Quasi esaurita la trattazione dei titoli del primo Verdi, è doverosa una riflessione sui 78 giri, che quei titoli documentano. La relativa abbondanza (escluso Ernani, che ha conosciuto una grandissima teoria di registrazioni) di testimonianze elettriche ed acustiche dimostra la popolarità delle opere in questione in un’epoca, che molti giudicano emblematica per lassismo esecutivo e trascuratezza filologica. Popolarità, che risulta per converso assai peregrina ai nostri tempi, in cui addirittura si allestiscono festival e stagioni in ogni senso monografiche, per, poi, ritrovarsi nell’impossibilità di andare in scena non dico proponendo spettacoli epocali, ma minimamente professionali e tali da giustificare investimenti di denaro pubblico e le laute prebende che da tali investimenti dipendono.
Poi si può osservare come i personaggi evocati nelle opere in questione, provenienti tanto dalla Bibbia e da Shakespeare quanto dalla letteratura coeva al compositore, si esprimano con accenti solenni, nello slancio dell’ira come nell’espressione del più intimo dolore, e debbano pertanto essere onorate da voci non solo potenti e timbrate, ma duttili e pronte al rispetto dei numerosi segni espressivi previsti dall’autore. Anche qui il confronto con quanto oggi propongono i cosiddetti grandi teatri, supposti specialisti nell’arte verdiana, neppure si pone. Però l’ascolto di Ines de Frate, celebrata interprete di Norma oltre che dei titoli veristi e ovviamente verdiani, rivela una cognizione del primo passaggio di registro, che senza essere comparabile con quella, irreprensibile, di Giannina Russ, consente alla cantante di risultare in prima ottava piena e timbrata senza ricorrere a suoni, che oggi facilmente verrebbero definiti suonacci. Solo nell’ascolto dei 78 giri, però, stante che i medesimi suonacci vengono tollerati, anzi contrabbandati per registro grave ricco e corposo, quando ad emetterli sia qualche cantante abitualmente proposta dal circuito dei grandi teatri, e in quanto tale reputata ipso facto “di cartello”. Non serve ricordare che cosa sia in economia il cartello e quali interessi sia destinato a difendere, quali ad offendere. Tornando alla De Frate, non possiamo non rilevare come il tempo lento ed indugiante, l’inserimento di rallentando sia consentito a questa Abigaille solo in virtù del controllo del fiato. Il tempo dell’esecuzione sembra riallacciarsi alla tradizione ottocentesca che optava per andature molto più lente delle attuali.
E potremmo anche chiuderla qui, ma non possiamo non rilevare come i bassi proposti nei tre assoli di Zaccaria (tre assoli per una parte che oggi viene affidata a cantanti, che sarebbero eccellenti Sacerdoti di Belo) gareggino in solennità, slancio profetico e insieme guerriero nell’esecuzione. I gusti personali dell’ascoltatore lo faranno propendere ora per l’uno, ora per l’altro dei contendenti, ma è innegabile che i tre pratichino il medesimo mestiere, condividano la stessa pratica canora, che trascende, in casi come questi, la mera pratica per farsi arte e modello, e questo in funzione della solidità della medesima. È un’arte, un modello vocale e di conseguenza interpretativo del quale sembra essersi perso lo stampo. Ma anche qui, dopo la puntata odierna della rubrica di Mancini, rischieremmo di essere solo pedanti e noiosi dettagliando ulteriormente. Come dice il nostro Giambattista: impariamo ad ascoltare.
Ed ascoltiamo anche i baritoni, che di questi personaggi verdiani, specie quelli composti per Giorgio Ronconi e Felice Varesi, rendono in maniera squisita l’ascendenza donizettiana. Si potrà’ poi’ tacciare Battistini di eccessivo manierismo dell’esecuzione, ma la sua aria di Macbeth e il “Dio di Giuda” di Carlo Galeffi smentiscono come meglio non si potrebbe l’immagine di Verdi quale compositore abituato a tratteggiare rozzamente personaggi più interessati a berciare che a esprimersi cantando. Anche con riferimento a queste esecuzioni verrebbe da chiedersi se certi pregiudizi, che tanto peso assumono ancora nella valutazione della portata di questo e altri compositori, reggerebbero ad un attento esame degli ascolti qui proposti. In chiusura, un gradito ritorno: quello dell’aria di Rodolfo dalla Miller, oggetto di uno dei primi contributi apparso su quello che, allora, era un insignificante blog, e che oggi è un sito. Insignificante esso pure, come ci viene rammentato ormai ogni giorno dai molti che lo leggono e intervengono, qui e altrove, per censurare la malafede, l’arroganza e la violenza intellettuale che qui dominerebbero. Cari signori, a voi questa antologia di “Quando le sere al placido” e un invito, o se preferite, un compito a casa: confrontarlo con quanto oggi propongono i Villazon, i Grigolo, i Demuro (non Bernardo, naturalmente che del canto fu un maestro) di turno. Solo allora avrete titolo, e che titolo, per tacciarci di sordità preconcetta.
Gli ascolti
Verdi
Nabucco
Atto I
Sperate, o figli…D’Egitto là sui lidi – Nazzareno de Angelis(1928)
Atto II
Anch’io dischiuso un giorno – Ines de Frate(1909)
Vieni o Levita…Tu sul labbro – Jose Mardones(1919), Nazzareno de Angelis(1928), Tancredi Pasero(1942)
Chi mi toglie il regio scettro? – Carlo Galeffi(1919), Riccardo Stracciari(1925)
Atto III
Donna, chi sei?…O di qual onta aggravasi – Enrico Nani e Giannina Russ(1913)
Oh, chi piange?…Del futuro nel buio discerno – José Mardones(1919)
Atto IV
Dio di Giuda – Carlo Galeffi(1919)
I Lombardi alla prima Crociata
Atto I
Salve, Maria – Giannina Arangi Lombardi(1933)
Atto II
La mia letizia infondere – Leon Escalais(1903), Augusto Scampini(1908)
Oh madre, dal cielo – Giannina Arangi Lombardi(1933)
Atto III
Qual voluttà trascorrere – Frances Alda, Enrico Caruso e Marcel Journet(1912), Bianca Scacciati, Francesco Merli e Nazzareno de Angelis(1932)
I due Foscari
Atto I
O vecchio cor, che batti – Riccardo Stracciari(1906), Pasquale Amato(1913)
Atto III
Questa è dunque l’iniqua mercede – Pasquale Amato(1909)
Attila
Atto III
Te sol, te sol quest’anima – Marie Rappold, Karl Jörn e Arthur Middleton (1916), Elisabeth Rethberg, Beniamino Gigli ed Ezio Pinza(1930)
Macbeth
Atto IV
Ah, la paterna mano – Enrico Caruso(1916)
Una macchia è qui tuttora – Margherita Grandi(dir. Thomas Beecham – 1948)
Perfidi! All’Anglo…Pietà, rispetto, amore – Mattia Battistini(1912)
Luisa Miller
Atto I
Il mio sangue, la vita darei – Tancredi Pasero(1942)
Atto II
Quando le sere al placido – Fiorello Giraud(1904), Alessandro Bonci(1906), Giuseppe Anselmi(1907), Fernando de Lucia(1908), Aureliano Pertile(1927), Tito Schipa(1928)
Secondo me ci state imbrogliando. Come sottolineano i più autorevoli esperti del web (per la bisogna autonominatisi), una volta non si cantava così bene. Sicuramente al posto di Pertile ci state propinando Kaufmann rielaborato al pc….
Hai ragione. questo è un sito di imbroglioni. Pertile è un nome inventato. Tu che sai le cose, sapresti che Pertile è la traduzione literale in italiano di Kaufmann.
Il sospetto era venuto anche a me…. però poi mi son detto…no, Kaufmann canta meglio! 😉 evviva il web
Quando le sere al placido di Pertile… Quale paradisiaca versione.
Giusto per il sale sulla ferita:
http://www.youtube.com/watch?v=6WTfXTkVzSQ
http://www.youtube.com/watch?v=byNZ8o66-VM
Mah.
OK, ammetto che l’imperatore nell’avatar è una devianza, un vezzo, un depistaggio, e che il nick name è in realtà un omaggio al grande Aureliano Pertile. Fatto coming out, devo ammettere di aver rabbrividito nell’aver visto paragonato al mio tenore preferito, quello che forse meno mi piace in assoluto. Più che sale sulle ferite…. è soda caustica!
Gran parte degli ascolti sono molti belli, ma io personalmente sono molto infastidito dalla scarsa qualità (da imputare chiaramente alla tecnica di registrazione storica) delle registrazioni di De Angelis e Mardones, che li fa apparire in certi (e aggiungerei molti) suoni con sonorità molto schiacciate e spesso grottesche (in particolare De Angelis sulle i e Mardones in tutto il registro medio): un fastidio che deriva dalla bellezza di molte di note in acuto che rivelano quello che lo strumento era veramente e ci fa solo intendere cosa potessero veramente essere quelle voci.
Oggi ci si diletta nel registrare Villazon con le tecniche antiche …
registrare Villanzon con tecniche antiche? nella speranza che non si capisca come canta?
E a non registrare proprio Villazon (estremismo infantile…)
Che spettacolo Escalais! bisognerebbe farlo sentire a Cura per spiegargli cos’è quella cosa strana che lui non ha mai fatto e che alcuni trascurabili passatisti chiamano “acuto”.
Aureliano da brividi!!!
Non so se posso: considerazioni (temino da inesperto) sulla Barcaccia che rispetto a questo sito dice cose diverse.
In Barcaccia, Rai 3, apprezzano poco gran parte dei cantanti proposti in questi ascolti: di Nazareno de Angelis hanno recentemente criticato il trillo dal Mosè (proposto anche qui in “Hipólito Lázaro: Mi método de canto. Lezioni undicesima e dodicesima”), i due conduttori di quella trasmissione hanno ascoltato il trillo almeno quattro volte di seguito per “analizzarlo” e capirne il “difetto”. In altra occasione hanno detto che “non è tanto il trillo quanto tutto il resto che è un disastro” e “piagnucoloso”. Di Escalais hanno detto: “la voce è carina… una voce così antica!”, invece Edouard de Reszke a loro dire avrebbe fatto morire Verdi prima del tempo e Battistini secondo il messaggino di un ascoltatore sarebbe un tenore sfiatato…
La Barcaccia “in Rai” probabilmente dice anche il contrario rispetto a quanto “in Rai” dicevano le trasmissioni che l’hanno preceduta (chiunque sia ad avere ragione, la categoria dei critici probabilmente non guadagna in credibilità): ad esempio hanno criticato Rosina Storchio in Mimì Pinson dicendo che sembra una soubrette, se anche ricordassi male hanno comunque detto che così poteva cantare la Pampanini (Silvana?) e che tra i miti è forse “la cantante più orribile”. Il dott Celletti e il dott. Gualerzi nelle loro trasmissioni sostenevano che Rosina Storchio era brava e versatile, poteva cantare Mimì Pinson in perfetto stile da vedette, consideravano l’incisione ai massimi vertici dell’interpretazione.
Se una volta spiegavano come “nella realtà” un cantante aveva entusiasmato il pubblico con le sue qualità malgrado eventuali difetti, in quella trasmissione direi che evidenziano prevalentemente difetti, trascurando quei pregi o quelle “opportune” considerazioni che nelle trasmissioni precedenti permettevano giudizi positivi.
Risultato: un’informazione che rischia di essere sbilanciata; anche le cose migliori possono rimanere “negativizzate”; la storia dell’opera per l’ascoltatore di oggi può risultare diversa rispetto a qualche anno fa e da quella ad esempio raccontata da Verdi.
Così di Adelina Patti ricordano un inconveniente con Rossini e che ha abbassato di tono alcune incisioni, o dicono ironizzando che sembra Aspinal; Non precisano che ai tempi d’oro arrivava al fà sopracuto, o che Verdi diceva di lei: “Organizzazione perfetta; perfetto equilibrio fra la cantante e l’attrice… artista nata in tutta l’estensione della parola”, oppure: “Cantante ed attrice meravigliosa un’eccezione nell’arte”, né che fu apprezzata da Rossini (comunque sia andata quel giorno dell’inconveniente) e a quanto mi risulta anche da Auber, Meyerbeer, Berlioz, Tolstoy, Oscar Wilde, Théophile Gautier, Saint-Saëns, Gounod, Tchaikovsky , Wolf, Henry Chorely, Eduard Hanslick , George Bernard Shaw…esagero con i nomi per dire che è poco credibile che questi signori (che in parte nemmeno conosco) si siano tutti sbagliati e che quella cantante meriti ironia e una modifica alla storia dell’opera.
Anche di fronte ad una incisione come “Amor ti vieta” con Giordano al pianoforte, non ne evidenziano il valore storico ed artistico, criticano l’ultimo accordo del compositore ed alcune qualità del cantante creatore da altri peraltro ritenute un valore aggiunto (Giordano stesso evidentemente ne accettava i portamenti), non spiegano la ragione della brusca interruzione di Giordano, non dicono o comunque non accettano il fatto che all’epoca i dischi non si correggevano (considerano incredibile che “E lucevan le stelle” con falsa partenza di Caruso o il “Si pel ciel” ritrovato di Tamagno, in quella trasmissione considerato soltanto scadente, siano stati messi in commercio).
All’ascoltatore arriva un’informazione “negativa” (oltretutto Giordano scriverà di quel cantante: “Sei stato e sarai sempre il miglior Loris”)
Ci sono appassionati d’opera mozartiani, ci sono quelli che parlano di registi, ce n’è qualcuno che si è avvicinato all’opera perché appassionato di strumenti musicali ma assai meno di cantanti…della Barcaccia non saprei che dire, se non che da quanto capisco in quella trasmissione dubitano dell’era predisco, apprezzano poco dell’era del disco (più di cento anni di incisioni), qualcuno non gradisce il verismo, Tosti e, se ben ricordo, i canti sacri cantati da voci maschili anziché femminili, qualche altro non gradisce l’Otello o il Falstaff o Gluck, non piacciono i 78 giri probabilmente perché frusciano e hanno musica scadente (certamente non sono hi-fi); infatti in Barcaccia dicono: “ohimé” al primo fruscio, dicono: “e questo cos’e’“ alla prima nota e forse confondendo i difetti del disco con quelli dei cantanti dicono che la Melba è una gallina dalle uova d’oro, che gli acuti della Sembrich sono come i fischi di un accelerato (o almeno cosi scrive uno dei conduttori in un suo libro), che quelli della Homer ricordano l’auto dei pompieri e quelli della Ivogun il trenino delle Alpi; Tamagno e un baritono, forse un suo fratello, in “Si pel ciel” sono scambiati per due ubriaconi (spero di avere capito male, perché la frase non è del tutto chiara, ma ne dubito)
Se qualche ascoltatore si risente rispondono magari che è questione di gusti.
Però ironizzano anche su cantanti stimati, come “quasi” tutti sanno, dai compositori: come già detto Adelina Patti, Tamagno (secondo Arrigo Boito, Verdi rimase soddisfatto del suo Otello più di quanto avrebbe immaginato), Rosina Storchio (per Puccini la sua grande arte emozionava, la sua voce toccava il cuore, Butterfly senza di lei era una cosa senz’anima), Edoard De Reszke (valido per Verdi e per Giulio Ricordi, complimentato da Gounod); ma anche Affré (Massenet dice: “voce pura e trasparente … vibrante come un puro cristallo”), Destinn (per Puccini “Butterfly straordinaria”), Maurel (Verdi dice: “Falstaff perfetto” e: ”nissun’artista che porti la parola all’orecchio del pubblico con quella chiarezza ed espressione”), De Lucia (per Puccini “benone…meglio di tutti compreso De Marchi” come Cavaradossi nel 1900), Cavalieri (Puccini scrive: “ottima …temperamento… La sua voce porta sul pubblico come non credevo, specie acuti), Battistini (ammirato da Massenet), Ferrani, etc.
Così sembra che in Barcaccia non solo non contino i giudizi delle trasmissioni precedenti ma nemmeno quelli degli autori (e nemmeno quelli dei direttori d’orchestra: Bruno Walter apprezzava Caruso e i suoi portamenti; i portamenti in barcaccia sono un difetto, Caruso pure): in Barcaccia conta il Microscopio (semplificazione che scambia il mezzo per il fine?) perché soltanto i cantanti musicisti possono dare vere emozioni (ma di Caruso, che non ha frequentato conservatori, Strauss diceva:“Canta l’anima della melodia” e Arrigo Boito: “La sua voce ha qualità che toccano il mio cuore” e Boito è degno di fede secondo quanto scrive uno dei due conduttori in un suo libro).
Comunque per Verdi “gli artisti si giudicano in teatro non in una sala” e questi artisti ai loro tempi sono stati giudicati in teatro, dal vivo, non attraverso dischi pionieristici
Inoltre Verdi non ironizzava; della Malibran diceva: ”Lo stile del suo canto non era purissimo; non sempre corretta l’azione, la voce stridula negli acuti!. Malgrado tutto artista grandissima, meravigliosa” e di una vedette del varietà: “Sguaiata fin ché volete ma vera artista”. Anche Puccini di Antonio Scotti: “Ottimo (in Scarpia) vociaccia ma talento”
I due conduttori di quella trasmissione dichiarano anche di cercare le intenzioni dell’autore ma, oltre a non accettarne i giudizi come detto sopra, non mostrano nemmeno gradimento per le incisioni con il compositore (Giordano, Cilea…) o con il cantante creatore (Medea Mei Figner, Caruso …) mentre si entusiasmano quando un cantante esegue correttamente quanto scritto sullo spartito.
Così non sembra che vogliano sostituire, come ricordo che hanno detto, il mito del cantante con quello del compositore ma piuttosto con quello dello spartito.
Infatti durante un microscopio uno dei due conduttori dice di un cantante: ”Forse è il più grande “, risponde l’altro “Sì perche analizzando con le note davanti…”.
Altra affermazione ricorrente in barcaccia è anche “È bello perche è come scritto”.
Forse fraintendo ma Verdi voleva rispetto dello spartito (a quei tempi a rischio di manipolazioni), cantanti espressivi vocalmente e attorialmente e scriveva “Temo che Faccio abbia giudicato quegli artisti dal lato puramente musicale “ e pure: “Ignorante sempre (il pubblico) quando non giudica per impressione” e della prima interprete di Aida al Cairo: “Talento, molto sentimento, bellissima figura, attrice buona, molt’anima, stoffa vera d’artista”; poteva dire semplicemente che era precisa ma giudicava come avrebbero potuto i conduttori delle trasmissioni precedenti la Barcaccia.
Scriveva anche: “Datemi (un cantante con) un fà basso non m’importa degli acuti, che leverò se sarà necessario” , oppure in certi casi : “Dai buon accento alle parole la musica viene da sé”.
In uno spartito sembra che ci siano cose importanti, in questo caso il fà basso, e altre meno: potrebbero entrare a fare parte delle libertà dei cantanti.
Così quando Gigli cantando si prendeva delle libertà, Mascagni le avallava nel dirigerlo e Cilea e Alfano approvavano “le modifiche al loro genio creativo” laddove i critici non le avevano apprezzate.
Allora forse non “tutte” le esecuzioni “diverse” sono sbagliate (soltanto che alcune hanno avuto l’occasione di essere convalidate dall’autore, altre no.)
In Barcaccia però dicono che gli autori acconsentono a cose “nefaste” pur di avere grandi interpreti. Continuano a preferire lo spartito? Nemmeno i compositori lo rispettavano (né i cantanti o i conduttori, come Toscanini e Thomas Beecham, che avevano lavorato a fianco dei compositori )
Lo dice il maestro Patanè di Giordano e Mascagni, lo dicono Matilde Marchesi e un critico tedesco (August Guckeisen) di Verdi, che secondo il critico adottava tempi molto rapidi (dico questo anche a favore di due direttori d’orchestra uno di ieri uno di oggi) e andava con l’orchestra sui cantanti ottenendo come un’unica orchestra composta da voci e strumenti.
In Barcaccia sostengono che “Verdi non voleva che si coprisse il canto”. Capire l’autore probabilmente non è facile, Puccini nel 1923 scriveva a Toscanini: “la Manon nella tua interpretazione è al di sopra di quanto io pensai a quei tempi lontani… hai sopra tutti saputo comprendere tutto il mio spirito giovane e appassionato di trent’anni fa”. Trent’anni! Nemmeno l’autore a volte conosceva bene le proprie intenzioni?
Affermare cose simili di cantanti come Battistimi, Edouard de Rezke (i cui dischi hanno un pregio notevole), De Lucia, Tamagno, è segno solo di grave incompetenza. Costoro di canto e di musica non capiscono niente. Ti consiglio di smettere di seguire tale trasmissione.
Ieri sera leggevo il lungo post di Alfonso…
Condivido in tutto e per tutto la breve e laconica risposta di Mancini (come, praticamente sempre, almeno nel merito delle questioni trattate. Ma stavolta condivido anche il tono usato!!!). Davanti ad affermazioni che sono senza ragioni (non storiche almeno e che dimostrano, al contrario, la completa ignoranza di chi le “spaccia” per verità) l’unica cosa che rimane è farsi una risata e rivolgersi ad altre fonti. E questo perché non c’è mai molto da fidarsi del disinteresse di quelle che sono vere “sirene del consenso”. Studiare, farsi idee proprie, è sempre faticoso, ma qualche frutto talvolta ne viene. Cari saluti, MB
Alfonso, io ascolto raramente quel programma ma queste idee circolano a volte in chat, veicolate da qualcuno. Si potrebbe obiettare citando il disco del Terzo concerto di Rachmaninov suonato da Horowitz, che lo aveva studiato con l’ autore ed eseguito sotto la sua direzione, e constatare tutte le libertà che il grandissimo pianista si prende rispetto allo spartito.
Ma poi, a mio avviso, le registrazioni a cui prendono parte gli autori delle composizioni non si possono liquidare così frettolosamente e testimoniano che gli stessi compositori si prendevano licenze rispetto a quanto scrivevano. Ascoltate con la partitura il disco della Cavalleria diretto da Mascagni, per esempio. Oppure ricordatevi di quando Giordano, dirigendo una sua opera, disse all’ orchestra provando un passaggio: “Signori, ritmo”. Un orchestrale rispose: “Ma maestro, qui lei ha scritto che…” E lui: “Non importa, qui bisogna fare della musica!”
Anche Toscanini, ritenuto da sempre interprete rispettoso del testo, lo era solo in parte. Nel Rigoletto permise a Galeffi il sol alla fine di “Pari siamo” e le grida “Gilda, Gilda!” alla fine del primo atto nonostante sulla partitura sia scritto “Vorrebbe gridare, non può”. Nel Requiem alzava di un ottava la parte dei contralti del coro nel Tuba Mirum e nel Ballo in maschera aveva ristrumentato la scena della congiura. Questo perchè lui sapeva meglio di altri che in queste cose occorre flessibilità. “È bello perchè è come è scritto” è una frase che non vuol dir nulla.
Caro Alfonso, rispondere al tuo post specificissimo è affare lungo.
Per ora mi limito a dirti che noi non la pensiamo così su parecchie cose, e che in generala abbiamo un approccio ai 78 giri molto diversi.
Ci sono quesitioni tecniche che sono a mio avviso, metastoriche, ossia la tecnica è una e non cambia. Ce ne sono altre che riguardano il gusto ed il modo in cui gli esecutori sirapportavano allo spartito per prassi corrente ma anche per diverse maniere si intendere le prorpie libertà esecutive. Queste a mio avviso, come sempre nel fare storia, vanno contestualizzate al periodo, rispetto alla storia del gusto etc..
Vedrò se avremo modo di scrivere come la pensiamo noi in ounto ad ogni ta questione messa qui…..ci occorre del tempo.
In generale però noi siamo convinti che dal passato ad oggi il canto sia andato in generale declinando, non sempre in senso unico sia chiaro, per motivi che non sto a dirti. Non credo che alla Barcaccia si rapportino come noi al passato. Un tempo erano progressisti, cioè che arebbe miglirato. Oggi non so dirti….non ho modo di ascoltare la trasmissione per via degli orari.
Aggiungo. A volte lo spartito non riflette del tutto le intenzioni del compositore. Prendiamo il caso della Carmen. Esiste la partitura autografa, poi abbiamo la partitura utilizzata durante le prove della prima esecuzione dal direttore d’ orchestra e dall’ autore e lo spartito revisionato da Bizet per la pubblicazione a stampa. In parecchi punti queste tre fonti non concordano. La verità non la sapremo mai, perchè Bizet morì poche settimane dopo la prima. Sta alla sensibilità degli esecutori di oggi rintracciare il modo corretto di rendere le intenzioni del compositore.
come non essere d’accordo con alfonso!
superato il fruscio e talvolta i tagli che sopratutto gli acustici imponevano e fatta la tara che le vibrazioni di certe voci erano ardue a captarsi (per fortuna per cantanti come Knote abbiamo elettrici ed acustici idem per la Farneti e uso questi nomi per parlare di cantanti della prima fase delle registrazioni) il mondo del 78 giri insegna moltissimo non soloper la tecnica vocale, ma per il gusto e lo stile delle esecuzioni. Insegna aspetti negativi come ad esempio il proluvio di picchettati e staccati di taluni soprani di coloratura, ma non tutte per fortuna, ma ne mostra molti e positivi come ad esempio che l’interpretazione non l’ha inventata maria callas, ma era normale per cantanti come la lehmann (lilli) o la schumann-Heinck e johanna gadsky (derisa pubblicamente in quella trasmissione) e che servire l’autore talvolta significa commettere quelli che con faciloneria si chiamano arbitri. Nessun recitativo è più nobile e regale di quello di Battistini, quale Alfonso XI, eppure ci sono aggiunte, omissioni e libertà. Ma le delizie dei mauri regi sono davanti a tutti. Ogni volta è come tornare a Siviglia con l amente e con l’immagine. Provate a sentire Cappuccilli , nella migliore delle ipotesi siamo a Riccione a ferragosto anni ’60 e se poi sentite Hrowstosky beh siamo nella più deserta steppa cara (si fa per dire) alle purghe staliniane. Non credo sia questione di cultura credo sia questione di voler saper sentire. E gli esempio, che ho fatto non sono che l’infinitesima parcellizzazione del problema