Don Pasquale accademico, seconda puntata. Il ritorno di Ernesto

Prosegue, nei giorni in cui vengono da autorevoli rappresentanti la politica locale messi in discussione stipendi ed emolumenti del sovrintendente Lissner (vedremo poi se siffatte discussioni sfoceranno in qualche cambiamento dello stato di fatto o si risolveranno nell’ennesimo “facite ammuina”, soluzione italica quant’altre mai), il ciclo di rappresentazioni del Don Pasquale accademico. Spettacolo che di accademico aveva ben poco alla prima, qualcosa di più alle prime repliche, che hanno coinvolto qualche ex studente in più, di nuovo poco o nulla ora che siamo giunti al terzo cast, che è poi quello della prima rappresentazione con un solo cambiamento, Shalva Mukeria al posto di Celso Albelo. L’unica ragione per presenziare nuovamente, o per la prima volta, allo spettacolo.

La parte di Ernesto era quella che maggiori ambasce aveva procurato ai responsabili della programmazione scaligera, atteso che due settimane prima del debutto il sito del teatro annunciava Leonardo Cortellazzi quale primo tenore e indicava con un “da definire” l’altro interprete designato. Evidentemente le peregrinazioni del signor Lissner, che di continuo gira il mondo, novello Phileas Fogg (che però, a differenza del sovrintendente, ce ne metteva del suo), alla ricerca di nuovi cantanti, non avevano dato i frutti sperati. La soluzione finale adottata ricorda un poco il trattamento che si voleva riservare alla Manon: la prime due recite affidate a un cosiddetto divo, le altre ripartite fra un cantante in carriera (ma non divo) e uno studente (peraltro presente nei cartelloni del teatro da almeno quattro stagioni consecutive).

Mukeria tornava alla Scala dopo una sola apparizione (secondo cast, naturalmente) nella Figlia del reggimento allestita cinque anni fa. Ci auguriamo solo che il teatro non faccia passare altri cinque anni prima di proporlo nuovamente in quel repertorio ottocentesco, nel cui ambito il tenore georgiano è uno dei pochi cantanti di oggi capaci di garantire una continuità con la grande tradizione del canto professionale. Dopo un recitativo di sortita in cui sono apparsi suoni un poco fiochi e schiacciati sul passaggio superiore, fin dal cantabile Sogno soave e casto Mukeria si è imposto per l’assoluta facilità di esecuzione in una parte che richiede, più ancora di acuti saldi e sicuri (benché il re bemolle aggiunto in chiusa alla cabaletta – purtroppo eseguita una volta sola – fosse un suono pieno e rotondo, e il si naturale della serenata un’autentica folgore), una gestione irreprensibile dei fiati e una capacità di cantare a fior di labbro nella zona dei primi acuti e in quella che immediatamente la precede (attacco del Cercherò lontana terra). Il tutto riuscendo a essere, oltre che sicuro esecutore, interprete vero: l’aria del secondo atto e più ancora il recitativo che la introduce (con tanto di tromba spernacchiante) sono stati resi con una disperazione che faceva pensare alla morte di Edgardo di Ravenswood, il che rende finalmente giustizia a un’opera sviluppata come rigoroso omaggio in chiave buffa ai grandi topoi del melodramma tragico. Ancora, al finale secondo e nella scena del giardino (aperta da una serenata convenientemente languida e sfumata, impreziosita da acuti squillanti, a dispetto della modestia del mezzo vocale) è toccato al tenore compensare le carenze degli altri esecutori, “tirando” i concertati in luogo del soprano e distogliendo per quanto possibile l’attenzione, grazie a un legato di scuola, dai malcerti tentativi di scalata all’acuto dell’improvvida Norina. Purtroppo l’opera si chiude con il rondò della suddetta, e qui oggettivamente non era possibile rimediare in alcun modo, se non con un bel taglio. Soluzione ovviamente non praticabile in tempi di rigorosa (!) filologia.

Certo la presenza di un tenore all’altezza della parte non basta a tenere in piedi uno spettacolo diretto male e concertato peggio, con un basso che non è un basso autentico e parlotta per metà della recita (rispetto alla prova bolognese di tre anni fa è sparito anche quel minimo di voce e quel po’ di allure che restava, per tacere del gusto, che è ormai da avanspettacolo), un baritono che si arrabatta con voce legnosa e un soprano che o spinge o squittisce, sistematicamente stonato sul mi4-fa4 e che sfoggia un’esecuzione del canto di agilità, appunto, da studentessa (ma di quelle da rimandare a ottobre). Il Don Pasquale si fa adeguatamente, ossia onorando autore e spartito, ove si disponga di solidi e navigati professionisti, non certo con le velleità, gli omaggi alla memoria e men che meno i desiderata di un pubblico succube e prono a qualunque prodotto esca dal premiato “forno” accademico.

 

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95 pensieri su “Don Pasquale accademico, seconda puntata. Il ritorno di Ernesto

  1. Ma Mukeria ci mette sempre così tanto a carbuare? E’ la prima volta che lo ascolto dal vivo (Don Pasquale, lunedì 9 luglio) e sono molto perplesso: un “Sogno soave e casto” generico, tirato via senza languore né mezze tinte. Un “Cercherò lontana terra” dove l’unica preoccupazione sembrava qualla di esibire gli acuti. Poi (finalmente!) una Serenata e un Duettino con Norina ottimi, a tratti persino entusiasmanti. Strano davvero.
    (Comunque, se non si impegnerà di più anche sotto l’aspetto scenico difficilmente riuscirà a sfondare. I tempi sono cambiati e la maggior parte del pubblico non accetta più che si canti Ernesto, Edgardo o Elvino recitando come un pesce lesso…)

    • Come ho scritto con riferimento alla recita di venerdì 6, l’entrata è perfettibile, ma dire che il Sogno soave e casto fosse generico e poco sfumato mi sembra un’esagerazione. Idem l’aria, in cui l’acuto finale (tenuto ad libitum) era la cosa meno impressionante, a fronte della malinconia profusa in tutte le frasi topiche (“i giorni grami a trascinar si vada” e “dal mio core cancellar” su tutte). A meno che non si prendano come punti di riferimento non certo Kraus (anche lui sovente messo “alla frusta” da una parte così onerosa), ma i soliti Bonci, Schipa e Anselmi, fini cesellatori davanti ai quali Mukeria appare effettivamente in difetto di eleganza e raffinatezza.

    • Quindi meglio avere un modello di Pitti-Uomo a interpretare Ernesto, Edgardo ed Elvino piuttosto di Mukeria, anche se il sudetto modello latra… bel pubblico!
      😀 Usiamo il playback: modello Pitti-Uomo in scena e cantante bravo, ma senza la “tartaruga” a prestargli la voce 😉

      Forse è anche per questo che siamo in queste condizioni…

    • Stavo per scriverlo io: Albelo non è certo disinvolto in scena (né particolarmente attraente)…men che meno la Pretty Yende (veramente impacciata). Devo dire che pure Pertusi – che è cantante in carriera ed è molto apprezzato – non brilla per doti attoriali (a meno di trovare “coinvolgente” il continuo alzare occhi e braccia al cielo o il rivolgersi – e non si capisce per quale ragione – al ritratto della madre come in una commedia all’italiana di serie B… Insomma credo che sia da sfatare questo mito della recitazione: è vero che in alcune produzioni (ma si tratta di spettacoli particolari e rivolti ad un tipo “particolare” di pubblico) si fa fare di tutto al povero cantante (metterlo di spalle, a quattro zampe, seduto sul cesso etc…), ma non è certo la regola. E poi, scusate, non che Florez o Villazon recitino come attori consumati…

  2. Ecco, Duprez centra il tema della mia risposta a Billy. Che Mukeria non sia un gran attore siamo d’accordo. Nè voglio dimostrare il contrario. Forse l’ho anche scritto, vorrei da parte sua che no lasciasse trapelare al pubblico le sue preoccupazioni mentre canta un passo difficile e che si “mettesse lì”sempre convinto, anche quando magari in cuor suo non lo è, perchè al pubblico queste cose no devono essere trasmesse. Ed il cantante ne perde quando non trasmette convinzione di se ( tutti pensano e si preoccupano mentre cantano…).
    Il punto della recitazione invece è quella di cui parla Duprez. Essere attori o essere guitti, sculettare o recitare? rotolarsi come saltimbanchi o essere personaggi? Il caso Dessay è preclaro, idem la Bartoli. Nessuna nobiltà, nessuna eleganza nei personaggi. LA Trebko, gnoccona inespressiva assieme a miss GAranca….Insomma oggi si recita davvero o si fanno pantomine il più delle volte estranee ai personaggi e al buon gusto? La Dyka e la Serafine sono Tosche attrici più di una Raina? non direi. Quale grande primadonna oggi ha l’aplob elegante o sensuale o regale di certe grandi cantanti del passato? ma che attrice c’è in Demetra Theodossiou? o nella BArcellona? o in ALvarez? Io credo che l’ambieten della lirica parli per sentito dire: ti affibbiano un bollo di qualità e le pecore approvano pedissequamente. Vorrei che ai personaggi fosse resa la loro aura nobile, elegante, anche statica se vuoi, ma che i re tornassero ad essere re, le nobildonne tornassero tali, la sensualità esibità con eleganza e non a kili come in macelleria..la recitazione più composta e consona a soggetti di due-trecento anni fa e non ai serial come Beautiful o ai film porno.

    • Il punto è proprio questo. Anche gli ottimisti ad oltranza sanno che la maggior parte dei loro idoli sono vocalmente indifendibili a meno di esser sordi. Allora si devia l’ attenzione sulla fisicità…”eh ma l’ opera è cambiata”, “una volta non sapevano recitare”, “oggi il cantante deve fare spettacolo”. Quando poi tentano di spiegare in modo coerente questa presunta superiorità attoriale dei divastri attuali, costruiti come robot dagli esperti del marketing anglosassone, allora leggiamo i deliri dei blablologi (ogni riferimento a persone esistenti NON é casuale)…è proprio così difficile mettersi in testa che applicare all’ opera la recitazione isterica e sempre sopra le righe caratteristica dei nostri giorni equivale ad applicare il clacson e i catarifrangenti a un cavallo e poi pretendere di farlo passare per un automobile? Io purtroppo ci vivo da anni in mezzo a questa fuffa e comincio davvero a non poterne più.
      Saluti dalla Vaterland dell’ Eurotrash.

    • Infatti, Giulia, secondo me siamo davanti ad un’impostura collettiva: francamente non trovo che oggi vi sia più attenzione alla recitazione…ce lo fanno credere, ma – nei fatti – si scambia un agitarsi incongruo per chissà quale virtuosismo scenico…. Sembra quasi che gli entusiasti di questa pseudo rivoluzione non siano mai entrati in un teatro. E non è questione di auspicare le belle statuine, le mani sul cuore o le braccia al cielo…ma di chiamare le cose col loro nome: io vado spessissimo a teatro, e solo qualche illuso entusiasta può scambiare ciò che si vede nei teatri d’opera per sopraffina arte attoriale.

    • Anche per me: ma il discorso non è questo… Il fatto è che, per sentito dire, si sostiene che oggi vi sia più attenzione alla recitazione. Per me non è vero…è solo una generalizzazione.

    • Però, Billy Budd, scusami se mi permetto: “te la canti e te la suoni da solo”? Prima dici che OGGI è necessario avere doti fisiche e capacità sceniche mentre una volta se ne fregavano, poi – a sostegno (?) della tua tesi – proponi un video della Callas anni ’50…. Scusa, ma non comprendo…

      Comunque – per prevenire i soliti malintesi – nessuno (ma proprio NESSUNO) ha detto che non si possa cantar bene e recitare bene…o cantar bene e recitare male o cantar male e recitare bene o cantare male e recitare male…. Dico solo che OGGI si spaccia per recitazione raffinata una realtà differente: a me proprio non pare che Villazon, Florez, la Bartoli o la Dessay recitino così bene come si dice in giro (ricordo un imbarazzante Macbeth – del “geniale” Cerniakov – in cui la Urmana fa rimpiangere le pagliacciate sceniche della Caballé).

      • Non sono così vecchio da poter parlare per esperienza diretta, ma basandomi su fotografie d’epoca e sull’esperienza di altri credo di poter affermare che proprio con la Callas (e Visconti) sia iniziata una sorta di ” rivoluzione scenica ” la cui conseguenze (aberrazioni comprese) sono attive ancor oggi. Per questo non ritengo il video che ho postato un video rappresentativo degli anni 50, bensì la testimonianza di un nuovo modo di recitar-cantando che, volenti o nolenti, ha creato un spartiacque fra un prima e un poi.

    • si cero! Ìl punto è che o hai una star della recitazione che sa recitare di suo….oppure devi avere dei registi veri. I cantanti di oggi sono quasi sempre in balia di cazzoni presuntuosi che chiamano registi ma ke non lo sono per nulla. Questo è il punto. Ma ke regista è mai pelly? Strehler era un regista!

      • Concordo! Un regista deve partire dal testo per esprimere quello che contiene, non può prescindere da esso e cogliere l’occasione per imporre la sua visione personale sui mali del mondo o per raccontarci i suoi drammi familiari e le sue frustrazioni… Ogni opera d’arte ha e deve avere dei limiti all’interpretazione (interni ed esterni).
        E poi, diciamolo, certi registi che oggi passano per “geniali” hanno serie difficoltà tecniche (esempio su tutti: l’incapacità di gestire le masse corali, i cambi di scena a vista, i momenti di sola musica). Vorrei che qualcuno mi spiegasse il valore aggiunto della “recitazione” in una regia di Wilson, ad esempio.

  3. Un tipico esempio della moderna arte attoriale lo abbiamo visto tutti nell’ Anna Bolena viennese dello scorso anno. Uno spettacolo impostato sui costumi d’ epoca, e che ti inventa il signor regista? All’ inizio, Enrico e la Seymour che consumano una sveltina contro una parete, poi Anna che entra in scena in camicia da notte come Lucia al terzo atto (cosa che no avrebbe senso neanche ai nostri giorni, secondo voi Elisabetta II gira per Buckingham Palace in sottoveste?) e quindi al finale primo si scofana su un triclinio stile impero come Paolina Borghese della statua del Canova…lasciando da parte i discorsi sulla qualità vocale della produzione, a me queste cose hanno fatto solo ridere.

  4. Proprio ieri mi sono rivisto due video di Cavalleria Rusticana: quella del ’68 di Strehler (pur rovinata dalle riprese video supervisionate da Karajan, in uno dei momenti più bassi della sua pur bassissima carriera “registica”) e quella dell’82 di Zeffirelli: davvero mi chiedo cosa non vada dal punto di vista teatrale, cosa appare superato! I colori vividi della prima e lo studio degli sguardi incorniciati da veli nere oppure la pur sovrabbondante (ma preziosissima) versione di Zeffirelli – penso al miracolo espressivo durante l’Intermezzo – sono scenicamente coinvolgenti, emozionanti, credibili…e ben recitati.

  5. Vorrei far notare una cosa al mio amico Gianguido. Lui dice di vivere nella patria dell’Eurotrash. E contro l’Eurotrash pronuncia parole di fuoco. Bene, finché si rimane sul piano delle affermazioni generali. Quando però sul suo blog fa la recensione di uno spettacolo di Stoccarda o di una città vicina (“finitima”, direbbe Donzelli, sicuramente “cerziorato” della legittimità del termine), spettacolo del tutto compreso in questo categoria, le cose cambiano un po’. Ci sono critiche sì, ma ampiamente controbilanciate da riconoscimenti positivi. Riconoscimenti che in maniera sorprendente scompaiono del tutto quando si parla della Scala o di qualche altra realtà italiana. Va bene la riconoscenza per la nazione che ci ha accolto, ma insomma…Certo è che i tedeschi colti l’italiano lo leggono, compreso quello dei blog.
    Marco Ninci

      • Credo che Mozart non abbia necessità di tutele o difese d’ufficio: se vorrà potrà rispondere da sé… Per cui non si rimuove nulle, e si aspetta – come è ovvio e giusto – la replica.

    • Caro Ninci,
      come sai spesso ci ritroviamo insieme sul blog di Gianguido, e di recente abbiamo discusso sul tema Abbado, che prego me e te di non ripetere qui. Io ti dico che ti stimo molto (e non ti offendere 😉 ) ma Mozart mi piace proprio per questo! Lui ha una totale imparzialità nel vedere le cose, perchè della Germania critica principalmente le regie (come dargli torto),e poi, come è ovvio, i cantanti trash, che vengono pure li; la Germania non è infatti un mondo a se stante, la Netrebko,il Cura,il Kauffmann, la Petibon sono anche li! Però almeno li c’è una sorta di ripiego, una soluzione: nei paesi più piccoli magari si trovano interpreti molto validi e magari non così famosi. Ed è infatti li che spesso egli va a sentire, e in seguito ad elogiare (e francamente di sicuro lo sai meglio di me per più lunga conoscenza, che Gianguido proprio un distributore automatico di ammore non è, giustamente). Qui, grandi teatri a parte, non c’è niente, perchè gli spettacoli di provincia sono assai più terrificanti di quelli delle varie Scala, Carlo Felice, Regio Parma e Torino etc etc.
      Cordiali Saluti

  6. Mio caro Misterpapageno, io, altrimenti da te, sul blog di Mozart ci scrivo, con eccellenti risultati, a quanto dice lo stesso Gianguido. Ma proprio perché gli sono amico e ho stima di lui, non gli nascondo nessuna mia impressione, positiva o negativa che sia. E questo credo che Gianguido lo apprezzi. Del resto Gianguido fa la stessa cosa con me, ferma restando la stima reciproca di fondo. Ma sono cose che tu non puoi capire, rinchiuso in un’acidità che fa a pugni con la tua giovane età.
    Ciao e auguri
    Marco Ninci

    • Io non entro nel merito, Marco, però non posso fare a meno di farti notare che a volte manchi pesantemente di educazione. A mio avviso infatti è di pessimo gusto utilizzare uno spazio dove entrambi siamo ospiti per portare avanti polemiche personali. Avresti potuto esporre queste considerazioni commentando una delle recensioni sul mio sito, dove ti avrei volentieri pubblicato e risposto. Ma questo blog è molto più letto del mio (e giustamente, ci mancherebbe…) e tu cerchi soprattutto la visibilità…diversamente, non si capirebbe perchè tu ti ostini a intervenire su un sito del quale non condividi la minima parola. Io ragiono in un altro modo, i siti musicali che non mi piacciono li leggo ma evito di scriverci perchè non cerco la rissa mediatica fine a se stessa come fai tu.
      Mi scuso con i padroni di casa per l’ off topic.

      • io invece mozart sono convinto che i padroni di casa non si offendono se entri nel merito di quello che ti ha chiesto Ninci in fin dei conti è un osservazione che può riguardare anche a chi legge questo sito,ti aveva chiesto perche adotti una discriminante,quando vedi certi spettacoli nei teatri tedeschi,a differenza di quelli italiani,è vero che dai tuoi scritti ho capito che nutri riconoscenza sul paese dove adesso vivi,ma questo non deve influenzare un giudizio,( sul popolo tedesco io tanta benevolenza non c’è l’ho un popolo che si è macchiato di crimini orrendi,e sono convinto che se avesse l’oppurtunità lo rifarebbe,basta vedere il cinismo finanziaro che sta adottando in questa europa malabortita,e imponendoci un cambio assurdo tutto a suo vantaggio.

          • Antonio, hai anticipato la mia risposta. Non aggiungo altro di mio perchè a questo intervento dovrei rispondere a male parole e non essendo in casa mia non posso.

        • Pasquale…ti prego: ma che diamine stai dicendo????

          I “padroni di casa” non si offendono per nulla (siam duri di scorza), ma il buon senso – di fronte a certe sparate – affrebbe qualcosa da dire…

          • se torniamo nel merito di quello che ha chiesto Ninci?l’argomento crimini si potrebbe farlo da un altra parte, per me l’argomento è chiuso
            mozart sei libero di rispondere a Ninci non penso che qua sopra si offendono per quello che ti ha chiesto

  7. Il grande attore in campo operistico e’ colui che costruisce insieme al regista un personaggio. Non e’ invece un grande attore colui che segue le indicazioni stile pappagallino ammaestrato. Non e’ affatto vero che oggi si reciti meglio, figuriamoci, ci sono invece oggigiorno cantanti generalmente d’aspetto piu’ gradevole, quando non di notevole avvenenza. Cosa avrebbero fatto costoro, se lasciati a loro stessi come capitava una volta nella maggior parte delle produzioni operistiche? Guardate i loro concerti, ed avrete la risposta. Il grande attore ha una sua dignita’ scenica, e mai puo’ far dimenticare cosa sia il personaggio inerpretato. Chi oggi, piacciano o non piacciano vocalmente gli esempi che seguono, puo’ essere paragonato scenicamente alla Dido di Teresa Berganza, all’ Alceste di Leyla Gencer, al Dosifej di Boris Christoff, all’ Athanael di Michel Dens? Chi? Si guardino i concerti di Graziella Sciutti, di Enzo Dara, di Astrid Varnay, senza scomodare autentici mostri sacri della scena come Maria Callas, Ivan Petrov o Inge Borkh.

    • Ecco…dici cosa buona e giusta: si confonde l’avvenenza con la recitazione. Oggi ALCUNI cantanti sono più “belli” di ALCUNI cantanti di qualche decina d’anni fa: solo questo si può dire (anche qui senza generalizzare: vero che i gusti son gusti, però potrei fare una rassegna di cantanti d’oggi che tutto sono fuorché gradevoli d’aspetto). Però, come nel teatro, il bravo attore appare “bello” anche quando non lo è oggettivamente… La “novità” degli ultimi anni è l’assimilazione del cantante lirico alla categoria della “rockstar”: ma trovo che questa sia una degenerazione piuttosto disgustosa del concetto…

      • E perche’ l’assimilazione alla rockstar ti urta in modo cosi’ evidente, Duprez? Non e’, secondo me differente all’assimilazione al cantante o conduttore o attore di successo degli scorsi decenni. E’ cosi’, e’ sempre stato cosi’, molto probabilmente (speriamo di no, eh!) sara’ cosi’ in futuro.

  8. Carissimo Gianguido, io non cerco risse mediatiche, assolutamente. E neppure visibilità. Francamente non ne ho mai avuto bisogno. Io scrivo qui per una ragione molto semplice. Ho visto qui il tuo scritto e mi è venuto di commentarlo, confrontontandolo con cose che scrivi sul tuo blog. Anche questa è una cosa interessante e non ha nulla, assolutamente nulla di personale; le oscillazioni nei giudizi e le loro motivazioni, al contrario, fanno parte della storia della critica; non solo nel passato, ma anche nel presente, nell’incrociarsi delle idee. Perché le idee non nascono nel cielo, ma di motivazioni ne hanno tante, ideologiche, personali, sentimentali, storiche. E tutte mi interessano e troverei un peccato tralasciarne qualcuna. Ma, in fondo, è una semplice notazione su un commento, come qui se ne leggono a bizzeffe. La mia non ha nulla di diverso da tutte le altre. Cosa c’entri l’educazione non so. So soltanto che non è ineducato scrivere su un blog di cui non si condivide nulla ; anche se quest’ultima cosa non è poi vera; non ho mai trovato un pensiero di cui non condividere nulla; ogni pensiero, anche il più aberrante, ha la sua parte di verità e l’uomo, diceva Fedele D’Amico, in fondo ha sempre pensato il vero. Io da questo blog ho imparato molto. Non soltanto un sacco di cose che non sapevo. Ma, e questa è la cosa veramente importante, nel confronto, anche asperrimo, ho avuto modo di affinare le mie verità, di renderle più flessibili, di arricchirle al fine di potersi di difendere. Io non sono di quelli che considerano un disonore parlare del Corriere della Grisi, fanno finta di ignorarlo e magari lo leggono con rabbia e passione. No, io non faccio così. Lo leggo e nel mio disaccordo, a considerarlo bene, c’è sempre l’urgenza di una domanda, il dubbio su di sé e gli altri; non certo la semplice provocazione che, lo si creda o no, io non pratico assolutamente. Nei modi, forse; non certo nella sostanza. Ma dire che io che io scrivo qui semplicemente per ottenere visibilità, dal momento che questo blog è molto letto, è futile e non coglie niente del mio carattere, visto che penso che la diffusione di un’idea non dica nulla, assolutamente nulla sulla sua giustezza. Oltretutto Gianguido sa piuttosto bene che nella mia vita professionale l’ultima cosa che ho desiderato è stata la visibilità; gli dovrebbe suonare un po’ strano che proprio in questo campo di blog, tutto sommato abbastanza secondario per tutti noi (o almeno così credo), mi fossero presi di questi ghiribizzi.
    Ciao
    Marco Ninci

  9. Caro Marco,
    come dice Magda nella Rondine “ho una sola risposta: non cambio d’ opinione”.
    Per risponderti nel merito, io nel recensire uno spettacolo tengo anche in considerazione dove esso si svolge e quanto esso costa allo spettatore e al contribuente. A Stoccarda si pagano cifre X, alla Scala tre volte tanto, sia in termini di biglietti che di finanziamenti pubblici, pertanto il livello qualitativo dovrebbe essere più alto e i criteri di giudizio sono molto più severi. Lo stesso per quanto riguarda Baden Baden (i cui spettacoli operistici ho recensito a volte in maniera aspra), che però è un teatro a gestione privata e quindi non sostenuto dalle mie tasse. Non c’ entra nulla la riconoscenza verso la Germania o simili pippe mentali, semplicemente un banale criterio di valutazione del rapporto tra qualità di quello che vedo e prezzo pagato per il biglietto.
    A parte tutto, la Scala l’ hai tirata in ballo tu, visto che il commento al quale tu hai reagito si riferiva a uno spettacolo della Wiener Staatsoper. E adesso, se credi, scrivi pure che non sopporto gli austriaci…

  10. Riprendendo le fila del discorso, a me sembra che la bella o brutta presenza ci siano state in passato come nel presente, e nel caso della bella presenza si sia usata ampiamente come passe-par-tout per la carriera: primi in mente, erano belle donne la Moffo, la Price, la Anderson, ed erano begli uomini Pinza, Kraus, Corelli. Ciò comunque era una dote in più perché tutti i nomi sopracitati erano dei cantanti professionisti, che sapevano fare il loro mestiere e che hanno studiato anche in carriera.
    A mio avviso non è nemmeno vero che oggi non ci siano cantanti brutti che calchino le scene: certamente c’è un livello generale maggiore di bella presenza e di considerazione della bella presenza in curriculum – soprattutto per le donne – e come prima potevano esserci una Strada dal Po, chiamata “Il Maiale”, o la Barbieri Nini che recitava con una maschera in faccia, o gli stessi Caballé e Pavarotti, anche oggi abbiamo un Villazon o un Cura o un Alvarez che non mi sembrano degli esempi di avvenenza.
    Quello che chiaramente stupisce oggi è che i belli e i meno belli siano accomunati da scarse doti tecniche vocali, ancor prima delle complementari doti attoriali che si richiedono e che sono spesso indipendenti dalla bella presenza e figura, cosa che ai reclutatori delle agenzie sfugge ancora, AD 2012.
    Visualizzando adesso il celebrato argomento “non sarà un belcantista ma è un grande interprete”, in passato ci furono personaggi come la Cavalieri e la Bellincioni che brillarono più per i loro gossip che per le loro doti vocali – celebre il bacio dato a Caruso da parte della Cavalieri nella Fedora al Met ; nel moderno sono degenerati e.g. nei falsetti di Domingo in nome del grande interprete appunto, conditi con video del tenore nella sua piscina o villa, e.g. nelle doti negromantiche della Scotto o e.g. nelle ricette preferite della Caballé, e contemporaneamente con l’idea-leitmotiv di “diva” da parte delle più impacciate Gheorghiu e Netrebko, argomento trattato escludendo quasi completamente la sfera vocale e considerando solo la moda, gossip e fatti personali, provando che il canto e la professione di cantante è quanto di più estrano e non assimilabile alle due signore. Se si vedono i video-interviste della Callas, la madre-diva di riferimento delle due signore, si parla di tutto ma si parla tantissimo di musica, del canto e della professione, sempre a rimarcare la distanza siderale tra la Callas e le sue figliastre Gheorghiu e Netrebko.
    Questo cammino descritto porta a capire come nel corso dei tempi si sia arrivati una odierna spersonalizzazione ed alienazione del cantante dalla sua attività primaria – cantare – ed è chiaramente retaggio della considerazione del cantante d’opera come popstar (come dice giustamente Duprez), che sotto l’influenza delle case discografiche non è appunto un cantante professionista ma un PRODOTTO che impacchettato e studiato a suon di foto fashion, siti patinati, titoli di giornali che non si sa da dove escano e bagni di folla viene lanciato non promuoversi, ma per promuovere il PRODOTTO – l’EVENTO CD.
    D’altronde è ciò che sta succedendo con i film di oggi: si pensa al film, si crea tutta una macchina di marketing e promozione di essa fino all’uscita, e che sia un film o un altro, non cambia niente: si deve fare l’EVENTO per battere cassa! Tale speculazione di vendite è una cosa vecchia come il mondo e si aveva sia nei teatri greci con l’attore amato dal pubblico, sia al tempo di Handel quando Farinelli sbarcò a Londra, sia al tempo della Callas per esempio, con al differenza che prima si creava sudetto evento attorno a Farinelli o alla Callas, mentre oggi si fa un pacco pubblicizzato a più non posso senza nemmeno sapere fino all’ultimo chi canta – non ultimo il Don Pasquale alla Scala o la Stagione a Torre del Lago, per non parlare dei pacchi turistici dell’Arena di Verona! Un bel pacco al buio!

  11. bel discorso papageno,ora fammi delle proposte come nei giorni nostri che a differenza del passato c’è un ampia offerta musicale di tutti i generi,e non solo musicali che hanno spezzettato in tanti settori i bacini di ascolto a rimediare a tutto quello che hai denunciato…cioè ti rendi conto che il futuro dell’opera è a rischio.
    è abominevole che certe agenzie ricorrano a strategie che si fanno nel mondo della musica leggera,ma almeno qui in Italia siamo quasi arrivati al punto di vergognarci (non noi)di avere inventato il melodramma,altro che rilancio

    • Proposte molto semplici:
      1) avere responsabili dei teatri esperti di voci, che conoscano bene il canto e sappiano scegliere i cantanti giusti per i ruoli giusti;
      2) avere responsabili dei teatri esperti di organizzazione, che sappiano gestire una programmazione nei tempi, senza arrivare al giorno prima per sapere chi si esibisce;
      3a) avere agenzie per cantanti che valutino il cantante per a) la voce, b) le doti attoriali e c) la bella presenza – oltre alle normali regole di comportamente e buona creanza – e che programmino insieme ai teatri le giuste opere per i cantanti disponibili dell’agenzia;
      3b) proposta alternativa, eliminare le agenzie ed indirre concorsi o far si che le Scuole di Perfezionamento dei Teatri servano veramente a qualcosa e preparino i cantanti alla scena, facendoli esordire in ruoli secondari e piano piano premiare i meritevoli e farli debuttare in ruoli primari. La scuola dovrebbe servire per crescere, non per prendere fondi dallo Stato e far pagare rette salate agli studenti, per poi mettere in scena artisti di rodata carriera;
      5) iniziare a creare un sistema certificato di qualità per le messinscene in cui si quantifichino le scelte giuste e le scelte sbagliate, e si facciano pagare di tasca i dirigenti e responsabili per tutte le scelte sbagliate, oltreché mettere dei premi per la buona gestione di un teatro e delle penali per la cattiva gestione.

        • e non solo i teatri perche bisogna anche vendere..anche on line quindi trovare clenti che acquistano,e se il prodotto non lo fai conoscere con dei metodi ..moderni quindi come stanno cercando di fare le agenzie a chi lo vendi il prodotto? è mica come una volta che l’opera era il piatto forte.Perche la Scala si stà avviando come il Met a essere un teatro per avere un pubblico di turisti? perche è cosi che in futuro può ancora dire qualcosa ..Papageno il mondo è cambiato,tutto stà cambiando,forse l’unico genere che non ne risente di tutte queste problematiche è la musica classica o sinfonica,l’opera come la conosciamo noi,purtroppo nel giro di un ventennio non sarà la stessa,o per lo meno come noi vorremmo che rimanesse

        • Pasquale, se il teatro d’opera eccelle in qualcosa è proprio la pubblicità visto che gli organizzatori riescono a far andare gente a sentire al Netrebko in Bolena o Domingo in Tamerlano: bisogna essere dei veri geni per portare il pubblico a vedere questi due ciarlatani in due opere lontanissime dalla loro pseudo-tecnica e sentire.

          Il teatro d’opera sta cambiando in peggio nelle alte sfere ed io vedo già il suo futuro peggiore: opere fatte con cantanti stimbrati e spoggiati che cantano col microfono.
          Tanto vale ammettere che non si può più cantare Rossini, Verdi, Puccini, e si chiude baracca, o si scelgono attori bonazzi che recitano in playback su brani degli anni ’50.

          • beh papageno non sono i teatri che eccellano in pubblicità sono le agenzie e l’apparato pubblicitario che stà dietro,tu puoi proporre tutte le cose positive,ma se il pubblico,ma non di nicchia un vero bacino di ascolto come lo era 30 40 anni orsono non ritorna ad appasionarsi a questo genere non serve a niente,l’ultima parte del tuo ragionamento te l’ho anticipato io prima,nel prossimo ventennio o trentennio l’opera non sarà piu come noi la vorremmo

  12. L’unica via per uscire da questa miseria culturale vocale e operistica è fare educazione e cultura, e chi deve farla sono i musicisti, non i ciarlatani improvvisati e critici dei giornali che non sanno niente di canto.
    Il problema oggi come oggi è che non facendo quasi niente per avvicinare i giovani (Italia) o facendo tanto (ROH – http://www.youtube.com/watch?v=arfzUVgJDDg) cantanti scarsi come Grigolo vengono applauditi comunque! Come si fa a cantare il Duca di Mantova berciando le note acute, per non dire sempre l’acuto finale – cfr. 1:44 http://www.youtube.com/watch?v=a3iOHyx0oUs? Quindi i cantanti di mestiere dovrebbero veramente scendere in campo e dire le cose come stanno, screditando gli usurpatori dei teatri solo perché spinti dalle solite sovrastrutture meta-teatrali (politica, discografia, amicizie varie, etc).

    • mozart l’unico modo di risolvere i problemi,e che milioni di persone ritornino ad appassionarsi al melodramma tipo anni 50 o 60,e vedrai che anche la qualità migliora..Papageno fa delle buone proposte,ma purtroppo non risolvono il problema se il pubblico non ritorna in massa su questo genere,per fortuna che nella classica e sinfonica tutto va meglio..

      • Benissimo ma come dovrebbero tornare ad appassionarsi? Con le serate della Clerici o con lo spezzatino di Cenerentola? Queste cose allontaneranno definitivamente il pubblico, perchè danno un’ immagine falsa dell’ opera. Io non ho mai conosciuto una persona che sia entrata in un teatro d’ opera dopo aver visto un concerto dei Tre Tenori o una diretta tipo Tosca, Rigoletto o Cenerentola. Se tu ne conosci qualcuna, faccelo sapere.

      • Ma poi, scusa Pasquale, ma se a te costringessero ad appassionarti al rap tu saresti contento? Se ad uno non piace la musica classica, ma che viva in pace, ha tutto il diritto di non vedersela propinata (per di più in modo indecente) contro voglia! Questa mania italiana di voler in qualche modo dimostrare (solo sulla facciata, naturalmente, ma d’altro canto è su quello che il nostro paese si fonda) che tutti apprezzano la musica “colta”. Ma se non è vero, lasciamoli in pace e godiamoci noi appassionati la Vera Musica, è forse un male che altre persona abbiano dei gusti differenti?
        Cordiali Saluti

          • allora non lamentiamoci con quattro gatti che siamo rimasti che futuro può avere l’opera ,compreso la qualità?
            se ci fosse un ritorno di pubblico anche in piena era multimediale ,si riaprirebberò tanti teatri anche quelli piccoli,tanti giovani cantanti possono di nuovo farsi le ossa esperienza e finalmente nei teatri maggiori,possono approdare cantanti come una volta,solo con un ritorno di un grande pubblico si possono riavere dei veri cantanti come qui tanti auspicano,ma il tempo passa il mondo cambia,è queste sono solo teorie senza seguito.

  13. la Netrebko è una cantante dei giorni nostri,e come tutti i cantanti può piacere o meno il mio ragionamento è più di largo respiro,e sinceramente per il futuro come ho già scritto l’opera verrà cantata in modo diverso cominciando a usare i microfoni regolarmente,la Netrebko non ci sarà più come tanti cantanti di adesso che faranno anche pena,ma cantano ancora in modo passabile,ripeto solo con una grande richiesta di domanda ci può essere un ritorno di qualità,e la continuazione dell’opera come deve essere fatta,come ho scritto prima.
    Come fare ritornare la gente in tanti verso l’opera?di certo non i palliattivi che fanno in tv e come dare l’aspirina ai tisici,ma ritornando già alle elementari a studiare musica,e il passato musicale,e mettendo nella coscienza dei bambini prima e degli adulti in seguito l’orgoglio di cosa siamo stati capaci nel campo musicale,fare capire che se nel mondo conoscono un pò di italiano e grazie ai nostri antenati che hanno composto questa musica è non solo essere orgogliosi perche undici pagliacci in mutante e maglietta azzurra tirano quattro calci a una palla
    L’opera deve essere vista come un patrimonio culturale non come uno spettacolo qualsiasi che segue le stagioni temporali,quindi deve avere un futuro non perche a noi quatto gatti piace,l’opera è qualcosa di più grandioso,ma se non si instilla questo concetto gia nei bambini nelle scuole,fino a proseguire nelle scuole superiori tutto quello che si fa è vano,quindi l’opera andrà avanti su una strada di degradazione fino a snaturarsi quandi anni ci vorranno non lo sò,ma siamo sulla buona strada.
    .

    • Il discorso che fai mi convince fino a un certo punto.
      Non necessariamente il numero degli appassionati deve condizionare la qualità degli interpreti. Madonna o Britney Spears (per non citare, che so, le Spice Girls o i Backstreet Boys) hanno avuto o hanno milioni di ammiratori in tutto il mondo, ma non venirmi a dire che sono cantanti di qualità o grandi voci; sono piuttosto personaggi costruiti a tavolino da esperti di marketing che hanno saputo fiutare determinate tendenze. Quello che vale per questi personaggi vale per tanti altri idoli della cultura pop (e mi riferisco sia a gruppi che a solisti), idolatrati da tanta gente ma artisti francamente discutibili.
      Per quanto riguarda la seconda parte del ragionamento: puoi anche avere ragione, ma… ti rendi conto che parlando di patrimonio da tutelare parli dell’opera come qualcosa da mettere sotto una teca di cristallo e da musealizzare? In queste condizioni mi pare che ci sia ben poco da salvare, perché un reperto archeologico e un bene culturale sono morti (quasi) per definizione, e se vuoi far conoscere agli italiani l’opera non c’è bisogno di portarli a teatro: sarà sufficiente fare delle visite guidate alla Scala o al San Carlo trasformati in museo e far vedere video delle rappresentazioni degli anni d’oro… (ovviamente sto esagerando, ma non mi stupirei poi più di tanto se questo un giorno si realizzasse…)

      Quanto poi al concetto del cantante che “può piacere o non piacere” credo che ci siano dei limiti oggettivi a questa giustificazione che non smetti di propinarci…

    • “la Netrebko non ci sarà più come tanti cantanti di adesso che faranno anche pena,ma cantano ancora in modo passabile”
      la Netrebko canta in modo passabile? ma l’hai mai sentita cantare? i suoni gonfi e spinti, i cali d’intonazione, le filature che si spezzano del Don Giovanni ambrosiano ti sembrano indice di un modo di cantare passabile? a me sembrano altrettante spie di una impostura mediatica.

      • la Netrebko attuale è in declino rispetto a qualche anno fa che poi sia un declino per carenze tecniche o di salute non si può sapere,la Netrebko fino al periodo prima della maternità era ben diversa vocalmente,per me è in declino perche ha sbagliato repertorio il bel canto non era per lei,e adesso paga le conseguenze acuite dai problemi di respirazione

        • Il declino è tecnico, le carenze sono state sempre marcatissime anche anni fa, solo che adesso la voce è logora e quindi sono più evidenti. Inutile tentare ancora di difenderla a dispetto dell’ evidenza, ha sempre cantato male e studiato poco, tutto qua.

        • Traviata di Salisburgo: asma, fiato corto, voce ingolata, emissione ingolfata, timbro fastidioso, dizione impastata, due acuti li prende per miracolo, fraseggio spiritato… oggi quasi 10 anni dopo non solo ha mantenuto tutti i difetti, ma li ha anche ulteriormente amplificati, per non dire approfonditi; vedi Bolena, vedi Giulietta Capuleti, vedi la agghiacciante Donna Anna scaligera etc.
          E come lei, che per quanto mi riguarda E’ UN BLUFF ASSOLUTO, tutti i suoi “passabili” colleghi di disco stanno facendo lo stesso percorso di decomposizione; vedi i recenti “pacchi”

        • La Netrebko semplicemente NON STUDIA, lo si sente da come canta, l’impostazione vocale è approssimativa, la tecnica superficiale e non rispetta le pause, causando tra gli altri effetti anche gli orrendi fiati corti e i respiri alla carlona (caratteristica in comune con la Rancatore), in più affronta anche delle parti (parlare di repertorio non è possibile, dato che ha cantato più o meno tutte le voci femminili di tutto l’universo lirico esistente) totalmente inadatte a lei, anche se francamente non so dove sia un suo “pezzo forte”, dato che non l’ho ancora trovato. Per ora l’unica interpretazione dove la trovo appena decente è UN elisir fatto a Vienna nel 2005, sarà che di fianco a Villanzon faccio la figura della Callas pure io…

  14. ho scritto che l’opera è un patrimonio culturale non un reperto archeologico da ingessare,l’opera è un genere morto a livello di evoluzione compositiva,ma ben viva nella esecuzione,riguardo alle Spice Girls ,e simili non fare confusione possono anche essere brave,perche anche nella musica leggere ci va tecnica canora,ma non di certo paragonabile a un cantante lirico al quale farebbe molto comodo esibirsi su palchi minori cantando intere opere come una volta,quando ve n’ erano tant, perche ogni citta piccola grande aveva il suo teatro d’opera,e quindi oltre alla teoria poteva fare esperienza e formazione,e i piu bravi avevano accesso ai grandi teatri,ecco perche una grande domanda farebbe aumentare la qualità,ci sarebberò anche piu giovani a intranprendere la carriera magari anche più bravi e talentuosi…hai visto quel pagliaccio all’arena nel programma della Clerici faceva due note per traverso qualche mossa e le ragazze davano di matto,invece di essere invidiose della bella voce di quella ragazza che ha cantato l’aria della figlia del reggimento,questo accade perche nelle scuole viene a mancare un vero studio della musica,e si va al ribasso,comunque anche i primi tempi del betles le ragazzine davano i numeri,poi si è visto che fine ha fatto la formazione.
    L’opera non è moda o una formazione che pass, è un patrimonio.

    • Ho volutamente citato cantanti moderni che non mi sembrano dovere la loro celebrità a particolari doti canore; ovvio che esistono anche grandi cantanti di successo dalle indubbie capacità.

      I piccoli teatri mi pare che esistano ancora, mai sentito parlare delle stagioni di Jesi o Fermo?

      Quanto al patrimonio culturale, esso non sempre è vivo e vegeto…

  15. i piccoli teatri che ci sono adesso sono ben poca cosa rispetto una volta,il patrimonio culturale di qualsiai tipo deve essere salvaguardato se si vuole conservare una memoria storica di una nazione,l’opera in Italia ha avuto molte sovvenzioni in passato nome di questo principio..purtroppo siamo in Italia,e tanti soldi sono stati buttati via nei vari rivoli di clentelismo

    • Ma salvare un patrimonio, come tu dici, non necessariamente significa tenerlo in vita tramite accanimento terapeutico (ché di questo ormai si tratta…). Salvare un patrimonio inoltre dovrebbe significare non snaturarlo, e certe pratiche canore e registiche odierne (per non parlare dell’uso dei microfoni da te ipotizzato) sarebbe in po’ come far passare un’autostrada sul ponte di Rialto o nel piazzale degli Uffizi…

      • infatti Nicola l’ho gia detto prima che l’opera stà andando incontro al degrado,è solo questione di tempo
        Accanimento teraupetico per mantenere in vita questo patrimonio perche no? con tanti soldi buttati via in altri settori,e non voglio fare nomi,val bene spendere dei soldi perche si conservi,guarda io sono convinto che se alla gente si offre il bel canto,l’accetta perche l’italiano per natura piaccione le belle voci e linee melodiche,certo che finche comandano gli sponsor che inseguono le mode.

  16. pasquale pecca innanzi di provincialismo, perchè considera solo la situazione italiana. All’ estero (e non solo in Germania, mi affretto a precisare, altrimenti piomba qui Marco ad accusarmi di germanofila latente…) la situazione è totalmente diversa. Fatevi un giro a Londra, a Parigi, a Berlino, a Vienna e ve ne renderete conto. I motivi? Elevato numero di repliche, allestimenti tenuti in repertorio per anni e non gettati via dopo poche recite (io a Vienna qualche anno fa ho visto i meravigliosi Meistersinger di Thielemann in una produzione datata 1982, che nessuno si sogna neanche lontanamente di sostituire) e gestione dei biglietti sana e trasparente. A Zurigo si può comprare il biglietto per e mail, pagarlo in due minuti e stamparselo a casa. A me personalmente non interessano i grandi numeri, anche perchè le adunate oceaniche mi evocano ricordi sinistri. Quello che serve urgentemente è formare un pubblico competente e critico, e le proposte di Misterpapageno mi trovano pienamente d’ accordo.

    • Esatto, e non solo riempire i teatri, del tipo “vengan danari, al resto son qua io”, perchè la lirica non si salva solo con i soldi (peraltro non vedo che colpa avrebbero i molti cittadini a non considerare la lirica, quando tagliando anche solo la metà dei politici riapriamo i teatri di mezza Italia, vabbè), ma ci vuole anche e sopratutto un pubblico competente, perchè, lo ripeto, la qualità degli interpreti si fa con magari meno pubblico ma più competente, e non con orde di persone “costrette” a farsi piacere un genere.
      Cordiali Saluti.

      • stefix mediamente il pubblico che segue l’opera a differenza della sinfonica,è piu per un pubblico ..alla buona,è cosi deve essere l’opera è recitazione emozione partecipazione,la competenza in senso stretto della parola la devono avere i melomani “razza strana” (faccina sorridente) che vanno al teatro col bilancino(faccina ridente)
        diverso il pubblico della sinfonica che è sempre stato considerato “colto”

        • Pasquale, mio odierai, ma ti prego di non pensare che ce l’ho solo con te, ma non attaccarti agli specchi, per favore! certi discorsi sull’emozione, sulla partecipazione etc etc (che poi una cosa brutta come la Bartoli riesca ad emozionare qualcuno rimane un mistero, perchè si spero che l’emozione sia associata a qualcosa di positivo) non farli, perchè l’arte ha si la parte emotiva, soggettiva, ma con una solida ed incontestabile base tecnica che invece è molto oggettiva, e se questi requisiti non ci sono io non mi emoziono. Non è vero altresì che il pubblico dell’opera viene considerato “alla buona” e quella della sinfonica “colto”, perchè è un discorso troppo generale, e poi uno che ascolta tutti e due i generi (cosa assai comune) cos’è? colto ma anche un po’ alla buona? Mi sembra che dalle tue parole traspaia il riassunto “eh, beh, che ci volete fare, il pubblico è così, adattiamoci anche noi”. Mi sbaglio forse, ma se così intendevi io non lo farò, per il semplice fatto che per me quella non è musica, non è la passione che ho da più di trent’anni.
          Cordiali Saluti

          • che sia alla “buona” non è come puoi credere una cosa negativa ..anzi proprio perche è alla buona è facile all’entusiasmo se cantano bene,come sono capaci di riempire il palco di verdura o (è successo)fare arrivare in testa al macapitato cantante un gatto morto
            almeno questo capitava quando l’opera era veramente popolare,e il pubblico di certo non erano campioni di competenza in senso stretto..quindi alla buona relativamente,il pubblico che ascolta musica sinfonica ha un diverso approccio,e anche piu compentenza

    • mozart difatti io parlavo in linea di massima sulla situazione italiana,all”estero è diverso per fortuna,un paio di volte qui o in altre parti ho scritto “per fortuna che ci penseranno all’estero a perservarci,e conservarci il nostro patrimonio musicale”

  17. Caro Gianguido, non te la prendere, sai che ti sono amico. Ma io per te non parlerei di germanofilia latente; per altro anch’io sono un assoluto germanofilo. Ti vedrei piuttosto come un esempio di misoitalianità, da cui discende tutto il resto. Come Vittorio Alfieri scrisse il “Misogallo”, così tu potresti scrivere il “Misoitaliano”. Ma non parliamo più di questo. Per quanto riguarda la crisi dell’opera e del canto. Penso che il dato da cui partire sia un dato generale. Noi viviamo in un mondo che esige da tutti la più assoluta competenza tecnica. Con conseguenze anche spiacevoli e gravi. Un aumento smisurato della produttività culturale (io solo di questo posso parlare), il quale sfocia il più delle volte in prodotti tanto tecnicamente irreprensibili quanto vuoti di contenuto interessante. L’articolo del ragazzino fa impressione per dottrina e ricchezza di riferimenti; ma è raro che dica qualcosa. I giovani concertisti sfoggiano tecnica irreprensibile, anche se ciò che comunicano non è certo il massimo. Le orchestre suonano in media (lo so, lo so che quella della Scala è pessima) di gran lunga meglio di quanto succedeva cinquanta o settanta anni fa. Il mondo dell’opera però è diverso. Perché qui le scuole o il sistema delle agenzie falliscono, visto che da altre parti danno risultati (professionali o tecnici; solo di questo voglio parlare) certo buoni? Perché siete voi stessi a dire che nessun pianista o violinista di un certo livello ha la tecnica mediocre di una cantante celebre come la Netrebko. Può essere che non esistano più i buoni maestri. Può darsi che le agenzie imperversino, producendo sconquassi. Può darsi che i buoni elementi siano nascosti e che si scritturino nei grandi teatri soltanto le schiappe. Può darsi che le Accademie non funzionino. Può darsi che i registi prevarichino. Oppure (secondo me più credibilmente) può darsi che siano in atto tendenze culturali profonde, le quali hanno spodestato il canto dal ruolo centrale che ha nell’opera, portando l’elemento spettacolare e registico sempre più in primo piano (l'”opera d’arte totale” wagneriana ha forse qualche responsabilità in questo). Può darsi che l’equilibrio dei fattori di cui si compone l’opera si stia lentamente spostando. Oppure è soltanto un periodo negativo, cui non corrisponde alcuna tendenza e che non richiede spiegazioni particolari. Sia chiaro che Io non do giudizi su questo processo. Certo la discrepanza fra il mondo dell’opera e tutto il resto, quanto a competenza tecnica e professionalità, fa impressione ed è difficile spiegarla solo con carenze dell’insegnamento e dell’organizzazione. Con il corollario di un risultato curioso. Gli altri rami della musica e, più in generale, della produzione intellettuale presentano una significativa dicotomia fra sapienza tecnica e profondità interpretativa. La prima è una premessa della seconda, ma la seconda può tranquillamente non venire. Nel canto no; sembra che la sapienza tecnica sia per ciò stesso interpretazione. Non sempre, naturalmente. Ma lo spazio per una distinzione è molto sottile, molto più sottile di Falstaff quando era paggio del Duca di Norfolk.
    Marco Ninci

    • Finalmente un commento leggibile e ben impostato, da cui si può imbastire una discussione ordinata…

      Trovo del tutto fuori luogo l’accostamento che tu fai tra canto o più in generale musica ed il campo della produzione intellettuale. Il musicista è un artista non un intellettuale. Deve studiare molto, certo, ma è un lavoro pratico, più simile all’allenamento dello sportivo, o all’esercizio dell’artigiano, che alle speculazioni teoriche dello studioso. Il musicista può avere anche una cultura scarsissima, l’erudizione non è condizione strettamente necessaria per fare buona musica, anzi la cultura e l’intelligenza talora possono diventare un serio ostacolo, se inibiscono la schiettezza, la semplicità, la naturalezza… Montale diceva che gli intellettuali non dovrebbero fare i cantanti. Non voglio dire che il far musica sia un fatto puramente meccanico, materiale, atletico, dico invece che è stato sempre un fatto istintivo, una questione di senso, di talento, innanzitutto. Non erano certo persone sofisticate cantanti come Rubini, Marconi, Tamagno, Caruso, Di Stefano, Pavarotti…

      Ora, la causa prima della decadenza del canto, nonché della parallela – checché se ne dica – decadenza nel campo strumentale (non strettamente “tecnica”, ve ne do atto, ma musicale senz’altro) e direttoriale (qui invece non mi si dica che i direttori oggi hanno tecnica sopraffina, taccio poi della musicalità), è il venir meno della sincerità e schiettezza di personalità che caratterizzava invece gli artisti del passato, vissuti quando il disco – tomba della musica – non aveva ancora sclerotizzato il mondo musicale mediante la cristallizzazione di esempi divenuti poi archetipi obbligati, oggetto di confronto diretto, cui non si può prescindere. Non è un caso, per esempio, che i cantanti migliori del teatro lirico moderno siano stati i fautori della c.d. “belcanto renaissance”, cantanti che riportarono in vita un repertorio dimenticato senza poter delegare nessuna scelta alla tradizione di stereotipi e luoghi comuni documentata dai dischi, trattandosi per l’appunto di un repertorio scomparso ben prima dell’avvento dell’era discografica. Poi, dopo questa prima generazione vergine di belcantisti moderni, cantanti VERI in quanto personalità autentiche, e non sbiadite imitazioni, si è avviata e si sta consumando oggi una progressiva fase di putrefazione artistica, analoga a quella che aveva prima interessato i repertori più tradizionali, dovuta all’imitazione – inevitabilmente nei soli difetti, in quanto solo i difetti o comunque gli accidenti superficiali sono suscettibili di imitazione – di quei primi pionieri documentati dalle registrazioni. Ed ecco quindi i mezzosoprani emuli della Horne, con la voce costruita ed i gravi pompati, ecco i bassi che vorrebbero cantare come Ramey ma non fanno che riprodurne solo l’aspetto più esteriore ossia quello timbrico, ecco i tenori che imitano le nasalità di un Kraus, soprani che vogliono fare le nuove Callas, ecc… e nessuno sa più cantare con la propria vera voce, senza complessi di natura imitativa.

      Insomma, il disco ha trasformato la lirica in uno spettacolo caricaturale, fatto di imitatori che riproducono stereotipi. Ci sono direttori d’orchestra che neanche si vergognano ad ammettere nelle interviste di studiare le partiture sui dischi!!!

      E questa è la prima causa della decadenza musicale… poi c’è una seconda causa, più specifica del canto, che riguarda la sua tecnica, me ne scriverò più tardi se avrò tempo.

  18. invece io vorrei prendere ad esempio Papageno dove non si è limitato a ripetere le stesse cose ma ha messo in pratica nero su bianco dei punti dove lui ritiene si possa correggere il sistema che vige attualmente,punti che possono essere piu o meno condivisibili,ma non si limitano alle sole parole ma a proposte concrete,e non teoriche,anzi se un direttore di azienda li legge potrebbe anche farci un pensierino e prenderlo come collaboratore.

  19. Caro Mancini, ti ringrazio della tua risposta. Ma tu dici esattamente quanto dico io. Soltanto in prospettive diverse. Quando tu affermi che un musicista o, in generale, un artista è diverso dall’intellettuale, ti riferisci proprio all’intellettuale che va per la maggiore oggi, tanto produttivo e ferrato quanto vuoto. E che non mi piace affatto. La vera ricerca invece esige un tasso di creatività altissimo; ed è molto affine all’arte.
    Marco Ninci

    • Beh, prima di risolvere un problema bisogna perlomeno diagnosticarne le cause, altrimenti si curano solo i sintomi, non trovi? E comunque dalla decadenza non si esce, perché le sue cause sono radicate nella struttura della società, sono tutt’uno con il suo sistema di valori viziati. Ho già detto altre volte che l’uomo dei nostri tempi non è compatibile con l’arte.

  20. Mancini tu non credi che anche l’arte ha una sua evoluzione?
    poi decandenza anche nel medioevo c’è stata tanta decadenza e oscurantismo,eppure dopo c’è stato il rinascimento,io non penso che attualmente ci sia atto una decadenza,semplicemente un evoluzione accelerata dal progresso tecnologico che ci fatto compiere in pochi anni passi impensabili,e contemporaneamente ha cambiato anche il modo di intendere l’arte,rimanendo nell’ambito musicale con la nascita ed evoluzione di tanti generi musicali io non direi che siamo in decadenza tutt’altro,a volte io parlerei piu di nostalgia di un qualcosa che adesso non più o non si fa come si vorrebbe,poi perche ai nostri giorni l’arte non può essere compatibile,è cambiato forse il modo i gusti,ma in fin dei conti gli artisti ci sono sempre ,artisti che possono essere intellettuali che insieme al cervello usano molto il cuore la creativita in fin dei conti cos’è? è un misto di ingegno di originalita capacita tanta fantasia non mettersi dei palletti interiori ecc insomma artisti si nasce.Io sono convinto nonostante tutto che l’arte è sempre compatibile sia nell’uomo di oggi che per quello del domani.

  21. poi hai scritto”E comunque dalla decadenza non si esce, perché le sue cause sono radicate nella struttura della società, sono tutt’uno con il suo sistema viziato”

    ma Mancini, ma nei secoli passati forse i sistemi erano virtuosi?

  22. Bravo Mukeria! Bella voce! Peccato che questo Don Pasquale sia stato “accorciato” in più punti. Non solo la cabaletta di Ernesto, ma anche in altri punti le forbici hanno agito impietose.
    Pertusi ha qualche anno sulle spalle ma come attore è molto sciolto. Non condivido il giudizio sulla Yende, che vocalmente è perfettibile ma dal punto di vista attoriale secondo me è assai spigliata. Penn senza infamia e senza lode.
    Non condivido affatto il giudizio dato sulla regia dato che secondo me è stato uno degli spettacoli più belli di quest’anno. A parte il fatto che la casa stile Tudor poco c’entrava con Roma, dove si svolge il Don Pasquale (ma, in fondo, è una licenza passabile in confronto a ben altro tipo di allestimento), l’ ho trovato uno spettacolo fresco, frizzante e soprattutto con “i mobili al loro posto”: una volta tanto i letti erano messi nelle camere e non nei boschi, nelle chiese o semplicemente galleggianti nel nulla come invece di recente si è visto. Carina l’idea di far svolgere l’azione tra le mura domestiche, come una vera “commedia borghese”, e poi rendere la scena del giardino ai piedi della struttura.

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