„Ecco l´orrido campo“….. „Un Ballo in Maschera“ Wiener Staatsoper 12.1.2012

Sowohl Simon Keenlyside als auch Eva-Maria Westbroek, die beide in diesen Partien an der Wiener Staasoper ihre Rollendebüts geben sollten, mussten bereits im Vorfeld absagen.  Leo Nucci übernahm den ganzen Vorstellungsblock, Barbara Haveman vorerst die erste Vorstellung, ist aber bereits auch für die nachfolgenden angesetzt.

Vor Vorstellungsbeginn ließ sich auch Neil Shicoff als indisponiert ankündigen. Nach der Auftritts-Szene ließ seine stimmliche Verfassung das Allerschlimmste befürchten: die Stimme setzte stellenweise aus, brach oder gab schauerliche Laute von sich. Ich hätte geschworen, daß er die Vorstellung nicht zu Ende bringen würde. Geschafft hat er es – aber wie. Solche Abende, die man derart über dem Limit und am Rande der körperlichen Leistungsfähigkeit singt, haben wohl für den Sänger einen hohen Preis. Noch dazu, wenn der hohe Einsatz ein derartig bescheidenes Ergebnis hervor bringt .

Shicoff ist für den Gustavo (generell für Verdi) – auch wenn er gut bei Stimme ist – stimmlich weder geeignet, noch kann er der Rolle gerecht werden. Allzu sehr kämpft er mit den stimmlichen Anforderungen der Partie. Für die lässige Leichtigkeit von  „Di’ tu, se fedele“ etwa und den übermütigen Spott in „È scherzo ed è follia“ fehlt ihm alles – generell habe ich die Ulrica-Szene noch von keinem Tenor so langsam und bleiern schwer gehört. Dirigent Philippe Anguin hatte seine liebe Mühe, das Orchester zu drosseln, um sich dem Tempo von Shicoff anzupassen. Insgesamt kann man ungestraft behaupten, daß Shicoff kaum einen Einsatz korrekt sang und immer einen Tick oder mehr zu spät, was auf Dauer wirklich ärgerlich war. Dazu kam, daß er ständig schleppte, sodaß das Orchester sich seinem Tempo anpassen mußte, was dem spritzigen Maskenball wie eine Bleikugel am Bein hing. „Ma se m´è forza perderti“ war eine absoluter Grenzgang, unschön gequetschten und schrecklich gequälten Tönen und mit trotzig gestemmter Höhe sang er um sein Leben. Mit der Schluss-Szene („Ella è pura“)versöhnte er offenbar letztendlich doch noch das Publikums.

Barbara Haveman sang die Amelia mit großem, oft ungenauem Bogen – nur wenige Phrasen gelangen ihr so, wie sie es tatsächlich beabsichtigt hatte. Einige Höhen im Duett sind recht imposant, aber die Mittellage tremoliert und die tiefe Lage klingt hohl und ohne Körper. Auch bei ihr gilt: sie ist  mit der Partie überfordert – die Kadenz am Ende von „Ecco l´orrido campo“ klang geradezu dilettantisch – füllt sie weder stimmlich noch als Interpretin aus und ist so damit beschäftigt, die technischen Schwierigkeiten zu lösen, daß für Interpretation kein Raum bleibt. Wie bei Shicoff hat man auch bei ihr nicht den Eindruck, daß sie die Partien wirklich sorgfältig studiert und erarbeitet  oder sie stimmlich absolut  verinnerlicht haben.

Wer hätte gedacht, daß der fast  70jährige Haudegen und Einspringer Leo Nucci der Held des Abends wird. Und wer hätte gedacht (obwohl ich nie ein Fan von ihm gewesen bin), daß ich einmal sagen muß, daß er an diesem Abend der einzige war, der – verglichen mit der übrigen Besetzung – über das nötige stimmliche Format für seine Rolle und so etwas wie ein Gespür für die Musik Verdis verfügte. Das unschöne Anschleifen der Töne, das teilweise fast vulgäre Grölen  stört immer noch genauso wie vor 20 Jahren, aber er hat seine ganze Erfahrung und Routine eingebracht und ein „Eri tu“ gestaltet (!), daß man zumindest sagen muß: Respekt.

Julia Novikova sang den Oscar sehr adrett und korrekt, aber auch nicht mehr.  Zoryana Kushpler als Ulrica klang schön dunkel, aber ohne Autorität.

 

Insgesamt ein unerfreulicher Abend. Das Meiste in Verdis Partitur blieb nur approximativ angedeutet und viel zu ungenau und schlampig. (Gustav Mahler würde sich im Grabe umdrehen.) Verzierungen werden ausgespart oder platt gesungen. Nuancen und Feinheiten ignoriert. Man hörte eine Karikatur von „Un Ballo in Maschera“ nach einer Idee von Giuseppe Verdi, die dem Publikum durchaus gefallen zu haben scheint.

 

 

Già prima della prima sia Simon Keenlyside che Eva-Maria Westbroek, entrambi attesi al loro debutto nei rispettivi ruoli alla Staatsoper di Vienna, avevano dato forfait. Leo Nucci ha assicurato fin da subito la sua presenza per tutte le recite quale Renato; Barbara Haveman era dapprima prevista solo per la prima recita, invece ormai è scritturata anche per le successive.

Prima dell’inizio dello spettacolo anche Neil Shicoff si è fatto annunciare indisposto. Ed infatti, la sua scena d’entrata ha evidenziato una condizione vocale a dir poco disastrosa: stecche, suoni raccapriccianti… Avrei giurato che non ce l’avrebbe fatta fino alla fine. Invece, ce l’ha fatta… ma come! Serate del genere, quando si sforza al limite (e oltre) delle capacità fisiche, reclamano un prezzo molto alto. Soprattutto, se un impegno così grande produce un risultato tanto modesto.

Anche quando è in forma, Shicoff è inadatto a Gustavo (e in generale a Verdi) sia vocalmente sia per le qualità espressive che richiede il ruolo. La sua lotta permanente contro le esigenze del ruolo è troppo pressante per permettergli di accentare con leggerezza il “Di’ tu, se fedele” o di esprimere l’irrisione baldanzosa di “E’ scherzo od è follia”. Nel complesso, non ho mai sentito un tenore cantare la scena di Ulrica con tanta lentezza e pesantezza plumbea. Il direttore Philippe Anguin faceva molta fatica ad addomesticare l’orchestra in modo che si adeguasse ai tempi di Shicoff. Si può placidamente dire che Shicoff non ha cantato una singola entrata con correttezza. E’ stato molto fastidioso sentirlo permanentemente più o meno in ritardo con la sua frase. In più la sua maniera di “tirare” sempre la linea vocale, il che obbligava l’orchestra ad adattare il tempo, distruggeva tutto quello che c’è di brioso nel Ballo in maschera. Nel  “Ma se m’è forza perderti”, eseguito con suoni contusi e straziati, si è toccato il fondo. Visto il successo ottenuto a fine recita, ha ovviamente saputo riconciliarsi col pubblico nella scena finale (“Ella è pura”).

Barbara Haveman ha cantato Amelia con delle arcate lunghe, ma spesso imprecise. Solo alcune frasi le sono riuscite come le aveva intese. Certi acuti nel duetto sono abbastanza imponenti, ma al centro prevale una voce tremolante ed i gravi sono vuoti e senza corpo. Anche lei risulta completamente inidonea alla parte – la cadenza alla fine di “Ecco l’orrido campo” è addirittura dilettantesca -, non riesce a riempirla né vocalmente né come interprete, perché è tanto preoccupata a risolvere le difficoltà tecniche che non rimane più nessuno spazio per l’interpretazione. Nel caso sia di lei sia di Shicoff si ha l’impressione che nessuno dei due abbia studiato la sua parte attentamente  né l’abbia incorporata vocalmente.

Chi avrebbe creduto che il quasi-settantenne avventuroso sostituto Leo Nucci sarebbe divenuto l’eroe della serata. E chi avrebbe creduto (premesso che non sono mai stata una sua fan) che un bel giorno avrei assistito ad una serata in cui avrei dovuto considerarlo come l’unico in possesso sia della necessaria ampiezza vocale per il suo ruolo sia di un certo sentore per la musica di Verdi – confrontato con gli altri. Il suo brutto trascinare del suono, lo sbraitare quasi volgare irrita oggi come irritava 20 anni fa, ma stavolta ha consodilato tutta la sua esperienza non solo per cantare, ma anche per accentare un “Eri tu” di cui si può dire: rispetto.

Julia Novikova ha cantato un Oscar corretto, Zoryana Kushpler quale Ulrica ha dimostrato un bel suono oscuro, ma si è rivelata priva di qualsiasi autorità espressiva.

Nel complesso, una serata abbastanza brutta. La maggior parte dello spartito verdiano rimase accennato con fin troppa approssimazione, imprecisione e sciattezza. (Gustav Mahler is sarebbe rivoltato nella tomba.) Le ornamentazioni sono ridotte al minimo oppure eseguite piattamente. Le nuances e finezze sono ignorate. Si è ascoltato una caricatura del “Ballo in maschera” sulla base di un’idea di Giuseppe Verdi. Al pubblico è piaciuto.

Traduzione: Giuditta Pasta

 

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3 pensieri su “„Ecco l´orrido campo“….. „Un Ballo in Maschera“ Wiener Staatsoper 12.1.2012

  1. Sempre brutto avere pregiudizi, ma solo a vederlo sulla carta il nome di Shicoff mi avrebbe lasciato basito a pensarlo cantare Riccardo… anche nei periodi in cui era più in forma lo avrei visto poco adatto per quel ruolo ( e come scritto nella recensione) e per Verdi in generale, dove non mi è mai piaciuto.

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