Due premesse per riflettere sul Don Pasquale, andato in scena ieri sera alla Scala quale spettacolo dell’Accademia.
Premessa prima: di Accademia ieri sera ce n’era ben poca, atteso che Michele Pertusi e Celso Albelo sono cantanti da tempo in carriera ed il primo prossimo al capolinea della medesima, Pretty Yende canta già in altri teatri come Cristian Senn. E’vero, orchestra dell’Accademia, ma direttore in carriera e spettacolo ben rodato di J. Miller proveniente da Firenze, piacevole e tradizionale ad onta di qualche confusione nell’occupazione dei locali della casa di Don Pasquale tra il proprietario e Norina che ricordano le forzate sublocazioni dell’Italia postbellica.
Premessa seconda e non nuova in questo sito: Don Pasquale venne pensato per quattro fuoriclasse dediti all’opera seria, ed almeno sino agli anni ’20 del secolo passato venne riservato a siffatti artisti. Basta, per sincerarsene, ascoltare le registrazioni dei primordi del disco. Poi Don Pasquale, salvo qualche eccezione, è caduto nella farsa e ci siamo dimenticati le peculiarità del capolavoro donizettiano, sia sotto il profilo vocale che interpretativo. A questa deviata tradizione non è venuto meno lo spettacolo scaligero.
Diamo l’assoluzione ad un ‘orchestra dal suono piatto -enunciazione del tema della serenata affidato al violoncello o quello di Norina affidato ai violini- pesante e chiassosa alla stretta della sinfonia, al finale primo ed al coro dei servitori al terzo atto. Ma questa assoluzione, forse, è un errore, perché scusare e perdonare non serve a limitare gli errori ma ad accrescerli. Come nel caso della protagonista, Pretty Yende, che ha urgente bisogno di rimetter a posto la propria organizzazione vocale. Il colore è da soprano leggero, senza però acuti ed agilità che del soprano leggero sono la prerogativa. A riprova basta considerare che la cantante non è in grado di emettere come è scritto il do5 delle battute di conducimento della cavatina, costretta a ricorrere all’escamotage della scaletta. Gli acuti tutti suonano spinti e gridati, il centro , invece, aperto e soprattutto schiacciato; l’esecuzione dei passi di agilità di cui la parte abbonda suonano sempre difficili, e le cose no vanno meglio nei passi spianati come l’entrata di Norina al finale primo o il famoso “ La lezione è un po’ duretta” che segue il famoso schiaffo. In generale si ha l’impressione che la voce non sia sotto controllo, tanto che dopo il primo atto il suono è apparso svuotato e sfibrato, soprattutto il fiato corto ed il legato compromesso. Che il personaggio sia, comunque, elegante e che l’esecuzione dell’agilità come dei passi spianati la sigla più autentica di una parte scritta per Giulia Grisi sfugge completamente alla cantante. Allo stato la cantante potrebbe proficuamente realizzare soltanto le parti di servetta del settecento, quelle con cui cadetti della Scala di nome Ilva Ligabue e Fiorenza Cossotto vennero allenate per anni e non certo le parti di grande primadonna del primo Ottocento di cui Norina è la messa in burla.
Quanto ai cantanti in carriera Michele Pertusi è arrivato al capolinea. E’ pur vero che Luigi Lablache, rimo Don Pasquale versasse nelle medesime condizioni, ma qui manca l’ampiezza vocale che servono a rendere il dramma del vecchio celibatario, sposo per ripicca e mancano anche la capacità di veloce e sonoro sillabato che connotavano le ultime prestazioni scaligere di Sesto Bruscantini. Almeno Michele Pertusi ha la scusante della lunga carriera alle spalle, mentre Celso Albelo, di giovane età e carriera, non và oltre la smaccata imitazione di Kraus, evidente soprattutto nella chiusura della vocale E senza, peraltro, le risorse coloristiche ed espressive del modello. Particolarmente piatta l’esecuzione della grande aria di apertura del II atto, staccata ad un tempo velocissimo, attese le difficoltà di scrittura del passo. La voce non è particolarmente sonora, né tantomeno di grande ampiezza, perché, credo, guardando il cantante, che manchi l’autentico sostegno del fiato che consente, anche a voci piccole in natura, di espandersi oltre che la varietà di accento e colori. Tralascio che il re 4 aggiunto alla chiusa della cabaletta fosse spinto ed acido come pure il do diesis della serenata.
Da ultimo Cristian Senn che non riesce neppure ad emetter il fa acuto della cadenza del “Bella siccome un angelo”, ingolato, privo di qualsivoglia legato e con le agilità neppure scolastiche sia nel duetto con Norina ( parodia dei duetti tragici della coppia Grisi- Tamburini ) che nel finale primo.
Per essere chiari, qui non è sbagliato il titolo perché troppo difficile perché scritto per fuoriclasse, ma l’intera impostazione dell’Accademia.
31 pensieri su “Don Pasquale accademico alla Scala”
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C’ero anche io ieri sera.
Che noia, che noia di spettacolo! l’ultimo ricordo del Don Pasquale scaligero che ho è quello del 94 con Muti. Cast non eccelso, vero, ma questo, signori, per carità! a parte che tutto sto gran pubblico che ci si aspettava poi non è arrivato: ero in platea, circondato da giovanetti urlanti (probabilmente dei fans club, ancor più probabilmente invitati con Facebook). Concordo nel dire che di Accademia non c’era un bel niente, dato che TUTTA la compagnia ne era uscita da almeno tre anni. E poi che barba, sempre gli stessi nomi! Forse i veri studenti sono quelli dei secondi e terzi cast….ma che senso ha tutto ciò? Bene, ora all’opera:
Pretty Yende (ripetendo, che barba!): non mi è mai piaciuta, e ier sera ha dato prova delle sue enormi carenze vocali….la cavatina l’ho trovata penosa. Stride, la ragazza negli acuti e va in cantina nei bassi.
Albelo pretende, pretende, ma fa solo brutte figure….inascoltabile…e pensare che me ne avevano parlato anche bene!
Senn a mio avviso è stato il migliore (e con ciò si intende appena decente) della serata. Esecuzione assolutamente altalenante, con qualche incertezza ma direi che almeno lui non si è osinato a strafare, risparmiandosi (e risparmiandoci) figuracce che sicuramente avrebbe potuto fare.
Nonno Michele (non è un formaggio, si tratta di Pertusi), presenza ormai fissa negli spettacoli accademici, è il perfetto esempio del declino che un cantante può subire (o, in alcuni casi, volere): ormai la voce è andata, non regge più di mezzo atto (già nel “per carità dottore” ha dato brutti segni, per poi cadere definitivamente).
Mazzola. Lo ri-ripeto, che noia! direzione letteralmente scoordinata, soporifera, brutta, caotica, niente a che vedere con l’eleganza e la raffinatezza dell’ultima bacchetta che diresse Don Pasquale alla Scala (Muti).
Regia. Conoscevo l’allestimento, e, preso così, non mi era sembrato tanto male. Ora ci ripenso: regia banale, piena di clichè orma triti e ritriti che non fanno ridere più nessuno (a parte i fans, ovviamente).
Insomma serata da dimenticare. Sono ormai 7 anni di fila che assisto alle prime degli spettacoli accademici (eh, si, il masochismo arde in me). Ne ho trovato uno decente: Il così fan tutte del 2007. Tutte le altre sono state immani porcherie.
Credo proprio che La Scala di seta, proposta per la prossima stagione, me la perderò, già dalla foto dell’allestimento non promette bene, e il cast sarà sempre il solito: Pertusi, Yende, Tornatore, Polinelli etc etc etc…..CHE BARBA!
dissento su senn, che per me era decisamente il peggiore. E anche su albelo: lo trovo ascoltabilissimo, elegante, non sforza mai e non sale sulla i ragliando per puntare il suono. +’ che non c’è espansione della voce, resta lontana, sul palco. Non è in grado di reggere un ensemble in un teatro medio grande. Ma lo preferisco assolutamente a florez, di cui non ha i ragli nè la maiera affettata. Certo, è un tenore da sentire in una stanza……..manca il fiato……peccato
manca il fiato … hai detto niente 😀
Vedi giulia, forse (anzi, quasi sicuramente) hai ragione, però scusa, a me un cantante a cui manca la voce non può piacere! mentre su senn condivido la tua contestazione, non è stato così bravo.
Cordiali Saluti.
chiedo scusa, manca il fiato.
Beh, non che Florez abbia più voce di Albelo eh… Son d’accordo anch’io che Albelo sia preferibile. L’ho sentito dal vivo una sola volta nei Pagliacci di Harding, la voce per quel che si sente oggi in giro è una normalissima voce leggera, non certo un prodigio di proiezione ma non c’è di che stupirsi visti i tempi che corrono, e canta in modo più che accettabile, l’unica cosa che davvero mi infastidisce da ciò che mi è capitato di sentire su youtube è l’abuso di sopracuti… in genere brutte note, molto spinte e strette. Certo Ernesto, che non ho sentito, è ben altra impresa rispetto ad Arlecchino! Ma in giro si sente ben di peggio.
Anche io c’ero e sono d’accordo con Giulia: Senn è stato il peggiore per distacco (poco controllo, nessuna morbidezza, voce squadernata senza alcun criterio). Anche su Albelo concordo – dalla platea, però, la voce era molto più sonora. Di Pertusi critico la mancanza di malinconia e l’eccessiva seriosità, mentre la Yende era proprio inadeguata.
Il direttore mi è piaciuto (per quel che riguarda le scelte dei tempi e le sonorità), teneva bene buca e palco…certo che con un’orchestra ingiudicabile – come quella dell’accademia – si può far poco o nulla (non ha senso, Stefix, paragonarlo con Muti…si tratta di orchestre diverse): mi auguro che la tromba solista sia stata invitata a cambiar mestiere…
L’allestimento mi è piaciuto: funzionale, piacevolissimo e intelligente (salvo l’ultima scena, “tirata via” senza tanti sforzi…)…anche qui, Stefix, mi chiedo cosa non andasse bene….
Va beh, Duprez, ognuno ha i propri gusti, non credi? a che mi servirebbe sparare a zero sul Don Pasquale Accademico, mi diverto??? ( anzi, mi pare che non ce ne sia bisogno). L’allestimento ho detto che non lo avevo trovato male, quando lo vidi un po’ di anni fa. Ora mi sembrava un po’ noioso, e mal coordinato nell’organizzazione, ma evidentemente sono stupido io che non capisco, e dico sul serio, non è cinismo o sarcasmo. Non ho detto, in ogni caso, che faceva schifo.
Ho citato Muti perchè mi era piaciuto molto nell’opera, figurati se mi metto a paragonare l’attuale orchestra dell’Accademia diretta da Mazzola con la di allora orchestra scaligera diretta da Muti, mica son pazzo. E neanche Muti mi aspettavo, ieri sera.
Spero di aver chiarito i tuoi dubbi,
Cordiali Saluti.
se qualcuno mi potesse correggere nella frase “ognuno HA I propri gusti” mi fareste un gran favore, chiedo scusa per l’errore di battitura.
Guarda che sfondi una porta aperta su Muti e l’orchestra di allora…dico solo che l’orchestra dell’accademia è veramente un’altra cosa..ed è di una modestia tale che non credo abbia neppure senso parlare di interpretazione orchestrale…se il direttore è riuscito a tenerli, già ha fatto un miracolo! Muti, poi, col Don Pasquale raggiunge una delle sue migliori interpretazioni di sempre…quindi non c’è storia in partenza: da una parte c’è, probabilmente, la migliore direzione della discografia (per distacco), dall’altra un saggio di fine anno…aggiungi che Mazzola è direttore di mestiere (ma non certo interprete sopraffino) e il “gioco è fatto”!
Sulla messinscena…non voglio far polemica – e i gusti sono gusti, ci manca – però non comprendo cosa avesse di sbagliato o di volgare…certo tolta la scena finale (davvero una caduta di stile). Poi c’è da dire che gli interpreti erano scenicamente molto impacciati…però l’insieme l’ho trovato assai gradevole…di gusto tradizionale, senza guitterie ed eccessi e con un sapiente gioco di controscene.
Ecco, forse ha reso un po’ più brutta la messinscena l’impacciatezza degli interpreti, ripensandoci potrebbe essere questo.
Concordo in pieno per quanto riguarda il cast , ma non capisco il tuo , invito alla tromba di cambiar mestiere , ho trovato il solo di piacevole interpretazione ,nonché di intonazione , di piacevole stile mediterraneo , l unica cosa che non tollero e’ l aggiunta di quel gruppetto sul finale del solo … Non presente in partitura tral altro . Cosa ne pensate ?
Io ho trovato quel solo di intonazione imbarazzante…così come gli inserti concertanti all’interno dell’aria.
Sul gruppetto, no so che dire, non ricordo, ma se c’è stato – e non ne dubito – concordo: sarebbe aggiunta inutile e sgradevole, dato che già il brano è fornito di abbellimenti dove li voleva Donizetti (compreso un gruppetto in altra posizione)…la regola che andrebbe seguita è che non si può aggiungere ovunque: se l’autore prevede certi abbellimenti in alcuni punti e non in altri, significa che li voleva SOLO lì…la partitura non è un canovaccio (altrimenti si arriva alla follia di Jacobs che aggiunge abbellimenti all’Orfeo ed Euridice di Gluck, nonostante l’autore li vietasse espressamente, poiché contrari alla sua “riforma”)
per cantare DON PASQUALE non è necessario avere una grande voce, ma è assolutamente idispensabile essere un artista vero. Saper cantare la parola. Pertusi non ha mai avuto queste doti. Il resto dello spettacolo è stato mediocre fin al punto di diventare noioso. E’ la Scala di oggi. Accontentarci? Io NO.
Verissimo…ma il “cantare sulla parola” è ormai dote rarissima. E’ un equilibrio difficile che soffre sia “l’eccesso di tecnica” (sotto forma di tecnicismo) sia la sua assenza… Se si pensa solo a “cantare” il risultato è falso, artificioso (come Pertusi). Se la si butta in farsa e scemenze, il risultato è volgare. Purtroppo di Bruscantini ce n’è stato uno solo!
Ps: fare un Don Pasquale “noioso” (e questo lo era tanto) è impresa veramente difficile…evidentemente è uno dei “primati” della gestione Lissner!
due commenti necessari.
1.
Orchestra: Muti ne aveva un’altra. sbagliato. l’orchestra la fa il direttore. e Muti sa sia dirigere che ottenere disciplina da un’orchestra. il fatto che esistano solo pessimi direttori e non pessime orchestre è dimostrato non appena la bacchetta si trova in mano a qualcuno che sa il fatto suo. la scala, inoltre, paga il prezzo di non avere un vero direttore musicale.$
2.
Muti in Don Pasquale. è vero, la direzione era spettacolare. ma ricordate il cast ? con furlanetto che era il contrario – in termini di dizione, di scioltezza, di sottigliezza di fraseggio – di ciò che la parte prescrive. ed il tenore (non ricordo ora bene, forse Kelly ?) ? e la Focile con la sua voce esile esile appoggiata sul nulla ? la direzione sarà stata grande ma lo spettacolo, per l’inconsistenza del cast, era – come tanti altri di muti – mediocre.
cari saluti a tutti.
perfettamente d’accordo infatti la serata fini commentata e fischiata. non che il don pasquale dell’accademia meriti per il momento trattamento differente.
sarebbe interessante sapere quali vantaggi economico fiscali abbia la scelta di proporre questi Spettacoli dell’accademia…….
ciao dd
Mi ricordo quella serata. E grazie ai fischi e ai “commenti” di quella sera si istituirono le “ronde” in galleria onde evitare fischi al “maestro”.
Non vedrò questo spettacolo e non commento, però da quello che leggo è come me lo sarei immaginato.
e grazie alle ronde del maestro e gentile consorte , all’istituzione della Guardia Civil o meglio dell’accordo siamo ridotti come siamo… fra unpo’ come sulle galere (anzi come la bagno penale di Tolone) il pubblico sarà pungolato ad applaudire…
E come al solito si coglie l’occasione per attaccare Muti: anche quando non c’entra nulla (a proposito: quando finirà la quotidiana novena?), anche quando ci si riferisce all’orchestra E BASTA (di quello si parlava, non dei cast), anche quando si ha sotto gli occhi l’odierno stato di sbando… Bene, a tutti dico “ben vi sta” …beatevi del nuovo corso, e applauditevi Albelo o Senn quando prima stortavate il naso con Kraus…
Gregory Kunde e Vicente Ombuena si alternavano nel ruolo di Ernesto 😉
Sergiu: esistono cattivi direttori e cattive orchestre…sono convinto che da compagini “scalcagnate” non riesci a trarre molto di buono…prendi l’oscena orchestra del Met degli anni d’oro…pur se diretta da grandi bacchette il risultato rimaneva mediocre. Non voglio difendere Mazzola – che non è certo un grande direttore – ma davvero con l’orchestra dell’accademia c’è ben poco da fare…salvo sperare in miracoli che, puntualmente, non capitano mai (salvo nelle menti dei fedeli).
Caro Sergiu,
infatti io non ho mica detto “ah, quella si che fu una serata memorabile, una rappresentazione modello”…nel turno di abbonamento dove andavo io ci fu una freddezza che si tagliava col coltello, per il cast, sicuramente non all’altezza. Io dicevo semplicemente che nel Don Pasquale Muti è davvero bravissimo. Secondo, no, secondo me non è vero. Esiste orchestra e orchestra. Vuoi forse dirmi che l’orchestra dell’Accademia eguaglierebbe i Berliner Philarmoniker se fosse diretta dal loro direttore stabile? secondo me ciò è impossibile. L’orchestra dell’Accademia ha un livello veramente basso, che poi non sia favorita dalla scelta dei direttori (mi pare che alla Scala sia cosa comune anche per l’orchestra principale) è verissimo.
Cordiali Saluti.
cast di muti terrificante, kunde incluso. Vero e sacrosanto, sergiu
Quel che di Kunde si ascolta sul tubo (di quella produzione) non mi pare certo terrificante (se poi lo si paragona ad altro…)…e comunque RIBADISCO, mi riferivo alla direzione di Muti, non al suo cast.
E poi, intendiamoci, Don Pasquale è uno dei capolavori assoluti dell’opera italiana: un miracolo di equilibrio tra musica e testo, una commedia malinconica di perfezione mozartiana che richiede, ANZI pretende un grande direttore che sappia rendere (e cogliere) le mille sfumature del tessuto orchestrale (raffinatissimo) con i suoi impasti e suggestioni e un cast che non solo deve cantare benissimo (e con naturalezza e semplicità) una scrittura “diabolica” ideata per i più grandi cantanti dell’epoca, ma deve interpretare ciò che canta, ancora meglio… Tutto questo non può e non deve essere ridotto a saggio d’accademia, a spettacolo di scuola (perché non dedicare i corsi e il saggio finale a qualche titolo pescato tra la marea di operine – piacevoli, ancorché banali nella maggior parte dei casi, ma assai meno impegnative – che affollano i cataloghi dei Cimarosa, Paisiello, Galuppi o Piccinni). Già il solo fatto che un’opera come Don Pasquale venga ripescata – dopo 18 anni d’assenza – e relegata a spettacolino di serie B la dice lunga sulle capacità culturali dell’odierna gestione scaligera… E’ il punto di non ritorno…detto questo è superfluo parlare dello spettacolo, dei cantanti, dell’orchestra e confrontarlo con altri precedenti…se la radice è marcia, la pianta non può che essere malata.
Caro Duprez, dio ti benedica! Ne parlavo giusto giusto qualche giorno fa con Misterpapageno via e-mail, si discuteva della decadence che molti teatri (prima fra tutte la Scala) ha riservato a opere meravigliose, destinandole al solo uso per spettacolini accademici di basso livello. le regine di questa categoria sono le meravigliose partiture del Rossini e Donizetti comico; infatti mi ricordo che ai miei tempi (non lontani, anche se ormai sembrano secoli) in una stagione di un teatro serio c’erano almeno 3 produzioni di questi due compositori (Rossini sopratutto) con cast direi eccellenti. Ora queste splendide opere son relegate all’Accademia, in quanto sono le cosiddette “opere leggere”, fan ridere, (parlo come un dirigente scaligero, non di certo come parlerei io), e sono abbastanza corte. In 7 anni di spettacoli Accademici sempre e solo Rossini, Mozart e Donizetti. Tutto ciò lo trovo di una squallidità rara ed è triste pensare che partiture geniali come ad esempio il Don Pasquale, ma anche l’Italiana in Algeri, l’Ascanio in Alba etc etc vegano presentate in modo così disdicevole per il loro valore e eseguite così male. Il tempio della lirica, oltre a consacrare i verdoni dovrebbe occuparsi di gestire meglio le sue stagioni (anche la 12-13 di Verdi e Wagner che noia, sempre gli stessi titoli! E casualmente l’unica opera di Rossini che c’è dove va a finire? nello spettacolo Accademico, tanto Rossini fa ridere…quando sento certe voci che vi si cimentano però a me vien da piangere.
Cordiali Saluti
Sono completamente d’accordo: non voglio e non posso fare una “classifica” di titoli, ma se pure dovessi farla, Don Pasquale non potrebbe che occupare i primissimi posti….considerarla una farsa da allestire nella serie B della stagione è puro sfoggio di ignoranza (e arroganza)…temo che una delle ragioni tu l’abbia ben individuata: e un’opera “da ridere”, quindi “leggera”, quindi “facile” (così immagino, abbiano ragionato). Poi i risultati si vedono. Con Don Pasquale, poi, c’è l’aggravante dei 18 anni (non pochi) di assenza! E dopo ben 18 anni si propone un capolavoro assoluto come saggio di fine anno??? Ma per favore! Ripeto: ci sono tanti altri titoli che potrebbero utilizzare (magari con una politica più intelligente: prezzi drasticamente ridotti e altro periodo dell’anno…tipo settembre/ottobre)! E poi Don Pasquale (o l’Italiana in Algeri o Così fan Tutte) è opera difficilissima….che gusto c’è a mostrare i limiti degli “accademici”??? E’ come il ROF che ogni anno come saggio finale della sua accademia non propone il Signor Bruschino o L’Occasione fa il ladro, ma Il Viaggio a Reims!!!!!
Ps: purtroppo le cose mi vengono in mente a scoppio ritardato…vorrei sottolineare alcune “perle” dal Don Pasquale accademico:
1) l’orrendo acutazzo che Albelo emette al termine della serenata – portandosi, per l’occasione, in scena (con una scenata alla Bonisolli: presentarsi in scena solo per “sparare” l’acuto). A parte la cattiva esecuzione è proprio brutto in sé: non ha senso in quel punto e rovina l’atmosfera notturna e sospesa con un inutile gesto di pura violenza muscolare;
2) il recitativo finale, prima del rondò di Norina, è orribilmente tagliato…in modo da rendere in comprensibile il motivo per cui salta fuori Ernesto e Pasquale acconsente alle sue nozze con l’amata…manca infatti, tutto lo scambio con Sofronia circa l’arrivo di una “nuova sposa” in casa…. Il tutto per guadagnare cosa? 40 secondi??? Taglio stupido e inutile.
3) anche il recitativo prima del duetto Pasquale/Malatesta è drasticamente ridotte (viene omesso il finto risentimento di Malatesta al racconto delle malefatte della sorella).
4) “naturalmente” viene tagliato il da capo della cabaletta di Ernesto, ma Albelo non rinuncia ad una sgradevolissima ed evitabilissima chiusa in acuto interpolata (e mi chiedo il senso di tagliare un pezzo di musica scritta per eseguire un orrore non scritto)…e pure il da capo nel duetto Norina/Malatesta.
Poi sarebbe carino fare gli spettacoli alla Piccola Scala… oops… dimenticato. Una certa gestione di qualche anno fa fece fuori pure quello.
Sorry!
Ma l’archistar che ha curato il restauro pensava solo in grande…tse…e di “piccola” Scala neppure voleva sentir parlare…ha preferito concentrarsi sull’orribile scempio edilizio della torre in cemento che spunta dai profili delle facciate neoclassiche! …se l’avessi fatto a casa mia sarei stato processato per abuso e mi avrebbero fatto demolire l’opera…
buon giorno, sono ormai lontano da milano, peccato, non ho visto questa edizione; don Pasquale è stata la mia prima opera in teatro ( a parte una Aida in arena ) , al Petruzzelli, anni 70, Paolo Montarsolo, da quella sera mi convertii al melodramma, ditemi se è poco, …………