Recital di Micaela Carosi: Cara, dolce Carlotta…

Cara, dolce Carlotta,

ti ho pensato tanto l’altra sera e mi sarebbe piaciuto molto condividere con te le risate che mi hanno colto durante lo spettacolo a cui ho assistito, ma molti chilometri ci separano purtroppo.
Vedi “Lotte”, conosci bene il mio spirito goliardico, così ben sapendo che la tua artista “preferita” era in città per un Recital esclusivo della fondazione teatrale, sono andata al Teatro Politeama di Catanzaro e mi sono trovata davanti a questa enigmatica iscrizione:

”Sul palcoscenico del Politeama ritorna il grande soprano Micaela Carosi, una delle voci,” più armoniose e potenti del panorama lirico internazionale” ( sono parole di Daniel Oren, direttore d’orchestra di lungo corso).
(Omissis)
Ne ha fatto di strada in questi anni Micaela, se è vero che i maggiori teatri del mondo se la contendono.
(Omissis)”

Si, cara Lotte, sto parlando della tua beniamina: quella Micaela Carosi che tante “emoZioni” ti ha regalato in questi anni! Quella di certe recensioni all’amatriciana, lovvosissime e deliranti.
Un concerto dedicato ad alcuni artisti deceduti, tra cui la compianta Luigia Muleo, che negli ultimi anni sono stati vicini in qualche modo alla Carosi: fine molto nobile e affettuoso, ma sai cara Lotte, sentire ogni due canzoni un elenco di morti faceva molto bollettino dei caduti della seconda guerra mondiale, conferendo allo spettacolo un aspetto vagamente luttuoso, confermato dal tenebroso abito della cantante.
Mi sarei aspettata, per rimanere in tema, “Vitti ‘na crozza”, ma la Carosi ha preferito proporre ben altro!
Un concerto addirittura diviso in ben due parti! Un po’ come certe sedute di interrogatorio nelle quali si lasciava al soggetto un certo periodo di requie tra due sessioni di raffinati trattamenti.
Bando alla ciance: cosa ti sei persa cara Lotte!!!
La voce della Carosi ha un unico pregio (che purtroppo è anche un difetto): essere sonora! Si sente e tanto, il che amplifica tutto ciò che fa da corona alla sua attuale organizzazione vocale!
I critici, che come sai Lotte hanno un ventaglio di concetti estremamente limitato oltre che falsamente benevolo e carezzevole, frutto di perniciose consuetudini che rinviano alla manzoniana mensa, direbbero di lei: “Voce potente e penetrante da vero soprano sfogato italiano, fraseggio generoso e spontaneo, e la voce, malgrado qualche suono non a fuoco, oggi suona più matura e consapevole e con un ventaglio espressivo commosso e sensibile che ben si adatta al tipo di repertorio della cantante e pazienza per alcune note un po’ sporche se queste possono offrire all’interprete un maggiore scavo nella parola e dunque nell’emozione.”
Quante puerilità, vero cara Lotte, ma siamo abituati ormai a leggerle sulla “stampa ufficiale” quella che conta davvero con aggettivazioni e svenevolezze che ogni cantante pretende di leggere su se stesso credendoci anche. Povero illuso!
O Lotte cara, non hai idea di ciò che fa sentire quella donna: sembrava di ascoltare un concerto delle attuali Katia (Ricciarelli) o peggio ancora di Montserrat (Caballé), con tutti i facili sorrisi del caso, ovvio, poiché identico al loro è l’attuale conservazione vocale e tecnica della Carosi… che ha poco più di dieci anni di carriera in compenso!
Le anime buone e pure direbbero che “la voce si è evoluta verso nuove sfide interpretative”: bubbole. La voce si è frantumata in almeno tre ceppi e l’unica sfida è controllarla!

In basso quindi sbraca e apre i suoni, il centro traballa, in alto spinge, sforza e urla. Non c’è sostegno alcuno in quanto appena prova ad appoggiare i suoni la voce si trasforma in un falsettino non gradevolissimo e quando cerca di immascherare ecco che smette di sostenere il suono facendolo galleggiare, esile esile, sul nulla alla maniera della Montserrat, ma… le piacerebbe ottenere i medesimi risultati! Inutile dire che essendo tutta natura la voce è bloccata tra la gola e la bocca e l’intonazione è rimasta in camerino.
Ci sarebbero due paroline da dire soprattutto sulla pronuncia: per Tosti (“Sogno”, “Malia”), Bellini (“Vaga luna”), Donizetti (l’inedito “Amor ch’a nullo amato” la celebre terzina dantesca musicata dal bergamasco e trovata dalla stessa Carosi, novella Cecilia Bartoli alla pajata, a Parigi), per Leoncavallo (“Mattinata”), De Curtis (“Non ti scordar di me”), Bixio (“Parlami d’amore Mariù”) ha utilizzato presumo un dialetto pakistano; per le canzoni napoletane (“A vucchella”, “Torna a Surrientu”, “Core n’ grato”, “Tu che nun chiane”, “Dicinticello vuie”, “Reginella”, “Io te vurria vasà”) una ricostruzione del babilonese con contaminazioni ittite immagino; per i bis (“Funiculì, funiculà” e l’onnipresente “ ‘O sole mio”) l’armeno.
Lotte credimi non si capisce una parola! Nemmeno una lettera dell’alfabeto! Non compra nemmeno una vocale!

Cara Lotte, perché poi infarcire i brani con variazioni terrificanti degne di Proch e acutastri fuori ordinanza e dalla grazia del cielo? Non bastava già “parodiarle” così? Nemmeno i Monty Python. 

L’interprete: una sciantosa alla vaccinara che canta sia le canzoni della prima parte che la tradizione napoletana della seconda come Rosa Mamai nell’orrido campo, a parte “Reginella” l’unico brano che ad essere onesti la Carosi ha cantato discretamente dando finalmente gli accenti quasi giusti e controllando gli sbandamenti; ma è una goccia nel mare, ed il naufragio era già a buon punto.
Cara Lotte ti sei persa anche l’immagine della Carosi con il cappello da Babbo Natale che saltellava per il palcoscenico, novella Vispa Teresa, scena che schizza tra i sublimi vertici della mia personale lista di kitscherie; ti sei persa il battimani del pubblico sobillato dalla Carosi per accompagnare a tempo “Funiculì, funicolà”; il piano scordato della discreta Sabrina Trojse che ha fatto un po’ quello che ha potuto per puntellare la baracca; l’ottimo terzetto di mandolini e mandole formato da Sergio Trojse, Felice Zaccheo e Maria Ausilia D’Antona, gli unici veri, grandi artisti presenti sul palcoscenico e gli unici che mi sono sentita di premiare e applaudire con convinzione.
Alla fine il pubblico presente nella sola platea del Politeama (io ho preferito, solitaria, la piccionaia, come un avvoltoio) ha decretato, tra una rosa, un mazzo di girasoli ed un premio, che ha commosso  la cantante, un successo perplesso di cortesia.
Lotte adorata la prossima volta devi assolutamente venire, lo sai che condividendo la tua insana passione per il “kitsch” mi sei tanto mancata e mi sono mancate le tue risate e le tue argute battute dai tempi comici perfetti.
Promettimelo, la prossima volta andremo insieme.

Tua devota

Marianne

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109 pensieri su “Recital di Micaela Carosi: Cara, dolce Carlotta…

  1. Alla frase: “Cara Lotte ti sei persa anche l’immagine della Carosi con il cappello da Babbo Natale che saltellava per il palcoscenico, novella Vispa Teresa, scena che schizza tra i sublimi vertici della mia personale lista di kitscherie” mi sono piegato in due dalle risate!

  2. Premetto che leggo questo blog sempre con grande interesse per la competenza di chi scrive e per la ricchezza di materiale e di informazioni che proponete con grande dedizione. Non sempre condivido la vostra “linea”, ma questo ci può stare. Solo che in questa recensione ho trovato un’acredine che non riesco a giustificare in nessun modo. Ho provato a capire il contesto “satirico”, ma la satira dovrebbe essere impiegata per questioni ben più gravi e alla fine ho trovato il tutto come una enorme caduta di stile. Non entro nei contenuti, la Carosi l’ho sentita live un paio di volte, non mi aveva entusiasmato ma non mi era sembrata nemmeno così tremenda, certo sono passati degli anni e non escludo che le condizioni della cantante possano essersi aggravate. Altre volte nelle vostre pagine vi ho visto essere severi con questo o quel cantante, a torto o a ragione poco importa, ma le motivazioni “oggettive” erano sembre ben documentate, senza però cadere nell’attacco personale o nella mancanza di rispetto. Sinceramente scrivere di una cantante “una sciantosa alla vaccinara” et similia credo che esuli dal dovere di cronaca. Questa almeno la mia impressione. Spero che non sia questa la nuova deriva di un blog che si è sempre distinto dal becerume quotidiano e dalla mediocrità imperante per l’onestà intellettuale e la spinta “didattica”. Se la morale mi diventa moralismo, se l’ironia diventa cialtronaggine, sarebbe un vero peccato.
    Con stima
    mirco

    • Rispondo io per tutti. No ci sono nè derive nè altro disimile
      Io non sono solita chiedere modifiche a testi che magari non mi piacciono come questo. Chiedo di moderare certe uscite, posto che la signora Carosi con la sua Lirica su Face ha per anni insultato, sbeffeggiato, sproloquiato contro i sottoscritti deliberatamente ed apertamente, pergiunta in termini personalissimi ( gratuiti ed inventati, dato che nemmneo ci conosce!!) La sua oggettiva mancanza di stile quale cantate dalla scena è travalicata nel web da dove pretendeva di istruire il pubblico, orientarlo, autorecensirsi. Il declino di siffatto personaggio causa reazioni di vario tenore. Se l’avessi recensita io, le avrei dedicato 10 righe stile requiem, perchè mi pare che la carriera sia al capolinea dato il modo in cui canta.E forse sarei uscita al primo tempo.
      Marianne ha voluto così esprimersi, forse perchè i modi del personaggio pubblico ( oltre che della cantante)possono generare tali reazioni anche in moderati come la Nostra diva wagneriana.
      Caro Pearce, ci fa piacere averti qui e se ci leggi tanto, beh…..potevi intervenire anche prima magari in dibattiti meno sterili ed inutili di questo: avresti dato un apporto interessante, come sai fare sempre da anni.
      spero di vederti presto qui con noi.
      g

  3. Caro Mirco, ti assicuro che l’intento del pezzo è solo ironico-parodistico, non c’è davvero alcun attacco personale o men che meno acredine nei riguardi della Carosi, ma solo la sana voglia di sorridere di una serata un po’ “così” e di parlare del suo canto: infatti ho motivato con la satira cosa non andava nella sua attuale organizzazione vocale e nella performance in generale e, se permetti, si è letto ben di peggio e con frasi dal costrutto ancora più aulico e apoteosico nei confronti della sopracitata e altre colleghe di “sciantosa alla vaccinara” 😉 e poi con un programma di questo tipo “sciantosa”, che non è un insulto, ma tutt’altro http://it.wikipedia.org/wiki/Sciantosa è il minimo che potessi scrivere, quindi stai pur tranquillo, nessuna caduta becera.
    Grazie delle tue impressioni

    Marianne

    • Neanche io ho gradito il pezzo. Sarò noioso, ma a mio parere si tratta di una caduta di stile bella e buona, del tutto indegna del CdG; tra l’altro, credo che esso non abbia costituito neppure un bel biglietto da visita per chi eventualmente si fosse connesso per la prima volta al sito…

      La lista delle cose che non mi sono andate giù è abbastanza corposa, ma la tralascio in quanto Mirco ha già espresso in pieno il mio pensiero.

      P. S. la parola “sciantosa” non sarà un insulto (essendo figlio di due campani mi permetto di esprimere qualche dubbio in merito), ma credo che il problema si ponga quando essa viene abbinata al sintagma “alla vaccinara”

      Cordialmente,

      NZ

      • Mi sono divertita a leggere il post ma ne ho pure ricavato un’idea molto precisa sullo stato della voce della Carosi, ho trovato molto chiara e precisa la recensione, poi il renderla anche divertente è una capacità e una qualità di Marianne , già il fatto che la pubblichi come lettera a Carlotta evidenzia l’intenzione giocosa e non certo il malanimo nei confronti della cantante.

        • Esatto Olivia, ma non intendo far cambiare idea a Nicola; mi auguro che la rilegga, se ne avrà voglia e pazienza ovvio 😉 con sarcasmo e leggerezza e ne comprenda lo spirito goliardico con cui l’ho scritta, altrimenti pazienza, c’ho provato… ma spero di incrociarlo a teatro durante un recital, un concerto o un ‘opera così da commentare insieme ciò che ascoltiamo e, nel caso, riderci anche su 😀

          Marianne

  4. Sinceramente non capisco questa ipersensibilità fuori luogo, questa parossistica suscettibilità. Viva una sana vis polemica e abbasso il buonismo! Io insegno filosofia all’università e con i miei colleghi a volte ci “massacriamo” verbalmente, e poi andiamo a bere il caffè insieme… niente di più normale! Perché? Non perché non ce ne frega niente del nostro lavoro e non diamo l’anima per esso, o perché siamo invidiosi o rancorosi, oppure divorati dal risentimento e quindi amiamo insultarci, ma semplicemente perché non c’è alcun insulto, assolutamente niente di personale in gioco! Al centro della discussione c’è ben altro che i propri caratteri, le proprie attitudini, la propria sensibilità, che se mai possono essere usati come meri esempi retorici… Per quanto riguarda la signora Carosi, ho visionato molti suoi video su youtube e l’ho trovata per la maggior parte delle volte semplicemente fastidiosa! Sarà un limite dell’ascolto non dal vivo, ma, insomma, fare la cantante lirica non lo prescrive il medico! È davvero oltraggioso affermare che come cantante molto spesso è sciatta, imprecisa, senza gusto né musicalità, e a volte semplicemente stonata? Se la Marianne ha sublimato il suo fastidio con sarcasmo e attraverso la satira, lo ha fatto solo perché l’antitesti al buon canto è in questo caso davvero palese. Saluti, Susanna.

      • Non credo sia una questione di buonismo, e ritengo che gli esempi personali da te addotti c’entrino come i cavoli a merenda.

        Io non ho certo espresso il mio disappunto perché avrei voluto leggere quant’è brava e quanto canta bene la cantante in questione, che peraltro non conosco. Del resto non mi sembra che solitamente i recensori del sito la mandino a dire a cantanti e direttori d’orchestra, i cui difetti vengono anzi elencati con inesorabile precisione.

        Basta leggere i recenti “Riflettere e confrontare” per vedere come, pur criticando pesantemente gli interpreti dell’ultima Donna del Lago scaligera, le recensioni rimangano circoscritte al canto e alla musica, senza scadere in toni che personalmente ritengo discutibili.

  5. Ringrazio per le cortesi risposte e i chiarimenti.
    Giusto un paio di cose, se la signora Carosi nel suo blog si comporta con malagrazia questo non giustifica abbassarsi certo al suo livello.
    Il discorso “sciantosa” non era come parola in sé, ma come ha meglio interpretato Nicola, perché legato all’espressione “alla vaccinara”, ma era solo un esempio.
    Capisco l’intento comico e lungi da me dall’essere buonista, era solo una questione di stile. Sono stato “rincuorato” e mi va bene così.
    mirco

    p.s.
    non intervengo negli altri argomenti perché mi piace stare ad ascoltare i brani che proponete (e dei quali faccio tesoro) e non potrei mai essere all’altezza dei vostri dottissimi stimoli o suggestioni. Cercherò di essere maggiormente partecipe.

  6. Pears, Nicola,

    non avete affatto torto: quando si colpisce qualcuno con l’aculeo pungente di un’ironia che non fa prigionieri, un po’ si passa sempre il limite. Credo sia nella natura delle cose. Tuttavia, del tutto sinceramente, penso che la recensione di Marianne non sia altro che una delle tante declinazioni possibili del “Castigat ridendo mores”; e secondo me lecite, quando si arrivi al punto di non solo giustificare ma addirittura osannare il pessimo gusto.

  7. non vedo dove sono le offese alla cantante,comunque peccato che sul gruppo fondato su facebook,tutto quello che avevano scritto non ci sia più niente,perchè i “discepoli”non erano teneri nei confronti di questo blog,comunque c’è stato un giudizio più postivo rispetto al passato,visto che alla signora veniva vista bene dietro a una bancarella a vendere pesce.(senza offese alle urla delle pescivendole)
    Brava Marianne l’idea di presentare la recensione come una confidenza fatta a un amica l’ha reso ironico,e godibile..

    • Cari Pasquale e Tamberlick,

      sinceramente credo che il dovere di una recensione seria sia quello di registrare in modo fedele -da un punto di vista artistico nel nostro caso- quello che è avvenuto durante la serata che si è scelto di commentare.

      Ritengo che se la cantante in questione avesse offerto una buona performance nessuno si sarebbe soffermato sulla sua mise, o sugli atteggiamenti più o meno ridicoli che essa può aver assunto durante lo spettacolo. Si sarebbe rimasti estasiati per la sua arte, punto e basta.

      Qui invece dal canto si passa ad altre cose che a mio modo di vedere esulano dal dovere del recensore e rappresentano quasi un attacco personale: si dileggia la persona e non la professionista (brava o non brava che sia). Questo a mio modo di vedere e indipendentemente dalle uscite poco cortesi che la signora può avere avuto in passato nei confronti del CdG (e delle quali nulla sapevo).

      Comunque sono d’accordo con la Grisi: tutto ciò è abbastanza sterile, quindi proporrei di non appesantire ulteriormente il blog con gli stanchi cascami di una discussione inutile (compresi anche i miei di messaggi, beninteso).

      Cordialmente,

      NZ

      • Caro Nicola, sono più utili i tuoi commenti rispetto a quelli di certi inventori farlocchi.
        Ed hai ragione: se la Carosi AVESSE cantato bene, mi sarei soffermata a parlare in maniera positiva se non entusiasta di quello; purtroppo ciò non è avvenuto ed allora ho parlato, oltre della sua performance, del contorno che, ripeto, era puro kitsch e non perchè l’ho voluto io, ho semplicemente narrato come dovere di recensione ciò che la Carosi ha proposto. Né più e né meno.
        Ripeto: c’era solo quello di cui parlare e come riportarlo se non con sarcastica ironia?
        Avrei potuto racchiudere le mie impressioni in 10 righe seriosissime e tecnicissime esulando dallo spettacolino di contorno, ma sarebbe stato del tutto inutile parlarne.
        Degli insulti che la cantante ed i suoi boys hanno fatto in passato nei nostri riguardi non me ne importa molto, fanno parte del passato, e sinceramente non ho nulla contro di lei, per questo mi spiace che tu legga nella recensione un attacco personale, quando mi sono limitata a parlare soltanto di ciò che ha proposto e con il sorriso sulle labbra.;) Ed ho anche i testimoni dello show 😀
        Ma te l’ho detto, non voglio convincerti e queste sono le mie argomentazioni, tu sei ovviamente libero di crederci o meno :)

        Marianne

      • comunque Nicola anche le recensione possono essere fatta con una buona dose di ironia, se viene fatta con la dovuta correttezza,ti voglio dire che all’epoca ebbi una discussione sul loro gruppo su una recita della signora,e venni bannato,poi scrissi un mesaggio alla signora Carosi per spiegarmi meglio su quello che intendevo dire,e la signora con grande correttezza,ed educazione mi rispose,ed ebbi uno scambio di opinioni,e fui riamesso nel gruppo.
        Ora aldi fuori dalle critiche che si possono fare alla cantante(e un cantante quando mette piede sul palco,si mette al giudizio del pubblico) le critiche non vanno mai alla persona,e riguardo alla signora Carosi,in quei due messaggi ha dimostrato di essere una persona educata e disponibile,quindi Nicola,una cosa e la cantante,un altra è la persona che nel caso della Carosi merita rispetto come penso che glie lo portano tutti anche qui sopra.

  8. Cara Marianne,
    rientro or ora da un soggiorno all’estero che mi ha in qualche modo stressata. Leggere la tua cronaca mi ha quindi regalato una parentesi di autentica leggerezza. Uno di quei momenti che solo una vera amica può donare. Per affetto, per vicinanza di sentire, per condivisione di principi, soprattutto. Ci piace sentir cantare bene, ci piace trastullarci col kitsch, talvolta. Che sia quello consapevole, volontario, ricercato, oppure quello occasionale, “eventuale”, incontrollato. “Trash”, in un certo senso (se l’incompetenza va a braccetto con l’austerità, i risutati son quelli che sappiamo: la signora rilascia sul web interviste in cui parla di tecnica vocale, noi ci abbandoniamo alla risata grassa). Mi pare sia questo il caso del recital della nostra. Ossia (più) mia (ch)e tua simpatica ossessione, di certo poco magnifica… Senza dubbio, innocente. E se verrai criticata, passaci sopra. Noi sappiamo bene che, oltrepassato il punto di non ritorno, c’è il carnevale, la smorfia, la festa. Un po’ come hanno fatto Oltreoceano, dove la Carosi è stata battezzata “flat panda”! Quale miglior occasione di questo concerto sui generis, cara Marianne, per far nostre quelle famose parole di Kundera: la Carosi è kitsch non tanto per gli eccessi “espressivi” di cui si fa fiera portatrice, ma per il semplice fatto che (ci fa ridere perché) non sa cantare. E’ il canto il nostro sentimento condiviso.

    Tua Carlotta

  9. Caro simulacro della Sig.ra Brandt, ammesso e, diciamo pure, concesso che ció che Ella afferma nell’iscrizione-post sia VERO, lei sapeva già prima del concerto lo stato vocale della Sig.ra Carosi o, viceversa, pensava di trarre da essa un puro godimento estetico? E se è valida la seconda ipotesi ha mai tratto dalle performances della Sig.ra Carosi un puro godimento estetico?
    Ma, ipotesi terribile, se già da PRIMA sapeva dello stato di voce della Sig.ra Carosi PERCHÈ è andata a farsi PROFANARE il suo spirituale udito?
    Forse per divertirsi, immagino. Giacchè con lo stesso spirito con cui Ella ascolta la Carosi io leggo i Vostri commenti di colleghi simulacri dell’oltretomba.
    Saluti evocativi.
    Suo Thomas A. Edison, inventore (morto).

  10. La solita ottusa, cimiteriale, bieca e antidemocratica censura che le ombre dei cadaveri quivi sepolti praticano mi obbliga per la seconda volta a postare alla Sig.ra Olivia. Devo dire che come tecnica di censura lascia molto a desiderare: prima censurare e poi negare di averlo fatto. Come prima buare e poi negare di averlo fatto, come fa sempre un’ombra cimiteriale quivi sepolta e talvolta parlante.
    Prendero l’abitudine di copiare il post, così mi risparmio ogni volta la fatica di ridigitarlo: sono stato l’inventore sostanzialmente di tutta l’information techonology d’oggigiorno e non ho tema di rimanere sguarnito di argomenti.

    Allora, signora Olivia, intelligente, acuta e di buon senso. Le replico che ho in progetto di informare gli abitanti di questo cimitero delle mie scorribande tra i vivi, a tempo debito e quando troverò dei post interessanti e adeguati ad un mio commento di stretta pertinenza musicale.

    Faccio invece presente che statisticamente pare che i simulacri di antichi cantanti quivi ridotti in polve vadano spesso “a vedere cose” MAI per proprio godimento, ma SOLO per fare informazione. Non godono MAI ed informano SEMPRE. Tale sofferenza è avvertibile dall’acidità gastrica che permea i loro commenti, e dalle stimmate che contraddistinguono le loro orecchie sanguinanti. Una sincera pena provo per coteste ombre che eseguono una missione INFORMATIVA prossima al MARTIRIO.

    Attendo, oltre alla consueta censura, la risposta del simulacro della Sig.ra Brandt.

    Suo portatori di omaggi serali

    Thomas A. Edison, inventore (morto)

    • Caro Edison, come vede sono bastati due commenti (chiamiamo pure così i suoi interventi biliosi) ed è venuta fuori, come per magia, la vera ragione dei suoi interventi: i buh, quelli reali e virtuali, che turbano il quieto godimento dei magnifici spettacoli di Mamma Scala. Sono gli stessi fischi, le medesime riprovazioni che meno di un anno fa hanno spinto un gregge di poveri vecchietti (degni di compassione, ormai, più che di biasimo) ad aggredire, con foga degna di miglior causa e più consistenti forze, persone che avevano il solo torto di non riconoscere il dogma dell’infallibilità ambrosiana. E con fondata ragione, come dimostrano gli audio di quelle recite, audio che per sua somma sventura, caro Edison, sono stati di dominio pubblico praticamente da subito. Sono quegli audio le testimonianze, o se preferisce i reperti, che smentiscono, inficiano e ridicolizzano le sciroppose metafore della critica specializzata, e che fanno intendere chiaro a tutti, addetti ai lavori in primis, quanto valgano le pernacchie e gli insulti di un pubblico che ha ormai abdicato alla propria storica funzione di garante della qualità degli spettacoli, per assurgere al rango, invero invidiabile, di garante del consenso e paladino del quieto vivere. Auguri, caro Edison: ne avete bisogno come non mai.

  11. Caro simulacro di Antonio Tamburini, devo dire che Ella dalla prima parola all’ultima del suo intervento compie un autentico volo pindarico nei campi elisi dell’astrazione. Fossi stato come lei non avrei inventato nulla in vita.

    Non ho infatti la più pallida idea di ciò che asserisce.

    Quanto alla dolce Olivia, altro essere vivente che insieme a Pasquale si aggira in questo triste luogo sepolcrale popolato da salme non dispero in un prossimo futuro di farle respirare un fresco profumo di vita dal mondo dei meno.

    Saluti di spirito vitale alla compiaciuta Olivia e, naturalmente, di adeguato spirito mortuario al sepolcrale simulacro Antonio Tamburini.

    Thomas A. Edion, inventore (morto)

  12. Pre.mo Edison, non riesco a capire:

    a) Lei si fa beffe del fatto che qui scrivano persone usando pseudonimi di cantanti ormai deceduti, paragonandol le stesse ad ombre di cadaveri e poi Lei medesimo utilizza il nome di un morto (inventore e non cantante, ma tantè…). Se le dà fastidio l’anonimato, si firmi con nome e cognome.

    b) Lei critica il fatto che coloro i quali recensiscono in questo blog (rectius: sito) assistono agli spettacoli ben sapendo che a loro non piacerà mai ciò che ascoltano, tanto da produrre recensioni biliose. Che poi è lo stesso tono con il quale Lei commenta. Se critica gli orecchi sanguinanti e le acidità di stomaco degli altri, eviti di di leggere questo sito: eviterà così di avere gli occhi sanguinanti e reflusso gastrico.

    Buona sera Signor simulacro di inventore morto.

  13. Scusatemi per il tardivo intervento: ma una questione mi stuzzicava l’ingegno ed allora ve la sottopongo.
    Un uomo sordo (quale T.A.Edison è stato sin dall’adolescenza) che si occupa di giudicare il bel (ma più mal) canto dei giorni nostri mi sembra un eccezionale trovata! E’ proprio una metafora perfetta della attuale critica specializzata e di certo pubblico.

    Bando alle amenità, trovo ora almeno l’occasione di salutare i curatori di questo splendido spazio virtuale (oltrechè i molti arguti lettori) che seguo e leggo quotidianamente sin dagli esordi, nel lontano 2007.
    Tanti auguri a tutti, MB
    ……………………….. ………………….. ………………….. …………………
    Postilla semiseria per lo stimatissimo Tamburini:
    Non è vero che rosico…Pure io le mie belle soddisfazioni me le son prese a suo tempo, sin dal mio debutto all’Argentina. D’altra parte, non avrei mai ceduto la mia parte ad una donna, pur dotatissima, come faceste voi con la Marietta!

  14. Carlotta, per Kundera la Carosi sarebbe kitsch non perché non sa cantare, ma proprio per i suoi eccessi espressivi. Per Kundera il kitsch non è l’incompetenza, lo scrivere male o il dipingere male, ma il patriottismo, il sentimentalismo, il sentirsi d’accordo con la storia, mantre l’arte è la distanza, l’umorismo, la leggerezza, il rifiutarsi di servire a qualcosa.
    Marco Ninci

    • Ringraziamo come sempre il celere Ninci per le pronte chiose ad usum delphini.

      Da wikipedia: “Un mondo dove la merda è negata e dove tutti si comportano come se non esistesse. Questo ideale estetico si chiama Kitsch” (Kundera).

      Per esempio, l’ideale estetico che tu hai del canto è “kunderianamente” kitsch.

      Carlotta Marchisio

  15. Sai, Carlotta, io quando mi rifaccio a un autore è perché l’ho letto, non perché ne richiamo due striminzite righe raccattate su Wikipedia. Però, anche in questa prospettiva un po’ ristretta, la tua risposta non ha senso. Si potrebbe citare Kundera se il kitsch tu lo identificassi con chi ama la Carosi, con chi per sentimentalismo e passione si rifiuta di vedere le condizioni odierne della cantante; ma tu lo identifichi con la Carosi stessa. E allora il tuo richiamo non ha né capo né coda o, se preferisci, né babbo né mamma. Quanto al mio ideale estetico del canto, io non mi rifiuto di vedere la merda, in questo come in tutti gli altri campi della vita; sarebbe grave che lo facessi, visto che non sono nato ieri. Ma di questa merda io non faccio il motore, immobile e al contempo ossessivo (quanto è significativo in questo l’articolo di Marianne!), di tutto ciò che dico e faccio.
    Ciao
    Marco NInci

      • Caro simulacro di Giulia Grisi, è ovvio che uno spettacolo *per radio* debba essere difeso di per sè. Infatti esso non è uno spettacolo. Ma solo un’inefficiente ed inefficace tentativo di riproduzione sonora. Assolutamente invalutabile, non possedendo in alcun modo i prerequisiti di affidabilità dinamica, di spectrum radiation, diafonica, e di reflecting sonoro.
        In definitiva criticare un ascolto (diciamo così, dato che ascolto non è) radiofonico ha lo stesso senso che ha criticare un quadro di cui si è vista solo l’immagine riprodotta in monocromia in bassa qualità e dalle dimensioni distorte. Quindi nessuno.

        Capisco che le salme debbano trovare un’occupazione per passare l’eternità, ma almeno dotandosi di congrui apparati hi-end che possano, in qualche modo approssimato, tentare di avvicinarsi all’ascolto dal vivo.

        Curioso individuo questo marconinci. Non capisco nulla di quello che dice, però parmi vivo. E’ un altro guardiano del cimitero?

        Thomas A. Edison, inventore (morto e quivi sepolto)

  16. No, io non ho mai commentato spettacoli cui non ho assistito. Caso mai ho commentato atteggiamenti consueti in questo blog. Vale a dire. Non ho nessun bisogno di aver ascoltato il concerto della Carosi per trovare l’articolo di Marianne sconveniente e futile. Quando Marianne, di cui peraltro ho molta stima, dice che conosceva le condizioni della cantante e per questo è andata al concerto per divertirsi, ecco io penso che ci sia in ciò ben poco di bello. Certo, lo ripeto, non sono nato ieri e so che questo atteggiamento è molto comune; non per nulla si gode delle disgrazie altrui e le strade sono piene di curiosi che si soffermano a guardare gli incidenti. Con tutto ciò, non è un bello spettacolo. Sono mesi che non leggo la chat; ma quell’intestardirsi a delibare fino in fondo, con malcelato godimento, quanto di peggio (o, è lo stesso, che si crede tale) la radio ammannisca, non è neppure lui un bello spettacolo.
    Ciao
    Marco Ninci

    • Hai ragione. Hai sempre difeso ciò che noi della scala critichiamo per il mero gusto di scocciare. tu ed edison tornate pure sul quel buco di sito da cui venite, che è il posto a voi più adatto per competenza e seghe mentali……anche se mi rendo conto che a scrivere lassopra non c’è gusto, dato che nessuno vi legge.
      saluti

    • Caro Marco Ninci, io non la penso così. Quando ho la possibilità di andare a concerto o all’opera ci vado, nella mia o in altre città. A volte so in anticipo che non mi devo attendere un granché , ma ci vado, fa parte dell’essere melomane che non significa solo essere “conoscitore” o “maniaco” ma anche informato. Conoscere lo stato vocale dei cantanti fa parte degli interessi, della passione, del “gioco”. Mi immagino, come già detto, che se si è anche autori di un blog di musica lirica si debba avere delle responsabilità di informazione e di cronaca, allora al concerto, anche se le aspettative sono infime, ci si DEVE andare, oppure, il blog non lo si fa’ !
      Che la m…. sia il motore e il gran divertimento di chi qui scrive non lo posso credere. In teatro si va sempre con grande amore e tante speranze, è che poi le brutture incattiviscono, per delusione, rabbia, tristezza, lasciano l’amaro in bocca; allora relazionare con un po’ di sano cinismo può far ricordare che il bello, il canto giusto, la meraviglia di quest’arte la si sa ancora riconoscere.
      In parte, ti devo dare ragione per l’atteggiamento in chat durante le dirette radiofoniche non proprio di livello, è vero: si deride, anche, con “malcelato godimento”, ma è per il lato ludico dello sberleffo ! è commedia dell’arte … il giorno dopo tutto si cancella, e senza vittime, abbiamo trascorso una serata in allegria, quando il solo ascolto, ci avrebbe mortalmente depresso.
      Spero non alimentare altre inutili polemiche con il mio punto di vista e cordialmente ti saluto.

      • Sono d’accordo con l’intervento equilibrato di Olivia. Un vero melomane, in realtà, dovrebbe assistere al maggior numero di spettacoli possibile (se no è solo un appassionato che presenzia agli eventi che rientrano nei suoi gusti e/o interessi). Solo così ha la possibilità di ricredersi o di confermare le proprie opinioni. E’ tipico di un ambiente “culturale” provinciale e poco professionale, limitato e funestato dal familismo come quello italiano, credere che assistere a uno spettacolo sul quale si nutrono dei forti dubbi sia solo per provocare o criticare, e non per ampiezza di orizzonti.

    • Caro Marco, io non godo affatto delle disgrazie altrui, non diciamo caxxate gentilmente! Mi conosci così poco e male allora!
      Ma so ridere e conosco l’ironia e se una serata va storta so trovare anche il modo di divertirmi riportando in maniera volutamente sarcastica ciò che ho visto e sentito.
      Nessun attacco personale, nessun insulto, nessun cinismo di fronte ad una disgrazia (quale poi? Non ci sono stati né morti, né feriti, né lacrime).
      Accetto le critiche come accetto i complimenti, senza problemi, ma certe cose non te le lascio dire e mi sa che la questione vi stia sfuggendo di mano tutto perchè invece di farvi una sana risata e capire, vi dovete arrampicare per complicare inutilmente e capziosamente una cosa da nulla e che era puro diletto ;).
      Mah… e poi quelli strani siamo noi… aveste almeno assistito al recital

      Marianne

  17. chiarimoci una volta per tutte edison
    le tanto disprezzate salme o simulacri ( sarebbe poi il caso che si chiarisse un po’ le idee su due modalità dell’essere o del non essere così distanti fra loro) hanno i loro limiti quanto a patire offese e lasciar correre sugli insulti.
    Non le sono gradite le nostre opinioni. Benissimo. Nonostante la nomea che ci circonda e che spandete in giro acriticamente come fate quando ascoltate il canto chi ribatte, controbatte, discute e critica nel senso classico del termine è gradito ed accettato.
    Gli altri possono dispensare altrove la loro “cultura” e risparmiare gli insulti, che sono la loro sigla più autentica e connotante.
    Utilizzerò per invitarla a valutare l’intelligenza di questa sua petulante presenza con un esempio che ho fondato motivo di ritenere Ella abbia già speso al mio indirizzo. Altrove. Ovvero se la carne di una macelleria non piace inutile piazzarsi davanti al medesimo esercizio per dire che il prodotto offerto in vendita abbia scadente qualità. Solo che la macelleria che io censuravo (il cd massimo teatro milanese) è come le macellerie dell’ ex Unione Sovietica, ossia c’è solo quella. Per contro di siti virtuali che si occupano di musica lirica e che sposano, patrocinano e osannano sulla sua lunghezza d’onda ve ne sono assai. Troppi, per i miei gusti. Sono certo che l’aspettano a “braccia aperte”.
    Suo Domenico Donzelli.

  18. chiarimento anche anche per marco ninci, che so non stimarmi punto.
    Il perchè marianne sia andata al concerto e che il motivo di sia apparso riprovevole e da esporre al pubblico luibrio è una delle manifeste manifestazioni di quel buonismo e perdonismo ch eha invaso il mondo d’oggi. A suon di “poverini”, di “bisogna capire” abbiamo abdicato nella vita e non solo artistica al sacro santo diritto – dovere di esprimere la nostra opinione. E di questo nuovo corso ne hanno approfittato persone di poca onestà, che si spacciano per quelli che non sono e si sono eretti ad interessati arbitri e critici e ci stanno dicendo da anni: “Prendete, mangiate ed ingoiate di queste prelibatezze artistiche e guai a voi se osate confutare e contestare il verbo che vi divulghiamo generosi e prodighi”. Si sono dimenticati. però, che le orecchie e il cervello non sono come il tartaro del quale si può fare l’ablazione!!!!!!

    • Giulia, Domenico, non avete capito proprio nulla: se l’Anna Bolena con Maria Callas o con Joan Sutherland sono tanto belle, mentre quella con la Netrebko lascia l’amaro in bocca e tanti punti interrogativi in testa, la colpa è tutta della radio, come non averci pensato prima! Anzi, a dirla tutta forse la colpa è proprio di Donizetti, che ha scritto un’opera mediocre, che quindi non potrà che dare risultati mediocri…

      • E che mattonate di interventi…sempre la solita solfa, detta e ripetuta fino allo sfinimento. Non si deve parlar male, andare ai concerti di certi artisti è di cattivo gusto…che noia! Ma davvero non si trovano altri argomenti di discussione?
        La colpa comunque di tutto questo bailamme è di Edison e del suo collega Guglielmo Marconi. Se non avessero inventato la radio e il fonografo non ci sarebbe tanto da questionare. Purtroppo per qualcuno, queste invenzioni esistono e noi ce ne serviamo per giudicare, valutare e confrontare, esattamente come gli studiosi utilizzano i libri a stampa. Per caso anche Gutenberg era un perturbatore dell’ ordine sociale e bisognerebbe tornare agli amanuensi?

  19. Ringrazio di cuore Olivia per il suo bellissimo intervento, così simpatico. Ma mi incuriosisce DionisopiùApollo, soprattutto per il suo accenno al familismo. Visto che questo accenno non c’entra affatto con l’argomento in discussione, si può pensare che venga proprio dal cuore. E non è difficile sentirci aria di casa. Ciao collega!
    Marco Ninci

  20. buona sera!
    A margine delle polemiche ma soltanto per curiosità: da dove deriva l’informazione “l’inedito “Amor ch’a nullo amato” la celebre terzina dantesca musicata dal bergamasco e trovata dalla stessa Carosi, novella Cecilia Bartoli alla pajata, a Parigi)”? Il brano in oggetto fu pubblicato in un volume da Luigi Inzaghi (non ho controllato i dettagli), e inciso su CD da Alessandro Corbelli (“Amore e Morte. Rarità e inediti donizettiani”, Vocalia, 1997). Giusto per precisione…
    Buon anno a tutti,
    Stefano Scardovi

    • Buonasera Stefano.
      L’informazione deriva dalla stessa Carosi che prima di cantare il brano spiegò al pubblico, microfono alla mano, di averlo scoperto lei medesima in una biblioteca di Parigi, giusto per precisione 😉
      Buon anno a te

      Marianne

  21. No, caro Domenico, noin è vero che io non ti stimi punto. I tuoi gusti sono diversi dai miei, ma questo non vuol dire nulla e io credo che tu sia un vero appassionato e competente. Io ti contesto una cosa sola: il tuo italiano. E’ così pesante, involuto, con una punteggiatura così arbitraria, a tal punto spesso sprezzante della grammatica e della sintassi, che io trovo una vera difficoltà a leggerlo. Ed io ho letto tanto e di tutto. Ora tu hai fatto il liceo classico e, credo, sei anche laureato. Quindi hai tutti gli strumenti per scrivere in un altro modo, più piano e comprensibile. Invece credo che non te ne importi nulla, pur di indulgere ad alcuni vezzi curiali ed antiquati. Anche questo credo sia un insulto a chi (ed io sono fra questi) ha interesse a conoscere la tua opinione, senza per questo essere costretto ad addentarsi in una prosa dal sapore seicentesco.
    Ciao
    Marco Ninci

  22. “[i]l mio ideale estetico del canto” (M. Ninci)
    Credo di aver riso un quarto d’ora buona leggendo questa frase ahahah XD

    Non ho mai sentito la Carosi dal vivo ma dagli ascolti radio o youtube è una cantante tecnicamente IMBARAZZANTE (un canto sempre piantato nella gola, spesso urlato ed in un costante mezzoforte, con rare sfumature dinamiche se non dovute al portare dietro il suono o ingolarlo ancora di più, con nessuna eleganza nel porgere la parola, un vibrato che sta diventando una oscillazione di tono quasi ed un repertorio massacrante) oltreché arrogante in quanto dice delle cose a parole che poi in realtà non si vedono mica nel suo (mal)canto!

  23. E’ impressionante l’incapacità di Misterpapageno di capire quello che legge. Accidenti, che livello desolante! Naturalmente “il mio iderale estetico di canto”, che tanto fa ridere chi è totalmente incapace di intendere alcunché, non si riferiva minimamente alla Sig.ra Carosi. Ho detto molto chiaramente che il mio ideale estetico di canto tiene conto anche del fatto che ci sono tante mediocrità. Detto in termini kunderiani, non è kitsch perché non ignora nulla, nulla nemmeno delle realtà più negative.
    Saluti
    Marco Ninci

    • Mi spiace deluderti, Marco, ma stavolta sei tu che non hai capito niente di quello che ho scritto io: tant’è vero che io ho riso della frase “[i]l mio ideale estetico del canto” e non del fatto che trovi la Carosi come un ideale di canto, frase che tu non dici – quindi non capisco perché dovrei ricollegarla a te – ma che mi affibbi nell’intendimento per deduzioni strampalate.
      Mi sembra di scorgere inoltre un velo di narcisismo ed egotismo, oltreché egocentrismo, nella tua affermazione in quanto mi riferivo a te nelle prime 2 righe; il resto del commento era relativo alla sola Carosi ed era un commento al post in quanto il commento è per il post, e non a quanto scrivi.
      Peraltro, i due blocchi sono separati da un paragrafo libero, che in grafica significa un distacco di tema: non credo però ci sia bisogno di nozioni base di grafica per capirlo!

      Per esaudire evidentemente la tua bramosia di attenzioni, rispondo perché di tanta ilarità alla frase “[i]l mio ideale estetico del canto”: mi chiedo come una persona che consideri il canto un fattore secondario nell’opera possa avere un’ideale estetico valido e storicamente corretto, non tanto per le relative teorie filosofiche quanto per l’assoluta primarietà del canto nell’opera – la solita aranciata con le arance o torta al cioccolato con il cioccolato!

  24. Vedi, Misterpapageno, io posso avere frainteso quello che dici, anche se ti eri espresso con poca chiarezza, mettendo insieme cose che nella tua mente erano distinte. Ma non a tutti, anzi a pochissimi, si può chiedere di essere in grado di esprimersi chiaramente. Questo l’ho imparato da tempo. Tuttavia il tuo ulteriore chiarimento afferma una cosa gravissima. Vale a dire che, quando si incontra un ideale estetico diverso dal nostro e che noi non condividiamo, questo sia risibile. Risibile perché l’oggetto di cui ci si occupa , in questo caso il teatro musicale, ha un’essenza sua propria, quasi un’idea platonica perennemente uguale a se stessa, dalla quale non si può derogare. Un’essenza che impone di per sé un’immutabile gerarchia di parametri. Come la torta al cioccolato impone che ci sia il cioccolato, lo dici tu. Il canto, nella tua idea, sta all’opera come il cioccolato sta alla torta al cioccolato. Ma il genere “opera” non è la torta al cioccolato, nella quale il cioccolato deve sempre prevalere e tutto il resto deve servire ad esaltarne il sapore. In primo luogo per ragioni storiche. L’opera ha avuto un’evoluzione, nella quale il ruolo assegnato al canto non è sempre stato lo stesso. Una cosa è il “Boris” e una è cosa è la “Semiramide”. Ne converrai, no? Una cosa è l'”Ernani” e un’altra cosa è “Mathis der Maler”, no? Non mi fraintendere, in tutte queste opere la necessità di cantare correttamente è sempre presente. Tuttavia disciplina dell’insieme e fattore visivo possono salvare esecuzioni deficitarie vocalmente di “Boris” e “Mathis der Maler”. Ma con “Ernani” e “Semiramide” la cosa è molto più difficile, praticamente impossibile. Questo per dire che l’opera, lungo il percorso della sua storia, non è una torta al cioccolato, ma semplicemente una torta, composta di fattori perennemente cangianti. E poi, facciamo anche il caso delle opere dove il canto è più importante. Riporto un esempio che ho fatto più volte, quello della “Cenerentola” diretta da Abbado al Maggio Fiorentino del ’71. L’unica cantante in regola era la Berganza. Ma tale era la novità dell’interpretazione nel suo complesso che quella rimane una delle serate d’opera più esaltanti a cui io abbia mai assistito. E Petri nel Macbeth con Muti? Vecchio e sfiatato, ma ti garantisco che non si notava, anzi c’era qualcosa di bello nell’affanno del suo canto, sempre per gli stessi motivi. Il fatto è che l’equilibrio tra le componenti dell’esecuzione è sempre in movimento, non è mai stabile, come del resto avviene per tutte le forme di vita. E per una ragione molto precisa: non si può attribuire a un genere un’essenza immodificabile, a cui l’interpretazione deve solo adeguarsi, secondo parametri stabiliti una volta per tutte. Un’interpretazione geniale può invece sconvolgere questi equilibri, porre un certo fattore più in luce rispetto a un altro. Io ho ascoltato dal vivo la Sutherland nella “Lucrezia Borgia” e la Caballé nella “Maria Stuarda”, sempre all’Opera di Roma. Ambedue le volte ho riportato delle impressioni esaltanti, incancellabili. In quelle serate il canto non era semplicemente prevalente; era tutto. E si trattò per me di serate indimenticabili. Ma non escludo assolutamente che ci sia la possibilità di un equilibrio diverso proprio all’interno di queste opere; questa esclusione sarebbe sciocca, perché equivarrebbe a negare il movimento e la vita, proprio riguardo all’espressione artistica che per fortuna non gode e non ha mai goduto di canoni immutabili; a questi hanno sempre creduto soltanto i precettori estetici, innumerevoli quanto dimenticati, sfarinati nel crollo, imposto dalla storia, delle loro convinzioni che invece credevano scritte nel bronzo. Quindi il mio ideale estetico non dice che il canto è secondario; in nessuna mia affermazione si troverà qualcosa del genere. Dice invece che il suo posto nell’opera non è fissato una volta per tutte, ma è legato a un’avventura interpretativa che si rinnova sera per sera. Proprio perché io non credo alle ipostatizzazioni di un genere. Si può credervi invece; non c’è nulla di male o di sbagliato in questo. Ma soprattutto non c’è nulla di risibile; un’idea, nel suo confronto e, perché no, nella sua lotta con un’altra non è mai ridicola e merita che ci si confronti con lei. Per cui i confronti fra le persone possono assumere i toni che noi vogliamo: duri, sarcastici, violenti o rispettosi. Duri, come quello fra Marianne e me. Ma le persone passano e non hanno molta importanza. Le idee no; nella loro fragilità e delicatezza, hanno tutto il diritto ad essere maneggiate con cura. Si ammetterà almeno che le idee che circolano in maggioranza in questo blog, pur non condividendole spesso, io le ho sempre prese molto sul serio.
    Marco Ninci

    • Mi sembra un ragionamento un po’ pericoloso. Sono d’accordo sul fatto che in certe serate, in determinate esecuzioni, l’interpretazione del cantante x possa risultare convincente e/o accettabile anche se l’esecuzione canora ha lasciato un po’ a desiderare. Ma si deve trattare appunto di eccezioni, altrimenti si passa a giustificare qualsiasi porcheria (canora) con la scusa che: qui la regia era splendida, qui i costumi meravigliosi, qui la cantante una grande gnocca quindi credibile scenicamente, qui il tenore un attore nato, e via dicendo…. si tratta di teatro in musica, non di colonne sonore a drammi in prosa!

      • Anche io in gioventù speravo che i bei costumi, una bella regia, una ottima direzione d’orchestra, una recitazione elettrizzante potessero cambiare le sorti di un cast ripugnante galvanizzandolo, miracolandolo e portandolo ad una “eccellente mediocrità artistica”: poi però ti scontri con le esigenze musicali, le esigenze vocali, magari con il solo ascolto di una serata che SOLO IN QUEL DATO MOMENTO aveva funzionato meravigliosamente e scopri tutte le magagne, si rimettono le cose nel posto giusto, si apprezza davvero chi quella sera sapeva cantare o meno e si ascolta/guarda il complesso nella giusta prospettiva!
        Come dico sempre: il tempo rimette a posto un po’ di cosette.

        Marianne

        • Vero, infatti io ho la registrazione del Macbeth fiorentino citato da Marco. Il protagonista è assolutamente inascoltabile.
          Per rimanere in tema, io potrei citare anche il Macbeth diretto da Muti al Covent Garden nel 1981, che ho visto in teatro. Direzione stupenda, per me la miglior prova in assoluto di Muti in quest`opera, ma spettacolo non riuscito per via della Scotto, semplicemente non in grado di reggere il ruolo della Lady e schiacciata dalle difficoltà vocali.
          Poi, tutto sta ad intendersi. Parlando della Norma, per esempio, Marco forse si ascolterebbe Muti con Jane Eaglen, io mi tengo la Sutherland con Bonynge.

          • C’è anche la registrazione fiorentina, molto buona, Scotto-Muti proprio per evitare la Eaglen e sentire il maestro un po’ più disponibile e meno rigido e marziale 😀

            Marianne

    • Il canto nell’opera ha sempre e solo una funzione: un ruolo centrale e di BASE che nessun costume, nessuna messinscena cambierà mai.
      Se non ci sono scene e registi, un’opera si può sempre allestire. Se manca il canto, non si potrà mai mettere sopra (per quanto in passato di cantanti pessimi ce ne siano stati e odiernamente si continui a lanciare continui attacchi e persone che “giustifichino” messinscene senza il canto, cosa che a me risulta IMPOSSIBILE).
      Non posso parlare del “Mathis der Maler” perché non conosco, ma in “Boris” “Ernani” o “Semiramide” il canto ha sempre un ruolo assolutamente centrale.
      Cambiano le epoche, cambiano gli stili e cambia essenzialmente col romanticismo il rapporto canto – strumenti in cui viene data ad entrambi la “palma” di importanza, diversamente da prima in cui tutto dipendeva dal canto (tant’è che nelle opere fino a Rossini i recitativi venivano scritti ancora per voce e basso continuo).
      Ciò nonostante, quello che a me secca, a parte gli antistoricismi debordanti, è che questa “estetica del canto” marciana è una estetica dell’accontentarsi e del giustificare, che evidentemente condivisa ha portato alle porcherie che si vedono e sentono oggi alla ribalta, invece che nasconderle e non farle proprio circolare. PER FORTUNA, esistono pochi ma ancora esempi illustri di vero canto!

  25. Cara Marianne, intanto io non ho parlato di cast ripugnante. Un cast ripugnante ovviamente non lo può salvare nessuno. Ma quei cast che ho nominato non erano certo ripugnanti. Così non definirei un Alva, un Montarsolo o un Capecchi. Cantanti non in regola con lo stile rossiniano, ma non ripugnanti. E poi io non credo che il tempo rimetta le cose a posto. La vera esperienza della musica, vale a dire ciò che abbiamo ascoltato in teatro o nella sala da concerto, vale in quel momento, nella magia di quel momento. L’analisi a posteriori è utile, ma assomiglia maledettamente a un’autopsia.
    Ciao
    Marco Ninci

    • Caro Marco il mio era un semplice esempio infinitamente generico, non ho affermato che i cantanti da te citati fossero ripugnanti 😉
      Non sono d’accordo su un punto però: riascoltare la registrazione di una serata a cui abbiamo assistito non la vedo affatto come analisi-autopsia, piuttosto rivivere un dato momento che ci ha emozionati (positivamente o negativamente) e sentire a distanza di tempo (breve o lungo che sia) l’effetto che fa.

      Marianne

    • Caro Marco, sei pronto, in nome di quanto affermi in questo commento, a buttare dalla finestra quasi tutte le registrazioni di Furtwängler e quelle di Toscanini, anch’ esse registrate dal vivo?
      Rispondi per piacere, e senza capriole dialettiche. Perchè il principio che solo l’ esperienza dal vivo conta deve valere per tutti e non solo secondo convenienza.

    • Qui però ha ragione Ninci. Una volta che si è assistito ad una esecuzione musicale dal vivo in teatro, le analisi a posteriori fatte sulle registrazioni non solo non sono necessarie, ma anzi non hanno senso. La musica si ascolta in teatro, è un fenomeno effimero che nasce e muore sul momento. La registrazione è solo una fotografia sbiadita che ha valore meramente documentario per i posteri, ma che non può né sostituirsi né integrarsi all’ascolto in sala come strumento di analisi. In altre parole, è scorretto rivedere un giudizio su una serata trascorsa a teatro, sulla base dell’ascolto posteriore di una registrazione: è scorretto in quanto l’ascolto in sala è l’unico ascolto autentico e veritiero.

      • Quindi, caro Mancini, visto che tutto ciò di cui parli e scrivi, con tanto di analisi, considerazioni e confronti, si basa sulle effimere, sbiadite e dunque false registrazioni di un periodo in cui tu non eri nemmeno in fasce e che quindi hai totalmente mancato per un reale e veritiero ascolto dal vivo, dovremmo considerare nullo tutto ciò che fino ad ora hai detto 😀
        Mi perdonerai, ma faccio davvero fatica a credere a quello che hai scritto soprattutto perchè qui nessuno si è augurato la sostituzione dell’ascolto dal vivo con quello fornito dalle registrazioni oppure la superiorità delle incisioni rispetto all’esperienza dal vivo, ci mancherebbe solo questo, ed il discorso era proprio totalmente diverso! 😀

        Marianne

        • E quindi? Se non ho mai potuto ascoltare un cantante dal vivo e posso conoscerlo solo attraverso le registrazioni, è ovvio che io debba basarmi solo su di esse per dare un giudizio. Questo però non toglie validità al mio discorso. L’ascolto dal vivo è l’unico ascolto vero: è un ascolto unico ed irripetibile. Se ho sentito un cantante dal vivo, non avrebbe alcun senso modificare a posteriori le mie impressioni con la registrazione. Il ricordo della serata a teatro è molto più veritiero dell’impressione successiva che scaturisce dall’ascolto della registrazione. La musica si ascolta a teatro. Il disco non è musica.

          • Io trovo il tuo post molto incoerente, ma magari capisco male io.

            Per allargare il discorso, ricorda che Glenn Gould la pensava in maniera opposta. Lui smise di suonare in pubblico perchè non credeva più nella validità artistica dei concerti dal vivo, e si mise a fare solo registrazioni.

          • Mancini allora come fai a giudicare i cantanti del passato?proprio te che sei un patito dei 78 giri.
            poi lo sai a volte dal vivo quanti dettagli possono sfuggire,e che poi a un successico ascolto registrato vengono meglio recepiti.

          • Io non ho detto che il disco non vale niente… Ripeto, per conoscere quei musicisti che per ragioni anagrafiche non abbiamo potuto ascoltare, il disco è una strumento prezioso, pur con i suoi enormi limiti. Tuttavia ribadisco che l’ascolto dal vivo ha un valore ben diverso, e trovo scorretto ricorrere alla registrazione per cogliere particolari che dal vivo ci erano sfuggiti. Se siamo arrivati a fruire della musica in questo modo, che io ritengo patologico, significa che non siamo più in grado di ascoltare.

  26. Caro Gianguido, siamo sempre lì: nella registrazione. In sala non ci pensò nessuno, e non eravamo tutti degli imbecilli. Per Misterpapageno. E’ italiano questo? “Se manca il canto, non si potrà mai mettere sopra (per quanto in passato di cantanti pessimi ce ne siano stati e odiernamente si continui a lanciare continui attacchi e persone che “giustifichino” messinscene senza il canto, cosa che a me risulta IMPOSSIBILE)”. Un po’ di rispetto per chi ti legge ci vorrebbe, non credi? Questo per ciò che è terra terra. Volando un po’ più alto, sono curioso di apprendere qualcosa sui miei antistoricismi debordanti.
    Ciao
    Marco Ninci

    • Mah, sei il primo che leggo a difendere Mario Petri come Macbeth. Io non vidi lo spettacolo dal vivo, ma ricordo bene le critiche dell’ epoca. Fu forse la prima volta che un cast scelto da Muti venne pesantemente censurato anche da critici a lui notoriamente favorevoli…

    • “Se manca il canto in una rappresentazione d’opera, non si potrà mai metterla in scena degnamente. Per quanto in passato ci sian stati cantanti scarsi e odiernamente si continuino a lanciare duri attacchi all’opera in questo senso, corredati da persone che “giustificano” messinscene senza il fondamento del canto – cosa che a me risulta IMPOSSIBILE – il canto continuerà ad essere centrale perché l’opera è innanzitutto CANTO.”

      Rispetto non lo devo certo a te, che sei incapace di capire una replica scritta in maniera frettolosa, ma comunque ho corretto l’obbrobrio , maestro Marco, nel mio slancio di interminabile miglioramento: ora puoi mettermi un 6 per la correzione, visto che gli spazi dedicati ai commenti stanno diventando la tua cattedra da cui dire le tue cose, ovviamente senza che tu sappia mai qualcosa a proposito sul tema del post ma lanciandoti in formalismi cuciti ad hoc da te stesso in uno slancio di miglioramento morale degli scriventi.
      Il commento a cui rispondo è un’ulteriore dimostrazione della tua formalità nelle considerazioni della rappresentazione d’opera: basta che ci siano i cantanti; se son buoni o meno, pazienza!
      Pax et bonum

  27. La discussione è su un sentiero scivoloso e mi avventuro con difficoltà….
    Concordo che il “vero ascolto” è quello in teatro, così straordinariamente ricco di variabili, che iniziano dall’acustica della sala per finire allo stato psicofisico di chi ascolta, irripetibile, ineguagliabile, NON paragonabile all’ascolto discografico che può, invece, essere analizzato, studiato, comparato, tenendo in buon conto i vari mezzi di registrazione.
    Condivido l’idea della centralità del canto nell’opera lirica, ritengo che il canto sia uno, eppure talvolta, esiste a teatro un incanto che trascende queste verità, magiche serate, penso al recente Tristano della Scala, dove il canto non era perfetto eppure la sinergia tra buca e palcoscenico ha generato una malia in grado di rendere la serata unica ed indelebile nella mia memoria.

    • Concordo sulla magia di quel “Tristan” scaligero: nonostante Storey malato (e malandato) ed una Brangaene (la de Young) men che mediocre, fu una gran serata che mi commosse e mi commuove quando la riascolto (l’unica grande direzione di Barenboim in Scala) e guardo il bellissimo spettacolo di Chéreau.
      Grazie Olivia, hai espresso meglio di me ciò che pensavo.

      Marianne

  28. Carissima Olivia, nessuno al giorno d’oggi può realisticamente pensare di poter fare a meno della musica registrata. E’ utilissima per motivi di studio e di analisi; imprescindibile per essere in grado di ascoltare opere di rara esecuzione. Come avrei potuto innamorarmi altrimenti del “Corregidor” di Hugo Wolf ? E come avrei potuto conoscere “Euryanthe” di Carl Maria von Weber, opera di rarissima esecuzione in Italia (l’hanno fatta a Cagliari, credo, e almeno di questo sia molto ringraziato Mauro Meli) ed eseguita negli ultimi tempi soltanto a Dresda ed a Karlsruhe? Ma, per quanto riguarda la possibilità di giudicare un’esecuzione attraverso di lei, sarei molto più cauto. Altri mezzi di riproduzione, come la fotografia e il cinema, hanno la possibilità di rielaborare la realtà e quindi di conservare qualcosa dell'”aura” di cui parlava Benjamin. La musica riprodotta invece no; è una fotografia e basta, priva di attitudine creativa. Si potranno intuire certi paramentri esecutivi, farsi un’idea; non credo molto di più. In realtà si tratta dell’ombra dell’ombra dell’ombra di un’ombra. Non per questo il mio è un atteggiamento aristocratico; so bene che quello cui si può assistere dal vivo è per chiunque un nulla rispetto a quanto si può ascoltare seduti tranquillamente in soggiorno. Ben vengano quindi il disco, il nastro, il CD. Ma non ci si può meravigliare se, una volta ascoltata dopo anni la registrazione di una certa serata musicale per la quale ci siamo allora entusiasmati, la delusione può essere cocente; ci sono le note ma manca l’essenziale.
    Marco Ninci

  29. Vorrei aggiungere che il riascolto di quella registrazione (immutabile e ripetibile che riproduce l’irripetibile) riaggiusta sì, le opinioni su musica e canto, ma non altera il ricordo della splendida serata.

    • E’ proprio questo che io contesto. La musica non è come un libro che possiamo rileggere tutte le volte che vogliamo, traendone ogni volta impressioni e riflessioni differenti. Un concerto è un evento che nasce e muore lì in quel momento, e può essere fruito solo in quel luogo ed in quel tempo. La registrazione non può e non deve raggiustare l’opinione che ci eravamo fatti ascoltando quella musica in modo autentico dal vivo, sarebbe una cosa assurda!

      • Credo che tu ti ponga degli inutili, rigidi, limiti e paletti di fruizione della musica o dell’arte a cui io nemmeno penso e che francamente non ritengo nemmeno un grosso problema. 😉
        Ma è il tuo modo di pensare e usufruirne, anche contraddittorio se vogliamo, e se va bene per te lo rispetto anche. :)

        Marianne

  30. Ma no, io non voglio buttare via nulla, la mia casa è piena di registrazioni. E’ ovvio, non se ne può fare a meno. Tuttavia, queste vanno ascoltate secondo me con molta cautela. Ripeto, dalle registrazioni si possono capire molte cose; ma non l’essenziale. Poi, io mi baso su un’esperienza che è mia, un’esperienza che non pretendo di estendere ad altri: io ho ascoltato la registrazione dei Maestri Cantori diretti da Karajan a Salisburgo all’inizio degli anni Settanta. Mi è sembrata una bellissima esecuzione, ma non ci ho ritrovato quell’originalità che mi aveva così impressionato. Forse sono diverso io, dopo quarant’anni; forse la riproduzione è insufficiente; forse l’interpretazione ha fatto passi avanti e quella novità non è più tale. Non so. In quella esecuzione mi ricordavo il suono più bello che avessi mai sentito in un teatro: l’inizio del quintetto cantato dalla Janowitz sostenuta dall’orchestra di Karajan. Nella mia stanza ho sentito una bella esecuzione, non molto di più.
    Marco Ninci

  31. Penso che la possiamo mettere così. Nel disco noi abbiamo una bellissima immagine di ciò che all’origine era di una vivezza incomparabilmente superiore. Permettetemi un momento di fare il filosofo platonico. Nell’immagine riluce il modello; ma nell’immagine il riflesso del modello è contaminato da ogni sorta di scorie.
    Marco Ninci

  32. siccome molte esecuzioni ossia molti cantanti che ascolto registrati li ho ascoltati e visti dal vivo e non trovo differenze abissali credo sia il caso di smetterla con questa facezia che non si possa registrare una voce e giudicarla dalle registrazioni medesime.

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