Per imparare ad ascoltare non è sufficiente saper apprezzare le cose belle, bisogna anche esercitarsi a riconoscere le voci cattive. Pertanto questa rubrica prenderà in esame occasionalmente anche esempi di canto difettoso: c’è sempre tanto da imparare, infatti, dalla correzione delle prove negative. Come prima scelta ho optato per questa moderna esecuzione dell’aria di Rodolfo dalla Sonnambula, realizzata credo in studio. La voce qui proposta, di presunto “basso-baritono”, è un classico esempio di imposto costruito, artificioso, gonfiato con la gola: una voce cui è preclusa, in ragione di tale cattiva impostazione, la possibilità di esprimersi in modo vario, schietto e sincero. Per capire cosa s’intende con suono “ingolato”, invito i lettori a porre attenzione già alle prime frasi dell’aria, anzi direi già al primo attacco. Nel testo ricorre svariate volte la vocale “i”, la cui corretta emissione richiede un suono alto e leggero, perfettamente proiettato, sul fiato, “immascherato”. E’ la vocale del focus, della “punta”, della brillantezza: infallibile spia, quando mal pronunziata, di una emissione difettosa. Ebbene, è facile sentire come qui la linea di canto ed il legato risultino compromessi ogniqualvolta nel testo ricorra tale vocale. Il suono si ingolfa, perde posizione e risonanza, va tutto indietro diventando un rantolio sordo, soffocato (“vI ravvIso”, “In cuI LIeti”, ecc… fino al termine del brano, cabaletta compresa). La voce, così “bassa” e artificiosamente scurita, non riesce ad uscire, sta tutta chiusa tra gola, bocca e naso. E’ un aria questa che non lascia scampo per chi non sappia fare la i ! Per ragioni di spazio mi limito ad evidenziare questo particolare. Per il resto, tutto il brano è risolto con un’espressione piattissima, tutta improntata ad un rigido tono tribunizio che non si capisce quale attinenza possa avere con il personaggio e con il contesto dell’opera. Come riparazione ed utile cartina al tornasole, si consiglia questo ascolto:
37 pensieri su “I venerdì di G.B.Mancini: impariamo ad ascoltare. Ildebrando d’Arcangelo in Sonnambula”
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perfettamente d’accordo. Il primo cantante vorrebbe puntare sul cosiddetto “squillo”, ma non essendo ben agganciato, il suono non è libero e risulta artefatto, ad onta del timbro naturale baritonale. Il secondo cantante appoggia alla perfezione la I, un po’ meno, paradossalmente, la E (la A e la o sono a posto), che risulta ogni tanto un po’ intubata, ma poco. E’ il problema che io definisco della “consapevolezza”, per cui OGNI nota dovrebbe essere messa nel giusto punto con cognizione, ad ogni altezza ad ogni intensità e of course ad ogni vocale, realizzando in pratica una microscopica messa di voce ad ogni cambio, e (Ma ci vuol tanto?) facendo sì che si diventi cantanti-strumento. Ma i cantanti, specie maschi, in genere pensano solo a farsi sentire, al volume, agli acuti… delle bestie
però, caro Mancini, adesso voglio sentire la tua sulla I e la E: sono o no più facili da “impostare”, rispetto alle vocali aperte, o addirittura velari come la U? Forse una voce maschile apre meglio la gola su quelle? non lo so, io mi baso sulla mia esperienza, e ho sentito solo Kraus dire che la I apre la gola, però magari un soprano ha facilità anche sulle altre… vorrei sapere l’opinione tua e degli altri su questo perché non è un dettaglio secondario. La Caballé in molti Casta Diva fa le A fuori posizione, e io non posso sentirla…
Non c’è una regola valida per tutti, e sono contrario all’idea di impostare la voce privilegiando una sola vocale. La “I” può rivelarsi molto utile per trovare appunto la posizione alta, la “punta”, ma non a tutti riesce facile appoggiarla! La “A” a molti può venire troppo aperta e sguaiata, la O e la U sono spesso utilizzate per facilitare il passaggio di registro, ma sono parecchio pesanti e rischiano di incavernarsi in gola se troppo scure… Posso concordare che la E, via di mezzo tra la I e la A, sia la più facile. Tant’è che i cantanti mal messi, per salvarsi sugli acuti spesso ricorrono a questa vocale.
Concordo sull’inesistenza di una regola valida per tutti. Alla fine, le vocali, volenti o nolenti bisogna mettersele in gola tutte. E per tutti non è la stessa cosa.
Faccio due premessine: 1) bella domanda fabrizio! XD 2) il Tosi (non ricordo ora il Mancini) e la scuola belcantista discendete dai castrati (vedasi il Metodo del Conservatorio di Parigi del Mengozzi ed il Garcia, che impostavano le voci ai primi vagiti sulla A innanzitutto – Garcia faceva emettere i primi suoni come vocalizzi con la sillaba KA in una regione medio-grave), io personalmente ho questa scala di semplicità: trovo semplici per il registro grave la I, E, U mentre mi capita di velare ogni tanto la A e spesso la O; per il registro medio la A, O, U vengono semplici mentre la E ogni tanto si vela e la I se cambio di vocale viene schiacciata sopratutto in scala ascendente, mentre non discendente; per il registro acuto trovo semplici la A, E, O, U, I anche se ogni tanto la U ed I mi fanno “spezzare” il suono.
Come esericizio espressamente per l’omogeneità faccio diversi vocalizzi ascendenti-discendenti di quinta o ottava su I-O, che stanno funzionando per la scala discendente mentre tendo ancora a schiacciare nel medio la I.
Aggiungo un ps: sto “conquistando” agli acuti con la E! A me personalmente porta la voce su tanto che nemmeno io credevo di riuscirci!
un modo per verificare se un/una cantante ha un’impostazione “completa”, è ascoltare se la loro A (la più centrale) e la loro U (la più posteriore) riescono ad entrare nello stesso punto dove sono la E e la I (che ovviamente sarà sempre un suono intermedio tra I ed E e via dicendo): in altri termini, se la colonna di fiato sostiene tutte le vocali, indipendentemente dalla loro apertura. Questo lavoro continuo del fiato è riconoscibilissimo da una vibrazione spontanea dovuta a un galleggiamento del suono, che oltretutto in chi ascolta provoca una sensazione di benessere ed ammirazione, perché il fisico è rilassato. Anche la recitazione ne guadagna, perché essendo il solo fiato a lavorare, il cantante col corpo non solo fa, più o meno, ciò che vuole, ma soprattutto lo fa “con naturalezza”
… anche se parlare di “fisico rilassato” quando si deve sostenere un “Vesti la giubba” è concetto molto relativo! 😀
Ma perche’ de Segurola pronuncia la “U” sempre come “O”?
E’ vero, apre molto la U. Evidentemente teme che il suono con la U possa andargli indietro.
Mah… io percepisco bene la “u”: in “luoghi” la pronuncia molto bene; in gioventù la apre un pochetto ma sento pur sempre “u”. Per me si tratta soltanto dell’intento di tenere la voce sempre altissima – e lo fa magnificamente – e poi del dover fare i conti con l’apertura della propria gola. Non è facile cantare soprattutto nella zona alta della voce una vocale che tende a stringersi nella normale pronuncia. Però, come detto più sopra, non per tutti la cosa è uguale. La bravura del cantante sta anche in questo: risolvere le proprie difficoltà non restituendole all’uditorio. Segurola ci riesce benissimo. E ti ringrazio Mancini perché non conoscevo questo splendido basso! 😉
Bellissimo articolo, Mancini: abbiamo il non-canto di D’Arcangelo, che è semplicemente un rantolo (a me ricorda il pentolone dei panni sporchi che sbuffa sul fuoco di certi film western), e la bellissima linea di canto di de Segurola
Sarebbe bello intervistare chi ha ancora dubbi sul tipo di canto inesistente di D’Arcangelo!
Eppure D’Arcangelo mica ha sempre non-cantato. O sbaglio? Ma stiamo tranquilli che arriverà qualcuno a rammentare a quelli che stanno “sui siti neri” che questo non è il presente, ma l’eccellenza anche del futuro. Il resto è roba “vecchia” e quindi va dismessa altrimenti cosa ci va a fare qualcuno in teatro se ha dalla sua l’unica prerogativa di VOLER ascoltare IL CANTO e non vedere acrobati da musical che si dimenano su scenografie a dir poco insensate seguendo concertatori che paiono in collegamento via facebook con il palco?
Bisogna mandare questi “lezioni/ascolto” alla critica (…e ai direttori artistici, dirtettori del “casting”, direttori d’orchestra e chi più ne ha più ne metta…) tutto il mondo.
Più che alle Maestranze, sarebbe opportuno divulgare questi confronti al “pubblico normale” al fine che ci siano gli strumenti necessari per capire quanto le Maestranze e tutti i loro lacchè internauti o meno stiano blaterando. Magari proprio in questi giorni in cui divampano polemichette da condominio sulle valutazioni di una orrenda Tosca e il silenzio sotto il quale si vuole seppellire una Turandot che merita sicuramente più luce.
In fin dei conti, qui non si bara. E non c’è alcun revisionismo.
Il canto di D’Arcangelo è una pistola fumante, per un’indagine sulla perdita di credibilità della musica operistica.
Un canto dalla sonorità “liricheggiante”, solido con buona approssimazione, apparentemente a posto; ma un ascoltatore non prevenuto avverte la non sincerità dell’intenzione sonora, una innaturalezza stucchevole.
Non stupisce il fatto che, negli ultimi 20 o 30 anni, tante persone che si sono avvicinate alla Musica Classica abbiano mantenuto l’Opera a margine del proprio interesse musicale, nutrendo diffidenza e anche sufficienza.
Della Netrebko si può dire esattamente lo stesso.
Mozart, se ti stavi riferendo alla tecnica della Netrebko paragonandola a quella di D’Arcangelo non sono d’accordo, non credo che D’Arcangelo si possa paragonare alla Netrebko, anche se tu di sicuro, avendola vista di recente, magari hai notato dei cambiamenti, ma io, quando sento la Netrebko le pecche vocali e tecniche le trovo subito, e il suo suono non mi sembra affatto artificioso, mi sembra raffazzonato e basta. Se ti stavi riferendo ad un’altra affermazione di Fledermaus ti chiedo scusa, nono ho inteso io.
Mi sono espresso male. Per spiegarmi meglio, ha ragione stefix a dire che la tecnica della Netrebko è raffazzonata. Lo è perchè tutta la costruzione del parsonaggio è artificiosa. Lei non si cura del canto perchè nella sua ottica esso è meno importante di tutte le piroette, smorfie e mosse che ai fan superficiali danno l`idea di spontaneità comunicativa e carisma scenico, ma che a a un esame un po’ più ravvicinato si rivelano cose artificiali e preparate a freddo. Dietro questi artisti c’ è sicuramente un lavoro di immagine condotto da esperti della musica leggera, perchè il prodotto Netrebko è confezionato secondo questi criteri e come tale viene venduto.
Completamente d’accordo, grazie per il chiarimento.
Carissimo, dopo ieri sera mi sono convinto di una cosa. Ascoltare la Netrebko è come mangiare le tagliatelle ai porcini dei 4 Salti in padella. Al primo assaggio sembrano buone, ma poi ti accorgi che quelle fatte in casa sono un’ altra cosa…
Anzi, d’ ora in poi la chiamerò proprio così: il soprano 4 Salti in padella…ahahahaa
scommetto che l’idea ti è venuta nella cena dopo lo spettacolo ah ah
Ché poi, io credo che 4 Salti in padella e Tavernello abbiano un loro posto nel mondo.
E’ quando vengono presentati come il nuovo Gualtiero Marchesi e il nuovo Barolo che vanno smascherati
Mozart, la metafora dei 4 salti in padella è azzeccatissima per la Netrebko!
È proprio così: la ragazza ha (avrebbe) una voce di tutto rispetto e secondo me pure senso musicale se si mondasse di tutte le pecche che si tira dietro. In altre parole, credo che si potrebeb dire così: il più delle volte non è che non sappia cantare, ma lo fa male. E questo ai più, dimentichi o del tutto ignari dell’esempio dei grandi, sfugge.
Caro Enrico, non molto tempo fa alla tv italiana trasmettevano uno spot secondo me geniale che recitava:
“IL SUCCESSO DI TAVERNELLO INVITA A RIFLETTERE.”
Quant’ è vero!!!
Giustissimo!
Io concordo con Fledermaus, d’Arcangelo non è malaccio al primo ascolto, ma ragionandoci attentamente su si scopre innanzitutto una evidente carenza interpretativa (canta praticamente tutto con la stessa espressione, e non intendo solo quella della recitazione, anche quella vocale) e poi è molto artificioso, si distacca sempre troppo dai personaggi che interpreta, poichè non “entra” mai in essi. L’ho ascoltato in Figaro nel 2007 e, per carità, ha fatto un figaro decente, poi rivedendolo in video ho notato molte pecche. Comunque non è di certo uno dei peggiori cantanto del attuale secolo, almeno il timbro e un minimo di tecnica ci sono.
Quel “bel timbro” non è altro che l’effetto prodotto da una tecnica di emissione costruita, innaturale, artificiosa, ingolata, come ho osservato nella mia “lezione”. E questa brutta emissione è la causa anche dell’espressione monocorde.
Tra parentesi, l’ascolto di una registrazione non può servire a correggere l’impressione che una certa esecuzione musicale può averci dato dal vivo, in teatro. Spero ci si renda conto che l’ascolto dal vivo è l’unico ascolto vero. Bisogna fare attenzione, a teatro, a come una voce riesca a riempire la sala, a quanto riesca a spandersi nell’aria, oppure se il suono rimanga lontano, confinato al palcoscenico.
Eppure molte volte il riascoltare un’aria sentita dal vivo può aiutare, almeno secondo me si, ovviamente in teatro è tutto diverso, ma credo che il riascoltare registrazioni sia un utile modo per comprenderle (se le si è ascoltate dal vivo, sennò è un diletto) e per, magari non cambiare radicalmente opinione, notare particolari che al primo sguardo (che sia in teatro o nella vita) non son venuti all’occhio e all’orecchio.
Ascolti comparati “didatticamente” efficacissimi. Per il resto anch’io penso che D’Arcangelo non sia tra i peggiori della sua generazione, o meglio non lo sia stato, forse perché anch’io l’ho ascoltato in teatro e anni orsono qualcosa c’era. Oltre al succitato Figaro, ricordo un ottimo Don Giovanni nel ruolo da protagonista, ma parliamo ormai del 2002. D’Arcangelo fa parte di quella schiera nutrita di cantanti che dai 20 ai 30 anni aveva ancora qualcosa da dire perché in teatro qualcosa arrivava anche grazie alla freschezza della voce che spesso poteva sopperire (naturalmente solo in parte) a lacune tecniche, o che almeno poteva distogliere da esse. Quando la tecnica è questa, problemi eclatanti arrivano già dopo i 30 per esplodere alla soglia dei 40, quando si arriva a prove come quella davvero pietosa proposta per l’ascolto.
il suo modo di cantare per me assomiglia molto come canta (o meglio cantava) Carlos Alvarez. voce non grandissima, ingrandita artificialmente – il risultato era spesso un suono “cavato” (hohl) – impostazione non ottima. entrambi le voci correvano abbastanza bene in teatro all´inizio della carriera, ma cantavano un repertorio non sempre adatto in modo troppo pesante. peccato.
Ma voi uomini siete pure piu invidiosi delle donne! Dite permanentemente stupidaggine di D’Arcangelo perche lo invidiate per la sua bellezza e suo successo. Credo non troverete una grande maggioranza che sia d’accordo con voi.
un foco insolito sento nel petto….. e non scendo oltre…
E se presentassi argomenti sulla bontà di d’Arcangelo invece di insultarci?
“Splendido”…ora i cantanti non devono più essere bravi, ma “belli” e se qualcuno critica o non apprezza allora è “invidioso della sua bellezza”: siamo alla porno opera! Beh, Irene, mi spiace contraddirti, ma siamo tutti bellissimi/e…l’invidia non è un vizio che ci appartiene. Tiè… Purtroppo, invece, disponiamo di un buon udito e questo, ne convengo, è un difetto imperdonabile!
Irene prova con questo sito http://barihunks.blogspot.it/ ti sentirai più a tuo agio!
Irene é semplicemente disorientata dalle critiche mosse da Mancini a D’Arcangelo che non le sembrano compatibili con il successo di critica e pubblico che il nostro ha goduto e gode. Infatti anche per me é un ottimo cantante anche se i suoi limiti sono proprio nel fatto che per non perdere eleganza e nobiltà (che sono il suo pallino) é sempre stato molto monocorde. Ma la voce é bella, l’attore disinvolto. Le censure rivolte da Mancini nello specifico sono fondate ma va detto che il ruolo non venne certo scritto per lui e tanti cantanti l’hanno cantato e lo canteranno peggio. Ribadisco che al cantante si attaglia perfettamente la metafora della “coperta corta”. Si chiami Callas o Caruso, Schipa o Price a nessuno puoi dare la palma della perfezione e alla fine, come nello sport, vince chi fa meno errori.-