Appena cessata la polemica sull’allestimento parmigiano di Aida siamo in attesa di quello scaligero, che riprende un glorioso spettacolo degli anni ’60. Riprende, ben inteso, l’allestimento. E allora puntuale arriva una prima puntata dell’Aida a 78 giri nell’ambito della Verdi edission. Prima puntata perché il materiale da proporre agli ascoltatori è di tale quantità e, soprattutto, qualità da rendere necessaria le divisone in due puntate. Non solo, ma in questa occasione abbiamo anche scelto di non essere scontati. Mi spiego Aida è opera strapopolare e non solo del catalogo verdiano sicchè dalla prima rappresentazione mai ha onosciuto cali di popolarità e dall’avvento del fonografo le registrazioni dei passi più famosi si sono sprecate. Alcune registrazioni come l’atto del Nilo Lauri Volpi / de Luca / Rethberg, le arie dei protagonisti o i duetti di autentici colossi come Caruso, Pertile, Fleta, la Arangi Lombardi, la Caniglia, la Milanov, la Stignani costitiscono parte di quel bagaglio che ogni melomane, diciamo almeno informato, deve conoscere lo strumento indispensabile per essere un ascoltatore non facile preda di mistificazioni. E allora ci siamo sforzati di offrire qualche rarità, almeno dove fosse possibile. Difficile come sempre reperire i brani d’assieme e qui siamo ricorsi al live. Il primo addirittura dei cilindri Mapleson che nei brani d’assieme mostrano un suono di qualità più accettabile e consentono – ecco la vera importanza di queste registrazioni al di là dell’aver catturato un paio di suoni di de Reszke – di capire come venissero concertati questi titoli trent’anni dopo la loro prima rappresentazione. Offrono, insomma, se non l’interpretazione autentica almeno una molto prossima. Dobbiamo ritenere che tempi piuttosto lenti e l’accettare l’inserimento di puntature come accade con de Marchi, che canta la linea di Aida per salire, seguendo la linea vocale della protagonista al do4 fossero la regola o quasi e non già il divistico arbitrio. Sempre con riferimento ai concertati la coppia paradigmatica all’ atto del Nilo, l’abbiamo proposta (anzi riproposta) nel finale secondo. A questo riguardo lo splendore vocale della Rethberg, che prorompe nel finale e sovrasta Lauri Volpi esemplifica bene il concetto di proiezione ed espansione della voce ed anche l’aceto italico di cui il tenore ciociaro fa oggetto in voci parallele la compassata e solenne prima donna tedesca. Quanto a splendore vocale non teme certo confronti una cantante wagneriana come Johanna Gadski, l’Aida di Caruso al Met. Come altre cantanti coetanee esemplifica che il canto wagneriano non è una sfera a sé stante rispetto alle scritture vocali di altri autori. Esattamente come i protagonisti maschili escludono che Radames debba avere una voce falsamente scurita ed ingrossata, come dal post Domingo in poi siamo costantemente costretti a sentire. Confesso che per l’aria “ritorna vincitor” abbiamo scientemente deciso di tralasciare tutte le Aide più celebrate e sceglierne tre, che altri e differenti repertori frequentavano. A nostro avviso l’autentica strapotenza vocale di Tina Poli Randaccio e la qualità di dicitrice di Salomea Krusceniski (che sfruttava sia come Aida che come Selika il fascino esotico) giustificano la scelta di avere escluso le irripetibili schiave etiopi sopra citate. Alla schiera delle grandi Aide, ove con questo aggettivo si intendano quei soprani, che non sembrano soffrire le esigenze di ampiezza di fraseggio e di timbro sontuoso appartiene la Ermolenko. Canta in russo, ma l’accento e la scansione oltre che la tecnica sono quelle della scuola di canto italiana.
Per altro una delle grandi interpreti, poi, uscita dalla porta rientra dalla finestra. Alludo a Giannina Arangi-Lombardi, che prestò la propria arte vocale anche al ruolo della Sacerdotessa quando nel 1928 incise l’integrale di Aida. Per fare della facile ironia oggi molte Aida sarebbero in realtà delle mediocri sacerdotesse.
Gli ascolti
Verdi – Aida
Sinfonia – Arturo Toscanini (1940)
Atto I
Sì: corre voce che l’Etiope ardisca – Luigi Manfrini e Aureliano Pertile (1928)
Se quel guerrier io fossi…Celeste Aida – Florencio Constantino (1913), Hipólito Lázaro (1916)
Quale insolita gioia nel tuo sguardo – Irene Minghini-Cattaneo, Aureliano Pertile & Dusolina Giannini (1928)
Grave cagion v’aduna…Su! del Nilo al sacro lido – Johanna Gadski, Louise Homer, Emilio de Marchi & Marcel Journet, dir. Luigi Mancinelli (Mapleson – 1903), Gina Cigna, Ebe Stignani, Beniamino Gigli & Tancredi Pasero, dir. Victor de Sabata (1937)
Ritorna vincitor!…I sacri nomi – Félia Litvinne (1904), Salomea Krusceniski (1907), Natalia Ermolenko-Yuzhina (1909), Tina Poli Randaccio (1923)
Possente Fthà – Giannina Arangi-Lombardi (1928)
Nume, custode e vindice – José Mardones & Giovanni Zenatello (1913), Tancredi Pasero & Francesco Merli (1927)
Atto II
Chi mai fra gli inni e i plausi…Vieni, amor mio, m’inebria – Irene Minghini-Cattaneo (1928)
Fu la sorte dell’armi – Louise Homer & Johanna Gadski (1909), Maartjie Offers & Tina Poli Randaccio (1923), Maria Capuana & Giannina Arangi-Lombardi (1928)
Vieni o guerriero vindice…Quest’assisa che vesto…Ma tu Re, tu signore possente – Johanna Gadski, Louise Homer, Emilio de Marchi, Giuseppe Campanari & Marcel Journet, dir. Luigi Mancinelli (Mapleson – 1903), Dusolina Giannini, Irene Minghini-Cattaneo, Aureliano Pertile, Giovanni Inghilleri & Luigi Manfrini, dir. Carlo Sabajno (1928), Elisabeth Rethberg, Gertrud Wettergren, Giacomo Lauri-Volpi, Alexander de Sved & Ezio Pinza, dir. Vincenzo Bellezza (1936)
Begli ascolti come sempre. Per il 99, 9% delle Aide di oggi anche la Sacerdotessa sarebbe in realtà troppo. Al massimo dovrebbero fare le coriste nella scena di apertura del secondo atto.
Grazie per l’articolo, spero presto di poter leggere il seguito.
Mi hanno incuriosito soprattutto le osservazioni “filologiche” sull’aspetto sonoro, se mi passi l’espressione, che doveva avere l’opera all’indomani della sua composizione.
Quanto agli ascolti, la cosa che più mi ha colpito di queste voci così squillanti, ben proiettate, omogenee in tutta la gamma, dove mai si avverte lo sforzo (mentre scrivo tutte queste definizioni mi rendo conto che è semplicemente il tentativo di descrivere questo tipo stupefacente di canto che mi spinge ad usarle), la cosa che più mi ha colpito, dicevo, è il colore inaspettatamente chiaro di bassi, baritoni, e mezzosoprani.
Un ottimo scorcio di Aida, insolito e pieno di sorprese. In particolare concordo con Nicola sul fatto che la filologia del canto ben si esprime in questi ascolti. Certo è che con gli scempi ascoltati ultimamente qui pare proprio un altro universo.
Attendo la seconda parte, magari con la mia prima Aida, quella con Bjorling, Milanov, Christoff e Barbieri, quella che mi introdusse – anche se non molto tempo fa – a Giuseppe Verdi… ma non so se fosse originariamente a 78 giri oppure è una di quelle già definite troppo classiche per entrare in tema in questa Edission…
Come al solito, Grisacci, bel lavoro. Grazie.
Bellissimi ascolti. Meravigliosi Mardones e Zenatello, straordinario Lazaro. Ogni volta che riascolto Zenatello, bella voce, ottima tecnica, (certo, meno sfumato nel fraseggio di un Lazaro, ma che spendore!…) mi vien da pensare che nel gusto sarebbe un tenore attuale anche oggi, poi ci ripenso e visto qual’ è il gusto oggi, mi rendo conto di aver pensato una sciocchezza . grazie degli ascolti, aspettiamo la seconda parte.
Costui canterà Radames alla Scala! TERRIFICANTE
http://www.youtube.com/watch?v=-UJ6RqT5mHY&feature=related
…..in Italia vien concesso questo titol, questo titol singolar: Pappataci……….mangia e taci! Hahahah
Mundus vult decipi, ergo decipiatur.
ego non audiam eum…de minimis non curat praetor:)
L’aspetto più evidente per me è il suono delle orchestre, nel periodo in cui la rivoluzione di Toscanini era ancora agli inizi.
Ascoltando Hipólito Lázaro e Florencio Constantino si intuisce dove affondi le sue radici una certa “aria di famiglia” per i tenori spagnoli. E’ come un’arcata che ha Lázaro, Kraus, Domingo tra i pilastri più importanti.
Fra parentesi, il canto di Miguel Fleta era piuttosto differente; ma è morto giovane, e di fatto Lázaro, grazie anche al suo famoso Metodo di canto, si è naturalmente affermato come caposcuola della vocalità tenorile in Spagna.
Miguel Fleta in Celeste Aida
http://www.youtube.com/watch?v=4cVsVnl12nE
Ecco Celeste Aida eseguito da Francesco Merli: uno stile differente dai due spagnoli proposti nell’articolo
http://www.youtube.com/watch?v=ndyebaDaEQQ
Forse Fleta si avvicinava più ai colleghi italiani che al suo grande rivale?