Seduzioni all’italiana quelle di Mirella Freni e Renata Scotto, opposte perché opposte sono le artiste nei modi del canto come nella personalità. La prima ha la dialettica di chi muove sempre dall’autobiografia, fedele a se stessa ed alla propria natura di donna semplice, vera, incapace di qualunque artefazione o posa. La seconda, invece, ha il fraseggio di chi ambisce sempre al suggello dell’artista assoluta, capace di trasformare se stessa in ogni sorta di personaggio, in forza di una fantasia senza limiti nel reinventare e personalizzare il fraseggio. La prima ha sempre solidamente fondato il suo percorso artistico nella prudenza delle scelte, nella verisimiglianza delle sue eroine al proprio ideale, assecondando la sua indole arguta ma anche moderata, per nulla schiava di ambizioni o velleità, facendo leva sui tratti lirici del proprio canto cui conferisce i tratti veritativi dell’esperienza personale. La seconda, invece, sempre preda del desiderio di diventare, di trasformarsi in altro da sé, dell’ambizione di andare oltre i propri naturali limiti, approccia la scena assecondando con gusto e pertinenza ogni direttiva di spartito, ed interpretando come fosse la più grande di tutte le seduttrici mai ascoltate, poiché per Renata Scotto l’io e la realtà soggettiva non c’entrano nulla col canto.
La scena del parlatorio vi è già stata illustrata dai colleghi che mi hanno preceduto. Mi interessa soltanto rammentare il climax drammaturgico secondo cui è costruita: l’incontro inatteso sorprende De Grieux, che si trova davanti l’amante addolorata che domanda perdono; il giovane tenta di scacciarla ed il canto della seduttrice si fa dapprima sdegnato per l’amore dimenticato, poi si addolcisce, per passare quindi alla supplica. La scena giunge poi alla seduzione vera e propria, “N’est ce plus ma main”, che richiede il canto espressivo e di “grande charme” pensato da Massenet, dove la protagonista spinge De Grieux a cedere nel finale, cantato di slancio da entrambi prima di allontanarsi.
Mirella Freni è stata Manon molte volte. Qui è nella storica ripresa Rai del 1966, in audio e in video da Modena. Una seduzione italiana e all’italiana, nel solco delle grandi interpreti del passato che la stessa cantante ha più volte affermato di conoscere. Mafalda Favero era stata il modello di Manon per circa un ventennio, sino al cinquanta, e fa ancora capolino qua e là nell’esecuzione della Freni, ripulita da ogni eccesso verista e da ogni compiacimento stilistico d’antan. Mirella Freni elide ogni aspetto datato del gusto della Favero, cantando senza mai scomporre il suono, nemmeno nei passi più esagitati, ma lascia alla sua seduttrice un non so che di nostrano e di intensa semplicità che ricorda, in modo moderno, l’immediatezza della Favero. La recitazione, come vedrete, è contenuta, tutto sommato poco credibile, perché la Freni non era donna da sceneggiate o da sofisticazioni sceniche di stampo verista stile Olivero, anzi. L’aspetto fisico è dalla sua, dunque fa ma non troppo, perché non è nel suo stile, come nel canto: sobria e forte della sua voce brillante e giovane.
Gli effetti non sono mai esasperati: la prima corona sul fa b di “Si crudele fui spietata – Oui! Je fui cruelle…” è breve e priva della smorzatura prescritta, come pure tutte le frasi che seguono in cui si ripete il motivo iniziale. Procede sobriamente, evitando di tenere le note oltre la misura scritta per esagerare gli effetti, né inserisce personali messe di voce e smorzature particolari ( a dire il vero elide anche la doppia forcella sul sol b di ..”amour..” in secondo rigo…). Sceglie sempre la via della dolcezza, della timbro argentino e lirico, del canto legato. Ancora molto contenuta su “Ah rammenta il nostro amor- Ah! Rappelez vous tant d’amour….”, e sul la b 4 – do 4 mitiga l’effetto della messa di voce prescritta. Toni dolci….
Dopo l’intervento del tenore, ripete “Si fui spietata” due volte, traducendo l’expressiv indicato da Massenet in pura dolcezza di accento, identico in entrambe le frasi.
Quindi “Hèlas hèlas, l’oiseau qui fuit —Deserta la prigione”, frase che prevede l’esecuzione avec des larmes, cioè piangendo, ma la Freni prosegue sul mezzoforte e senza nuances, come il successivo ”sans reternir” previsto su “..un volo disperato..–..d’un vol désespèré…”che la Freni esegue composta, senza abbandonarsi al fuoco verista della disperazione. Bellissime le frasi di passaggio dell’Andantino agitato, “Ah rendez moi ton amour”, scritte con slancio e disperazione, tradotte in un canto angelico, sano e timbrato, fresco, ripulito però da ogni concitazione o esteriorità verista. Seguendo la propria indole, la cantante modenese preferisce abbandonarsi al “più dolce” di “Ecoute moi…- Ascolta…”
La seduzione vera e propria dell’andante “N’est ce plus ma main”- La tua non è la mano che mi tocca..:”, da eseguire “avec gran charme e tres caressante”, uno dei momenti di canto più lirico e dolce di tutta la carriera della Freni, che si accomoda qua e là tra i segni di dinamica scritti dall’autore, la serie di doppie forcelle ed il pp sul la di charmes, preferendo lasciare alla forza del proprio mezzo scintillante le prerogative della seduzione, approfittando abilmente di un tempo lento che le consente l’esibizione del canto legato. Esegue bene anche le quartine di “Ne c’est plus ma voix” e fa ricorso marginalmente alle note di petto in “Non son più Manon…..” in omaggio alla tradizione esecutiva italiana del passo. E la sala modenese applaude a scena aperta!
Quanto alle frasi concitate finali a duo col tenore, queste vengono eseguite sul F, come richiedono orchestrale e situazione drammaturgica. Mirella Freni lascia andare la propria voce, cantando di slancio sino al limite delle proprie possibilità di soprano lirico: perfettamente in sintonia con O. Garaventa e con l’orchestra, ne risulta una chiusa travolgente sino al si bem finale, di quelle che si possono permetter soltanto le grandi voci che la natura ha premiato alla nascita.
Renata Scotto è qui ripresa solo in audio con Alfredo Kraus a Chicago nelle poche recite, forse le uniche se sono bene informata, del 1983, la carriera ormai alle spalle per entrambi. La voce della Scotto è imparagonabile a quella della Freni, anche usurata, come si dirà poi, ma sempre amministrata avendo cura di essere dolce ed intensa. L’uso del mezzo, invece, è sommo, una maestra di fraseggio. Fa di questa sua scena un capolavoro di varietà espressiva, assecondando con facilità tutte le sfaccettature e le variazioni psicologiche che Massenet ed il librettista hanno messo nella scena. La sua seduzione risulta elegantissima, il canto vario, sfumato, analitico, senza cadute, come in altri casi, nel didascalico o nella maniera. Scenicamente non credo proprio potesse essere una Manon sensuale, o giovanile; vocalmente la trovo invece irresistibile. Insomma, un must della diva per la quale si può ben dire: buona la prima!
Renata Scotto comincia da subito a segnare con la sua cifra espressiva il brano, attaccando un “C’est moi..”molto rallentato ed espressivo. Massenet prescrive che il canto sia subito “doloreux et suppliant”: il tono della sua Manon è addolorato, veramente dolente ma castigato, insomma ci da subito dà lezione di pianto. Prosegue senza esagerazioni e sfumatissima le frasi successive, facendo uso del piano e delle smorzature: pur con la voce segnata da oscillazioni nitide, esegue il F tenuto del la bem di “Ah rappelez vouz”, perché lì il canto deve per forza essere intenso. Continua poi a ripetere “Oui, je fui coupable” come prescrive lo spartito, smorzando le frasi nell’intento di esprimere il dolore e lo strazio per la colpa: il suono a volte è schiacciato e spinto in zona mi bem 4 – do bem 4, more Scotto. Trova accenti vari nelle brevi frasi “Hélas, hélas, l’oiseau…..Plus souvent la nuit.. »; quindi .. « D’un vol désesperé.. » di grande effetto, preceduto da una pausa più lunga di quella scritta per sottolineare la disperazione del sans retenir che porta al F sul la bem indicato da Massenet. La voce è spesso schiacciata e non sempre fresca, ma l’interpretazione è superba. Slancio e disperazione sono prescritti e perfettamente realizzati nelle frasi seguenti, “Ah rendez moi ton amour…” cui segue una sequenza bellissima di piani “molto rallentati” come dice l’autore, su “Ecoute moi!…Rappelle…”, che portano all’attacco in piano di “N’est ce plus ma main…”, con la frase che si dispiega nell’esecuzione della doppia forcella “..Cette main presse..” per tornare come scritto al pp, effetto puntualmente ripetuto la frase successiva. Il canto della Scotto è sfumato, elegantissimo e seducente, la diva del dire non perde un solo piano, nemmeno il pp sul la 4 coronato di “..plein de charme..”, come pure tutti gli accenti ed i segni dinamici successivi delle frasi affannate ( che Massenet vuole “avec un sanglot” ) “…à travers ma larmes…N’ai je plus mon nom?…Ah regardez moii!..Il canto scorre con il ritmo frastagliato del singhiozzo, gli accenti insistiti di “Rappele toi …Ecoute moi….” Persino sul si bem 4 che precede le quartine “N’est plus ma voix?..:”, evocazione della seduzione passata, la Scotto non rinuncia alla smorzatura della nota scomoda ( anche se non perfettamente eseguita, a dire il vero ), fedele al suo dogma del dire sempre, del fraseggio innanzitutto, anche quando è difficile ed impegnativo come in questo passaggio. Il finale è di prammatica, col passaggio concitato di “Je t’aime je t’aime…Ne me quittez pas…”, ossia l’affanno di Manon che non vuole perdere l’amante, sino al culmine del climax creato da Massenet con il canto di lo slancio in forte delle frasi finali a due.
Scegliete voi cari amici, ammesso sia necessario scegliere: il canto nostrano ma splendido della Freni o il fraseggio cesellato e intenso della Scotto? Per parte mia, avrei un solo desiderio: chele nostre moderne Manon cantassero non come loro ma almeno in modo simile ma……oggi, lap dance a parte, mi pare che nel migliore dei casi siamo sempre alle prese con l’acqua fresca!
Gli ascolti
Massenet – Manon
Atto III
Toi! Vous…N’est-ce plus ma main
1962 – Mirella Freni, Ottavio Garaventa
1983 – Renata Scotto, Alfredo Kraus
Mirabile dissertazione Donna Giulia! 😉
Per quel che mi riguarda, in tutta onestà, la varietà di colori nel fraseggio della Scotto che non è riscontrabile nel canto della Freni, sarebbe da preferire. Insomma, me la fa più “Manon”, se mi si intende.
Però la sana vocalità della Freni è un balsamo; e poi provo un particolare affetto per la Mirellina perché è attraverso la sua voce che sono entrato nella lirica ed è la prima cantante che o sentito dal vivo, in teatro.
Se proprio dovessi scegliere e senza nulla togliere alla meravigliosa Scotto… per me Freni!
Dovessi scegliere una tra le due artiste, in generale, avrei grosse difficolta’, in quanto insieme a Fiorenza Cossotto ,rappresentano il meglio che l’Italia abbia dato al mondo dell’opera in campo femminile nel quindicennio 60-75; quindicennio pur ancora frquentato sia da illustri artiste della generazione precedente, ma nella loro parabola discendente (Rosanna Carteri per empio) che da nuove emergenti realta’ (Maria Chiara, sempre ad esempio). Ma in questo caso penso che il meraviglioso ritratto offerto da Renata Scotto sotto il profilo interpretativo non sia cosi’ superiore a quello per altro notevole dato da Mirella Freni, da poter far dimenticare la grande differenza tra le due sotto l’aspetto puramente vocale. E vocalmente parlando tra la Freni degli anni d’oro, e la Scotto declinante, non si possono, secondo me, instaurare paragoni. Molto meno lontane, sarebbero apparse le due, anche vocalmente parlando, se l’esecuzione presa in esame fosse stata quella dell’incisione, cbs del 1974, dove la Scotto e’ si strepitosa artista, ma ancora notevolissima vocalista, ma quello, non era un live. Al di la’, in questo caso preferisco la Freni.
non possiamo pubblicare incisioni ufficiali per via dei diritti d’autore, donc….
A proposito del quindicennio ’60-’75, what about Ilva Ligabue e la dimenticatissima Margherita Rinaldi? Non pensate che potrebbero a buon diritto appartenere alla stessa categoria del trio summenzionato?
grandissima ilva ligabue
Si lo so, Grisi. Avevo scritto “non e’ un live” intendendo dire che era registrazione in Studio, e del 74 e quindi non puoi pubblicarla. Intendevo anche dire che mi piacciono molto entrambe, se prese nel loro periodo migliore, in questo caso preferisco Freni. Ciao.
Buongiorno Lily, io non mi sono affatto dimenticato di Rinaldi (artista schietta e simpatica che ho avuto il piacere di conoscere e con la quale ho anche fatto un paio di viaggetti) e neppure di Ligabue, ascoltate piu’ e piu’ volte e molto spesso ammirate, qui’ a Milano ma anche a Torino, Verona, Roma…dove mi recavo per poterle ascoltare. Ho fatto due esempi (Carteri e Chiara), non la lista delle buone cantanti che si esibivano in quegli anni. Ma per mio gusto Cossotto, Scotto e Freni sono state le migliori interpreti italiane di quegli anni. Altri preferiranno senz’altro qualche altra artista. Ed e’ giusto che sia cosi’.
Grazie, Miguel.
in fondo anche io la penso come tamberlick. la scotto è esemplare per rispetto dello spartito e per il modo di interpretare persino i segni di espressione. se così non fosse non sarebbe la grande renata scotto. però… però la voce di manon la giovinezza è quella di mirella freni. se poi vogliamo essere ancor più sofisticati ed attenti la vera voce e la vera interpretazione di manon si chiama ninon vallin, fanny heldy e madga olivero. hanno qualche cosa che le altre non hanno o non fanno sentire
Sono tre grandissime Donzelli, certo, ed anche a questo terzetto se ne potrebbero aggiungere altre, eccome. Dai, sai che son curioso, qual’era il cast di Mignon che avevi in testa qualche giorno addietro?
troppo bello che te lo racconti subito. Ti do un po’ di indizi puoi immaginare la philine facilmente , anche uno dei wilhlem meister il secondo non credo. Ti dico che è giovane e prestante di protagoniste ne ho ho testa tre una diva una madre lingua e una outsider. ti aiuto. Mignon non è detto debba essere un mezzo se sciogli qualche enigma poi vado avanti con altri indizi
Aiuto! Questa sera non ci penso proprio! Ti leggo domani eh! Ciao
Mah, difficile stabilire chi preferisco, perchè sono tutte e due cantanti che hanno dato un forte contributo alla lirica di fine XX secolo. Ma, ripensandoci io scelgo la Freni, poichè, oltre all’affetto naturale che provo per lei (son cresciuto con la sua voce) quel timbro sempre limpido, quella vocalità tanto celebre, quella finezza nel cantare e nell’interpretare credo che la Scotto (almeno non sempre) li abbia avuti. Gh’è da dire però che la Scotto effettivamente aveva un fraseggio un po’ più “approfondito”, ci badava molto, e la Freni spesso non lo faceva molto, ma per me Mirellina for ever
Fraseggio impeccabile ed eloquente, gusto sorvegliato che contiene il patetico, una straordinaria Scotto che, mi pare, pecchi di estremo artificio, l’accento è poco spontaneo, affettato anche per la più consumata delle seduttrici, per la più falsa delle amanti. La voce piena e fresca della Freni è una meraviglia, eppure, trovo le manchino i languori dell’amante, le sfumature dell’astuzia , i vezzi della cocotte. Troppe cose.. non riesco a preferirla alla grande Scotto solo per la voce. Ognuna, in modo diverso, mi incanta senza sedurmi.
Un pensiero, comunque, alla Freni che è di Modena…
un pensiero ai miei amici emiliani che sono dappertutto, che lavorano facendosi un m..o tanto, che pagano le tasse e danno da lavorare a molta gente.un pensiero a chi non ha più nulla. agli imprenditori sul lastrico. all’indistria superspecializzata del biomedicale da cui dipende la vita di molta gente NEL MONDO, e che deve ripartire subito perchè gli ospedali sono aperti. un pensiero a quelli del circuito grana, ai contadini senza stalle e le bestie da mungere più volte in un giorno, perchè se non la mungi la bestia muore…anche se tira il terremoto.
un pensiero a chi dovrà aspettare la faaragine della nostra burocrazia per avere qualche risarciomento mentre vive in tenda…a chi muove molto denaro per dare da lavorare a tanta gente e magari non guadagna più come un tempo, ma continua a sostenere gli oneri e i doveri quotidiani….
niente contro la freni, ma è del tutto marginale in questo contesto….sorry…anzi. spero che le prrsonalità si muovano per raccogliere fondi…
Non che volessi dimenticare tutti gli altri, Giulia, sia ben chiaro. Anzi: mi sento abbastanza impotente davanti a questa cosa. Di là non ho lasciato nessuno messaggio perché davanti a queste cose preferisco tacere, ma non per indifferenza bensì per attenzione. E preghiera.
Semplicemente, visto che della Freni si parlava, volevo ricordare una nostra beniamina che a Modena è legatissima, che di Modena è l’ultimo simbolo rimasto e che Modena, credo, ancora ami. Tutto qui.
D’accordo col cuore, Giulia; mandiamo tutti il nostro piccolo aiuto
scrivilo, dottore, scrivilo sotto il post quale è il problema..
Il problema, cara Giulia, e’ descritto meglio di quanto possa fare io dal giornalista Enrico Fierro a pg 18 de ” il Fatto Quotidiano” di oggi, ed a lui rimando. Per uno come il sottoscritto che ha vissuto in prima persona (volontario per l’ospedale Mauriziano di Torino a Calabritto per 20 lunghi giorni) il terremoto dell’Irpinia,ultimo grande esempio di solidarieta’ nazionale-come dice Fierro-e purtroppo grande scandalo, il dolore e’ doppio, perche’ rivedo i volti delle persone colpite e ricordo il grandissimo aiuto dato dai volontari emiliani. Che il paese( e percio’ anche noi) non lasci sola l’Emilia della solidarieta’.
Concordo e sottoscrivo tutto quello che dici, Massimo. Per una volta facciamoci vedere per i nostri pregi, anzichè sempre per i nostri difetti, perchè non è solo una questione di apparire agli altri (in questi momenti parlare così sarebbe non solo un insulto, ma anche un segno, a modestissimo mio parere, di stupida cecità), quanto per una questione di rispetto verso noi stessi e il paese, che è da noi formato.
potreste ripostare i commenti sul terremoto sotto il post specifico?…magari altri vorranno parlarne
Grazie del bellissimo post. Volevo solo segnalare che, a quanto mi risulta, la Manon di Chicago del 1983 non è l’unica Manon della Scotto; ci sono due recite a Bilbao ed Oviedo nel 1960 (dir. Manno Wolf Ferrari) e soprattutto una serie di recite al Covent Garden nel novembre 1963 (dir. Pritchard, con Turp, Savoie, Rouleau), suppongo in francese…chissà se ne esiste una testimonianza audio. Ovviamente, voto per la Scotto!