Altro avvicendamento sul podio scaligero. Dopo i forfait di Salonen e Bychkov, è ora il turno di Andris Nelsons che rinunzia con largo anticipo al suo concerto del 7 di novembre: al suo posto il solito Daniel Harding, con un programma parzialmente modificato (resta il concerto n. 1 per pianoforte e orchestra di Čajkovskij, ma il n. 2 di Liszt viene sostituito dall’Opus 37 di Beethoven: il concerto n. 3 in Do minore). Con tutto il rispetto per Harding e per la sua indubbia capacità di saper gestire la problematica orchestra scaligera, va detto che questa è l’ennesima dimostrazione di scarso rispetto per il pubblico pagante. Quello di Nelsons era il terzo concerto del mini ciclo dedicato ai concerti per pianoforte e orchestra, costruito, in realtà, per ospitare l’annunciato ritorno alla Scala di Claudio Abbado (suo è il secondo appuntamento, con la Sesta di Mahler preceduta dal concerto n. 2 di Chopin). L’altro direttore coinvolto è Gustavo Dudamel (che ripropone il concerto n. 1 di Brahms e il primo di Bartok). Solista fisso Daniel Barenboim (che ancora si picca di frequentare il pianoforte, non possedendo più quella sicurezza che certo repertorio richiede: anche se Liszt viene opportunamente cassato). La direzione del teatro – a scanso di equivoci – si è riservata il diritto di apportare cambi di cast e di programmi, così da scongiurare gli eventuali rimborsi a chi, volendo ascoltare un certo artista se ne ritrova un altro. Gli è che – data l’attrattiva del nome di Abbado – gli abbonamenti, già messi in vendita da tempo, sono andati a ruba, lasciando supporre che ben pochi posti saranno disponibili per ogni singola serata. Un tutto esaurito annunciato che la Scala, evidentemente, non vuole mettere in discussione. Ergo chi ha pagato per Nelsons (e Liszt) si deve ascoltare Harding (e Beethoven): il fatto è che sono due direttori molto diversi, con approcci stilistici opposti. E se pure Abbado dovesse rinunciare (come già è accaduto l’anno passato)? Resterebbe una rassegna totalmente inutile e per nulla corrispondente alle aspettative di chi ha già acquistato il biglietto. A questo punto, visto che siamo in periodo di Carnevale e relativi scherzi, ci chiediamo e chiediamo ai nostri lettori chi sia il destinatario dello scherzo in questione: Harding, l’orchestra, Barenboim… o il pubblico?
3 pensieri su “Scherzi di Carnevale 1. In fuga da un podio…”
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Il destinatario è sempre, purtroppo, il pubblico, che la Scala evidentemente non riconosce come un insieme di persone con un cervello perfettamente funzionante bensì semplicemente come una massa di sottosviluppati dotati solo di portafoglio sempre e comunque aperto e di due mani per applaudire automaticamente: come dire, dei poveri cornuti e contenti. Un vero scandalo che mi sembra solo questo sito si dia da fare a denunciare. Ma per quanto tempo potranno andare avanti in questo modo? Spero non molto, i presupposti ci sono tutti: scioperi più o meno giustificati, forfait più o meno annunciati, produzioni strombazzate con largo anticipo e poi modificate radicalmente alla chetichella (avete provato a prendere debita nota di produzioni e cast alla presentazione della stagione e andare in seguito a sfrugugliare il cartellone? Bei nomi spariti come d’incanto, sostituiti da altri, ribaltamenti di vario genere, ecc, il tutto giustificato sempre e solo dalla magica frase a piè di pagina “La Direzione del Teatro si riserva di….”. Da milanese mi si strazia il cuore, ma spero che vada presto tutto a catafascio, forse sarebbe l’unico modo per far aprire definitivamente gli occhi a chi di dovere e si ostina a tenerli ben serrati.
cara Carmencita, è sicuro che questo teatro è sempre preoccupato più di tutelare se stesso, o meglio, chi lo dirige, che non l’arte ed il pubblico. L’atteggiamento ormai diffuso in ìtalia in ogni componenete di chi fa lirica è che il pubblico vada gestito, condizionato, usato, asservito, abbindolato, comandato e non servito, onorato e rispettato con il fare bene, seriamente e con coscienza. E’ per questo che questo sito viene continuamente diffamato, assalito, criticato ed insultato dagli scherani che questo meccanismo servono. Cosa inaudita in ogni altro paese, ove i fiaschi decretati dal pubblico vengono considerati semplicemenete come tali. Ormai il re è nudo, però, e la foglia l’han mangiata quelli che del pubblico hanno ancora libertà di pensiero ed indipendenza di giudizio. Certo, la domanda è quanto danno questi atteggiamenti verso il pubblico arrechino al teatro, in un momento di grande difficoltà dei teatri. Intelligenza vorrebbe comportamenti più opportuni, ma tant’è…..che di intelligenza ce ne sia poca è ormai fatto assodato pure questo.
Aggiungerei al desolante quadro – ben dipinto dalle riflessioni precedenti – il vergognoso e squallido atteggiamento della stampa di settore o generalista. In un paese normale (ossia civile) i media non dovrebbero fare “comunella” con l’oggetto della loro critica o del loro “controllo diffuso”. In un paese dove la stampa è libera non perché è scritto su un pezzo di carta, ma perché SI SENTE libera, non sarebbe concepibile nessuna difesa d’ufficio al “sistema e ai suoi raccomandati”. Qui da noi, al contrario, il pubblico che contesta è facinoroso, teppista, delinquenziale, ottuso, prevenuto, complottista…si è pure arrivati a stigmatizzare chi, al termine dello spettacolo, non si ferma ad applaudire, tacciandolo di maleducazione e ingratitudine. La critica musicale italiana è l’unica che, nelle recensioni a spettacoli e dischi, impiega più spazio per denigrare e diffamare chi non la pensa come il critico di turno, che a commentare concerti o registrazioni. Qui bisogna solo pagare e applaudire… Mi auguro che tutto questo finisca presto, in qualsiasi modo, ma finisca!