Anna Bolena al Maggio: trionfa The Iron Lady

Non siamo andati all’opera ieri, nel grande spazio del Maggio, ma ad una celebrazione, terminata con l’apparizione della diva Devia sola, davanti al fondale rosso retroilluminato ed il pubblico impazzito che la acclamava applaudendo ed urlando… quasi una sorta di assunzione in cielo. Lei, più che mai Iron Lady ieri, dopo aver cantato senza risparmio con il solo accompagnamento del pianoforte tutta la maratona donizettiana dell’interminabile Bolena scioperata, ha preso e stretto a sé con forza l’enorme omaggio di una sala rimbombante di urla ed applausi con l’avidità di una cantante al primo grande successo. Un trionfo voluto, il trionfo della forza, della tenacità, della natura coriacea della piccola “coloratura soprano”, over sessanta con il fisico di una adolescente ed il look scenico ed espressivo di Lucia. Un miracolo di longevità vocale che ci ha provato ieri, nella scena della sortita, cosa documentino davvero i settantotto giri delle ritirate Patti o Sembrich, con gli acutini stonacchiati, qualche svirgola e qualche nota acuta schiacciata dalla scena successiva alla cavatina in poi. L’applausone dopo l’incerto ingresso, ed il ritorno al proscenio a salutare i fan plaudenti in sala, sono stati un doping per questa Dorian Gray dei leggeri, che ha poi innestato la marcia volando fino alla fine dell’opera come se il suo pomeriggio con Anna non le costasse niente. Alla faccia di tutte le patinate Netrebko del pianeta, superdive dello star systemda copertina, cotte, per loro stessa ammissione, dopo aver preso questo stesso toro per le corna solo per qualche serata in quel di Vienna. La Iron Lady è uscita e rientrata dalla carriera ad oltre sessant’anni e spiegato, dando lezione in primis alla sua ambiziosa compagna di viaggio ( una ripresa Ganassi, finalmente in ruolo nelle sue esatte corde che le permette di esporre in primo piano l’esattezza dell’accento e non lo squasso vocale come in quel di Pesaro )  sul cosa si deve essere e cosa si deve saper fare tecnicamente per potersi permettere anche solo di suonare ogni sorta di ruolo, quelli tragici inclusi. Mentre la Devia cantava ho pensato a quante volte l’ho vista in teatro e a come non ricordi un suo forfait, ma nemmeno una sua stecca, nemmeno un cedimento anche nei ruoli che per nulla le stavano vocalmente. La lezione è antica, quella di un approccio tecnico che si sta estinguendo, e che nemmeno interessa più avere, a fronte di una modernità fatta di indisciplinati spingitori, urlatori, la canea delle strozze infuocate, delle vci piene di aria, del canto di fibra senza legato, dell’appoggio, dei volgari. Ieri non era più la macchina mostruosa di qualche anno fa, eppure non ho sentito una sola contrazione di gola nemmeno nelle frasi più tremende. Magari non le ha dette, ha lasciato che il tasso tragico della sua Bolena restasse quello che è sempre stato per lei, e che diversamente non potrebbe essere, cioè quello di Lucia e Giulietta Capuleti. L’aplomb tecnico non si deve mai perdere, mai tentare di trasformarsi in altro, mai giocare alla rane e il bue con la propria voce, anche se si decide di declinare macinando ruoli tragici e non quelli che un tempo furono dei grandi coloratura in declino. Già perché un tempo il leggero declinava con Traviata,con Faust, con Manon, anche con Bohéme, “centralizzando” il repertorio perché gli acuti si facevano meno brillanti o sparivano. Oggi la pratica instaurata da lei e dalla Gruberova, dal centro assi più corposo ma dagli acuti del tutto stonati, è che si declina con i ruoli Pasta o Ronzi etc dopo avere abbozzato appena, nel pieno della carriera, quelli Colbran, una contraddizione bella e buona. Non c’è la grande espansione del centro per riciclarsi nei territori definiti dalla tradizione passata: i racconti sulla poderosa voce della Toti vecchia sono inequivocabili e documentati anche da anziani testimoni. E se la capacità del canto al centro non può fare oggi, per forza di cose, da spartiacque tra la grande cantante di razza e tutte le altre dello stesso tonnellaggio vocale, soffianti, grattanti, acidule signorine dell’affollato coloratura fan club, allora ci si colloca là dove chi tocca muore e si fa vedere come si arriva in fondo ai monumenti del canto tragico senza sconquassare la voce, urlare, e finire afone dopo quattro recite. Certo, anche le altre prima o poi penseranno di dover passare di qui per dimostrare di appartenere anche loro al club delle elette, ma non sarà così e ne vedremo delle belle, ancor più belle di quanto ci ha fatto sentire pochissimo tempo fa la diva Anna in quel di New York. Già, perché non si canta al centro perché si è corte, ma perché ci si sa stare tutta la sera in sourplesse. Così ieri ho partecipato anche io, a pieni polmoni, al trionfo della Devia, non perché sia d’accordo con le sue dichiarazioni che in quel di Milano rilasciò al Corsera in occasione della Stuarda, quando dichiarò ( rarità assoluta per lei ..) che il pubblico deve abituarsi a concepire il tragico cantato da voci più leggere della tradizione: io resto dell’idea che il tragico sia il tragico, e che non possa essere accentato e cantato al pari del leggero o del brillante, sennò tutto sarebbe piattume, la varietà espressiva dei compositori, oltre che del canto, sparirebbe. La sua Bolena ieri mi pareva una di quelle figurine dentro le bolle di vetro, con l’acqua e la neve, una bambolina perfetta e divertente, da ammirare anche con un po’ di commozione perché tanta forza di volontà, di voler essere, di arrivare, di affermarsi con una disciplina di ferro che si coglie anche dai loggioni mi commuove. L’ammiro non perché sia un fenomeno di longevità, ma perché la trovo esemplare, soprattutto in confronto alla generale sciatteria ed impreparazione circolante oggi: lei arriva, fa quello che deve, non ti tradisce mai, non molla mai il suo pubblico che l’adora per questo suo modo di essere una certezza. Niente pubblicità, niente interviste, niente copertine, niente web o altri artifici di sorta, ma solo il lavoro, sera dopo sera. Non mi commuove con il canto, non mi emoziona toccando le corde dei sentimenti, ma per la sua volontà e la sua forza di carattere. Per questo sono andata a Firenze e mi sono sgolata alla fine.
A fianco a lei Sonia Ganassi, di cui ho in parte già detto: quando mette da parte i ruoli colbraniani, che potrebbe gestire con altri esiti se tecnicamente sapesse fare quello che sa fare la signora Devia, la cantante ritrova le sue vere prerogative, quelle cui deve lo start up della carriera, ossia l’accento sempre esatto, la musicalità, il gusto nel variare lo spartito, le intenzioni di fraseggio. Il canto risente sempre e solo dell’imposto tecnico, e la sua emissione non stilizzata, come Mariellissima, le agilità troppo falsettate etc tolgono al suo personaggio la nobiltà vocale che dovrebbe e vorrebbe avere. Shalva Mukeria non mi è parso a suo agio in questa parte nella grande sala fiorentina. Di Percy gli manca il centro, come già accadde a Bros a Torino qualche anno, e nel primo atto è parso dimesso, poco convinto, con alcuni suoni indietro nei primi acuti, caratteristica sua come di altri contraltini. Al secondo atto ha però cambiato passo, cantando un bellissimo “Fin dall’età più tenera”, con gli accenti patetici che gli sono consoni e a cui ha risposto benissimo la Devia, oltre che la grande aria finale, con begli effetti in pianissimo ed acuti facilissimi. Insomma, un debutto positivo che si può perfezionare. Male l’Enrico VIII di Scandiuzzi e a mezza via lo Smeaton della Lo Monaco, con la voce troppo ingolata e chiusa.
Standing ovation per il pianista, Andrea Severi, che ha suonato senza perdere un colpo tutta l’opera, ouverture compresa: bravo bravo bravo, l’eroe della giornata assieme alla trionfante Devia.
Morale della favola: ieri, con una Bolena ridotta a piano bar causa gli scioperi abbiamo avuto la prova provata e dimostrata che l’opera è fatta soprattutto e principalmente da una cosa, i cantanti. Il grande cantante è il teatro d’opera, se italiana soprattutto: senza il grande cantante non c’è opera lirica, non c’è teatro, non c’è evento, perché oltre alla musica ieri abbiamo assistito a qualcosa che con l’Anna Bolena non c’entrava, e si chiama melomania. La signora Devia ha accompagnato più di vent’anni della mia vita di spettatrice e sarà sempre parte delle mie memorie teatrali: standing ovation anche da parte mia.

151 pensieri su “Anna Bolena al Maggio: trionfa The Iron Lady

  1. molto bene Donna Grisi,cosi nessuno può dire che sul corriere si scrive che solo i cantanti morti cantano bene.
    Cominque queste recite siano limitate all’emergenza l’opera è fatta anche con i colori dell’orchestra

    • premesso che di fronte alla Devia mi prosto reverenzialmente e che, al pari della Divina Grisi, io pure mi sarei sgolato in quel di Firenze, mi preoccupa non poco quest’ambizione ad affrontare a fine carriera i ruoli “drammatici”, vedi l’annunciata NORMA bolognese, in cui sicuramente torneremo a sgolarci ed a produrci in standing ovation per la somma virtuosa, ma che prevedibilmente nulla aggiungerà a quanto ha già ampiamente dimostrato.
      Tutto qui.
      Cioè no: fin che canta, anche fosse la lista del bucato o quella del telefono, andiamo ad ascoltarla perchè pur sempre di Master Class di canto si tratta.
      Cordialità

  2. La tecnica di emissione, specialmente quando è perfezionata ai livelli elevatissimi della Signora Devia, è un po’ come il nume di Alidoro, che “tutto sa, tutto vede e non lascia nell’ambascia perir la bontà” e, aggiungerei io, anche la beltà – della musica.
    Poi, come sempre, Donna Giulia ha disseminato questo intervento di notazioni importantissime: non forzare, non cercare suoni che non appartengono alla propria organizzazione vocale, non derogare all’emissione come deve essere e tanto altro. E la Signora Devia è qui a insegnare a chi voglia imparare e a ricordare a chi voglia ascoltare che, finalmente, il più grande conseguimento di un cantante è quello di far sì che la sua voce sia sempre più giovane di lui – o, nella fattispecie, di lei.
    Non si arriva a cantare così dopo quarant’anni e più di carriera ai massimi livelli per caso, o per natura, ma, come giustamente sottolinea donna Giulia, per lavoro lavoro lavoro; rispetto per se stessi, per la musica, per il pubblico. Un miraggio nell’età della cialtroneria.

  3. la signora devia può insegnare tecnica, gestione della carriera e quanto altro, astenendosi rigorosamente dall’ eseguire lo spartito della bolena, sempre e comunque al di fuori delle proprie caratteristiche vocali.

  4. No, non sono d’accordo con nessuno. Ero in teatro anche io domenica e pare spetti solo a me dire come stanno veramente le cose.

    Prima di tutto, la pessima acustica della grande sala del Comunale con annesso eclatante sistema di amplificazione rende quel luogo un posto in cui non è possibile né fare né ascoltare musica. Oltre allo sciopero dell’orchestra, dover pure sentire il suono di pianoforte e voci – comunque microscopiche – uscire da quattro grandi altoparlanti posti ai lati del boccascena è un abominio che non si può tollerare.

    Fatta questa doverosa premessa, posso ora parlare della Devia. Mi spiace contraddire la divina Grisi, ma la voce ed il canto di questa Anna Bolena non hanno niente che possa rievocare le maniere vocali che sentiamo nei dischi della Patti o della Sembrich, eccetto la senilità. A parte il fatto che evidentemente non è voce per Bolena, quel che davvero le manca è la proiezione, la voce tutta sfogata “fuori” che caratterizzava i cantanti antichi, e che dovrebbe caratterizzare i cantanti di ogni tempo. Un canto di tecnica sì, o meglio uno sterile vocalismo iper tecnico, macchinoso, difficile, privo di reale facilità, schiettezza, spontaneità. Di bei suoni ne ho sentiti pochi, la voce non è mai sciolta, il legato è difficile, la linea è rigida, vorrebbe dare corpo nel centro ma risulta solo legnosa, dovendo poi stringere i denti per salire al settore acuto, dove la voce diventa flautata, “indietro”, di conseguenza poco intonata, mai sfogata, nemmeno nei sopracuti, stretti e forzati, spinti di forza per aggiustare l’intonazione. Quella della Devia è solo una noiosa, rozza ginnastica muscolare, non è il canto sul fiato. Questa voce non spande, si sente poco, è tutta là, lontana, sul palco. Non parliamo poi dell’assenza di fraseggio, della inesistente musicalità, dell’accento inerte, della mancanza di mordente e forza drammatica che una parte come questa richiede. Insomma, una prova brutta, inutile ed insignificante, utile solo a mettere a nudo la modestia di tale cantante.

    Sugli altri ho poco da aggiungere. Anche Mukeria mi ha deluso, l’acustica della sala non lo favorisce, la voce è modesta, la parte gli sta male, ne viene a capo con difficoltà. Nemmeno gli acuti mi sono sembrati grandi e sfogati come in altre occasioni.

    Ricorderò questa Bolena come una delle peggiori esperienze teatrali e musicali della mia vita di ascoltatore.

    • Beato Lei, Signor Mancini, io ne ho sentite tante di peggiori! Certo,sul fatto che una vocalita’ del genere non sia adatta al ruolo di Anna, non ci sono dubbi. Mi spieghi pero’, se crede, cosa significa che la voce di Mariella Devia, salendo (dopo aver stretto i denti!), diventa “flautata” e quindi “indietro” e quindi poco “intonata”. Poiche per me son tre cose un pochino diverse. Anzi molto diverse.

      • Ne ha sentite di peggiori? E che m’importa? Qui si parla della Devia, che come Bolena non vale uno zero… Cosa significa che salendo diventa flautata e spesso imprecisa nell’intonazione? Significa che non sfoga, non squilla, la voce non batte nella stessa posizione in tutta la gamma, salendo è come se trattenesse e mandasse il suono un po’ indietro, risultando spesso poco intonata. Non sono affatto tre cose diverse, dalla posizione del suono dipendono vibrazioni ed intonazione. Una Bolena cantata male, di una noia mortale, vociuzza microscopica, ridicola oltreché inutile, come è ridicolo il trionfo che i suoi fans le hanno tributato.

        • Non so che cosa abbiano sentito i fan di Mariellissima, iperbole che in altre occasioni poteva suonare giustamente lusinghiera, ma in questa risulta (involontariamente?) ironica. Alla prima e alla domenicale il sottoscritto ha assistito alla penosa lotta di un soprano leggero con una parte mostruosa, lunghissima, bassa di tessitura e che esige un accento imperioso e regale anche nel languore dei cantabili, parte eseguita per giunta con pochissimi raggiusti e puntature, come se l’arte dell’esecutrice bastasse e avanzasse a compensare le carenze dell’interprete. Voce secca e priva di armonici (anche, ma non solo, a causa dell’età), stonacchiante sui primi acuti, con un centro evanescente, gravi nulli e sovracuti più sonori ma per nulla facili o sicuri. In realtà non mi aspettavo una lezione di tecnica, ma che almeno nei momenti sognanti e patetici (cavatina, duetto col tenore, buona parte del finale) la Devia riuscisse a giustificare la sua presenza su quel palcoscenico. E invece niente, a parte una o due frasi del duetto con Seymour (un’inqualificabile Ganassi) e nel terzetto. Comunque per un pubblico, che si spella le mani per una sortita che in altri tempi avrebbe suscitato ben altre reazioni (ci ricordiamo i commenti a sfondo “felino” che suscitava, per suoni molto più controllati, una Scotto? Scotto che peraltro “diceva” a un livello infinitamente superiore), basta e avanza questo “empio strazio che d’Anna si fa”.

          • Scusa Tamburini devo aver sbagliato a cliccare “rispondi”, il ringraziamento era indirizzato al Sig. mancini

      • Decisamente eccessiva per quanto mi riguarda. Il ruolo mette in mostra più i limiti che i pregi del canto della Devia, ma da qui a definire la Bolena di domenica malcantata ce ne corre… e se non è legato quello sentito nell’Al dolce guidami allora non saprei cosa definire legato. La voce poi sarà piccola, ma in II galleria (ultimi posti) arrivava bene e senza nessun problema. Un conto è riconoscere pregi e limiti di una performance (e condivido l’analisi della Grisi), un altro è dire che non vale uno zero. Mukeria lo ho ascoltato in serate ben altrimenti riuscite di domenica.

    • Come stanno veramente le cose per LEI, dott. Mancini… sono lieto di apprendere che nella canea dei cantanti odierni anche la Devia è una di quelle prive di tecnica e che non dovrebbero insegnare. Vabbé… ça va sans dire condivido la disamina della Grisi, soprattutto per quel che riguarda l’onestà e il rigore d’artista della Devia, qualità che temo rimpiangeremo assai presto.

    • Caro Mancini,
      L’altro giorno ha tirato in ballo certi difetti osceni, a suo dire, di Marilyn Horne, oggi la rozza ginnastica muscolare della Devia. Va benissimo esigere la perfezione, ma insomma…
      Capisco che la Devia sia “past her prime”, che sia fuori ruolo, ma non posso credere che si sia trasformata in una Cecilia Bartoli in sedicesimo, come si penserebbe a leggerla.

      • Beh, sa, si parlava di voci gravi, la Horne è un soprano che con qualche trucco s’è inventato una voce da mezzo pompando i gravi in modo grottesco, se permette non accetto che la si paragoni alla grande Ebe Stignani… Quanto alla Devia, andare a teatro per assistere a dimostrazioni di “tecnica” o atletismo vocal-muscolare non è attività che mi regala soddisfazioni… a me interessa sentire cantare.

  5. Articolo molto interessante, Donna Grisi, soprattutto per quanto riguarda l’analisi sulla Devia, la cui prestazione, però, mi è apparsa leggermente sottotono rispetto alla sua Stuarda di Modena e al suo Devereux di Marsiglia.
    Per il resto, dissento completamente sulla prova di Mukeria. Era la prima volta che lo ascoltavo e, credo, sarà anche l’ultima. Oltre ad un timbro sgradevole per natura, a questo cantante (?) mancano le basi del canto. La repirazione, innanzi tutto, tanto è vero che ogni frase – soprattutto quelle che terminavano in basso -veniva chiusa più per mancanza di fiato e, conseguentemente, di sostegno (con tanto di ballamento delle note basse oltre all’appannamento della voce). Il tenore ha poi voce piccola, priva di qualsiasi dinamica, suona povera di squillo, è costantemente chiusa tra gola (stretta stretta) e naso. L’estensione è corta, sia in alto, sia in basso con voce che spesso va indietro sui primi acuti (come ha ben rilevato la stessa Frau Grisi). Dette mancanze determinano un’intonazione ballerina, la difficoltà nel porgere le frasi musicali, tanto che il cantante canta sempre forzando e dimenandosi sia nell’usuale alzata sulle punte dei piedi per prendere gli acuti, sia nel tremolio della testa e del collo (che, recentemente, ho visto anche nella Netrebko, emuli entrambi del protagonista del celebre telefilm anni ’80 I Robinson durante la sigla di apertura). Non so dire se questo ruolo non gli sia particolarmente congeniale: in effettti, mi pare che non gli sia congeniale il canto lirico professionale. Il tenore non brilla neppure per una particolare capacità interpretativa, risultando talora isterico, talora zuccheroso e melenso. Anche dal punto di vista musicale, le cose non andavano molto meglio: il suo canto era infarcito di portamenti fastidiosi, dimostrando grosse difficoltà a fare una semplice scala discendente. Da ultimo, Mukeria dovrebbe imparare un po’ meglio la pronuncia, m aquest’ultimo appunto mi pare il meno grave, considerando la sua provenienza.
    Spettacolo, comunque, nel complesso molto deludente.

      • E tanto per completare il quadro, è vero che Mukeria sfoggia suoni schiacciati sui primi acuti, ma è del pari vero che in questa Bolena dei poveri (soprattutto di spirito) è l’unico a tentare di dare un senso a quello che canta, specie nei recitativi, in cui Percy svetta su un piano tragico sconosciuto alla sua Regina (basti sentire la frase all’attacco del duetto “S’ei t’aborre io t’amo ancora qual t’amava in basso stato” e la risposta pigolata della Devia, o come giustamente nota la Grisi, come il tenore risolve la melopea al terzetto, funestato dai rantoli di Scandiuzzi). E i do (sia nella prima aria che nella seconda) sono dei suoni avanti, proiettati, che nessun Meli o Filianoti o Albelo è in grado di riproporre.

  6. Apprendo con costernazione che anche la Devia canta male. Che il ruolo di Bolena non fosse proprio il suo lo temevo, disposto ad accontentarmi – come lo sveviano Zeno Cosini – anche della sorella, comunque passabile. Ma pare non ci si possa proprio accontentare: la Devia stona, pigola e s’ingolfa come un motore scarburato. Perbacco. E’ poprio vero che a questo mondo non si può mai stare tranquilli.

    • Caro Corena,
      conosco Mariella Devia da moltissimi anni in quanto ho addirittura assistito al suo debutto, a Treviso nel 1973 come Lucia. L’ ho sempre ritenuta un’ eccellente professionista, intelligente e tecnicamante molto preparata ma assolutamente non in grado di competere con le vere grandi belcantiste come la Sutherland, la Sills o la Anderson. Nella fase finale della sua carriera, la signora si intestardisce a praticare un repertorio per il quale non possiede assolutamente i mezzi vocali adatti. Per fare un paragone, la Bolena e l’ Elisabetta della Devia sono l’ equivalente di quello che avrebbe fatto Alfredo Kraus se avesse cantato il Trovatore o l’ Aida.

  7. comunque un dato è paragonare una prestazione di una cantante come la Devia in un ruolo,e un altro è distruggerla,io sono d’accordo con la recensione di Donna Grisi che mi pare molto equilibrata..

  8. …non voglio trascendere nella polemica e nella volgarità intellettiva di alcuni commenti al post della Bolena di domenica, ma…se come qualcuno sostiene in questi post….la devia ha cantato cosi male..allora tutto il pubblico (pregno anche di intenditori veri, reali, realistici e disinteressati) compreso me, era in delirio…..per mera follia ed ignoranza….. quindi….domenica eravamo tutti pazzi, ubriachi, incolti, ignoranti …..
    aggiungo…una sonora e sentita risata!
    saluti

    • questo però non prova nulla. Sicuramente è una cantante a un livelo professionale molto superiore rispetto alle altre del presente, ecco perché genera un plauso eccezionale. E’ preparata, sicura, non delude “sul momento”, insomma su “lei” nulla da dire. Il problema è che alcuni, poi, si pongono la domanda “dov’è Anna?”, e quello è un altro discorso. Via, parliamo ancor più fuori fuori dai denti: un drammatico che sapesse assottigliare i suoni all’improvviso, che differenziasse la mezza voce dalla sua eco, che fosse alta, magra, regale e incazzata al tempo stesso, nonché alludesse ai suoi drammi esistenziali di artista, un drammatico che aveva preparato il ruolo con un direttore che voleva dimostrare al mondo che Donizetti aveva davvero anticipato Verdi (che lo copiava assai!), un drammatico che faceva piangere di malinconia sfruttando l’uso del legato, oh ragazzi, c’è stato una volta sola, per ora…

      • L’autore di Norma riconosceva qualcosa di grandioso alla Bolena.Occorre eseguirla col fuoco e la onesta filologia di Gavazzeni.ridotta a prova al piano in ambiente con acustica falsata certo delude.Ho ammirato la Devia in Sonnambula ,meno come Violetta.Che il pubblico la celebri è giusto per l’immagine d’insieme,non credo come Anna ideale. In questo ruolo ricordo ancora la Callas alla Scala.Nella scena dei “giudici ad Anna” si scrollava d’imopeto i due armigeri e con un ritmo romanticamente esagitato galleggiava su Enrico,,sulla Giovanna,sul coro concludendo con un re 6 ultrasonoro.Il pubblico ululava. Visconti trionfava. le aveva fatto ripetere e ripetere “infeliiii-iice son io”.A certi risultati si arriva con un misto di divina follia e di studio.

  9. Difatti mozart sono d’accordo con te: la Bolena non è nelle sue corde. Ma apprendo anche dell’altro ( non ovviamente da quel che hai scritto tu ): che canta male, che produce il suono come di una macchina arrugginita. Lungi da me dal contestare tanto illuminato parere: c’è sempre qualcosa da imparare nella vita. Come dice Don Magnifico da certi pozzi di saggezza più se ne leva e più c’è n’è da cavar. Di una cosa però sono certo: la Devia regge benissimo il confronto con la Anderson. Anzi. Molti anni fa – se non ricordo male erano i Capuleti e i Montecchi – ebbi modo di ascoltarle una dopo l’altra: si alternavano nelle recite. Con la Devia – tecnicamente superba – si apprezzava un’idiomaticità, la definizione di una parola scenica che la Anderson non ha mai posseduto. Certo che la Devia non è la più grande belcantista del secolo, ma se ci avventuriamo nei paragoni storici – su cui è semrpe bene andare cauti – tutte le Anna Bolena spariscono di fronte alla Callas.

    • Sapevo che si arrivava alla Callas, esempio estremo di malcanto e responsabile prima dell’aggressione ferina alle note della partitura. Paladina, questo sì, della decadenza di un’Arte ormai sconosciuta. La Storia del Canto è la storia della decadenza del canto, bisogna che tutti se ne rendano conto.
      Mi astengo dal commentare quel vociferare confuso che ho ascoltato, in un contesto tristissimo di villania culturale, in quel di Firenze.

      • certo! sig.ra Ronzi de Begnis, la Callas aggrediva proprio le note, perché bisogna andare “al di là” delle note, quando si fa “belcanto”, del quale Lei signora ha un’idea esattamente opposta a quella che storicamente è ed è stato.

          • stasera vado anch’io, mi hanno trovato i biglietti. Mi tocca la Devia :-) in ogni modo mi preme fare una precisazione storico-musicale sulla Callas, la Bolena e la cosiddetta “tradizione”: quando alla Callas fu proposta Bolena, si fece sulla base del fatto che come interprete di Norma e Sonnambula, si aggiungeva al suo repertorio un’altro ruolo-Pasta (rappresentante storica del “sublime tragico). E’ vero che lei faceva Lucia, appannaggio dei leggeri, alleggerendo la voce, ma nessuno negli anni Cinquanta avrebbe affidato a un leggero un ruolo nato come drammatico-tragico. Quindi non si innovò nulla, anzi, ci fu chi trovò la voce dela Callas anche già un po’ logorata e stanca, per il ruolo. Figuriamoci come avrebbero reagito di fronte a un peso specifico “leggero”, perdipiù con l’orchestrazione che andava allora! Nemmeno la Callas dunque è perfetta, però la sua interpretazione non tradisce Donizetti.

      • Cara “signora”, la villania culturale appartiene solo e soltanto ad affermazioni imbecilli come le sue. La prossima volta che pronuncia il nome della Callas, faccia la cortesia di lavarsi la bocca.

          • Non capisco perché mi si accusi di essere un troll. Immagino perché non ho lasciato una mail valida, ma ognuno difende come crede la propria privacy sul web.
            Non credo che sia per la mia affermazione in merito alla Callas, la quale, ribadisco, grazie alla notorietà dovuta alle performance del suo periodo d’oro (tale lo considera la quasi totalità della critica e degli appassionati) è diventata un esempio di canto e di Arte del canto. Io non la considero così, anzi, sono assolutamente certa che sia la causa principale, non la sola, della decadenza di codesta Arte. Liberi di pensarla diversamente. Però mi pare che i risultati siano sotto gli occhi di tutti: voci potenzialmente dotate distrutte in pochi anni, gossip che diventa motivo di notorietà, aggressione alle note, naturalismo persino in Rossini! Una vera e propria bestemmia!
            Quindi, dal momento che oggi la maggioranza si sdilinquisce per una modesta artigiana del canto non mi pare affatto esagerato parlare di villania culturale, anzi.
            Che poi la storia del canto sia la Storia del Malcanto o della decadenza di questo mi pare addirittura solare, basta ascoltare gli Artisti dei primi anni del secolo scorso di cui c’è arrivata testimonianza e qualsiasi, ripeto qualsiasi, mesto latratore/ice odierno.
            Se poi non tollerate dissensi, basta dirlo senza accusare né d’imbecillità né di presunta trollaggine.
            Saluti.

          • Sulla Callas scusami non sono d’accordo, perlomeno non del tutto… Che abbia contribuito alla decadenza può essere vero, tutti hanno avuto la loro parte nell’ultimo secolo. Se ha contribuito, però, lo ha fatto indirettamente. Il suo canto presenta ancora pregi notevoli che appartengono all’epoca aurea del canto, come ad esempio la pronuncia scolpita ed il chiaroscuro, ed in questo è stata una delle ultime. Parlando di Bolena, la Callas giovane per me sarebbe stata ideale. Sul fatto che la storia del canto sia la storia della decadenza del canto, hai assolutamente ragione, ma lo stesso vale per la storia dell’uomo in ogni suo pensiero o attività.

          • Ma soprattutto, la sincerità espressiva, che del canto è virtù cardinale… questo era un pregio che la Callas possedeva in massimo grado, al pari di Schipa e di pochi altri.

          • cosa c’entri Callas con la decadenza del canto specie per quando riguarda i nostri giorni non l’ho capita.

          • Come sempre accade qui, dopo il centesimo commento si apre la gara a chi le spara più grosse.
            Mancini, applicando il tuo ragionamento il Rinascimento sarebbe decadenza rispetto al Medioevo e la stessa opera lirica sarebbe una forma di decadenza rispetto a forme artistiche precedenti.
            Beh, io dico che questo vagheggiamento dell`età dell’ oro è stato ben descritto da Fedele D’ Amico quando scrisse: “Uno dei sogni ricorrenti dell’ uomo moderno è quello di vivere costumi feudali, comodamente spaparanzato all’ interno di una Cadillac”.

          • Tra le esternazioni apparentemente pacate e piene di buon senso della Pina Ronzi c’è una frase che la dice lunga sull’atteggiamento della Baronessa:
            “…non ho lasciato una mail valida, ma ognuno difende come crede la propria privacy sul web.”

            La Baronessa si chiede perché la si accusi di essere un troll e al contempo ce ne fornisce Ella stessa la motivazione.

            Baronessa, Lei – a differenza di me – si è introdotta in questo sito surrettiziamente e questo basta e avanza a definirla.

            Aspettiamo fiduciosi i primi raggi del sole.

          • Volevo rispondere a Mancini, ringraziandolo per aver preso in considerazione nel merito la mia teoria senza abbandonarsi a commenti di sorta. Vedo però, con dispiacere, che si continua a supporre che io sia un troll. Questa deriva complottistica avrà le sue ragioni, ma la trovo profondamente offensiva, soprattutto perché i miei commenti sono stati approvati da chi ha il compito di valutarne la congruità e vilipesi da chi, sino a prova contraria, non ne avrebbe titolo.
            Mi spiace molto, un saluto a tutti voi e specialmente alla Signora Grisi, che oltretutto conosco di persona.
            Buon proseguimento.

          • Io ho pensato che lei fosse un troll soprattutto per il tono netto della sua affermazione sulla callas: parlare di esempio estremo di malcanto significa che pochissime hanno cantato peggio di lei, e questa o è una classica esemplificazione di trollaggio (su cui non do un giudizio negativo, anzi! a volte trollare fa bene alla salute :) ) o una opinione che io non villipendo ma che non condivido assolutamente.

            Posso condividere in parte il discorso sulla storia del canto, che è, in questi ultimi anni, effettivamente in una fase di decadenza.
            un saluto!

  10. Buonasera a tutti, anche io ero presente al Comunale di Firenze domenica scorsa, e anche io vorrei provare a dire la mia, senza tuttavia la pretesa di “dire come stanno le cose” o quella di sciorinare un armamentario di preziosi termini tecnico-canori, che del resto non mi appartengono: sono solo un semplice appassionato di Opera e di Storia dell’Opera, praticamente privo di qualsivoglia rudimento di tecnica musicale e canora, e le mie impressioni si basano unicamente sulla mia esperienza di ascoltatore sistematico del repertorio del primo Ottocento italiano; mi complimento tuttavia con coloro che riescono ad analizzare con tanta e tale dovizia di particolari il canto degli interpreti, pur nel rapido e immediato trascorrere di un ascolto dal vivo (prendete appunti come Berlusconi mentre parlano i suoi avversari?).

    In primo luogo vorrei dire – ma posso senz’altro sbagliarmi – che non ho avuto l’impressione che il suono fosse amplificato artificialmente.

    Concordo nel dire che questa Bolena è stata in linea di massima abbastanza soporifera (anche a causa dell’assenza dell’orchestra?); la generale sensazione di noia è stata tuttavia ampiamente riscattata dagli ultimi 20 minuti dello spettacolo, la scena della pazzia, che ha costituito il culmine della serata. Come già detto da molti di voi, il ruolo della regina Anna non è certamente del tutto adeguato alle reali possibilità di Mariella Devia: il suo canto è risultato del tutto inconsistente nel registro grave (penso al concertato del finale primo, durante il quale era praticamente coperta da solisti, coro e… pianoforte!), mentre fraseggio e recitazione sono stati piuttosto inerti (penso, per esempio, alla generica freddezza con la quale ha pronunciato – e sprecato – una frase altamente patetica come il “Son fuor di me” alla fine della scena della caccia), ma la Devia ha saputo toccare anche delle punte a mio modesto parere sublimi (almeno per quello che capita di poter ascoltare dal vivo al giorno d’oggi), come la cavatina (in particolare il da capo della cabaletta) e tutta la scena della pazzia (in particolare Al dolce guidami), che si è ben meritata la calorosa ed entusiastica reazione del pubblico, che certo non comprendeva solo ascoltatori domenicali e avventizi, anime semplici facilmente raggirabili alle quali si può propinare qualsiasi cosa, o fanatici fan della protagonista (bastava ascoltare commenti e apprezzamenti all’intervallo per rendersene conto)! Nella scena finale la Devia mi è sembrata inoltre più coinvolta emotivamente rispetto al resto della recita: peccato solo che questa sua maggiore partecipazione non rappresentasse il culmine di una escalation emotiva cercata nel corso della prova, ma un innesto abbastanza improvviso e repentino impiantato su una performance come già detto piuttosto fredda.

    La Ganassi non mi è affatto dispiaciuta, anche se ha emesso dei suoni un po’ sbracati in basso e qualche acuto piuttosto sgradevole (penso al finale del duetto del primo atto).

    Mi ha francamente deluso Mukeria, soprattutto per le meraviglie che avevo letto sul suo conto proprio sul Corriere della Grisi: non ho sentito che una vocina smunta e mal proiettata, che faticava a girare per la grande sala del comunale, e un accento e uno stare in scena particolarmente sciatti, convenzionali e inespressivi.

  11. Senza alcun dubbio la Mariella nazionale è una vera cantante di pregio.Musicalissima, tecnicamente ottima,ma purtroppo priva di qull’uno che fa trentuno, come si dice. Assolutamente inadatta per reportori pesanti come Bolena e Devereaux. Fredda e con poca personalità. Priva anche di quei colori ed accenti che nel repertorio delle regine donizettiano è indispensabile. Ma oggi……con l’aria che tira si accetta anche la sua Bolena.

      • Mancini non mi dire che la Devia oltre a essere una pessima cantante,non ha nemmeno il senso della musicalità?
        accidenti che ignoranti il pubblico e critici avevamo o avevano a che fare con una “non cantante” e in 30 anni nessuno se ne accorto,meno male che ci tu caro Mancini che ci hai aperto gli occhi e sopratutto le orecchie

        • Senso della musicalità?! Ma dove?!?! Non fraseggia, non ha colori, è piatta, ha un gusto orrido nel variare e nel puntare qualsiasi parte debba eseguire, non ha mordente né ritmo, compita tutte le note come una maestrina, ma per carità! Ma certo che la gente non capisce un tubo, ve lo dico col cuore a tutti quanti.

  12. Oggi ho lavorato parecchio ed accendo il sito solo ora. Vi leggo e credo che qui da un lato si sia assai fuori questione, e dall’altro che vi sia dato di volta il cervello.
    1) non mi è chiaro perchè si debba discettare se la Devia canti bene o male adesso che si è esibita oltre i 60. Ad una certa età si sta comunque in declino e se si parla in generale della Devia si deve fare riferimento alla cantante al top. oggi la signora è un fenomeno di longevità.
    2) quello che ho visto domenica, da un posto ove le voci andavano e venivano, ove la Ganassi aveva una voce enorma a fianco di Scandiuzzi( !!! ), cioè in uno spazio acusticamente orrendo, mi è parso da parte di questa donna qualcosa di vocalmente straordianario per quello che sa fare alla sua età.
    3) la sua Bolena è quella di Verona ancora, a meno di alcuni suoni . E’ e resta una prova meramente vocale del tutto extraruolo sul piano del fraseggio e dell’accento, perchè un soprano leggero è e resta un leggero. E Bolena non è scritta per essere accentata da quella voce, men che meno suonata, perchè la Devia è una cantante strumentale ( non così una Sills, ad esempio, unicum tra i leggeri nell’età moderna capace di fraseggiare veramente )
    4) La Devia canta la Bolena al pari di un generale andazzo liofilizzante delle voci , e delle opere tragiche come del grand operà per ciò che attiene il belcanto ed i territori affini. e ricordiamoci che il barocco è cantato da baroccari e falsettisti. le conseguenze sulle prassi esecutive di certi titoli drammatici causa la pratica in uso dei leggeri non credo debba essere stigmatizzata sulla Devia, che non è la sola ma una compartecipe attiva ed esemplare di questo spostamento di asse dei pesi specifici verso ruoli mai praticati in passato da queste voci.
    5) quanto al pubblico plaudente vorrei puntualizzare che esiste anche una questione di chiama GUSTO, ed attiene alla sfera dell’estetica che non mi pare secondaria. la gente è abituata no a pensare a cosia sia storicamaente, sul piano esecutivo, il canto tragico ma solo a sentire il tragico così eseguito, nè sente la mancanza di un tragico eseguito diversamente. La Sutherland a suo tempo parve una cantante senza peso drammatico rispetto al tempo precedente. il gusto cambia, e quello di firenze mi è parso un mix di gusto ed affetto del pubblico. Quello che mi tocca, invece, è che il metro del pubblico per giudicare tutti i cantanti non sia sempre lo stesso, perchè a volte accade che si imputino a certi cantanti l’assenza di accento o di vigore dramamtico mentre non lo si richiede ad altri, come la Devia appunto. lo si chiede a tutti o non lo si chiede a nessuno. idem sul fraseggio: alcuni sono accusati di assenza di fraseggio mentre da altri si accetta che non fraseggino affatto ( la Devia ha detto alcune frasi domenica, ma un vero fraseggio alla scotto o anche alla sills non lo ha esibito, e non lo ha posseduto mai, mentre ho trovato molto più fraseggiatrice la Ganassi, con un canto scarso sul piano tecnico: chi preferisco delle due? la prima, certamente! ). Credo veramente che il pubblico oggi non sia coerente nelle sue affezioni e nei suoi giudizi, nemmeno la critica mi pare abbia esibito negli ultimi decenni una uniformità di giudizio. vi sono numerosi casi di cantanti che cantano allo stesso modo giudicati in modo opposto dalla critica e dal pubblico. dunque mi domandavo anche domenica, mentre la recita avanzava, se la gente avrebbe avuto la stessa reazione se a cantare quella prova fosse stata un’altra cantante NN sconosciuta. Quanto conta l’affezione? io domenica ho applaudito e detto “brava” alla professionista, alla figura famigliare alla mia vita di melomane, all’impresa e all’omaggio, ma la Bolena di questa donna non mi piace sul piano dell’arte….non mi dice assolutamente niente.

    trovo però la discussione sulla bravura vera o presunta di questa donna del tutto inutile e superata.

    • Grazie Madame Grisi,
      di riportare la discussione sul terreno del buon senso; certi commenti sembravano scritti dopo l’ultima Aida scaligera.
      Se anche in questo forum non si distingue così grossolanamente la farina dalla crusca… si perde di credibilità.

      • mah…il problema è che lo distinguiamo, ma a volte non tutti intendono le parole con esattezza. voglio dire che se affermo che la devia in bolena canta male la sortita, e che la dika in aida canta male, per me è implicito che il male della prima è assio diverso da quello della seconda. tutto è riferito a gradi di considerazione e apprezzamento tecnico che sono assai diversi e tanto noti da potere essere dati per impliciti. ma questo non accade per tutti, soprattutto se leggono i più giovani cresciuti su fori o riviste dove ci sono cantanti sempre e comunque bravi, oppure sempre e comunque negativi. bravi perchè piacciono, che è cosa diversa dal ben cantare…etc..fare appunti all’interprete è diverso dal farli all’aspetto tecnico del cantante…..forse perchè nessun cantante è perfetto, o forse solo alcuni nella storia, e no costituisce sacrilegio fare appunti anche ai big: occorre solo sapre contestualizzare. ma per questo ci vuole una certa preparazione o capacità di ascolto che al giorno d’oggi negli spettatori non viene coltivata ( volutamente ) da chi dovrebbe invece stimolare il pubblico a capire. perciò no si può parlare quasi di niente, ed è impossbile esprimersi, fuori da questo sito, con temini diversi da bello, brutto, buono, cattivo, mi piace, non mi piace.di qui i fraintendimenti anche di toni oltre che di contenuti

    • Cit. divina Grisi “dunque mi domandavo anche domenica, mentre la recita avanzava, se la gente avrebbe avuto la stessa reazione se a cantare quella prova fosse stata un’altra cantante NN sconosciuta.”
      Io ti assicuro divina Grisi (piacere di averti finalmente conosciuto, tra parentesi) che se ascoltassi da una perfetta sconosciuta un “Al dolce guidami” come quello di domenica applaudirei fino a spellarmi le mani. Del resto quando scoprii Jessica Pratt essa era, appunto, una perfetta sconosciuta.

    • Il problema non è se la Devia possa o non possa cantare Bolena. La Devia può fare tutto quello che vuole, visto che il pubblico le è fedele e la applaude a prescindere da come canta (ripeto, quella sortita, da parte di un’altra cantante, sarebbe passata sotto silenzio o pesantemente commentata). Però poi non stupiamoci se Dino Villatico su Repubblica scrive che la Bolena è un Donizetti minore. E il dubbio che siamo in presenza di un’esecuzione minore, per non dire altro, non viene a nessuno?

      • Un’osservazione del tutto pertinente.

        Sicuramente la Bolena dell’altro giorno non è stata una Bolena memorabile (e non solo a causa della Devia).

        A questo punto mi sembra però abbastanza paradossale che la Bolena della Devia, cantata bene, seppure con i limiti canori e interpretativi da tutti riconosciuti, venga dipinta come una Bolena a metà sulla pagina culturale (immagino) un quotidiano, mentre la Bolena della Netrebko, a dir poco vergognosa, viene additata addirittura come erede di quella della Callas dalle colonne di una rivista specializzata come l’Opera (e non solo).

        • che al met la bolena sia arrivata con la trebko e sia negata ad una Caballè ad una Scotto, ad una Sills, ad una Sutherland e magari anche ad una Vaness ad una Anderson è un fatto che consente di riflettere sulla attuale situazione del cosiddetto massimo teatro americano, che fa assoluta coppia con quello ambrosiano. Mal tra insema si dice a milano

    • Cara Grisi,
      rileggo le tue considerazioni e alcune cose mica mi convincono…. la ganassi non ha esibito una tecnica inferiore alla devia, secondo me. Hanno la stessa tecnica, ma la prima la mette molto più al servizio della frase, o meglio la subordina alla musica: non l’ho mai sentita pigra, accomodante; ogni tanto qualcosa sfuggiva al controllo, ma dava l’idea di come deve essere cantata Giovanna secondo la volontà di Donizetti, che non sono le note scritte sulla partitura ma, TUTTO ciò che OGGI si sa, si dovrebbe sapere e il pubblico dovrebbe sapere di Donizetti tragico. La Devia ha controllato tutto è vero, ma lo ha fatto per sé, non a vantaggio della musica che stava cantando. Questo non c’entra col gusto della gente, il gusto si educa, io sono ignorante di design e dico bello di fronte a una sedia finta, poi me lo dicono, e non lo dico più, perché capisco che è più importante il vero del bello. Quindi lasciamo perdere il gusto del pubblico del Comunale (che sembra non aver mai sentito un mibemolle dal vivo). Torniamo alla Devia, che io ho applaudito gridando brava perché è brava, resistente, ammirevole ecc., ma non è onesta! perché la sua canna non è da drammatico e a me non interessa affatto che a 64 anni abbia ancora tutte le note di un leggero: l’aria del primo atto non scorre, il concertato non si sente, il duetto d’amore non funziona. E di questo sono responsabili i direttori artistici, ancora una volta, la Devia prende e porta a casa. Tu parli dell’importanza della tecnica, e io sono il primo a considerarla fondamentale, ma quando vado all’opera io voglio sentire Donizetti, non un soprano che mi fa un vocalizzo (perfetto) da lezione (perdipiù da una che non credo sia malpagata!). Vabbè… ci ripenserò, ma… la farnocchia? Chi ci va?? :-)

      • comunque tornando un po indietro nel passato anche la Moffo si è intestardita a cantare roba pesante per la sua voce accorciando la carriera,se non altro la Devia riesce a conservarla la voce perche canta roba drammantica adattandola alla sua voce da soprano leggero,che sia fuori ruolo lo diciamo tutti compreso io che ne sono un ammiratore,però rimane brava,e questo che si vuole dire come cantante.

      • la devia credo non amerebbe essere equipaata alla ganssi sul piano tecnico. La gassi canta appoggiando poco, in alto piu sale e piu va indietro. Si avvale di continue contrazioni di gola dal passaggio in su, sotto il suono è aperto, sempre con un registro di petto sgarbato. Le agilità sono falsettanti e farfugliate, tanto che la chiisa del rondo o la cosa peggiore. Per me è un soprano lirico che canta con la sua natura in un registro inferiorecome accade a tutti i cantanti do igni registro che non cantino sul fiato. Come musicista la preferisco e di molto alla devia, ma per il mio modo di ascoltare non c’è il quid, il modo di base di catare perchè io possa essere interessata o invoglitat ad ascoltarla.

      • La Ganassi e la Devia avevano due timbri assai simili e lo stesso tipo di scarsa sonorità, talora un po’ incrementata dall’impianto di amplificazione (altrove leggo trattarsi di impianto di “riverberazione”). L’amplificazione si sa favorisce gli ingolati (Ganassi e Scandiuzzi), inoltre alla Devia, oltre al dato anagrafico, va dato atto che un soprano leggero in una parte come Bolena inevitabilmente risulta poco sonoro, è come se un tenore cantasse da baritono: la voce non può dare il meglio di sé. Questa però non è un’attenuante, anzi per me è una ulteriore aggravante, giacché un valido artista e professionista non si cimenta mai con parti al di fuori della propria portata. Della Ganassi poi bisogna dire che di quel che canta non si capisce quasi niente, farfuglia e rantola e grida fissa come un treno, come nell’orrendo rondò, ove è stata inoltre messa impietosamente a nudo la sua inettitudine con l’agilità. In generale comunque due prove, la sua e quella Devia, che si pongono sul medesimo scarsissimo livello.

  13. Non ero presente a Firenze ma penso di rappresentare un’impressione che non è solo mia: certe affermazioni rischiano di passare dall’opinabile al grottesco. Le uscite gradasse mi divertivano molto quando – più giovane – facevo la coda per il loggione e c’era sempre qualcuno che le sparava più grosse degli altri. Ma nemmeno allora le prendevo sul serio. Come Bolena amo la Callas, per il resto m’accontento. Sono inoltre convinto – come qualcuno ha notato – che non sia il ruolo ideale per la Devia. Che comunque ritengo – può darsi perché dispongo di una limitata collezione di 78 giri – un’interprete di livello notevolissimo . Fare gli Sparafucile è la cosa più semplice del mondo. Fare la Devia un po’ meno.

  14. Io questo gioco di buttare giù la Devia proprio non lo capisco… Specialmente in un sito che si propone di “tutelar l’antica arte del canto”. Non mi riferisco, ovviamente, all’ottimo articolo della Grisi, ma ad alcuni commenti che mirano a sminuire la Devia, arrivando a criticarne persino la tecnica. Se si parla di tecnica, la Devia è superiore alla Sills ed alla Scotto (se l’affermazione può essere opinabile rispetto alle giovani Sills e Scotto, non lo è più se si considera la tenuta nel tempo) e rispetto alla Sutherland può vantare un’articolazione molto migliore della parola, tanto per citare le cantanti spesso prese come termine di paragone. La Devia inoltre fornisce uno straordinario insegnamento: si canta sempre con la propria voce (cioè non la si forza, non si cerca quello che non si ha, anche se si devono affrontare ruoli che con la tua voce non hanno molto a che fare). Con questo non voglio dire che la Devia vada a tutti i costi sdoganata in questi ruoli (ricordo ancora la mezza delusione della sua Stuarda scaligera, proprio per l’inadeguatezza del mezzo), ma a maggior ragione in un sito che mette il canto al centro della sua attenzione ritengo che la Devia vada tutelata quasi come un panda! E’ lì, testimonianza vivente (sul palcoscenico, non solo sui dischi…) di un modo di intendere il canto in via di estinzione. Quindi facciamo pure tutte le critiche del caso e le disamine storiche sulla sua inadeguatezza nel rendere in modo appropriato determinati ruoli e sulla sua personalità interpretativa, rimarchiamo pure l’ovvio processo di obsolescenza del mezzo, ma continuiamo a tenere ben distinte queste osservazioni da giudizi sulla perizia e professionalità dell’artista. A volte ho come l’impressione che lo straordinario successo di pubblico della Devia non le giovi agli occhi di alcuni che hanno commentato questo articolo, che in questo rivelano un atteggiamento un po’ snobistico ed una smania di differenziarsi dalla massa. A mio parere, almeno in questa sede, sarebbe opportuno che emergesse con chiarezza cosa si dovrebbe intendere per “antica arte del canto” e la Devia è una delle poche che testimonia ancora quest’arte sui palcoscenici.

    • Quella che ho sentito a Firenze è una voce modestissima costretta in una tecnica assai rigida e meccanica, che sì le permette di arrivare in fondo alla parte, ma le impedisce di sfoggiare una proiezione sufficiente, nonché un fraseggio, una musicalità ed un accento che possano dare un significato a tale esibizione. Mi spiace ma dove mancano questi requisiti non c’è arte del canto, e pertanto da parte mia il lavoro della Devia non merita nessuna tutela. E’ solo l’ennesima declinazione dell’odierna decadenza.

      • Io non ho sentito la Bolena di Firenze, se non il video di “Coppia iniqua” che si trova su Youtube. A mio parere la scarsa proiezione non è legata alla tecnica, ma ai limiti intrinseci del mezzo, per di più alle prese con una tessitura che non le conviene. Fraseggio, musicalità ed accento sono fattori che ovviamente sono negativamente influenzati dal non avere una voce adatta al ruolo. Tutto ciò riconosciuto, quel che sento in quel “Coppia iniqua” ha per me del prodigioso per l’assoluto controllo della voce in tutta la gamma. L’ho sentito solo una volta e forse non con la massima attenzione, ma non ricordo un suono fuori posto! L’unica nota un po’ forzata è il sovracuto finale. Tu ritieni che sia “rigida e meccanica”, io invece la definisco “sotto controllo”. Conosce il suo corpo ed il suo strumento/voce; sa quello che fa e ne può prevedere il risultato. Insomma, sa cantare. Questa poi per me è professionalità. Magari tu mi dirai che non è Arte. Ma l’arte del canto non è innanzitutto sapere utilizzare al meglio la propria voce secondo le possibilità che la natura le accorda? Poi ovviamente questa voce va piegata a fini musicali ed espressivi… Comunque accomunarla alla “odierna decadenza” crea solo confusione.

        • Sarà pur prodigioso il controllo della voce, ma in teatro è ben poca cosa, la voce non sfoga, non c’è nessuno slancio, nessuna carica drammatica… se poi nemmeno i sopracuti le riescono bene (da sempre il suo asso nella manica), cosa resta? Mah… La proiezione non dipende solo dai limiti del mezzo, ma in primis dall’emissione poco sciolta e libera. Non mi risulta che soprani leggeri come Adelina Patti, Toti Dal Monte o Luisa Tetrazzini avessero problemi a farsi sentire.

  15. Ero a teatro anche io e concordo IN PIENO con le considerazioni della Divina Grisi, facendole mie!

    Nemmeno io comprendo gli eccessi di zelo o furore “grisalico” nei commenti con i quali si smonta una Devia; il bello è che sono partiti da considerazioni anche interessanti per poi diventare sempre più “splatter”… boh… non mi interessano sinceramente…

    Per quanto mi riguarda posso dire che la “Bolena” era alla fine tagliata su misura per le doti della Devia un po’ come il film “The iron Lady” cucito sulla straordinaria Streep.
    La Devia non è Bolena, sono d’accordo, perchè la parte è bassa per il suo baricentro e richiede maggiore tornitura, maggiore padronanza dello stile tragico, maggiore elasticità vocale: ma, signori, stiamo parlando di una cantante che ha alle spalle una decennale carriera, che brilla per professionalità e fatica, brilla per la longevità dello stato conservativo della voce.
    E’ un soprano lirico leggero, ok, da Dinorah, Juliette, Leila, dalla voce piccola e sonora, e che nonostante l’età del mezzo canta TUTTA la parte nella sua integralità “facendo” tutte le note, cercando di arrotondare i centri per raccogliere la voce, risparmiandosi dove può con i sovracuti e gli acuti, diventando esempio di musicalità e gestione vocale soprattutto nei duetti o nei concertati.
    Non è impeccabile, certo, ma fa tutto nei limiti imposti dal suo mezzo e dall’età, e nel fraseggio, mai approfondito certo, cerca a suo modo di ritrarre una regina sola, vittima di un complotto che non comprende e che non sa perchè deve morire giustificando così i 20 minuti finali di delirio.
    Forse è un’impressione solo mia, ma a me è parsa così!
    A me la Devia piace e ne ho un grande rispetto, esamente per le ragioni espresse dalla Grisi, e non ho problemi ad ammettere che era più appannata rispetto alla sua “Stuarda” di Modena o Roma, anche se la Bolena è parte più lunga.
    Se poi una Bolena alternativa deve rispondere al nome di Anna Netrebko, Edita Gruberova, Angela Meade, signori miei, sorrido e mi tengo la Devia!
    Le mani me le sono spellate anche io!

    E’ meglio evitare di parlare dell’agghiacciante Scandiuzzi (che pare fosse malato, ma non ho notato differenza nella voce dopo averlo ascoltato “sano” in altre occasioni) e dei pessimi comprimari tutti.

    La Ganassi, da cui mi aspettavo mooolto peggio soprattutto dopo la sua orrida Elcia del ROF, nonostante sia gutturale e pigolante, non l’ho trovata malvagia soprattutto nei confronti con la Devia in cui il canto era più controllato, mentre quando era in compagnia di Scandiuzzi gli sbandamenti erano evidenti, scatenavano ilarità più che tensione e sembravano usciti da una brutta “Carmen” di paese o da una “Kovantchina” impazzita.

    Mukeria mi ha deluso molto. In difficoltà, bianchiccio, non piacevole timbricamente, ha azzeccato due acuti e due frasi. Un pochino, ma pochino eh, meglio nel secondo atto, ma francamente mi aspettavo molto, molto di più soprattutto dopo il suo Edgardo veneziano.

    Epico, bravissimo il pianista, standing ovation meritata!

    Bruttarello l’allestimento di Vick con dei costumi di gusto becero tanto da trasformare Enrico VIII in un ibrido tra il Don Rodrigo di Massimo Lopez nei “Promessi sposi” del TRIO e la Regina di Cuori della Disney oppure Seymour in un incrocio tra la Zia Principessa, una badessa ed un cartello stradale… mah…

    Marianne Brandt

  16. Concordo in pieno con Cotogni e Brandt.
    Non credo che nessuno degli ammiratori della Devia affermi che questi siano ruoli per lei. Ma da questo a smontarne addirittura la tecnica o farla diventare anti-musicale ce ne corre.
    Se, oggi, un artista sa cantare (e la Devia grazie a Dio sa cantare) diventa subito mira di critiche ferocissime. Che inutile snobismo!
    Io mi tengo la Devia Bolena e lascio agli snob la Netrebko con i suoni rotti, la voce (qui sì che si può dire) ingolfata fra i seni e la gola, con la sua incapacità di colorire una frase perchè non sa che cantare forte.
    E vi lascio anche la Gruberova di oggi che bara e anche male.

    • l’amore dell’ammiratore è cieco!!!! altrimenti sarebbe stato un successo di stima, diciamo memoria e suffragio di una cantante, un tempo nella norma oggi eccezione !
      Basta aver sentito la bolena di maria chiara per pensare che sarebbe opportuno per la signora lasciare stare tutto donizetti che non sia lucia, don pasquale, elisir (dove per altro si è distinta per una verve da due novembre) linda e la margherita del gianni di parigi e BASTA!!!!!!! il resto offende l’autore, la sua poetica, il carattere del personaggio (che per capire basta legegre le cronache del tempo sulla prima di giusitta pasta) e forse anche la onorata carriera di madama devia

    • splendido luogo di ingolfamento quello della voce della trebko!!! solo quello, però, è splendido
      quanto alla gruberova è una notevole bara. utilizza pure il termine con tutti i doppi sensi del caso!!!!!!

      • Caro Mozart, corretto quanto scrivi, ma a leggere certi commenti difficilmente il pubblico odierno potrebbe capire la differenza tra le due. Bene scrive Davide Devoti; s’io non avessi mai sentito la signora Devia fin dagli anni 80, in repertori adeguati e in piena forma e mi dovessi fare un opinione solo su quello che si è letto in alcuni commenti…dovrei pensare che entrambe le signore da te citate siano al pari mediocri musiciste e cantanti tecnicamente impreparate. Stessi giudizzi, stessi termini, stesse pesanti stroncature per entrambe. Secondo me, facendo di tutt’erba un fascio né si “tutela l’antica arte del canto” né si educa il pubblico. :-)

  17. Devia = saper cantare = voce leggera fuori ruolo > Netrebko = bella voce ingolfata con una presa di fiato ogni mezza battuta ….ma bisogna anche considerare che….La Devia ha cantato senza orchestra e regia e scenografia da incubo…cioè con tutta la stima verso i teatri nostrani…l’allestimento del Met era meraviglioso…quello locale… lasciamo perdere…Magari la Devia al Met 😉

  18. Sono perfettamente d’accordo con Cotogni.Questo e’ sito dove dovrebbe essere tutelata l’antica arte del canto. Forse, scusatemi se mi permetto, forse dicevo, all’ascolto dei per lo piu’ bellissimi brani che ci vengono proposti al mattino, andrebbe aggiunta una postilla piccola piccola: che sia tecnica pero’, noiosa se si vuole, ma atta a chiarire insomma cosa sono un arpeggio, una nota filata, un suono o flautato o coperto , un passaggio coperto e chi piu’ ne ha piu’ ne metta. Ho detto sarebbe bello, perche’ aggiungere altro lavoro a quello che gia’ vien fatto, e’ cosa pesante. Lo chiedo sopratutto per me e per chi, come me e’ abituato da anni ad usufrire di questa terminologia specifica. Credo che non ci siano ascoltatori poco interessati ad un confronto o meglio ancora ad un’acquisire …una volta chiarite alcune cose, un’ascoltatore continuera’ comunque a scegliere un brano cantato meno bene, se crede, rispetto ad un brano eseguito in modo perfetto, vuoi per questioni emotive, vuoi per questioni, di qualsiasi altra natura come sempre si e’ fatto del resto. Chiudo dicendo che Devia l’ho vista al debutto in Bolena, non mi e’ mai piaciuta in quell’opera, affermare pero’ che non sappia cantare o sia antimusicale e’ negare l’evidenza.E, comunque dopo tanti anni, lasciatele cantare quello che vuole, anche titoli che non rendono giustizia al suo magistero tecnico. Mi e’ stato, detto “prossimo debutto Liu’.”….. PS. Forse una rubrica di questo genere esiste gia’? Ditemelo, per favore io non l’ho trovata ancora, ma e’ poco tempo che frequento il sito.

    • Grazie mille, Donzelli, sai, per quanto ivecchiato e un poco rinco penso ancora di riscire a capire qualcosa di tecnica vocale, ma a volte leggo delle cose strane, ed esibite con tale presopopea che un ripassino…Orientiamoci, orientiamoci.

  19. A teatro io non c’ero, mi permetto di dare il mio parere da quel poco che ho sentito in rete e sul tubo. La Devia non è voce da Anna Bolena e nemmeno è mai stata una voce da Semiramide, da Giovanna d’Arco, da Maria Stuarda, da Devereux ecc…insomma ha fatto una carriera con ruoli che sono poco adatti alle sue caratteristiche vocali. Gli applausi mi paiono sinceramente esagerati, isterici e fanatici, soprattutto dopo la sortita che proprio è insipida, però vocalmente non si può dire che non sappia cantare, non voglio dilungarmi sulla longevità perchè anche cantanti con voce tutta di gola e fibrosa hanno fatto carriere lunghissime, in quel poco che ho ascoltato in rete di questa Bolena, a parte qualche acuto tirato e sull’orlo del grido, e certe note gravi troppo artificiose, la voce mi pare tuta avanti e sul fiato e per niente di gola, gli acuti off limit sono lo scotto da pagare all’età e i gravi fuori posto sono da imputare ad una vocalità non adatta al ruolo, ma la perizia tenica c’è. La perizia tecnica c’era quando avevo l’opportunità di ascoltarla dal vivo negli anni ottanta e agli inizi degli anni novanta, e mi sembra ci sia tutt’ora da quel che sento, lo ripeto e lo sottolineo, basandomi sulle registrazioni in rete, sinceramente il giudizio di Mancini, con il quale sono fra l’altro quasi sempre d’accordo mi stupisce!

    • A costo di passarci per un fan acritico – che non ritengo di essere dato che i limiti della Devia mi sono ben noti – puntualizzo però che la carriera del soprano ligure non è stata all’insegna dei ruoli elencati da semolino: Semiramide è stata affrontata e abbandonata nel 1992, Giovanna D’Arco presa e lasciata nel 2001, Devereux debuttato lo scorso anno, Borgia nel 2001, Stuarda nel 2006, Bolena nel 2007, Pirata nel 2007… non sono certo questi ultimi i ruoli ad aver reso la Devia celebre negli anni ’80 e ’90!

    • Certo che c’è la perizia tecnica, e non ho detto assolutamente che sia ingolata o fibrosa. Il punto è che la tecnica diventa al tempo stesso la sua forza ed il suo limite. Si tratta per l’appunto di un vocalismo tecnico, meccanico, artisticamente sterile. Sì, fa le sue note più o meno bene, ma in teatro non dice nulla, è anche poco sonora perché non riesce a sfogare del tutto la voce, l’emissione è controllata, sì, ma non è davvero libera di riempire l’aria e di spandersi, nemmeno nell’acuto. Per questo trovo fuori luogo i paragoni con gli antichi soprani a 78 giri, le cui esecuzioni talvolta erano ben più censurabili di quelle della Devia, ma il cui suono aveva un’altezza, un’espansione ed una intensità che oggi nemmeno possiamo immaginare.

  20. Sono tornato al Comunale ieri sera.

    Come sapranno i più informati e coloro che hanno visto lo spettacolo al cinema, l’orchestra ha nuovamente fatto sciopero, e sul podio c’era stavolta Antonio Fogliani, mentre il pianista era il solito Severi.

    A differenza di domenica, inoltre, il teatro era senz’altro più pieno, ma il pubblico è stato decisamente meno caloroso e più cauto nell’applaudire, soprattutto al primo atto (e non sembrava, in generale, un pubblico di appassionati com’era quello di domenica). Tralascio lo sgradevole via vai dalla sala di liceali completamente disinteressati all’opera ed evidentemente trascinati a forza a teatro, a causa di qualche progetto del tipo “La scuola all’Opera” et similia (progetti benemeriti, beninteso, ma che andrebbero evidentemente organizzati meglio anziché consistere semplicemente nell’obbligare gli studenti ad andare a teatro senza alcuna preparazione).

    Decisamente sotto tono rispetto al 18 la prestazione della Devia, visibilmente affaticata e in difficoltà soprattutto nella cavatina (che infatti non ha riscosso un successo minimamente paragonabile al boato di applausi + chiamata in scena ottenuto nella recita domenicale, ma un freddo applauso di routine), e nella scena della pazzia, decisamente meno limpida, fluida e impressionante rispetto al 18; la voce risultava fastidiosamente stanca, metallica, e il sovracuto finale ha rasentato pericolosamente l’urlo lacerante.

    (Ho notato che la Devia non ha concluso il Giudici ad Anna con un sovracuto, ma sinceramente non ricordo se domenica lo fece. Inoltre mi sembra di aver notato un qui pro quo con il coro, che non si inseriva sulla musica con la battuta “Ciel! Risparmia al suo core trafitto / questo colpo a cui regger non sa”, prima di Coppia Iniqua: ho quasi avuto l’impressione che la Devia cantasse al posto del coro per dargli un’imbeccata e rimettere le cose a posto: qualcuno potrebbe dirmi se ho sentito bene o se si tratta di un’allucinazione acustica dovuta alla stanchezza?) :)

    Forse perché penalizzata dal punto di vista vocale, la Devia sembrava leggermente più coinvolta scenicamente, e, pur delineando un’Anna tendenzialmente freddina (una non-Anna, quindi), il duetto con il tenore al primo atto è stato veramente migliore rispetto al 18, anche perché Mukeria era più in forma, la voce era molto più sonora, squillante, agile rispetto a domenica, e la sua performance mi è sembrata in generale più valida e convincente (a parte la cabaletta del Vivi tu).

    La Ganassi è stata tendenzialmente uguale a se stessa, forse un po’ meno sbracata in basso, anche se non ho condiviso la pioggia di applausi alla fine di Ah! Pensate che rivolti, nell’esecuzione della quale mi sembra che abbia addirittura stonato.

    Poco prima dell’inizio dello spettacolo, Scandiuzzi ha fatto annunciare una sua indisposizione, e difatti, soprattutto all’inizio dell’opera, era visibilmente raffreddato, ma questa impressione è andata scemando nel corso dell’esecuzione; anche nel caso di Enrico VIII le limitate possibilità vocali sembrano aver determinato, almeno in parte, una maggiore attenzione al fraseggio e alla recitazione.

    Una recita decisamente meno noiosa rispetto a quella di domenica, almeno per quanto mi riguarda: peccato per la Devia, la quale, oltre a non aver centrato il personaggio, non ha saputo nemmeno stupire fino in fondo come in altre occasioni!

    • reduce dalla recita scioperata di ieri sera anch’io….un leggero senso di vuoto. Devo dire che in generale, si constatava una coerente e gelida freddezza tra le tutte le componenti, dai costumi sfarzosi ma rigidi, i blocchi delle scene, le luci taglienti, il suono del pianoforte, una direzione da ripasso della parte (vabbè). Poi i cantanti, alle prese ciascuno con ruoli davvero impegnativi così senza tagli, e davvero tragici per il senso drammaturgico sia del momento che dell’insieme (Smeton, per esempio). A me pare (e sottolineo pare perché ero in seconda galleria e la stanchezza, a metà settimana e senza orchestra, a volte non mi dava pace lo confesso) che solo Smeton (in minore) e Giovanna (per forza di cose) hanno cercato di dare un’idea dello stile donizettiano vissuto però anche nel momento presente, insomma fraseggiavano. Gli altri cantavano ripetendo, e il fraseggio donizettiano veniva meno, ogni volta per un motivo diverso, ma sempre opprimente, purtroppo: il re alle prese con una tessitura troppo alta e una coloratura affrontata da dilettante, per me era grottesco (i costumi un po’ da Raffaella Carrà e la parrucca assecondavano il tutto). Riccardo a volte non fa brutte cose, nel duetto e nel terzetto d’amore aveva dei bei colori, ma non sa l’italiano e gli accenti sarebbe da rinsegnarglieli tutti, però la voce potrebbe ottenere dei risultati interessanti, in futuro (ma non ieri sera), e la regia comunque non lo penalizza. La Signora Devia. La voce era stanca, il sovracuto finale dopo i giudici non c’è stato, mentre lì è necessario, così come è un “punto esclamativo” di ribellione anche dopo l’ultimo terzetto, e non c’è stato, ed è un peccato che lei che li ha (aveva?) non li abbia fatti. Io mi sarei rifiutato di cantare il concertato della “lagrima corrente” restando a cavallo, non dico che Riccardo debba versare vere lagrime, ma la discrepanza col libretto era così offensiva. E offensivo anche il comunicato del teatro prima della recita: “non abbiamo voluto privarvi di uno spettacolo meraviglioso”… “un cast eccezionale riunito per l’occasione” non fanno che accrescere le aspettative in modo distorto ecc. ecc.

  21. quello che mi scrivi di mariella, nicola, è normale all’età della signora infilare una recita buona assai meno. ti aggiungo poi che la recita di domenica da due posti differenti (il mio e quello di madama grisi) ha dato sulla qualità del suono opinioni molto diverse

  22. Lo sai, Mancini, che mi incuriosisci? Quale sarebbe il culmine a partire dal quale c’è la decadenza progressiva, sempre peggiore, di ogni pensiero e attività umani? Perché da qualcosa bisogna pur partire. Non saranno mica i graffiti del Périgord o del deserto libico?
    Marco Ninci

    • Mah… non pretendo di esser preso sul serio, né posso rispondere seriamente… direi che la decadenza avviene per cicli, sempre più al ribasso, ogni rinascita non è mai allo stesso livello del periodo aureo precedente… è una spirale viziosa nella quale ci si allontana sempre di più dalla verità e dalla purezza originaria. Nel canto lo zenit, nell’età moderna, si è avuto con i castrati, ma chissà che in età precedenti non ci sia stato addirittura di meglio (per me è sicuramente così, ma non posso certo dimostrarlo). Nella storia del pensiero, riconosco un culmine in Eraclito.
      Ma ora direi che non è il caso di allargarsi troppo con questi discorsi, non sono pronto a sostenere argomentazioni serie e francamente non ho voglia di dilungarmi, mi fa piacere però che la mia provocazione desti attenzione. La questione per me finisce qui, si torni a parlare della Devia. Sei vi dà fastidio che io parli di decadenza, fate finta di non leggere.

    • professore, sei sempre il solito…..che pesante!!!!
      dimostrare il declino del canto è comunque facilissimo….e lo si puo’ fare anche con i numeri, contando i grandi a varie soglie temporali……

    • Io leggo la storia secondo questo orientamento… forse tu vedi un orientamento verso il “progresso”, o forse per te non esiste orientamento alcuno. Non pretendo di convincerti. Io ho continue conferme di questa mia credenza nell’esperienza quotidiana di tutte le cose che faccio, vedo la decadenza nel canto, nelle arti, nei costumi, nella morale, nella cucina, nell’istruzione, nelle religioni, nella serietà della gente. Solo la tecnica sembra non conoscere declino. In queste pagine, Ninci, io ho già parlato anche di regressione allo stato bestiale oltre che di decadenza. Prendimi pure per un folle.

  23. No, caro Mancini, non ti prendo per un folle, non mi permetterei mai. Ho molta simpatia per te, leggo sempre con interesse le tue disamine. Oltretutto, scrivi in un italiano perfetto, cosa che apprezzo assai, credimi, dal momento che non è cosa molto comune. Io nella storia non vedo né progresso né decadenza; c’è progresso nella tecnica e nel benessere, il che tutto sommato non è cosa da poco. Per quanto però riguarda il progresso spirituale, chi lo sa? Certe volte mi pare che la storia non esista nemmeno, non sia che il ripetersi sempre uguale di stupidità e violenza. Non so davvero. Certo che non sei il primo a parlare di decadenza dell’uomo; l’hanno fatto autorevolmente Nietzsche e Heidegger. Ma da un punto di vista di spiritualità altissima; magari non è il punto di vista da cui possiamo parlarne noi. E la differenza non è poca.
    Ciao
    Marco Ninci

  24. Caro Mancini, io posso essere in disaccordo con te su tutto e molte volte questo succede. Ma quello che mi piace in quello che scrivi è l’altissima e sincera considerazione dell’arte, che presuppone la tecnica ma al tempo stesso è qualcosa di più. Una visione di questo genere in te si spinge fino al misticismo, ad una sorta di contatto con il trascendente. Ora, io sono una persona non molto incline al misticismo; e tuttavia in un mondo come questo, in cui tutti parlano e così pochi pensano, questa tua inclinazione mi colpisce. Davvero.
    Ciao
    Marco Ninci

  25. Vorrei fare i miei complimenti a Giulia Grisi per il suo articolo sulla Bolena di Firenze: mi è piaciuto molto il suo punto di vista sul personaggio Devia.
    Personalmente ho ricevuto molta soddisfazione nel vedere questa donna, piccola solo di statura evidentemente, trionfare grazie alla sua professionalità, rispetto per il pubblico, amore per il proprio lavoro, la propria arte; nell’opera delle dive di gomma, nell’italietta delle veline al ministero, è raro e prezioso.

    Per quanto riguarda l’aspetto artistico mi trovo più in linea con quanto scritto da Marianne Brandt.
    Bolena è un personaggio che si adatta poco alla Devia per tessitura e appeal drammatico. Però l’opera va cantata tutta, con rispetto per la musica e il testo, la Devia ha tutto quello che serve per farlo.
    Poi è chiaro che se prendiamo la drammaticità della Callas, il belcantismo della Sutherland, la fantasia di fraseggio della Scotto, la sontuosità di voce della Caballé, mescoliamo tutto con una spruzzatina di Cerquetti e versiamo nel corpo della Netrebko, di quando era in forma, otteniamo la Bolena definitiva, ma forse alcuni non si accontenterebbero neanche di quella :)

    Tuttavia, diversamente da altri miei amici estimatori della Devia, ho trovato positivo che anche nella tana dei grisini si sia accesa un po’ di discussione e ho letto con molto interesse le critiche negative, che anche se esposte in maniera estremistica e scomposta contengono spunti importanti.

    L’accusa di “meccanicità” per me trova riscontro nel fatto che le agilità della Devia si sono appesantite; non saprei dire se per senescenza della voce o per una ricerca voluta di centri più larghi, probabilmente un po’ delle due. Però se si prende la prestazione nel suo complesso e si considerano età e anni di carriera, il risultato è del tutto stupefacente.

    Non mi trovo d’accordo neanche con il discorso che alla Devia manchi il senso del fraseggio: a mio avviso non è creativa come una Scotto; ma i musicisti senza fraseggio sono altri, sono quelli che non riescono a trasmettere il senso musicale, a meno che non si stia usando una definizione di fraseggio diversa dall’ordinario. Il fraseggio della Devia è molto naturale e semplice, ma sempre solido ed efficace.

    Che non sia musicale francamente mi sembra una sparata. Ma non ho nulla contro le sparate, qualche volta ci stanno anche quelle.

    Mi hanno sorpreso molto i vostri commenti su Mukeria, io l’ho trovato magnifico, in modo particolare nel secondo atto, prima sembrava risparmiarsi in attesa dei momenti più impegnativi.
    Io credo che sulla sua voce, non troppo grande ne particolarmente penetrante, abbia influito troppo l’indegna sala del Comunale; infatti, come faccio sempre quando vado in quel teatro, mi sono imbucato in platea e piazzato in quarta fila centrale.
    Dalla mia posizione ho ricevuto le stesse sensazione che avevo avuto in occasione del suo splendido Edgardo veneziano, lo stesso legato, la stessa facilità negli acuti e soprattutto la stessa proprietà d’accento, così rara nei tenori che si sentono più spesso. In alcuni momenti, soprattutto nel primo atto, aveva qualche problema di respirazione, di fiato corto, ma ho pensato che fosse più che altro per il nervosismo o per le difficoltà della sala.

  26. Edgardo ti ringrazio. e puntualizzo:
    – la devia non è cantante da Bolena, perchè Bolena no è scritta per quella voce. punto. al pari di bolena potrebbe cantare tosca o gottedammerung: cantare sa cantare, ma essere adatta al ruolo e restituirlo nel suo tasso tragico no. oggi tutti cantano tutto, figuriamoci se lei non può cantare la bolena….Io però non riesco a dimenticare cosa sia questa parte, dunque posso ammirare la vocalista, ma l’artista qui non esiste. l’artista è tale quando canta i Puritani, li sì.
    – Mukeria, da dove ero io si sentiva a tratti: al primo tempo non tanto, mentre la ganassi era enorme. diverso al secondo. premesso che questo rubini è chiaro che no aveva solo gli acuti ma anche il centro della voce, centro importante, alla gigli ( con buona pace di florez e del sujo disco) mukeria, come già bros poteva essere percy a metà per definizione. non ho trovato che i fiati fossero corti, perchè ne ha esibiti anche dei lunghissimi. ho trovato un modo poco redditizio e poco connvinto di cantare al primo atto, mentre al secondo era come se fosse un altro. mukeria, per come lo vedo io dal loggione, è un uomo modestissimo e molto obbiettivo su di sè. e se non è convinto, non sa barare e ti lascia intendere che lì non si piace. al primo atto gli è mancata la baldanza, il piglio eroico, che viene dall’avere altro centro. del resto in scala, al debutto, di fronte ad un trionfo vero e strameritato all’aria dei do, ed un teatro che spontaneamente chiedeva il bis ad uno sconosciuto che aveva messo lì una serie di acuti enormi ed evanti, mukeria contnuava a guardare per terra, quasi a chiedere scusa di avere avuto tanto successo. gli nuoce stare in scena così dimesso, perchè è uno che sa il fatto suo…dovrebbe alzare un po’ la testa, e trasmettere convinzione al pubblico……Comunque, ad onta delle porcate indecenti che ho letto altrove( là dove si applica la censura a favore dei compagni pizza e merenda ), non cambio la mia opinione su questo tenore e spero che in sonnambula possa rifare quello che ha fatto sentire a genova…..fu commovente.Quanto al suo percy, vi invito a riflettere sugli strombazzati procalmi di esecuzione integrale da parte di Albelo , che ha paccato il ruolo ben due volte; la strozza tirata o le stecche del ben dotato Meli; la prova indecorosa diCostello al Met e quella di Bros a Torino…perchè mi sa che alla fine dei conti Mukeria sta molto in alto nella lista…meditate gente ….meditate!

  27. Ieri sera alla Scala ho sentito il concerto per soprano e pianoforte della Devia. Concordo assolutamente con la descrizione del personaggio che ne fa la Grisi . Grandissima professionista, fraseggio impeccapile, attacchi anche difficilissimi praticamente perfetti, se posso osare una critica da profana-semplicemente-appassionata mi ha lasciato un pò perplessa solo il modo un pò affrettato di troncare la nota alla fine della frase musicale (forse un pò ci gioca l’età o un’interpretazione un pò troppo personalizzata…). Ma voglio dire che la sua incredibile generosità nel ricambiare l’amore di un pubblico di fans che l’adora e lo dimostra, mi ha commosso. Dopo quasi due ore di concerto ha concesso TRE BIS. Il terzo addirittura insperato mentre un pò di pubblòico già si affrettava all’uscita.
    Chapeau!

  28. caro/cara angelotti
    per me tre BIS sono un’avarizia esemplare. Sono stato “svezzato” come ascoltatore di concerti dalle signore Horne e Berganza. La prima ( e quel concerto lo abbiamo anche pubblicato quando il corriere era un blog) entrava alla fine del concerto e sortiva con la frase “per cominciare i bis”. Seguivano Brindisi Lucrezia Borgia, i palpiti del tancredi, Danny boy, beautiful dreamer, Noble signeur da Ugonotti, “ah se tu dormi destati” da Romeo e Giulietta di Vaccaj, habanera da Carmen, “mon coeur” dal Sansone. Quanto a dona teresita erano irrinunciabili Nebbie di respighi, Habanera e/o seguidilla da carmen, tarantula, “cruda sorte ” da Italiana.
    Ciao dd

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