Turandot al Carlo Felice, tra Chiusavecchia e il Vesuvio

Traumatizzati dal sadico banchetto allestito da Lissner con la sua Tosca “culturale”, abbiamo riparato a Genova….dalle mamme ( o dalle nonne, a seconda dell’età di chi legge..), perchè alla fine la mamma ti stringe, non ti tradisce  e fa svanire i brutti sogni notturni. Abbiamo curato là lo shock acustico subito a Milano con uno spettacolo di qualità sonora e visiva infinitamente superiore, dove tutto, anche ciò che non era perfetto, ha avuto un senso ed una plausibilità. Il molto che funzionava….ha funzionato davvero bene.
Posso anticiparvi la conclusione: a conti fatti non credo che si possa allestire in modo migliore questo titolo, magari si potrebbe disporre di un coro ed di un orchestra migliori, ma la Turandot genovese, nata in odore di “opera trash” e riportata nel corretto alveo del fare teatro dalle ragioni della razionalità e delle forze fisiche oggettive, ha spazzato via, in virtù dell’antica formula del “fare bene e con professionalità”, tutte le mediocri ed orribili produzioni che hanno avuto luogo in questi ultimi anni nei piu’ grandi teatri del mondo. Afflitti dal demone dell’”internazionalità” anche in fatto di cultura musical-vocale, ci siamo talmente attaccati agli slogan e alle stupidaggini dei “comunicatori culturali” che siedono negli uffici stampa, che abbiamo finito per attribuire tout court alla diversità di passaporto un plusvalore artistico che in realtà non c’è, dimenticandoci di guardare in casa nostra anche quando c’è il meglio. Il cast di ieri sera, protagonisti e podio, senza tante ciance e baracconate, ha eclissato con semplicità e facilità l’ultima Turandot scaligera di importazione newyorkese. E il Carlo Felice, male in arnese con i suoi bilanci e in rincorsa a rattoppare il cast, attesa la prevedibile defezione di Daniela Dessy, Liù imprestata al ruolo di  Turandot,  è diventato per qualche sera il più grande teatro del mondo. Perchè i teatri non sono grandi per decreto legge, ma per la qualità delle prestazioni, che gli artisti scritturati sanno esprimere. Genova ha dimostrato come quella dell'”internazionalità” quale requisito per un “grande teatro” sia una fola che cela il fare spettacoli uguali dappertutto, anche quelli di basso livello, con gli stessi “divi” che nella maggior parte dei casi cantano peggio dei non divi.
Riferisco con ordine con ordine.  L’allestimento: quello di Giuliano Montaldo ha una ventina d’anni d’età. Resta un capolavoro assoluto di bellezza visiva, per il gusto della sua cornice architettonica cinefavolosa, mai kitsch e senza alcun eccesso zeffirelliano, semplicemente fiabesca ed in parte anche onirica ( perché il fiabesco e l’onirico, quando si parla di oriente, si toccano e si sovrappongono facilmente da sé.. ); per l’eleganza dei cromatismi variegati dei costumi di protagonisti, membri della corte, del popolo; per le luci calde ambrate, i notturni bluastri; il gusto sobrio delle coreografie e i movimenti delle masse. Un arte ancora fondata sul gusto del bello e del senso del teatro, su pochi, ma esatti gesti, che danno vita al testo: per tutti, Turandot che gira le spalle alla platea mentre al proscenio si consuma il dramma di Liù, semplice ma chiarissimo movimento.
I cantanti.  Se è vero che il teatro è finzione, è altrettanto vero che il canto è verità. E non si può essere grandi cantanti in forza della fama, delle fotocopertina, degli agenti, dei “grandi” teatri in cui ci si esibisce. Lo si è in forza delle proprie capacità tecniche e della propria disciplina, della professionalità. Le due signore protagoniste l’altra sera ( recita del 24 ), attempate finchè si vuole, sono maestre in questo.
Giovanna Casolla, dal suo debutto in Turandot avvenuto nel 1996 , ha posto da subito la sua principessa al primo posto della graduatoria “internazionale”, ma non ha avuto l’onore del title role in nessuno dei sedicenti “grandi teatri” ( salvo il Liceu nel ’99). Ma lei resta ancora adesso, con i compromessi, che sono diritto per una over 60, la Turandot del nostro presente. Ha sostituito tutte, perché tutte sono cadute una dopo l’altra, mentre lei è ancora lì, forte come il  “formidabil Vesevo”, e quando vuole mette in campo passi di valore assoluto, come se avesse vent’anni di meno. Gli ultimi due enigmi  sono stati incredibili per ampiezza e penetrazione di suono accento percuotente, come tutte le volte che ha deciso di cantare piano, compresi i momenti “furbissimi” in cui ha risolto le frasi scomode “ Figlio del cielo, padre augusto, no non gettar la figlia…”,  trasformati abilmente in un “a parte” tra  implorante principessa e  padre imperatore. L’invenzione di un canto “privato”, di conversazione, le ha consentito di affrontare senza problemi le frasi acutissime che chiudono la scena con un effetto teatrale che è intelligenza e mestiere autentico, rarità a confronto del pressapochismo e della sciatteria media, oggi correnti. Avete presente gli ultimi disastri cui abbiamo assistito in questo passo da parte di x,y, z., divi del circ(uit)o interzionale e delle agenzia che lo mantengono ?  Nonostante l’età la signora Casolla si guarda bene dall’amministrare la recita uniformemente sul forte, variando sempre i toni delle frasi e le intenzioni. Monumentale la figura, bellissima da vedere, con i primi acuti che la cyberdiva della precedente serata scaligera nemmeno si sogna.
Mariella Devia. Mariellissima. Mariella, autodefinitasi “comune donna eccezionale”. The iron lady….l’altra sera una sorta di Dorian Gray, senza età nè vocale nè scenica. Si è ricordata che quelle due arie, il saggio di conservatorio per i soprani, per lei sono meno che un ruolo, di fronte alle abituali regine. E guardandosi attorno avrà fatto anche constatato le modeste prove offerte dalle Liù correnti ( a Verona ne ho sentita una, che mentre, annunciava addirittura i Vespri Siciliani, non era in grado di eseguire le arie senza calare stonare ed inciampare nelle smorzature…..). Why not? Ieri sera ha cantato con un controllo del fiato strepitoso, unico al mondo in questo momento, una freschezza vocale e fisica spiazzanti, le smorzature e le messe di voce facili e trasparenti. Guardatela nel video qui sotto: fa tutto con il corpo, non una contrazione di gola, non un suono spinto…un capolavoro tecnico. Mi ha colpito davvero, anzi commossa, nel “Tanto amore segreto…” il passo per me più bello del ruolo, perché per la prima volta la strumentista impeccabile ha aggiunto al proprio canto…l’emozione. Mariellissima mi ha toccata, con la sua Liù intensa e partecipata, ho sentito le lacrime agli occhi…provocate dalla iron lady! Ma perchè non pensare ad altro rispetto alla Norma? Cantare con perfetta adeguatezza fisica e vocale alla seduzione di Manon di Massenet, come da sempre hanno fatto i grandi leggeri? A questo punto potremmo anche scoprire che le riesce di essere una grande seduttrice….Antonello Palombi, il gladiatore. Ha una voce grande, né bella né brutta, solido e sonoro. Non squilla, ma gli acuti li fa. Non è il genere di cantante che mi possa piacere, perché discende dagli affondatori delmonacheschi, ma se devo essere sincera è il miglior Calaf che io abbia sentito nella mia vita di melomane, caratterizzata dall’assenza di tenori drammatici. Il suo principe, forse poco principesco e un poì rozzo nel portamento, mi è parso vocalmente migliore di quelli di  Marcello Giordani e Marco Berti, perché non stona e non strozza macroscopicamente il suono negli acuti.
Ordinaria amministrazione il resto del cast, con qualche svarione dei tre ministri nel terzetto del II atto.
Marco Zambelli ha diretto con sicurezza le compagini genovesi, bene l’orchestra, varie entrate incerte e sbavature il coro, al primo in particolare, dove è mancata una certa poeticità nel “Perchè tarda la luna…o faccia pallida..” come nel coro dei bambini ” Là sui monti dell’est..” Una Turandot peraltro di buon suono, dagli esotismi e tempi del tutto tradizionali. In qualche tratto mi è parso un poco lento per le esigenze del cast, al finale primo in particolare, ma ogni volta che i cantanti hanno attaccato con maggior velocità ( per tutti, il passo scelto dalla Casolla in “In questa reggia”) lui è stato in grado di seguirli ed assecondarli. La prestazione migliore l’ha offerta nel terzo atto, ma nel complesso una direzione di qualità, godibilissima. Di fronte alle velleità di una superstar come Valery Gergiev, che l’anno passato in Scala diresse il primo atto per poi spegnersi del tutto nei  successivi, Marco Zambelli è stato nettamente superiore.
Uno spettacolo bello, che non ha mai smesso per un attimo di funzionare e di onorare autore e pubblico. Tanto pubblico, in attesa all’uscita dai camerini.. Uno spettacolo interamente italiano, a smentire chi ha recentemente scritto che l’Italia si trova ai margini della cultura operistica internazionale ( come se all’estero si sentissero chissà quali mirabilie..!), mentre è chiaro come sia il nostro miope atteggiamento a mettervela. Siamo noi a lasciarci condizionare, con la nostra vuota esterofilia snob e la nostra propensione ad appiattirci su quello che fanno gli altri nei grandi teatri, da anni convinti di dover sempre andare lontano per trovare qualcosa di meglio di quanto, come in questo caso, abbiamo già in casa nostra e ad un livello superiore a tutti gli altri.

E’ su questi distorti presupposti al nostro fare teatro che occorre interrogarci .

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30 pensieri su “Turandot al Carlo Felice, tra Chiusavecchia e il Vesuvio

  1. sono contento che ti sia piaciuta la Devia in questo ruolo,a me non tanto,freddina ..”una maestra senza anima “probabilmente eri in un serata di buonismo.
    poi le regine Tudor della Devia è meglio lasciarle perdere a parte parzialmente “Maria Stuarda”
    grande cantante se resta nel suo repertorio

  2. Io ho seguito la prima in diretta, commentandola nel foyer. All’inizio devo confessare che ero molto scettico per quanto riguarda la Casolla, perchè credevo che un ruolo così complesso e impegnativo non avrebbe fatto altro che evidenziare la sua fatica, dovuta all’età. E così è stato, soltanto che mi inchino alla sig. Casolla, che, pur faticando assai, è riuscita a cantare la Sua Turandot di sempre (una delle migliori), ed ha anche cercato di oscurare la sua fatica nel cantare, peraltro riuscendo eccellentemente. Adoro la Devia, quindi sono di parte, ma ripensando alla persona che è mentre cantava il “signore, ascolta”, mi sono commosso. Una Liù davvero sorprendente. Anche l’allestimento davvero stupendo, come detto sopra, una Cina molto naif, quasi magica e il fatto che molte scenografie utilizzino il fatto di “girare” (scusate il termine barbaro, ma non sono esperto di questi marchingegni) credo che sia sottolinei ancora di più la “circolarità” dell’opera, che insegna che tutto, prima o poi nella vita ritorna e bisogna fare i conti con esso, che sia odio o amore. Unica nota un po’ negativa l’orchestra e il coro, sempre in ritardo reciproco. Nel complesso davvero bello. Anche Palombi non mi è dispiaciuto, per il suo standard è stato bravino.

    • …avevo visto la diretta streaming….mi è parso tutto molto meglio dal vivo.
      che la casolla possa faticare….beh, a quasi 70 anni dovrebbe fare la nonna se le cose fossero normali, mentre invece è evidentemente bionica. Ma chi alla sua età ha mai cantato Turandot in questo modo? i primi acuti sono ancora delle bombe…e ha “detto” molte frasi…più di una. oggi le colleghe più giovani si esibiscono mostrando ingenuità lamapnti, senza nemmeno mascherare i limiti….anche sapersi difendere è un ‘arte sapiente, antica e la signora qualdo lo fa, mostra una lucidità su se stessa che ti fa dire : ” furba! “, anche se non è furbizia nel senso comune, ma è il dominio del proprio mestiere in realtà……farlo alla sua età…continua ad essere un prodigio.ditemi pure che sono di parte..!

      • Non credo che tu sia di parte (e anche se lo fossi, che male c’è?), cara Giulia, concordo in pieno con quel che dici; forse mi sono espresso male, io intendevo dire che il fatto della fatica (che ci sia stata o no, io penso di si), è più che giustificato se proporzionato all’età (come hai detto tu) e alla performance. Chiedo scusa se non mi sono espresso bene

      • Divina Grisi, la sua bella e condivisibilissima recensione mi lascia in preda al rimorso ed al rimpianto di aver rinunciato a questa Turanda per il più raro Stiffy, la sera del 24 unica disponibile, cedendo agli ordini della redazione spagnola.
        Trovo esattissime le considerazioni nei confronti delle due Dame e, soprattutto, l’inciso che riguarda la prossima Norma della Mareillissima. A cui cercherò di essere, ovviamente, ma che avei sicuramente preferito ascoltare, come Lei del resto, nella massenettiana Manon.
        Cordialità

      • Io non dico, Olivia, che abbia cantato male, credo che abbia fatto una Turandot eccellente, dico solo che ho notato che, a causa dell’età, ha fatto molta fatica, ma anche Karajan al concerto di capodanno 1989 faceva una fatica infernale, eppure diresse in maniera magistrale. tutto qui

  3. posso sottolineare un aspetto che fa di giovanna casolla una interprete autentica e sincera lo sguardo di fuoco con cui fulmina calaf alla fine del secondo atto. ci stava un solo commento, partenopeo ” Dumme io t’accide” (e chi conosce Eduardo sa che è una frase di Filumena Marturano). una sola cantante dicono fu capace di questo sguardo Grace Bumbry vs Franco Corelli , che fece commentare al cronista del NYT (credo!) conun asola parola “eviration”

  4. Ero presente alla recita di martedì sera e mi sono sgolata a gridare brave ! Sottoscrivo ogni parola di Giulia con due piccole note: il volume dell’orchestra , nel primo atto, era veramente troppo forte e il tenore stentoreo ma anche ingolfato negli acuti… Da ligure , però, sono felice che per una sera il nostro teatro abbia raggiunto un livello di professionalità che da diversi anni si era perduto.

    Grazie del bell’articolo !

    • questo video è la comferma di una certa usura nella voce della Devia l’ondulazione è ben percepibile,dovuto a parteall’ l’usura delle strumento vocale anche perche il ruolo di questa schiava non è suo..poi i fans possono dire quello che vogliono..

      • Uffa, Grisacci, serve una serrata di ascolti comparativi fra la Signora Devia e le sue temutissime rivali giovincelle ma astri nascenti?
        Su questa Turandot e sulla Tosca cosa non tocca leggere… di sti tempi!

          • Grazie Pasquale, abbiamo capito.

            Ti regalo la Netrebko in un ruolo che per lei dovrebbe essere una passeggiata. Ruolo che non ha ancora affrontato credo.
            Io ritengo, invece, che abbia ripulito e reso emozionante un ruolo sulla carta non adatto a lei.
            Fra l’altro le oscillazioni io non le sento. O comunque, sono così poche da non darmi fastidio considerando che è una giovinetta di 64 anni.
            Artiste ben più titolate oscillarono molto prima di quest’età.

  5. Ho assistito alla pomeridiana di domenica. Era da tempo che non assistevo a una esecuzione così appagante sia sotto l’aspetto musicale, sia sotto l’aspetto visivo. La Devia ( e ci tengo a sottolineare che non sono un suo fan scatenato) mi è parsa splendida per l’assoluto controllo della linea vocale, il bel timbro , l’appassionata interpretazione! Forse, giunta a questo punto della sua carriera, dovrebbe davvero virare di repertorio.

  6. sicuramente ok la Casolla quasi settantenne. Ma la Devia…….Sì brava come sempre ma fredda, priva di pathos. Liu’ è un personaggio tipico di Puccini. Quei personaggi che fanno scendere una lacrima allo spettatore. Come la morte di Mini’ o di Manon o di Butterfly. Non credo che la devia abbia fatto estrarre fazzoletti a nessuno. Mi spiace ma io la penso così.

    • interpretare per la devia è sempre stato occasionale e legato a taluni personaggi come elvira dei puritani. Qui però è stata interprete, esaltando le piccole cose di cui liù è l’ ultima voce. Se ripenso alle liù dal vivo o io disco a parte il magistero dell’ olivero. Il timbro della caballé o della price di molto meglio solo rosanna carteri non certo la freni vero car de giazz per dire alla milanese

    • Indubbia una certa meccanicità nella carriera della Devia, un’ attenzione alla tecnica a discapito dell’espressione. A Genova ti saresti ricreduto anche tu Domenico, la Devia ha sfoderato fiati e fraseggio, un accento fiero ed accorato , la voce più morbida e più sapiente di un tempo, mettendo in risalto l’artista più che la belcantista. Non avrò pianto ma la qualità dell’interpretazione mi ha commosso.

  7. La Devia era incredibilmente in parte anche sotto l’aspetto fisico così piccola, fragile , minuta. Al suicidio tutti quelli intorno a me erano commossi….e mai il finale di Alfano mi è parso poi più volgare, canzonettistico, “osceno” . Avrei voluto che l’opera terminasse in quel punto…e non mi era mai capitato prima.

  8. ti confesso che, invece, ho simpatia per il finale di alfano sopratutto per le difficoltà vocali che riserva alla protagonista . e qui giovanna casolla ha perso di colpo vent’ anni tanta la facilita a risolvere la scrittura

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  10. Gentilissima Sig.ra Grisi. La sua recensione è davvero commovente. Sono genovese e conosco bene la dimensione delle difficoltà economiche e organizzative che il nostro teatro cittadino sta passando. La ringrazio per le Sue sincere parole che indubbiamente sono di sostegno a tutti coloro che attraverso i propri sforzi cercano di porre rimedi alla drammatica situazione che il teatro di Genova, con il suo pubblico e i suoi lavoratori stanno attraversando.
    Questo vostro sito che prima d’oggi non conoscevo è un’isola felice in cui il rispetto per la storia. l’estetica ,il fraseggio ,l’esperienza e le competenze strumentali restituiscono finalmente la Grande Musica alla sua vera dimensione . Leggere le vostre recensioni sugli spettacoli è come tornare a viverli e ad ascoltarli nella maniera in cui ci è stato insegnato dai nostri maestri , con quel rigore e amore che sembrano non esistere piu’ o che leggendo i troppi cialtroni sui giornali o sul web, mi hanno fatto credere di aver vissuto in un’utopia. Complimenti a tutti voi. Andate avanti così!

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