Firenze: Israel in Egypt

La chiusura del 75° Maggio Musicale Fiorentino ha riservato un ultima sorpresa celebrandosi con l’oratorio haendeliano “Israel in Egypt” affidato alle cure del direttore Fabio Biondi, all’orchestra e al coro del MMF ed a sei “esperti” cantanti del repertorio barocco… sei “baroccari” per intenderci.
La sede scelta per ospitare tale evento ha avuto come cornice il nuovo incompiuto teatro, mastodonte architettonico di rara bruttezza, fuori scala sia negli esterni che negli interni, ma che possiede almeno una sala principale degna di questo nome, benissimo disegnata e dall’acustica praticamente perfetta e avvolgente.

Oratorio originariamente diviso in tre parti composto nel 1738, in piena crisi operistica, su libretto (si presume) di Charles Jennens basato sui libri biblici dell’ “Esodo” ed i “Salmi”, fu probabilmente portato in scena assieme al Concerto per Organo in Fa Maggiore nell’Aprile del ’39 al King’s Theather di Londra  (Heymarket).
“Israel in Egypt” non ebbe, vivente il compositore, grande fortuna: venne lodato dalla stampa e dai suoi colleghi, ma il pubblico rimase freddo e a nulla valsero i mutamenti apportati dallo stesso Haendel per rendere più fruibile la partitura, come: la riduzione della composizione in due parti attraverso il taglio dell’intera prima sezione comprendente il grandioso lamento corale sulla morte di Giuseppe (già utilizzato due anni prima come “Funeral Anthem” per la Regina Carolina adattandolo nei versi), facendo perdere all’oratorio l’ouverture, ma guadagnando in concisione; nelle riprese successive Haendel provò ad inserire una nuova ouverture, poi assimilata al “Solomon”, una serie di arie “italiane” tratte da altre opere e nella ripresa del 1756 da altri oratori per ricreare una “parte prima” e onorare le voci di cantanti come Elisabeth Duparc, William Savage, John Beard, Reinhold Thomas e Gustavus Waltz, ma ancora senza alcun risultato.
Dovremo aspettare Felix Mendelssohn-Bartholdy nel 1833 che produrrà una sua riorchestrazione dell’oratorio e unaa serie di recite in Germania per un rilancio dell’oratorio fino alla sua rinascita assoluta attraverso il maestoso concerto al Crystal Palace di Londra nel 1888.

A Firenze Biondi opta per la versione in due parti introdotta dal canto del tenore “Now there arose a new king over Egypt”, ma preferisce principiare con l’ouverture tratta dalla “Deidamia”, ultima opera haendeliana del 1741 (a volte come introduzione viene usata quella del “Lamento” originario anche se è più facile imbattersi nell’ouverture destinata al “Solomon”).
Biondi non usa strumenti originali, e lo ringrazio di questo, risparmiandoci quell’orrido crogiolo di cigolii, fissità, secchezze armoniche, stonature di dolorosa intensità, rumori onomatopeici e tutto l’armamentario tipico di questo genere di orchestre; si concede il lusso di suonare le parti soliste dedicate al violino; riduce fortemente l’orchestra sfoltendo archi, fiati e ottoni; sposta il corale “Moses and the children of Israel” che introdurrebbe la seconda parte, al termine della prima; controlla con cura e gusto il vibrato evitando saggiamente l’effetto “sirena”, ed ottiene su un suono più terso, più colorato ed espressivo.
Il gesto del Maestro è vitale, netto, nervoso, senza alcun cedimento nella tensione, tranne qualche momento a metà della seconda parte in cui il tempo indugiante e forse troppo sacrale rompe l’equilibrio temporale per concedersi una maggiore distensione.
Tanta attenzione, però, non riesce a contenere (come al contrario è riuscito al Maestro Hamar solo qualche giorno prima) il buco nerissimo della, anche in questo caso, ottima orchestra del MMF: gli ottoni, i quali purtroppo spernacchiano e stonano dannatamente.
Biondi punta sulla valorizzazione degli effetti musicali e descrittivi della prima parte e sulla intima magniloquenza della seconda: per fare qualche esempio splendido è l’effetto cullante ottenuto dagli archi nello struggente “And the children of Israel sighed” differenziato perfettamente dai più oscuri e ben più drammatici brani dedicati alle piaghe in cui la direzione vira verso il grottesco; gli archi ed i fiati descrivono benissimo le forme onomatopeiche e naturalistiche prescritti da Haendel, mentre il coro si compenetra con l’orchestra con grande senso dell’equilibrio.
Volutamente più trionfalistici, ma anche più indugiante nei momenti più raccolti, gli episodi della fuga dall’Egitto, del passaggio del Mar Rosso e tutta la seconda parte fino allo splendido, catartico, finale “Sing ye to the Lord, for He hath triumphed gloriously” concesso da Biondi come Bis ad un pubblico che ha tributato alla serata un meritato trionfo.

I miei complimenti al Coro preparato da Piero Monti che non mi capitava di sentire così elastico, intonato ed in forma, preciso nelle colorature ascendenti e discendenti, dolorosamente espressivo e variegato nei fraseggi atti a differenziare le descrizioni della prima parte con la solennità più magniloquente della seconda. Qualche nota calante o crescente dei tenori e dei soprani in due soli momenti nulla tolgono alla buonissima impressione complessiva: un lavoro davvero notevole.

Addirittura strazianti i sei solisti: capisco che i loro interventi sono imparagonabili rispetto a quelli del coro per lunghezza e complessità, aggiungiamo che non sono poi ruoli dalla scrittura particolarmente difficile o sfiancante, ma sei cantanti un poco più capaci (anche nel coro magari, visti i risultati ottenuti da Monti) si sarebbero potuti trovare rispetto a quanto fatto udire dal “contralto” Sonia Prina (voce secchissima, ingolata, disuguale, tutta indietro, a disagio con l’intonazione e la coloratura, inchiostrata malamente), i soprani Kirsten Blaise, che sostituiva la prevista Lenneke Ruiten (voce piccola, chiara oltre l’inconsistenza, stridula, fissa) e Maria Costanza Nocentini (il suo breve intervento era completamente coperto dalla Blaise), Marius Roth Christensen (“tenore” anemico, parlante) e i bassi Ugo Gagliardo e Christian Senn (voce poggiata in entrambi i casi sullo stomaco con quello che ne consegue).

All’inizio del concerto è stato tributato un minuto di silenzio alle “vittime” della cassa integrazione che falcidierà tra Luglio e Dicembre i lavoratori del MMF risultato della scriteriata e sciaguratissima gestione delle risorse da parte di chi di dovere: pare che la soprintendente non abbia gradito la cosa e per tutta risposta abbia ottenuto di scatenare vitalissimi applausi di ringraziamento da parte di pubblico, professori d’orchestra e coristi nei confronti del Maestro Biondi, testimoniando stima e fiducia
Quando le cose sono fatte bene e con serietà è giusto riconoscerlo agli artefici prendendo le distanze dal riprovevole contorno.

Haendel: Israel in Egypt. 1970. Leeds Triennial Musical Festival.
Heather Harper, Patricia Clark, Paul Esswood, Alexander Young, Michael Rippon, Christopher Keyte.
English Chamber Orch.
Dir.:Charles Mackerras
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15 pensieri su “Firenze: Israel in Egypt

  1. Leggendo le vostre recensioni non capisco perché proviate sempre livore verso gli interpreti.
    Avete tutto il sacrosanto diritto di stroncare un direttore, un cantante e chi volete ma perché questo disprezzo per chi si guadagna in modo onesto da lavorare?
    Capisco che per voi questi signori dovrebbero andare a fare altri mestieri, ma lo si può dire con più rispetto. Voi, nel vostro lavoro avete sempre il consenso generale? E se ci fosse qualcuno che vi chiamasse, che so, “pataccari” come voi con dispregio chiamate “baroccari per intenderci…” chi interpreta certo tipo di repertorio?
    Non mi importa se questo commento non scalfirà la sicurezza nelle vostre idee, ne ci tengo a dire il vero, ma sappiate che tanti altri la pensano in modo diverso dal vostro e non è proprio detto che siano (siamo) tutti imbecilli.
    E comunque per me una critica astiosa non è mai una buona critica!

    • 1) Livore verso gli interpreti??? NO, per ora gli “interpreti” non ci hanno fatto nulla di personale, piuttosto la mia è una rabbia per il “malcanto” spacciato per “interpretaZione” e fatto mangiare alle folle, quando piuttosto occorrerebbe avere un minimo di spirito critico, malizia e oggettività.
      2) Disprezzo per chi si guadagna in modo onesto da lavorare??? Claudio, ma cosa diavolo stai dicendo??? Ma quale disprezzo??? Quale astio??? Ma per favore!
      3) No, questi signori dovrebbero solo imparare a CANTARE come si deve, non chiedo molto, è il lavoro che si sono scelti 😉
      4) No, nel nostro lavoro non abbiamo sempre il plauso generale, ma non ci mettiamo certo a frignare e battere i piedi se ci dicono che qualcosa non va bene: con pazienza cerchiamo di farlo meglio.
      Anche i cantanti ed i loro pseudofans dovrebbero imparare ad accettare le critiche argomentate e soprattutto accettare di non avere il plauso generale, molte volte pateticamente ipocrita ed organizzato a tavolino da poveri individui che cercano solo “un posto al sole” e facili biglietti, e di non avere le bacheche piene di cuoricini, stelline e ammmmore.
      Piuttosto che si dedicassero a coltivare il canto e lo studio per migliorarsi.
      Per quanto riguarda gli insulti, beh… non sai quanto ce ne siamo beccati, ben peggiori di quanto tu possa pensare e non sai quanto ci ridiamo sopra… e poi non sono MAI all’altezza dei nostri, sicché…
      5) Il tuo commento non ha scalfito un bel nulla in effetti e se tanti altri la pensano diversamente ben venga, ognuno ha la propria opinione e le proprie orecchie e se ti senti imbecille, cosa che hai scritto tu non certo io o i miei colleghi, è un problema tuo che ti invito a risolvere.
      6) Ma tu c’eri all’Israel in Egypt?

      Cordialità

      • Sposami Marianne!!!!! 😉 sottoscrivo in pieno, e aggiungo che non vedo in questo sito critiche insensate o fondate solo sulla “simpatia” (guarda un po’ a che livello pensano che siamo scesi…), ma contestazioni fondatissime e argomentate anche in termini tecnici (io stesso, essendo solo un appassionato/studioso, alcune cose non le capisco). E poi, te l’ho scritto anche nel post di Ferrara, evidentemente non hai avuto il tempo di rispondere….Ma scusa, il giusto, quindi, seguendo il tuo ragionamento tra questo post e quello di Ferrara, sarebbe accettare tutto e tutti indistintamente?? pensa quel che vuoi, io non farò mai così, nell’arte come nella vita. Spero che ora tu abbia il tempo di replicare alle mie parole, saluti.

      • C’ero e NON mi è piaciuto!
        (ma guarda? E allora?)
        Avevo forse scritto che mi era piaciuto?
        No
        Ma non importa….
        Evidentemente non si legge ciò che gli altri scrivono e si passa alla commiserazione o all’insulto . Contenti voi!
        Io non mi sento imbecille ma è quello che si legge dai vostri scritti di chi non la pensa al vostro stesso modo.
        Persone come voi non mi interessano
        (e non rispondete che io non interesso voi perché sarebbe ovvio e perché non lo leggerò

    • Ma certo! Sarà anche “amico” di “qualcuno” 😉 così ogni volta che viene da queste parti dimostra di non saper leggere (di più non dico dato che i suoi gusti son palesi 😉 ) con conseguente figura di “palta” 😉

  2. Oggettivamente i solisti non si ascoltavano. Il resto mi è piaciuto molto. Mi permetto di dissentire sul teatro. La struttura architettonica mi piace molto, ma penso di essere una delle poche persone che la pensa così!

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