FILATO O SMORZATURA E CADENZE.
Per poterlo fare alla perfezione è necessario lavorare a lungo e per molto tempo.
Mettiti davanti allo specchio, fai un profondo respiro dal naso. Nello stesso momento dovrai fare una contrazione con l’addome, come se volessi spingerlo fuori dalla sua cavità affinché, in questo modo, possa contenere tutta l’aria ricevuta. Ripeti questo esercizio infinte volte finché non ti accorgerai che il fiato è diretto nel modo corretto verso la cavità dell’addome. Una volta sicuro del buon risultato raggiunto, emetterai, sopra lo stesso fiato, la nota che meglio riesci a collocare sul ponte: e farai ciò trattenendo l’aria nell’addome e nel torace come se volessi evitare che questa esca da dove l’hai prima conservata.
Farai questa nota come se fosse il suono di una campana, che, dopo il colpo del batacchio, diminuisce progressivamente per la diminuzione delle onde di vibrazione. Ma invece di imitare questo suono facendo “tan, tan, tan” dovrai fare “toum, toum, toum” immaginando sempre di spingere il fiato verso il labbro superiore. Una volta raggiunta questa posizione nel ponte armonico, emetterai la nota trattendendola, come ti ho detto, nell’addome e nel diaframma, con tutta la forza muscolare per non sprecare nulla di quel fiato che dovrai esalare poco per volta, diminuendo il suono, facendo la nota sempre più lunga fino a ridurla ad un eco quasi infinito (questa nota potrebbe essere un re della quarta linea). Ricordati di non muoverla dall’arco armonico: se fai anche un piccolo e insignificante movimento con la testa, il fiato si sposta dal posto in cui deve stare: va indietro, verso la laringe risultando gutturale.
Detto da altri cantanti “più si canta piano più si deve sostenere”. Tanto per fare confronti con il presente ed i modi attuali del canto assistiamo ad una teoria di cantanti che cantano, anzi accennano, per virtù naturale e appena passano dal piano al mezzo forte emettono suoni scomposti e malfermi.
Dopo aver raggiunto la perfezione in questo esercizio, continuerai esercitandoti nelle altre note fino, se ti è possibile, al do sovracuto, che ti darà grandi soddisfazioni.
Ti consiglio ti avere sempre grande pazienza poiché dovrai ripetere il tutto infinite volte per poter ottenere le smorzature.
Quando la voce è gutturale, oltre ad avere il difetto di essere, come dire, giù di posto, se si radica in questa posizione, per quanto tu possa esercitarti, non riuscirai mai a portarla al ponte e la mezza voce, senza che tu te ne accorga, diventerà un falsetto: ed è per questo che la voce col tempo inizia a tremare e a mostrare seri squilibri. Devi per questo stare molto attento.
Il filato, finché non sei sicuro, bisogna esercitarlo con più frequenza rispetto al passo di voce dal petto alla testa essendo la parte più difficile della scuola di canto. Se lo trascuri per motivi di diversa natura e non riesci a praticarlo con frequenza, quando tornerai ad esercitarti, avrai gli stessi problemi.
Ti ricordo che si parla del filato di voce non di falsetto: il vero filato che parte da una nota reale bisogna esercitarlo tutti i giorni.
I modelli assoluti di filature che significa poi assoluto controllo del fiato li abbiamo scelti in chiave tenorile con il re dei filati ossia don Fernando de Lucia, che dimenticava anche in opere veriste, che poi sarebbero diventate il terreno di caccia del gallismo tenorile, linea musicale e ritmo pur di esibire i suopi celebrati filati. Ancora con il filato più impressionante e censurato dall’autore ossia Miguel Fleta in Tosca.
Questa lezione di Lazaro non mi piace per niente. Espressioni come “contrazione con l’addome”, “spinta”, “trattenimento dell’aria”, “forza muscolare”, sono assolutamente fuorvianti, si prestano solo a generare tensioni, forzosi meccanicismi, ingolfamenti, emissioni non sfogate, trattenute, soffocate e strozzate… Il controllo del fiato è un’arte che non si può spiegare in questi termini rozzi, materiali e meccanici.
Concordo con Mancini nel dire che questa lezione è molto confusiva in termini, sempre a sottolineare che per chi non ha esperienza concreta di canto è molto difficile capire cosa Lazaro stia spiegando.
Mutuando dal Garcia, il filato ossia le messe di voce sono il vero banco di prova per una voce: solo chi ha controllo corretto della respirazione, dell’emissione, dei registri, dei colori e dell’agilità può fare delle messe di voce a regola d’arte.
E’ curioso il limite di esercizio al do acuto che pone Lazaro, che invece il Garcia fissa per la voce tra il do3-la4 (voce sopranile) o do2-la3 (voce tenorile), ritenendo la messa di voce sotto il do inutile e quella sopra al la molto difficile.
Molto apprezzabile da parte di Lazaro ricordare come bisogna stare fermi ma non rigidi onde evitare scosse nel filato: 0:51 http://www.youtube.com/watch?v=jnDTo3d73o4
Il punto è che non si può credere di poter governare la voce azionando meccanicamente un interruttore posto nell’addome… ancor peggio poi se si pensa di trattenere, stare in apnea…. si finisce solo col chiudere la gola e tirare indietro. Il fiato si controlla con il pensiero, non con i muscoli…
“Il fiato si controlla con il pensiero, non con i muscoli”
Presupponendo che questa frase non sia una immagine, non posso che essere assolutamente in disaccordo perché è una affermazione che va contro ogni regala meccanica e fisiologica.
ll “pensiero” nasce dal cervello, che regola la meccanica del canto attraverso delle azioni compiute volontariamente dal soggetto.
Queste azioni volontarie si traducono in impulsi celebrali intercorrenti tra il cervello ed i muscoli impegnati nell’attività canora.
Ho cercato di rileggere la frase più volte per evitare di sembrare ottuso e per leggerla come immagine, ossia come una metafora di un qualcos’altro, e penso di poterla interpretare come un rigetto alla spiegazione meccanica (apprezzabile seppur contorta) di Lazaro: a mio vedere, è una spiegazione propriocettiva che vale tanto quanto.
I muscoli vanno da sé… il cantante non governa volontariamente i muscoli, il cantante governa il fiato-suono. L’educazione della voce è condotta dall’orecchio e dall’intenzione di fare un certo suono, non da un lavoro di facchinaggio muscolare… Certo sono in molti a vederlo in questi termini, non io però.
io sono d’accordissimo: se non sai COME deve essere, è inutile mettere in moto i muscoli. L’esempio culturale e l’umiltà di non aver capito valgono più di mille esercizi, che invece valgono DOPO, solo quando si è capito
Pensare che l’emissione della voce dipenda da manovre muscolari localizzate e volontarie è illusione tipica dello scientismo, del materialismo e del meccanicismo che caratterizza la nostra epoca, ma resta un modo di intendere il canto assolutamente anti vocale ed anti artistico. Non è così che si impara a cantare.
Si, ma se non c’è il lavoro muscolare che tiene il suono alto, non serve più a gran cosa di avere il giusto “ideale” di suono.
Il suono è già “alto”, non va “tenuto” o “fissato”, non va “spinto”, “tirato”, “schiacciato”, la tecnica vocale è un “togliere”, un “purificare”, non è un aggiungere o un impostare… Il lavoro muscolare c’è in ogni cosa che facciamo ma quando mai pensiamo a come muovere un singolo muscolo? Il pianista forse quando preme un tasto della tastiera pensa ai muscoli del braccio e della mano oppure pensa con la sua volontà alle caratteristiche di colore ed intensità del suono che intende produrre? Il canto è musica non è anatomia, e manco ginnastica.
Giuditta la posizione alta del suono è indipendente dal lavoro muscolare, che c’è e ci deve essere, ma realizzando una tensione “elastica”, al fine di sostenere il suono.
Enrico, io parlavo appunto del TENERE il suono alto e libero. Altrimenti, certo che con la sola respirazione non si “spinge” in avanti il suono…
Mancini, non trovo niente di male nel trattare il canto ANCHE come tecnica (nel senso greco di “tekne” che significa sia “arte” che “sapere fare”).
@Giuditta
io parlo pure di tecnica, ma rifiuto l’idea che la tecnica per apprendere a cantare consista nel fare ginnastica addominale…
vedevo ieri un’intervista della Fleming dove si parlava di “suono immaginato nel cervello” (a proposito di quello della Sutherland, credo). Il rapporto coi muscoli (intercostali e addominali) esiste, ma è indubbiamente commisurato all’emissione, è sinewrgico, non possono essere attivati indipendentemente, sennò si chiude la gola. Tuttavia io non saprei spiegare in termini fisici cosa succede realmente quando si inizia a cantare sul fiato, ovvero con l’appoggio, ovvero in maschera. Si arriva a farlo e basta, allora secondo me è più utile imparare a distinguere chi lo fa da chi non lo fa, meglio perdere tempo lì, perché sono sicuro che dopo aver capito cos’è, piano piano si fa, e bisogna fidarsi solamente di chi ha capito cos’è, e non di chi parla a vanvera senza aver capito cos’è (per es. il 99 % dei maestri di canto, vi assicuro). La Schwarzkopf nelle sue masterclasses non capiva nulla di canto sul fiato, per esempio, impartiva un falso concetto di voce in maschera, non sapeva distinguere i suoni spinti da quelli appoggiati, quindi se non li sapeva distinguere lei, figuriamoci il resto!
Il concetto descritto, forse un po’ troppo in fretta, da Lazaro con le parole – “fai un profondo respiro dal naso. Nello stesso momento dovrai fare una contrazione con l’addome, come se volessi spingerlo fuori dalla sua cavità”- è probabilmente il punto più contradittorio, dibattuto e polemizzato dell’ntera trattatistica in materia; in ogni modo, gli ascolti proposti da Donzelli sono molto ben scelti ed esplicativi di quello che probabilmente il grande tenore intendeva e malamente spiegava.
i muscoli servono, e se si dorme male, se siamo disturbati da qualche brutto pensiero ecc., è probabile che certi muscoli lavorino peggio, e allora tutti i suoni non gireranno bene. Ma il fatto che il corretto appoggio sul fiato si capisca, e si trovi!, sul piano, e non sul forte (basta guardare la Horne che esegue la messa di voce), sta proprio a significare che la concentrazione consapevole, la famosa “preparazione” della nota (“think before singing”, dice la Callas) avvengono ogni volta tramite la ricerca mentale di un suono con delle caratteristiche precise, che è già nella nostra memoria. Come si arrivi alla meccanica di questa produzione è del resto un mistero, ma mi pare una cosa inutilissima, un gran dispendio di energie, come chiedersi perché si sta in piedi e non si cade
Ecco, hai detto un paio di cose sacrosante. Il suono corretto lo si trova partendo sempre dal piccolo, dal piano, dal sospiro. E’ quello il principio da cui si sviluppa tutto il resto: è il seme della voce. E poi la “concentrazione consapevole” (sul suono o sulla parola da pronunciare, mica sui muscoli!), ossia “think before singing” (eh, la Callas la sapeva lunga).
ma la cosa più incredibile non è la messa di voce, bensì l’ignoranza che c’è in giro al riguardo! approssimazione, paracultura. Volete i nomi di ben quattro maestri di canto, cantanti professionisti, che uno dopo l’altro NON mi hanno insegnato come si imposta la voce? Ancora son qui a chiedermi: o non lo sa più (quasi) nessuno, oppure lo danno talmente per scontato che passano subito ai vocalizzi spaccavoce, o ai tormentoni “vediamo che voce hai davvero”. Propongo due figure didattiche distinte allora: un pedagogista vocale, che provveda all’aggancio sul fiato, nel piano e con infinita pazienza (che serve anche per parlare bene, e per cantare il leggero), ma ci potrebbero volere anni! quindi un maestro di canto vero e proprio, che fa sviluppare una voce nel genere lirico, se ne vale la pena, a partire però dal giusto imposto. (La Callas dice “think before singing” a un’allieva della Juillard, e le dice anche che l’aria dalla Medea, se cantata “with open throat”, NON è un’aria-killer; ma ovviamente non sa spiegarle come si fa)
Mi spiace, caro galehout, che non abbia trovato un buon insegnante di canto.
Che ci voglia tempo è indiscusso: ci vogliono anni e anni per imparare e rendere innati meccanismi che all’inizio non sono “naturali”, perché (parafrasando l’Uberti) “la laringe non è nata per cantare”.
Per questo contesto l’approccio da professionista rodato che Mancini da al suo approccio di canto: Lazaro parla ad un allievo che inizia a cantare – l’immagine può aiutare ma se non capisce cosa praticamente deve fare, a voglia di immagini! 😉
Io mi ritengo fortunato di aver trovato un buon insegnante e direi anche un buon professionista al primo colpo: per ogni dubbio che ho, vuoi da miei dubbi pratici, vuoi da alcuni dubbi derivanti dalle mie letture, mi aiuta a risolverli con il risvolto intellettuale ma sopratutto pratico (perché ovviamente ci deve essere un dialogo tra insegnante e allievo!). Perché torno a dire, se un falegname rodato non pensa di certo alla forza in newton che imprime alla pialla, di certo agli inizi ha misurato che risultati si trovano applicando diverse forze 😉
Il canto è musica e anatomia, pensiero e ginnastica.
Quello che non mi piace del tuo approccio, caro Mancini, è il solito ed estremista “aut aut” delle cose: o il canto è immagine o il canto è meccanica.
Per le complessità e contraddizioni della realtà, il canto a mio vedere è entrambe, tant’è che se uno pensa solo per immagini prima di capire come funzioni il proprio corpo non canterà bene (lo fa bene un volta ma poi, è in grado di riprodurre l’azione?) così come chi penserà solo a usare i muscoli (a comprimere qui, abbassare di là, sganciare di qua) non canterà mai bene perché gli manca poi una immagine riassuntiva.
Le parole sono belle ma il canto è fare, capire dove e quando si fa bene o male, e rifare correggendo!
Peraltro, Mancini, sempre il tuo approccio riterrebbe questi utilissimi e sacrosantissimi esercizi inutili perché tanto bastano le immagini
http://www.youtube.com/watch?v=CRrG5J0ldeo
http://www.youtube.com/watch?v=hPLNAXUr0cg
Niente di più errato perché se una persona non ha la percezione del proprio corpo, gli esercizi fisici sono un motivo di consapevolezza. La Horne racconta come Bergonzi facesse molti esercizi di respirazione ogni giorno e prima di ogni recita!
http://www.youtube.com/watch?feature=endscreen&NR=1&v=aIdKwEQyWOY 😉 viva Montsi!
ma Bergonzi faceva gli esercizi su una base! se non c’è quella, sono tutti inutili, perché si canta “spoggiati”. Mi hanno raccontato che la Caballé “sembrava un mantice” vista da dietro. E con ciò? Quel che conta è che suono fai, altrimenti anche un nuotatore saprebbe cantare! Ho visto Bocelli ripetere per mezz’ora dei vocalizzi del tutto spoggiati, roba da andar lì e portarlo via di peso! perché il problema di Boceli è che è un “IGNORANTE”. Indubbiamente gli approcci sono tanti, ma continuo a essere più d’accordo con Mancini, il quale crede nella necessità di uno scatto mentale; uno può avere quest”illuminazione mentre corre, mentre sgancia la mandibola e così via, perché forse non mi spiego bene: sono DUE i problemi di cui stiamo parlando. Avevo visto tutti questi video della Caballé, non dice mai NULLA di come mettere davvero la voce sul fiato, perdipiù alcuni acuti che fa fare sono anche un po’ spintini, come i suoi, quando canta(va) sul forte peraltro.
e comunque la colpa di aver capito tardi come si faceva, è stata solo mia, per non aver voluto capire che gli altri non avevano capito, maledetta presunzione
Ti lancio un gioco, galehout: perché Bocelli è un “ignorante”?
Forse perché non ha mai visto o non ha mai toccato il maestro per vedere come si fa l’esercizio? Eppure ha avuto fior di maestri, tra cui Corelli, per sentire bene l’emissione 😉
Io sposo comunque la giusta via di mezzo: canto come consapevolezza fisica ed immagini che ti guidano! Chi vivrà, vedrà
la tua strada è certamente la migliore perché equilibrata, e la serenità e i divertimento portano più lontano della seriosità. Ma non bisogna mai fidarsi troppo degli altri, ecco perché l’invito alla contemplazione di Mancini mi pare più universalmente sano e raccomandabile. Quanto al povero Bocelli, io lo qualifico “ignorante” perché si è formato come imitatore, e non ha fatto quel percorso a ritroso che porta il vero cantante a scoprire la propria emissione sul fiato. Nella sua voce senti i vizi e i colori esteriori di due o tre cantanti diversi, tutti tenori ovviamente, e questo è già un segnale pericolosissimo. Corelli? Ma cosa vuoi che gli abbia insegnato… gli avrà detto materiale interessante, cura questo suono, fai quest’altro, continua a lavorare ecc., le cose che dicono tutti. Se è per questo ha avuto accanto Pavarotti, che quando voleva, lo sappiamo tutti, cantava divinamente, ma credo fosse molto indulgente verso gli errori degli altri, non avesse un vero interesse a cambiare le voci dei concertoni (Zucchero in un modo, Bocelli in un altro, e lui il più lirico). Detto questo, Bocelli ha inaugurato una moda non solo brutta ma appunto pericolosa, che ha indotto i direttori artistici che una voce così, anche come dote naturale, possa afrontare un ruolo da protagonista. In ogni caso credo che i suoi commercialisti ci vedano benissimo…
Ho visionato la masterclass della Caballé…. che dire?
Io, da un insegnante che mi proponesse di sdraiarmi per terra a fare sollevamento pesi con la pancia, scapperei prima ancora di terminare la prima lezione. Ognuna faccia ciò che ritiene giusto, tanto in questa sede non è possibile dimostrare niente. Ciò che conta poi sono i risultati che si raggiungono con la pratica… se credete che la strada giusta sia questa, seguitela pure.
a me l’arte del canto ricorda molto la cucina. ed il cibo oggi si parla di cucina, si passano in tv ore ed ore di trasmissioni e poi i carrelli del supermercato rigurgitano cibi pronti e quattro salti in padella ed consimili……
siccome a cantare imparavano contadine semianalfabete o guardiani di porci (ossia la barrientos e fleta) non è certo così difficile sopratutto se appresa in giovanissima età ed in maniera meccanica. Tutti i termini gergali del canto ch epotremmo anche divertirci ad esaminare e spiegare partono da un principio molto semplice la respirazione. Chi guardasse i video e magari anch ele foto di cantanti mentre cantano si accorge che sno ad un certo punto tutti respiravano alla medesima maniera tutti, per respirare in quel modo , assumevano le medesime posture del corpo e della bocca. poi entravano in gioco altri e differenti elementi ma nel momento in cui sapevano respirare correttamente chi più chi meno cantavano tutti.
ciao dd
sono molto d’accordo, è una tecnica semplicissima che può imparare chiunque, se a trasmetterla è chi la conosce, e se a impararla è chi la vuole imparare (a costo di buttare all’aria tutto quello che sa o per cui viene magari anche apprezzato, indebitamente!).
Ma cosa significa “in maniera meccanica”??? I bambini imparano facilmente perché sono spontanei e disinvolti, mica perché fanno movimenti meccanici…. Quanto poi alla facilità del canto, il canto è facile solo per i superdotati, per quelli che hanno una voce di natura già disposta al canto. Chi non possiede questi requisiti non può pensare di cantare ad alti livelli se non dopo una lunga e dura educazione. Chi invece fa carriera basandosi sul capitale naturale, decade assai velocemente, vedi Fleta o vedi Di Stefano.
ritorniamo sempre alla cucina chi tira la sfoglia lo fa meccanicamente sa già senza pensare come debba muovere la cannella
esempio sportivo quando scio non pensoa quali muscoli devo muovere. mi limito a sciare. lo faccio meccanicamente
Ah, questo sì, certo. Automaticamente, spontaneamente, senza pensare al meccanismo. Certamente il canto deve essere disinvolto, è proprio quello che sto dicendo.
ecco prima di parlare del respirare bisogna parlare di postura del corpo – guardate bene i cantanti- sopratutto i maschi, chi così pretendono di essere “cool”. Tutti sacchi di patate. Anche le smorfie che fanno quasi tutti perche non riescono a controllare il suono – Come si canta così??
È una tecnica semplicissima eppure oggi c’è qualcuno che gira in due o tre paesi d’Europa propnendo tecniche di “ricostruzione” della respirazione e della voce. Anche ai fini del canto, ma in secondo piano. L’approccio riprende in parte la scuola bioenergetica e pare che aiuti molti a ritrovare il prorpio equilibrio. Segno che qualcosa nel tempo s’è rotto.
Tuttavia io sono sempre meno d’accordo con chi individua il problema del canto oggi solo ed esclusivamente nella respirazione. Innanzitutto perché bisognerebbe domandarsi in quale fase si sbaglia: nella presa d’aria o nell’emissione del fiato?
In secondo luogo secondo me il canto non è solo respiro ma anche gola aperta e posizione. Che, se è vero che il fiato ti apre la gola e ti permette di cantare in posizione (come allora giustamente dice Giuditta) è pure vero che una scorretta impostazione si ripercuote negativametne sulla respirazione. Così mi pare: in fondo è una questione di equilibrio tra tutte le poche componenti che formano al voce cantata. Non ultima la serenità di chi canta. Ché noi diamo spesso la colpa ai maestri – e avedere gli insegnanti che ci sono in giro come darci torto – però anche gli allievi zucconi ci sono e ci mettono molto del loro (ne conosco uno in particolare…. 😀 )
Mah, Enrico, il canto è l’arte del fiato…. Parlare di respirazione in questo senso è una banale tautologia: è ovvio che cantare bene dipende dal saper respirare bene. E con ciò? Siamo sempre al punto di partenza. Se pensiamo che saper respirare dipenda dal controllo volontario e localizzato dei muscoli respiratori, siamo decisamente FUORI STRADA.
In altre parole, il fiato si sviluppa educando l’emissione, ovviamente sotto la guida di un valido maestro. E’ molto più importante badare alla posizione della bocca che non ai movimenti dei muscoli respiratori. Non ha nessun senso pensare di sviluppare il fiato facendo addominali o altre ridicolaggini simili… Il fiato si fa cantando.
però ho l’impressione che talvolta non ci si intenda sul significato delle parole e delle espressioni. La “maschera” è una zona alta della testa, ma “in maschera” è una particolare risonanza della vibrazione cordale che NON si ottiene pensando di mandare il suono in quella zona. “Gola” e “ingolato” sono difetti nel gergo vocale, ma il suono si produce proprio nella gola interna, cioè nella glottide, e questo non va dimenticato quando si impara a cantare, semmai è il COLLO che non entra in gioco perché deve stare morto. E ancora: la mandibola è vero che deve essere “rilassata”, ma non è rilassando la mandibola che si canta bene, è solo un risultato secondario di una corretta fonazione. E così per l’acuto, sgancia la mandibola, apri di più: non è assolutamente aprendo di più che l’acuto viene. Anche quella può essere una conseguenza, ma non sempre. E il fiato, cosa significa? Cantare “sul fiato” significa far galleggiare il suono su una colonna costante di aria, più o meno; di qui la postura del punto-vita, che è sempre un po’ impettito in chi canta bene, ma hai voglia di dirmi canta “come se in autobus ti spingessero con l’ombrello”, come mi diceva una cantante FAMOSA!! se poi io non so appoggiare e faccio uscire il fiato pensando di mandare fuori. E così l’apnea: non è certo l’apnea di quando si va sott’acqua, semmai è un trattenere larghe le costole per non far uscire l’aria tutta insieme (di qui il famoso esercizio della candela che non si spegne, ma che fatto senza cognizione dell’appoggio corretto non serve assolutamente a niente). Potrei dirle in tribunale queste cose.
Sacrosanto. Starei solo un po’ attento a quel parlar di costole tenute larghe che da alcuni viene tradotto in “spingo fuori da tutte le parti” (così il fiato non sale 😀 ), ma per il resto, tutto sacrosantissimo.
La gola è da sempre indicata come il peggiore difetto che una emissione possa avere, insieme a quello del naso… Ora, la gola è la cavità di risonanza principale insieme alla bocca, ok, ma perché funzioni a dovere bisogna evitare tutte le tensioni, le interferenze muscolari, gli attriti che nella gola si formano, e che danno luogo alla voce più o meno “ingolata”. Ogni difetto vocale alla fine è da ricondurre all’ingolamento. In altre parole, la gola deve stare passiva, sciolta, la laringe libera di muoversi autonomamente senza irrigidirsi, strozzarsi, ingolfarsi… Il cantante ovviamente non governa volontariamente il movimento della laringe o l’apertura del faringe. “Gola morta” dicevano gli antichi maestri: ossia il cantante non deve mai pensare che il suono nasca da lì. Il canto sul fiato è il canto completamente libero dalla gola, mentre il canto ingolato è quello che in misura più o meno importante si appoggia sulle contrazioni della stessa.
Hai ragione quando affermi che una dei segnali della corretta fonazione è la mandibola sciolta e rilassata, nonché la libertà della bocca nell’articolare le parole. Imparare ad aprire la bocca nel modo corretto è invero un aspetto fondamentale dello studio del canto.
La postura nobile e la respirazione costale sono allo stesso tempo le cause e le conseguenze di una emissione esemplare, ma è illusorio pensare di apprendere questa emissione da un giorno all’altro mettendosi nella posizione del soldatino…
L’esercizio della candela serve a verificare che nella voce non ci siano fughe d’aria, che tutto il fiato diventi suono, che l’alimentazione del fiato sia perfettamente calibrata, senza “sprechi”. Nei principianti però l’idea di “trattenere il fiato” ritengo sia controproducente… Anche questo sarebbe da intendere come un obiettivo finale.
La maschera come ho già detto altre volte è la conseguenza, e non la causa, di una emissione corretta. Come ben dici pensare di mandare il suono direttamente lì è non solo inutile ma anche dannoso, in quanto darà luogo inevitabilmente all’orribile difetto del naso.
Mancini… non mi pare di aver detto il contrario 😀 Anzi… sono molto d’accordo, vedi quel “viceversa” del mio intervento: in particolare non credo che venga prima una cosa poi l’altra, ma che tutto debba stare insieme nelleo stesso momento.. Questo rende il canto una cosa difficile, credo.
P.S. …gli addominali possono essere addirittura controproducenti!
(Ma se ti riferisci a quei metodi di ricostruzione respiro-voce, non sono addominali, sono anzi tecniche per levare ogni rigidità di sorta.)
Esatto, tutto deve stare insieme! Per quanto riguarda gli addominali mi riferivo al video della Caballé…
Sulle tecniche di ricostruzione respiro-voce non sono informato.
sì, la difficoltà maggiore è nel “tutto insieme”, ecco perché è difficile insegnarlo. Qualche aneddoto: la madre della Bartoli sosteneva che o ci arrivi o non ci arrivi, c’è chi non ci arriva mai. La Sutherland interpellata da una concorrente espulsa dal concorso: “signorina, lei non sa cos’è l’appoggio”. La Devia alla radio: “non si può spiegare”. La Ricciarelli a proposito dei libri, delle candele ecc.: “sono tutte baggianate”.
Ha ragione la madre della Bartoli, o ci arrivi o non ci arrivi, e c’è chi non ci arriva mai, ad esempio sua figlia. Sagge anche le parole della Devia…
Tanto per farvi ridere un po’, vi passo il testo di una mail che mi ha scritto un’ amica che insegna canto in Conservatorio.
che belllooo, voglio studiare canto…voglio studiare canto!!!! bene, cominciamo….che bella voce tu sei un soprano lirico!!! siiii che belllo…ma che cos’è? posso cantare la regina della notte vero??’ NO!!! non è per un lirico….ma allora che cosa posso cantare? a me piace solo quella!…non conosco le voci!|…allora vai ad ascoltartene alcune, per esempio Renata Tebaldi….Tebb..teddd…ma come si scrive??? (storie di conservatorio….ma perchè si iscrivono????)
capisci? e noi si sta qui a cercar di capire se i fa li fa più rotondi la Serra o la Gruber ova
Se proprio vuoi ridere ho fatto una discussione-tipo con un aspirante studente su facebook un po’ di tempo fa. -Ciao! Studi cantio? -Si… dimmi! -Puoi dirmi che voce sono (sic)? -Non saprei.. bisognerebbe sentirti, e poi comunque si deve studiare, capire com’è combinata la voce in sé, non è facile così.. -Allora guarda io vado dalla prima nota di Where are gone (etc… boh!) degli XYZK fino a dove dice “stay away” io ci canto -Eh ma… non è un buon sistema per capire “che voce sei”! -Ok… tanto adesso mi iscrivo al conservatorio, papà ha detto che va bene, ma devo trovarmi anche un lavoro! (!)
ahahahah no non è vero!! io non la approvo, però se avesse voluto, la tecnica di partenza l’aveva capita
Personalmente intendo un suono di gola come un suono che non è appoggiato e viene spinto di forza per uscire proprio perché non supportato. Suono ingolato è invece quando il palato molle si alza troppo e si crea eccessivo spazio: il suono “esterno” è un suono ovattato e con poche armoniche (appunto, non in maschera perché il suono muore in bocca).
Con mozart2006, abbiamo avuto esperienza di un insegnante di canto barocco che osannava Jarousky e non aveva idea anatomica e storica di un castrato. Quindi ripeto, non sono gli insegnanti o gli allievi ignoranti o meno, ma al solito ci sono gli incapaci ed i capaci 😀
Sono due cose collegate: se l’appoggio è in gola, la voce si rimpicciolisce e si fa stridula, così in molti pensano di risolvere il problema allargando forzosamente la cavità, mettendo il suono indietro e rendendolo quindi ovattato come dici.
Per quanto riguarda la Caballé, secondo me non si è capito lo spirito del suo esercizio: non sono gli addominali a dover essere esercitati (infatti il peso non è messo nella parte bassa del’addome) ma i muscoli obliqui interni ed esterni dell’addome.
– http://medicinapertutti.altervista.org/anatomia_normale/apparato_locomotore/tronco/addome/img_addome/muscoli_addominali_medi.jpg
– http://medicinapertutti.altervista.org/anatomia_normale/apparato_locomotore/tronco/rachide/img_rachide/muscoli_superficiali_delle_docce_vertebrali.jpg
Questi muscoli sono la vera base del canto e della base di respirazione costale-diaframmatico: come si fa a respirare contraendo gli addominali? Boh!
Ripeto, per farmi la tartaruga sulla pancia al massimo vado in palestra, mica da un insegnante di canto. Reputo di nessuna utilità per il canto queste ginnastiche muscolari che non esercitano direttamente il fiato ad alimentare l’emissione della voce.
Non vedo cosa c’entrino gli addominali, visto che se il peso è posto in basso nell’addome, la loro area è piccola mentre i muscoli obliqui (queeli che “abbracciano” i fianchi) sono i veri motori della respirazione!
In ogni caso, la sensibilità fisico-motoria è importantissima 😉 come diceva Santa Marilyn Horne da Bradford “il cantante è mezzo musicista e mezzo atleta”!
il cantante! non lo studente-apprendista!
se uno ha un’emissione corretta quando canta, si può sentire anche quando parla, difficilmente forzerà il volume, difficilmente farà sentire aria nella voce. Ascoltate la voce parlata di Beverly Sills ad esempio, o della Devia, o di Pavarotti (ricchissima di volume già nel parlato! non poteva fare che il tenore) ma senza concentrarvi sulla risonanza, che è un effetto del canto, bensì sul rapporto sorgente sonora/presa di fiato. I cantanti bravi parlano benissimo.