lavori del passato.

    Non vi è nessun problema nell’accettare delle Cerquetti, delle Sutherland, delle Caballe, quali Semiramide, Lucia o Leonore verdiane (il personaggio – dal carattere archetipico – coincide totalmente con la vocalità); diverso è il caso di Salome, Oktavian, Helena, Imperatrice, Marietta, e perfino Tosca, Minnie o Fedora, ruoli all’interno di una drammaturgia che prevede una rispondenza pressocché totale tra la fisicità dell’artista e il personaggio che interpreta.

    E’ interessante leggere nell’epistolario Strauss-Hofmannsthal i motivi della preferenza del compositore per la Jeritza sulla Lehmann come Imperatrice: la seconda viene in pratica definita troppo “borghese”, quindi inadatta, a dispetto della palese superiorità vocale.

    Quanto sopra azzardato da me è stato già detto (molto meglio) in altro contesto da Fedele D’amico.

Lascia un commento