20 pensieri su “L.Cuberli, R.Blake & C.Merritt – Terzetto – “La donna del lago” (Paris, 1986)”
Essendo abituato all’interpretazione Ricciarelli-Gonzalez-Raffanti, si può dire che quest’ascolto mi ha fatto letteralmente riscoprire questo meraviglioso terzetto!!!! Chi è il direttore d’orchestra? Chi è Malcolm? E soprattutto… dove si trova l’integrale??? 😉
caro nicola erano gli anni dove avevi con rossini l’imbarazzo della scelta. nel febbraio marzo 1986 la donna ebbe 8 recite triestine con Cuberli Gonzales raffanti Valentini/Podles, due parigine Cuberli Blake Merritt Valentini e quattro nizzarde Cuberli Blake Cousin Dupuy e subito dopo le recite di Donna a Parigi ci fu un concerto interamente rossiniano della Dupuy. Scusa è certo che dd e gg ogni tanto si facciamo prendere dalla nostalgia.
Donzelli smettila con questi discorsi diseducativi quelle recite non hanno mai avuto luogo se non nella nostra immaginazione e comunque i nastri sono taroccati!!!
Appunto. E la vogliamo smettere con questa storia del canto in maschera? L’ unico soprano che deve cantare in maschera è Lucrezia Borgia nel Prologo!
Passatisti e forcellomani!
Scusate la mia totale ignoranza su tecnica vocale, ma cosa significa “cantare in maschera”? L’ho già sentito varie volte, ma ne ho sempre ignorato il significato.
Ringrazio anticipatamente chi avrà la cortesia di rispondermi.
Filippo II
“Canto in maschera” può essere considerato come una certa metafora per la produzione di un suono “alto” che è sempre il frutto del buon sostegno della voce sul fiato. Quando la voce non è correttamente sostenuta, il suono risulta “basso”, “in bocca”, gutturale etc. Oltre al sostegno attraverso una larga respirazione diaframmatica-costale, la cavità facciale ed i suoi muscoli devono essere educati a diventare lo spazio di risonanza omogenea per tutte le vocali.
Altrimenti, ci sono molte discussioni, se il termine “maschera” deve essere usato o no. Per il gergo melomane rimane molto utile.
La ringrazio M.me Pasta, è stata molto esauriente. Un esempio di cantante che sappia utilizzare correttamente il canto “in maschera” quindi potrebbe essere Joan Sutherland?
Si, anche se riguardo la pronuncia potremmo citare esempi più felici. Chiedi a Mancini, a lui piacono le discussioni sulla dizione. 😀
In quanto ad altre caratteristiche del canto in maschera, un elemento fondamentale è il fatto che il suono “alto” (sostenuto sul fiato) risulta molto più sonoro e dotato di più vibrazioni. Questo è non solo un segno di “salute” dell’emissione, ma anche il fattore della massima espansione acustica della voce nella sala. E’ proprio colla prassi del canto sul fiato che voci piccole di natura potevano cantrare facilmente anche in grandi teatri (Cuberli o Blake ne sono due buoni esempi) ed è esattamente per la commune negligenza del canto sul fiato che ormai pure le voci dotate di natura hanno pena ad espandersi in teatro.
Capisco, capisco. Certo, la Sutherland come dizione era proprio pessima. Poi per il resto… a mio parere la più grande cantante lirica del XX secolo dopo Maria.
Se leggiamo i trattati di canto, dai più antichi (Tosi, Mancini) ai più moderni, ci accorgiamo che la parola “maschera” praticamente non esiste. Anzi, mi pare che addirittura il Lamperti (non ricordo se Francesco o il figlio), elecando i difetti di imposto della voce, annoveri anche la voce “in maschera”, dando al termine una connotazione negativa, probabilmente riferendosi a chi spinge la voce verso l’alto rendendola stridula, schiacciata, nasale. Ora, pare che il concetto di “maschera” sia stato inventato non dai cantanti o dai maestri di canto, ma dalla foniatria di fine Ottocento. In ogni caso, si tratta di una parola che non ha nessun significato dal punto di vista fisico, è solo una metafora, probabilmente riconducibile a quelle che sono le sensazioni interne di un cantante che sente la propria voce vibrare sugli zigomi o sulla fronte, o anche riconducibile all’impressione che una voce emessa correttamente può fare sull’ascoltatore, per cui la voce del cantante gli sembra fuoriuscire non dalla bocca ma dalla testa. Ripeto, si tratta comunque di una metafora che sta ad indicare semplicemente la brillantezza, lo smalto, l’altezza del suono quando è bene “a fuoco”. Bisogna sempre però tenere in mente che si tratta di un EFFETTO e non di una CAUSA di una giusta tecnica di emissione. Inoltre essendo un concetto del tutto soggettivo si presta anche a facili fraintendimenti, infatti trovo molte persone convinte che Florez canti in maschera e sul fiato (se Florez è in maschera e sul fiato, Blake allora dov’era, sulla luna?). Io sono per l’abolizione di questo termine, che non significa niente, né dal punto vocale, né tanto meno dal punto di vista musicale.
Approfitto di questo spazio con digressione didattica per farvi i complimenti per il sito e la qualità dei contenuti (e delle relative discussioni).
E’ da parecchio che vi seguo silente, approfittando per acquisire un po’ più di dimestichezza con gli aspetti tecnici di quest’arte e con il linguaggio degli “addetti ai lavori”.
Da sostanziale neofita mi sono accorto di condividere pienamente il vostro punto di vista (anzi: di orecchio) critico dopo aver assistito alla recente Lucia veneziana (con Mukeria & Pratt) e dopo aver cercato dei commenti professionali alle prestazioni del cast: quel che ho letto qui traduceva, con linguaggio tecnico corretto, le mie sensazioni a teatro.
Volevo ringraziarvi di nuovo per avermi fatto scoprire la donna del lago di Parigi 1986: abituato com’ero ad ascoltare quest’opera nella versione di Pesaro 1983, posso ben dire di aver letteralmente scoperto le scintille vocali che caratterizzano questa partitura rossiniana. Non vorrei avventurarmi in analisi o recensioni di questa registrazione (ciò che potrei comunque fare “a parole mie”), ma mi sembra che, rispetto alla Ricciarelli e a Gonzales, la Cuberli e Blake emettano dei suoi molto più compatti (direi quasi granitici, se mi si passa il termine…), nitidi, scintillanti… e che precisione millimetrica nello sgranare la coloratura!!! Spero di non avere scritto troppe assurdità, comunque davvero ho l’impressione di aver riscoperto un’opera, non ho fatto che ascoltarla durante il fine settimana, e ora che mi son messo a sentire Pesaro 1983 provo un senso di delusione. Vi devo ringraziare anche perché grazie a questa registrazione inizio a capire cosa vuol dire che la riuscita dell’interpretazione dipende dal controllo del fiato, e infatti la Cuberli mi sembra molto più incisiva e variegata… ma sono solo opinioni. Un caro saluto.
ciao nicola e sopratutto grazie. per me che quei cantanti e quegli spettacoli li ho vissuti con entusiasmo è un grande piacere avere riscontro che non ho immaginato, sognato.
eppure quell’entusiasmo ancora oggi davanti a chi canta come cantavano lella e rocky (li chiamavamo così) scatta puntuale come scatta puntuale ed irrefrenabile il “brava”, “bravo” perchè quella del canto è un’arte che sa e deve muovere affetti ed emozioni.
ciao dd. oggi molto nostalgico
adoro questa registrazione… e ho letteralmente consumato quelle di Trieste ( in cui la Podles se la cavò egregiamente) e di Nizza ( insuperabile Dupuy)… saluti Maometto II
Essendo abituato all’interpretazione Ricciarelli-Gonzalez-Raffanti, si può dire che quest’ascolto mi ha fatto letteralmente riscoprire questo meraviglioso terzetto!!!! Chi è il direttore d’orchestra? Chi è Malcolm? E soprattutto… dove si trova l’integrale??? 😉
Lo trovi qui:
Rossini.La donna del lago. 1986. Paris.Lella Cuberli. Lucia Valentini Terrani. Rockwell Blake. Chris Merritt. Harry Dworchak. Dir. Henry Lewis
http://rapidshare.com/files/375589698/DonnadelLago-Paris86.zip
(Il link è di Todoperaweb)
Grazie mille
caro nicola erano gli anni dove avevi con rossini l’imbarazzo della scelta. nel febbraio marzo 1986 la donna ebbe 8 recite triestine con Cuberli Gonzales raffanti Valentini/Podles, due parigine Cuberli Blake Merritt Valentini e quattro nizzarde Cuberli Blake Cousin Dupuy e subito dopo le recite di Donna a Parigi ci fu un concerto interamente rossiniano della Dupuy. Scusa è certo che dd e gg ogni tanto si facciamo prendere dalla nostalgia.
Donzelli smettila con questi discorsi diseducativi quelle recite non hanno mai avuto luogo se non nella nostra immaginazione e comunque i nastri sono taroccati!!!
Appunto. E la vogliamo smettere con questa storia del canto in maschera? L’ unico soprano che deve cantare in maschera è Lucrezia Borgia nel Prologo!
Passatisti e forcellomani!
io voglio il nastro delle recite del 1848 a londra con mario tamburini grisi ed alboni!!!!!!
e perché non quello della prima con la Colbran?
Scusate la mia totale ignoranza su tecnica vocale, ma cosa significa “cantare in maschera”? L’ho già sentito varie volte, ma ne ho sempre ignorato il significato.
Ringrazio anticipatamente chi avrà la cortesia di rispondermi.
Filippo II
“Canto in maschera” può essere considerato come una certa metafora per la produzione di un suono “alto” che è sempre il frutto del buon sostegno della voce sul fiato. Quando la voce non è correttamente sostenuta, il suono risulta “basso”, “in bocca”, gutturale etc. Oltre al sostegno attraverso una larga respirazione diaframmatica-costale, la cavità facciale ed i suoi muscoli devono essere educati a diventare lo spazio di risonanza omogenea per tutte le vocali.
Altrimenti, ci sono molte discussioni, se il termine “maschera” deve essere usato o no. Per il gergo melomane rimane molto utile.
La ringrazio M.me Pasta, è stata molto esauriente. Un esempio di cantante che sappia utilizzare correttamente il canto “in maschera” quindi potrebbe essere Joan Sutherland?
Si, anche se riguardo la pronuncia potremmo citare esempi più felici. Chiedi a Mancini, a lui piacono le discussioni sulla dizione. 😀
In quanto ad altre caratteristiche del canto in maschera, un elemento fondamentale è il fatto che il suono “alto” (sostenuto sul fiato) risulta molto più sonoro e dotato di più vibrazioni. Questo è non solo un segno di “salute” dell’emissione, ma anche il fattore della massima espansione acustica della voce nella sala. E’ proprio colla prassi del canto sul fiato che voci piccole di natura potevano cantrare facilmente anche in grandi teatri (Cuberli o Blake ne sono due buoni esempi) ed è esattamente per la commune negligenza del canto sul fiato che ormai pure le voci dotate di natura hanno pena ad espandersi in teatro.
Capisco, capisco. Certo, la Sutherland come dizione era proprio pessima. Poi per il resto… a mio parere la più grande cantante lirica del XX secolo dopo Maria.
Se leggiamo i trattati di canto, dai più antichi (Tosi, Mancini) ai più moderni, ci accorgiamo che la parola “maschera” praticamente non esiste. Anzi, mi pare che addirittura il Lamperti (non ricordo se Francesco o il figlio), elecando i difetti di imposto della voce, annoveri anche la voce “in maschera”, dando al termine una connotazione negativa, probabilmente riferendosi a chi spinge la voce verso l’alto rendendola stridula, schiacciata, nasale. Ora, pare che il concetto di “maschera” sia stato inventato non dai cantanti o dai maestri di canto, ma dalla foniatria di fine Ottocento. In ogni caso, si tratta di una parola che non ha nessun significato dal punto di vista fisico, è solo una metafora, probabilmente riconducibile a quelle che sono le sensazioni interne di un cantante che sente la propria voce vibrare sugli zigomi o sulla fronte, o anche riconducibile all’impressione che una voce emessa correttamente può fare sull’ascoltatore, per cui la voce del cantante gli sembra fuoriuscire non dalla bocca ma dalla testa. Ripeto, si tratta comunque di una metafora che sta ad indicare semplicemente la brillantezza, lo smalto, l’altezza del suono quando è bene “a fuoco”. Bisogna sempre però tenere in mente che si tratta di un EFFETTO e non di una CAUSA di una giusta tecnica di emissione. Inoltre essendo un concetto del tutto soggettivo si presta anche a facili fraintendimenti, infatti trovo molte persone convinte che Florez canti in maschera e sul fiato (se Florez è in maschera e sul fiato, Blake allora dov’era, sulla luna?). Io sono per l’abolizione di questo termine, che non significa niente, né dal punto vocale, né tanto meno dal punto di vista musicale.
Approfitto di questo spazio con digressione didattica per farvi i complimenti per il sito e la qualità dei contenuti (e delle relative discussioni).
E’ da parecchio che vi seguo silente, approfittando per acquisire un po’ più di dimestichezza con gli aspetti tecnici di quest’arte e con il linguaggio degli “addetti ai lavori”.
Da sostanziale neofita mi sono accorto di condividere pienamente il vostro punto di vista (anzi: di orecchio) critico dopo aver assistito alla recente Lucia veneziana (con Mukeria & Pratt) e dopo aver cercato dei commenti professionali alle prestazioni del cast: quel che ho letto qui traduceva, con linguaggio tecnico corretto, le mie sensazioni a teatro.
Caro Mr. Angelo, grazie a te e benvenuto. AT
Volevo ringraziarvi di nuovo per avermi fatto scoprire la donna del lago di Parigi 1986: abituato com’ero ad ascoltare quest’opera nella versione di Pesaro 1983, posso ben dire di aver letteralmente scoperto le scintille vocali che caratterizzano questa partitura rossiniana. Non vorrei avventurarmi in analisi o recensioni di questa registrazione (ciò che potrei comunque fare “a parole mie”), ma mi sembra che, rispetto alla Ricciarelli e a Gonzales, la Cuberli e Blake emettano dei suoi molto più compatti (direi quasi granitici, se mi si passa il termine…), nitidi, scintillanti… e che precisione millimetrica nello sgranare la coloratura!!! Spero di non avere scritto troppe assurdità, comunque davvero ho l’impressione di aver riscoperto un’opera, non ho fatto che ascoltarla durante il fine settimana, e ora che mi son messo a sentire Pesaro 1983 provo un senso di delusione. Vi devo ringraziare anche perché grazie a questa registrazione inizio a capire cosa vuol dire che la riuscita dell’interpretazione dipende dal controllo del fiato, e infatti la Cuberli mi sembra molto più incisiva e variegata… ma sono solo opinioni. Un caro saluto.
Trovo assolutamente stupendo Chris Merritt! Non è che Raffanti sia deludente, ma Merritt è davvero stratosferico.
ciao nicola e sopratutto grazie. per me che quei cantanti e quegli spettacoli li ho vissuti con entusiasmo è un grande piacere avere riscontro che non ho immaginato, sognato.
eppure quell’entusiasmo ancora oggi davanti a chi canta come cantavano lella e rocky (li chiamavamo così) scatta puntuale come scatta puntuale ed irrefrenabile il “brava”, “bravo” perchè quella del canto è un’arte che sa e deve muovere affetti ed emozioni.
ciao dd. oggi molto nostalgico
adoro questa registrazione… e ho letteralmente consumato quelle di Trieste ( in cui la Podles se la cavò egregiamente) e di Nizza ( insuperabile Dupuy)… saluti Maometto II