L’opera lirica fu, almeno sino all’immediato dopoguerra, uno spettacolo popolare, molto seguito, diversamente non si giustificherebbe, diversamente da quel che accade oggi che persone di limitata scolarizzazione avessero e del melodramma e delle voci una conoscenza approfondita e solida. Diversamente non si giustificherebbe la bagarre Callas – Tebaldi , che fu, nell’immediato dopo guerra tenne vive le pagine della cronaca come la più famosa e coeva bagarre sportiva Bartali – Coppi.
Tutti o quasi andavano all’opera, che spesso veniva rappresentata non solo nei teatri, ma in ogni luogo consentisse di allestire scenografie. L’invenzione del carro di Tespi, ispirato dalla origine socialista del regime fascista, nasceva dal legittimo desiderio di offrire a tutti gli spettacoli e di allargare gli orizzonti culturali della popolazione italiana. Piazze in primo luogo, rocche e cortili. E non solo delle grandi città, ma di qualsiasi centro di una certa importanza.
Con questo spirito i milanesi, che trascorrevano l’agosto a Milano ed erano la maggioranza nell’estate del 1939 insieme alla tradizionale gita fuori porta, alla salita sul tetto del Duomo, ai menù a base di anguria, (l’inguria) e di melone e salame ( il prosciutto era un prodotto straniero e di lusso riservato alle tavole della borghesia per le feste più importanti) furono beneficiati dell’allestimento di Otello nel cortile del Castello Sforzesco in cui agiva, accanto a professionisti allora sconosciuti e che oggi farebbero i grandi teatri l’Otello più famoso e completo del tempo : Francesco Merli, milanese, amatissimo dal pubblico scaligero e secondo solo al divo Pertile. Provate ad immaginare il pubblico assiepava le gradinate di legno portandosi da casa il cuscino e magari la gazzosa o la birra di produzione italica (autarchica si diceva). Qui scatta, per capire lo spirito con cui il pubblico andava all’opera, l’aneddotica ed è quella della mia amica Giovanna, oggi ultraottantenne, che veniva portata a vedere la Traviata dalla sua nonna, la quale mentre salivano le sinistre note del preludio atto terzo diceva “Giovanna adesso la mor, vem, insci ciapun el tram voi e se setum gio”. Traslo per i non milanesi “Giovanna adesso muore, andiamo, così prendiamo il tram vuoto e ci sediamo” Naturalmente i tram, a prezzi popolari, partivano alla fine dello spettacolo, ma le nostre spettatrici erano riuscite a conquistare il posto a sedere e poi “tant la mor” e non valeva la pena di aspettare la fine.
Oggi non abbiamo più questo spirito, mangiamo il prosciutto crudo tutti i giorni, ma non abbiamo, la maggioranza, le orecchie per entusiasmarci per l’Esultate di Francesco Merli e comprenderne l’arte somma . E se anche apparisse un Francesco Merli quanti sarebbero in grado di capirne la grandezza?
G. Verdi: Otello
Otello – Francesco Merli
Desdemona – Delia Sanzio
Iago – Enrico de Francheschi
Cassio – Alfredo Poggianti
Rodrigo – Erminio Benatti
Lodovico – Giuseppe Meraina
Montano – Luigi Sardi
Direttore – Arturo Lucon
Milano, Castello Sforzesco
15 agosto 1939
Per proseguire con la metafora culinaria, caro Donzelli, e visto che siamo in piena “caldazza” agostana, nei giorni in cui si mangia volentieri un piatto leggero e gustoso come prosciutto e melone, potremmo dire che il prosciutto operistico che oggigiorno consumiamo, magari costoso e d’importazione, è sovente rancido e il melone “bello” marcio.
Più che rancidi e marci direi che sono pieni di conservanti, insomma cibi pronti e indigesti che ai palati ingenui si presentano appetitosi ma che in breve devastano stomaco e fegato (ossia orecchie e cervello), e ça va sans dire producono rapida assuefazione e insana dipendenza esattamente come la lordura servita nei fast food.
Non a caso io ho ribattezzato una celebre diva russa di oggi col nome di Soprano 4 Salti in Padella….