Doveva essere un trionfo e i cronacisti della Rai tale lo hanno definito nei loro, in ogni senso, pietosi commenti. A sentire bene l’unico della pessima compagnia di canto, che abbia riscosso applausi di un certo peso è stato il baritono. Passati, per contro, quasi sotto silenzio i luoghi topici della luciferina protagonista e le oasi di canto del basso e del tenore.
E poi abbiamo il problema principale ovvero il direttore d’orchestra. Riccardo Muti, di anni 70 applicato a Macbeth da oltre quaranta, disponeva di una delle migliori orchestre del mondo. E allora quando si dispone di tale compagine non basta, per essere Muti e per essere riconosciuto come un grande direttore verdiano per non dire il direttore verdiano, cavare un suono genericamente bello, morbido e rotondo. Perché dai Wiener non ci si accontenta di un coro dei sicari, che rievochi corte mantovana o di Boston, non si suonano danze delle streghe, che evocano un salotto parigino in attesa di Eugenia de Montijo Bonaparte o per contro si dia in clangori all’incipit del concertato atto primo o della festa dopo l’omicidio di Banquo. Colori sinistri, richiami d’averno, apparizioni di deità ctonie, colori nebbiosi e spettrali in orchestra (quale occasione migliore che l’introduzione al sonnambulismo) sembrano non appartenere alla scelta interpretativa di Riccardo Muti in questo Macbeth. Abbiamo sentito il solito Muti, che imperversò unico esecutore verdiano in Scala per un ventennio, che nei momenti drammatici e di tensione pesta e rumoreggia ( il famoso bim barabum ) ed in quelli di canto, di riflessione risulta inerte e abulico anzi loffio per usare un termine che iersera nella nostra chat è girato alquanto. A condimento di questo sta la filologia del Maestro, che mescola senza logica e senso le due versioni dell’opera e come un tempo si faceva con la sinfonia della Forza, posta fra primo e secondo atto, antepone al coro delle streghe le danze. Eseguire l’aria di Macbeth della versione 1847, sacrificando la spettacolare chiusa corale prevista nella versione 1865, non ha giustificazione. Potrebbe, ma non è la logica di Muti ,averne per aderire al desiderata di un interprete e vocalista esimio. Battistini, Galeffi, Schlusnus, Tagliabue e fors’anche un Bruson redivivi. Qui Muti disponeva di un cantante inadeguato sotto ogni punto di vista. Invece.
Il cast era indecente ed impresentabile non solo a Salisburgo, ma in qualsivoglia oscuro teatro di provincia. Posso anche concedere a Muti che taluni tempi e talune sonorità siano nate dall’esigenza di non affossare ed affondare vieppiù i cantanti ( anche se simili premure appartengono a direttori ben differenti dal nostro) come ad esempio il tempo garibaldino del sonnambulismo, la piattezza assoluta della arie di Banco e di Macduff, ma in generale la regia vocale latitava. E non la fanno risorgere un paio di frasi, che potrebbero rivelare quanto meno qualche ora spesa al piano con gli interpreti.
Poi anche le quaranta ripetizioni del duetto o del sonnambulismo, che Verdi inflisse a Felice Varesi e Marianna Barbieri – Nini ben poco potrebbero con i due protagonisti. Difficile dire chi fosse peggio. Alla prima frase della Lady erano già urla incontrollate in alto, suoni afoni in basso, leziosaggini vocali ed interpretative per camuffare una carenza di professionalità di base. Se vogliamo fare l’elenco non abbiamo sentito gli staccati del duetto con Macbeth, le agilità del brindisi erano penosa pasticciate, nell’aria aggiunta “La luce langue” ai suoni sordi ed opachi della prima sezione -piuttosto bassa di tessitura- sono seguite le urla laceranti di “o voluttà del soglio“. La scena del sonnambulismo, poi, non merita commento perché ad una esecuzione vocale sgangherata e mal messa se n’é sovrapposta una interpretativa ben peggior con suoni plebei, aperti in basso, stonature continue in zona medio alta (“il sir di Fiffe” una vera perla di malcanto) e un gusto che rende la Varnay sobria, controllata e castigata. Insomma una vergogna. Vergogna condivisa in coppia perché dal “mi si affaccia un pugnal” in poi il signor Lucic ha urlato, afoneggiato e parlato senza pietà e misericordia per il proprio organo vocale e per le orecchie del pubblico. Anche qui l’elenco dei topoi del peggio (le apparizioni al banchetto o l’accesso di Macbeth per ricevere il secondo oracolo, perché la tessitura è acuta e Macbeth dovrebbe declamare e invece grida) non servono per un triste, quando astratto gioco al peggior suono, ma per ricordare che il personaggio debole, allucinato in balia di moglie e streghe (per certi versi molto simili) richiede legato, canto a fior di labbro, rispetto dei segni di espressione. Nulla una poltiglia di lontano sapore verista, nel senso peggiore del termine.
Anni fa, precisamente novembre 1977, la Rai trasmise da Torino un Macbeth dove, un non più all’apogeo, Carlo Bergonzi cantò l’aria di Macduff con un legato, un’espansione, un senso della frase, una nobiltà di fraseggio che sono ricordo incancellabile, esempio e modello. Ve lo posto ed invito gli ascoltatori (gli sventurati ascoltarono!!! Direbbe Manzoni) a paragonare l’esecuzione dell’esausto Giuseppe Filianoti con quella del commendator Bergonzi che di anni ne contava 53 e da venticinque macinava Aida, Ballo, Forza, trovatore. Non serve altro. Anzi serve una sola cosa negare che Carlo Bergonzi, ma anche Gino Penno, Flaviano Labò, Bruno Prevedi e Veriano Luchetti siano mai esistiti , mai abbiano calcato le scene!
L’ablazione della memoria, il rinnegare il passato, cari signori che stamani giocate a Radio Osanna e voi pubblico, che seguite questi pifferai magici può salvare capre e cavoli oggi e domani, ma per il dopodomani non garantisce nulla. Il piatto è vuoto!!!
E poi abbiamo il problema principale ovvero il direttore d’orchestra. Riccardo Muti, di anni 70 applicato a Macbeth da oltre quaranta, disponeva di una delle migliori orchestre del mondo. E allora quando si dispone di tale compagine non basta, per essere Muti e per essere riconosciuto come un grande direttore verdiano per non dire il direttore verdiano, cavare un suono genericamente bello, morbido e rotondo. Perché dai Wiener non ci si accontenta di un coro dei sicari, che rievochi corte mantovana o di Boston, non si suonano danze delle streghe, che evocano un salotto parigino in attesa di Eugenia de Montijo Bonaparte o per contro si dia in clangori all’incipit del concertato atto primo o della festa dopo l’omicidio di Banquo. Colori sinistri, richiami d’averno, apparizioni di deità ctonie, colori nebbiosi e spettrali in orchestra (quale occasione migliore che l’introduzione al sonnambulismo) sembrano non appartenere alla scelta interpretativa di Riccardo Muti in questo Macbeth. Abbiamo sentito il solito Muti, che imperversò unico esecutore verdiano in Scala per un ventennio, che nei momenti drammatici e di tensione pesta e rumoreggia ( il famoso bim barabum ) ed in quelli di canto, di riflessione risulta inerte e abulico anzi loffio per usare un termine che iersera nella nostra chat è girato alquanto. A condimento di questo sta la filologia del Maestro, che mescola senza logica e senso le due versioni dell’opera e come un tempo si faceva con la sinfonia della Forza, posta fra primo e secondo atto, antepone al coro delle streghe le danze. Eseguire l’aria di Macbeth della versione 1847, sacrificando la spettacolare chiusa corale prevista nella versione 1865, non ha giustificazione. Potrebbe, ma non è la logica di Muti ,averne per aderire al desiderata di un interprete e vocalista esimio. Battistini, Galeffi, Schlusnus, Tagliabue e fors’anche un Bruson redivivi. Qui Muti disponeva di un cantante inadeguato sotto ogni punto di vista. Invece.
Il cast era indecente ed impresentabile non solo a Salisburgo, ma in qualsivoglia oscuro teatro di provincia. Posso anche concedere a Muti che taluni tempi e talune sonorità siano nate dall’esigenza di non affossare ed affondare vieppiù i cantanti ( anche se simili premure appartengono a direttori ben differenti dal nostro) come ad esempio il tempo garibaldino del sonnambulismo, la piattezza assoluta della arie di Banco e di Macduff, ma in generale la regia vocale latitava. E non la fanno risorgere un paio di frasi, che potrebbero rivelare quanto meno qualche ora spesa al piano con gli interpreti.
Poi anche le quaranta ripetizioni del duetto o del sonnambulismo, che Verdi inflisse a Felice Varesi e Marianna Barbieri – Nini ben poco potrebbero con i due protagonisti. Difficile dire chi fosse peggio. Alla prima frase della Lady erano già urla incontrollate in alto, suoni afoni in basso, leziosaggini vocali ed interpretative per camuffare una carenza di professionalità di base. Se vogliamo fare l’elenco non abbiamo sentito gli staccati del duetto con Macbeth, le agilità del brindisi erano penosa pasticciate, nell’aria aggiunta “La luce langue” ai suoni sordi ed opachi della prima sezione -piuttosto bassa di tessitura- sono seguite le urla laceranti di “o voluttà del soglio“. La scena del sonnambulismo, poi, non merita commento perché ad una esecuzione vocale sgangherata e mal messa se n’é sovrapposta una interpretativa ben peggior con suoni plebei, aperti in basso, stonature continue in zona medio alta (“il sir di Fiffe” una vera perla di malcanto) e un gusto che rende la Varnay sobria, controllata e castigata. Insomma una vergogna. Vergogna condivisa in coppia perché dal “mi si affaccia un pugnal” in poi il signor Lucic ha urlato, afoneggiato e parlato senza pietà e misericordia per il proprio organo vocale e per le orecchie del pubblico. Anche qui l’elenco dei topoi del peggio (le apparizioni al banchetto o l’accesso di Macbeth per ricevere il secondo oracolo, perché la tessitura è acuta e Macbeth dovrebbe declamare e invece grida) non servono per un triste, quando astratto gioco al peggior suono, ma per ricordare che il personaggio debole, allucinato in balia di moglie e streghe (per certi versi molto simili) richiede legato, canto a fior di labbro, rispetto dei segni di espressione. Nulla una poltiglia di lontano sapore verista, nel senso peggiore del termine.
Anni fa, precisamente novembre 1977, la Rai trasmise da Torino un Macbeth dove, un non più all’apogeo, Carlo Bergonzi cantò l’aria di Macduff con un legato, un’espansione, un senso della frase, una nobiltà di fraseggio che sono ricordo incancellabile, esempio e modello. Ve lo posto ed invito gli ascoltatori (gli sventurati ascoltarono!!! Direbbe Manzoni) a paragonare l’esecuzione dell’esausto Giuseppe Filianoti con quella del commendator Bergonzi che di anni ne contava 53 e da venticinque macinava Aida, Ballo, Forza, trovatore. Non serve altro. Anzi serve una sola cosa negare che Carlo Bergonzi, ma anche Gino Penno, Flaviano Labò, Bruno Prevedi e Veriano Luchetti siano mai esistiti , mai abbiano calcato le scene!
L’ablazione della memoria, il rinnegare il passato, cari signori che stamani giocate a Radio Osanna e voi pubblico, che seguite questi pifferai magici può salvare capre e cavoli oggi e domani, ma per il dopodomani non garantisce nulla. Il piatto è vuoto!!!
Gli ascolti
Verdi – Macbeth
Atto I
Regna il sonno su tutti…Fatal mia donna! un murmure – Leyla Gencer & Kostas Paskalis (1975)
A proposito di tal Belosselskiy….
Non c'entra niente con il post di Donzelli né con Macbetto, ma per assonanza col nome suddetto mi rivolgo al vostro sapere enciclopedico per domandarvi di un tenore "antico" che mi è sempre piaciuto: Alessandro Vesselovski. Non si trova praticamente che poco o nulla su di lui. Eppure secondo me era bravino: devo dire che quel suo vibrato mi ha sempre fascinato!
Voi ne sapete certamente di più.
Scusate l'"off-topic"
"Esausto" il tenore?!
Siete grandi!
Sentire Bergonzi, Labò e compagnia bella è veramente triste.
Ci fa capire sempre quanto siamo caduti in basso.
Io non entro nel merito di questa recensione. Mi limito a dire che da essa trasuda una tale rabbia, è scritta con una tale acidità che si squalifica da sola. Una simile caratteristica vanifica qualsiasi cosa giusta che nella recensione sia contenuta.In questo caso la forma annulla totalmente il contenuto. Io, quando ho avuto responsabilità editoriali, recensioni di questo tono le ho sempre respinte al mittente, perché la rivista si squalificava così, ospitando sfoghi di carattere evidentemente personale. Per quanto riguarda Labò, mio quasi concittadino, l'ho sentito fino alla nausea, non ricavandone mai un ricordo che fosse uno.
Marco Ninci
caro ninci era un po' di tempo che non partivi per la santa crociata.
in genere uno dei tuoi luoghi santi preferiti è il santo sepolcro mutiano. solo che:
1) questa esecuzione verdiana di santo nulla aveva, di sepolcrale molto.
2) insomma era e rimane un brutto macbeth afflitto dai vizi di muti, che il tempo non alleggerisce e che, anzi, cantanti scadenti implementano
3) quanto all'idea che il mio pensiero trasudi livore rimane una tua illazione e come tale resta. del livore e dell'acredine dovresti dare una minimale prova confutando le mie opinioni
4) invece come al solito abbiamo un bel saggio di ipse dixit. anzi autos efe. Magari me lo correggi il mio greco, così sei tutto contento!!!
ciao dd
Purtroppo la tua non è una recensione, è uno sfogo. E gli sfoghi ci sono persone deputate (e profumatamante pagate)ad ascoltarli.
Ciao
Marco Ninci
Purtroppo la tua non è una recensione, è uno sfogo. E gli sfoghi ci sono persone deputate (e profumatamante pagate)ad ascoltarli.
Ciao
Marco Ninci
Caro Ninci che parli di sfoghi, ricordati la trave e la pagliuzza evangeliche. O per citare un motto diletto al più devoto cantore di Muti: nosce te ipsum. Quanto agli sfoghi, tu stesso ci rammenti, con la parola che si fa esempio, che ne esistono di qualsiasi forma, qualità e genere. In ogni senso. Saluti. AT
Caro Ninci che parli di sfoghi, ricordati la trave e la pagliuzza evangeliche. O per citare un motto diletto al più devoto cantore di Muti: nosce te ipsum. Quanto agli sfoghi, tu stesso ci rammenti, con la parola che si fa esempio, che ne esistono di qualsiasi forma, qualità e genere. In ogni senso. Saluti. AT
Caro Ninci che parli di sfoghi, ricordati la trave e la pagliuzza evangeliche. O per citare un motto diletto al più devoto cantore di Muti: nosce te ipsum. Quanto agli sfoghi, tu stesso ci rammenti, con la parola che si fa esempio, che ne esistono di qualsiasi forma, qualità e genere. In ogni senso. Saluti. AT
Cari Donzelli e Tamburini, ammesso che io lo faccia, lo faccio in punta di penna, il che fa una bella differenza. E poi io intervengo commentando, non faccio recensioni, il che fa una differenza ancora più grande, non credete? Ma comunque passons. Quello che io contesto a Donzelli non è il fatto che dica quello che dice, ma il modo in cui lo dice. Che è greve. Si può essere durissimi in un altro modo, lo si deve essere. Faccio il caso preciso di uno studioso di filosofia antica, Denis O'Brien. Persona molto brava, ma praticamente messo al bando per il "modo" in cui rimarcava la sua differenza dagli altri. Modo che era greve, pesantissimo; faceva sempre sorgere il sospetto dello sfogo. Cosa che evrebbe potuto evitare benissimo; ma non lo poteva fare, perché era compulsivo.
Quindi, dico che apprezzo l'atteggiamento intellettuale di Donzelli, quello che dice, ma trovo che quello che dice sia travolto da come lo dice. Del resto, vista l'impostazione generale di questo blog, ci sarebbe molto da meravigliarsi se un direttore come Muti fosse qui apprezzato. Non lo può essere (in generale, tranne rare eccezioni), è quasi una necessità fisica, perché parte da presupposti troppo diversi da quelli che qui hanno diritto di cittadinanza, che formano una specie di costituzione, quella che fissa i principi comuni della convivenza. Quindi a questa coerenza io non ho nulla da obiettare; l'unica cosa che posso fare è disegnare un mondo, un mondo che per me è possibile ma di cui non mi sogno di dire che sia l'unico pensabile od augurabile, un mondo, dicevo, basato su diversi criteri di convivenza. E' facile per noi dire che Eduard Hanslick aveva torto nel momento in cui affermava che il concerto per violino di Tchaikovsky era musica che puzzava. Eppure Hanslick, uno dei più grandi critici e storici della musica che siano mai esistiti, non è mai stato così grande come in quel momento.
Io posso essere molto spiacevole, me ne rendo conto. Ma il mio pensiero può esprimersi solo a contatto con le persone con cui discuto. Io per esempio non faccio mai note nelle quali elenco una serie di studi su un certo argomento. Nomino gli studi da cui prendo spunti o informazioni. E poi discuto con coloro che hanno altre visioni. Ma, benché io sia qui considerato un maestrino (è un divertimento come un altro), in genere io discuto le divergenze di visione, perché solo da qui può sorgere per me una vera utilità. Perché, l'ho già detto altre volte, l'unica cosa che mi interessa è chiarire e imparare. E' un antico detto: solo chiarendo da cosa si è diversi si può imnparare ciò che si è.
Marco Ninci
caro ninci, vedo che sei una delle tante vittime del modernismo e dell'illuminismo. si può anche sfogare il livore e l'acredine "a gratis" rivolgendosi al confessore. solo che per rivolgersi a quell'ufficio la condizione di partenza è essere pentiti di quel che si è fatto o detto od omesso. nel mio caso non lo sono punto. continuo a pensare:
1) che quello sia un orribile macbeth
2) che tu, come tuo costume e di tutti i tuoi sodali, ti sia limitato ad affermazioni di principio (apoftegmata) senza nessuna motivazione partendo dall'erroneo presupposto che gli altri siano stupidi ed ignoranti
3) io invece sono generoso e ti offro la possibilità di una chimoletrica rhesis nella quale potrai direi che sono ultraconservatore e filopapalino. il tutto è falso ma il ruolo del cardinal brogni lo trovo splendido. per il momento buon ferragosto, vado a preparare il pollo coi peperoni che come tu ben saprai è il tiupico piatto ferragostano de trastevere
Caro Donzelli, ho forse detto che sei ignorante? Naturalmente no, ho detto che nel tuo articolo, di cui non condividevo i modi, c'erano molte cose accettabili (ti ho perfino paragonato ad Hanslick!!!). Cosa c'entrino il modernismo e l'illuminismo Dio solo lo sa. I miei sodali chi sarebbero? Boh… Il discorso sul confessore e il pentimento non ha nessun senso. E in effetti non penso che tu abbia bisogno di un confessore. Non hai bisogno di nulla, va bene così. Ma lo sai che fai tutto da solo? Papalino, ultraconservatore, Cardinal Brogni, tutte cose di cui non vedo il senso e che ovviamente io non ho mai detto. L'unica cosa sensata del tuo intervento è il pollo con i peperoni.
Ciao
Marco Ninci
Ninci, ma invece di straparlare come tuo solito, perché non ci dimostri, spartito alla mano, la grandezza di questo Macbeth?
Ma allora veramente io parlo al vento. L'ho detto in chat, l'ho detto qui che quel Macbeth non era all'altezza. Ho dato ragione a Donzelli. Contestavo i modi. Ma sapete leggere? Dite che io vi considero stupidi e fate di tutto, assolutamente di tutto, perché io vi consideri tali. Vi accontento. Con grande sintesi.
Marco Ninci
All'altezza di che cosa? Del Genio di Muti? Ma andiamo!
Non era all'altezza del Macbeth, semplicemente. Caro Tamburini, mi sono fatto l'idea, confortata dai fatti, che tu non sia in grado di capire quello che leggi, anche le cose più semplici. Contento tu…
Ciao
Marco Ninci
Pregiatissimi Donzelli e Tamburini,
questa volta, ma io direi tutte le volte, più che di Sorella Radio sarebbe meglio parlare di Sorellastra Radio, in quanto secondo me l'ascolto alla radio di un'opera fa travisare molte cose rispetto all'ascolto dal vivo.
Sono stato 6 giorni a Salisburgo per alcune opere e concerti e ho assistito anche al "famigerato e orribile Macbeth" di quel capobanda-zumpapà-bim barabum del Maeschtro Muti.A me pare, sinceramente, che negli ultimi anni il Maeschtro sia cambiato: me ne sono accorto con Mozart( Flauto di alcuni anni fa con Vick e poi con Audi registi sempre a Salzburg)e con Verdi( Otello e ora Macbeth):mentre in Mozart ha tempi più rapidi e leggeri, in Verdi ha tempi più lenti, riflessivi tutt'altro che bim barabum e per me più consoni alla drammaturgia Verdiana.
Caro Tamburini, ma perchè mai il povero Marco ti deve argomentare tutto con lo spartito in mano? a me non lo puoi chiedere, perchè non lo so leggere e allora tu potresti dire: stai zitto, non rispondere, perche se tu non segui le opere con lo spartito non puoi aprire bocca e men che meno intervenire qui!E però io non ci sto!Perchè?Ma perchè io mi ritengo assai fortunato ad avere questa passione per la musica, perchè mi fa crescere umanamente e allo stesso tempo c'è mio godimento intellettuale e soprattutto interiore.Io assisto, come già scritto, a 50-55 opere all'anno in tutta Europa, conosco le opere attraverso le edizioni di riferimento(mi fermo in genere, ai '50, ma con Strauss anche prima),ho sensibilità musicale, non credo di essere un principiante, ma non vado all'opera con lo spartito, ma perchè ti sentiresti già prevenuto nei confronti dei protagonisti e non è certo la migliore condizione per fruire della musica(nel senso come lo intendo io) se si è veramente appassionato: IO LO SONO ANCORA!Ma sono pure esigente e spesso mi permetto di contestare!Orribile dunque questo Macbeth, ma scusate quell'Attila Scaligero cos'era? Quella sì veramente una VERGOGNA!Ma gli stessi Vespri Torinesi, qui tanto esaltati, ma pensateci bene. Lasciate perdere i vostri pregiudizi, vi squalificano assai e non lo meritate certo!!No Muti non mi ha affatto deluso, ho provato una certa emozione nell'ascoltarlo e ho apprezzato il suo nuovo modo di interpretare Verdi.I cantanti: da sempre Lucic e Serjan(da anni fa la Lady, ma la dizione è sempre maldestra!) nei secondi cast, ora nel I cast e addirittura a Salisburgo! Beh questo, in effetti, fa pensare e tanto,mai l'avrei immaginato e poi a Salzburg, ma sempre meglio comunque di tanti cantanti più famosi che calcano le scene;La regia: mediocre e datata;Stein per me da sempre sovrastimato, non c'azzecca con l'Opera!
Segnalo l'ennesima delusione live di Pappano, anch'egli per me assai sovrastimato;mai sentito suono così lussureggiante e ammaliante dai Wiener come nella splendida Die Frau con un grande Thieleman; un grandissimo Salonen( per me il massimo direttore dei prossimi anni) con il Makropulos di Janacek(quest'autore, però, reca Orticaria in questo Blog, mi pare!)e l'ennesimo mediocricissimo Bolton per una brutta Iolanta fracassona, ma con una grande,quando si riusciva a sentirla, Netrebko che per me non è solo Mimì!
Cordialmente! Fabrizio
Ciao F.
Credo che Tamburini volesse da Marco argomentazioni migliori sulla direzione di un generico mutismo.
Per parte mia, mentre lo avevo trovato fantastico nel Moise passato ed aavevo una certa attesa per il verdi con i wiener, ci sono rimasta male, e non poco. Eravamo sui livelli del Nabucco romano. Che non sono assolutamemte i suoi.
A Roma ho pensato avesse deiproblemi, a salbiurg mi e' parso….scazzato – si puo' dire?- Perche' ha accettato cose, a comiciarte da certe volgarita' del cast, che a lui han sempre dato la mosca al naso. E poi era loffio ad accpompagnare…..molle…..non era lui.
Mi sarebbe piaciuto sentire il requiem invece….speriamo arrivi in internet
Saluti
Ripeto, a Salzburg,live, io non ho ricevuto queste impressioni.Muti ero molto ispirato, per niente scazzato, ancor meno floscio(se fosse stato così, come mai il Donzelli lo ha trovato bim barabum?). Ma la Giulia era a Salzburg o alla radio?Ribadisco l'ascolto radiofonico per me è spesso traditore e in generale anche tutte le Premiere(ma non in questo caso) son Traditrici: pensate a quello che succede in Scala; sto, però, parlando in un blog i cui collaboratori non amano particolarmente questo teatro. In generale nella mia prima tappa salisburghese ci sono state le conferme di un Thieleman sì Teutonico, ma non pesante come farebbe pensare, capace di grande raffinatezze e dettagli fondamentali in Strauss: nel 2013 inaugurerà la nuova gestione dell'Osterfestspiele con Parsifal.
Altro fondamentale Direttore anzi il Direttore del momento e dei prossimi anni è Salonen in Scala nel 2014 con Elektra (regia di Chereau)e mi ha confessato che vorrebbe dirigere il Falstaff(bellissima idea: troviamogli un teatro!)e gli proporrei anche Parsifal oltre a tutto il Ring!Il problema piuttosto è Pappano, che dopo un terribile Don Carlo a Londra 3-4 anni fa(fracassone, senza alcuna cura per i più bei concertati che Verdi abbia mai scritto, con i cantanti,famosissimi,ma mediocri e lasciati a loro stessi)e una recentissima Tosca All-Stars:gheorghiu,kaufmann(ingolato all'inverosimile, tipico quando affronta il bel canto),terfel, a Salzburg porta S.Cecilia e la dirige nella più brutta Londoner di Hydin, mai ascoltata, più teutonica della Statkapelle Berlin, senza pensare,poveretto, di valorizzare con altro repertorio un fiore all'occhiello della musica italiana.
Voi cosa ne pensate dei 3 Direttori citati?
Cordialmente.Fab.
P.S.
ho dato una scorsa ai post sul ROF(non amo molto Rossini(chissà in futuro!), adoro solo l'Italiana e il Comte. Poveretto Giovanni Vitali, l'avete preso di mira come non mai: tutti i maggiorenti a demolirlo un pò volgarmente. Siete troppo viscerali e intolleranti con chi non la pensa come Voi, la Carlotta e l'amata Marianne in prima linea, dovreste controllarvi di più: SIAMO TUTTI ESSERE UMANI!
Tutti i conduttori RAI fanno quello che possono: hanno l'OBBLIGO da parte dell'Azienda di non esprimere giudizi, di barcamenarsi a volte e soprattutto di non parlare male di nessuno! Così mi ha risposto un famoso conduttore, da me interpellato,via mail, in merito al loro ambiguo comportamento.
Ricordate Helmut Failoni, un conduttore di Radio3suite, a me non particolarmente simpatico, che ritenevo meno preparato degl'altri: una sera dopo un concerto del"Divino" Claudio, che, sapete, si conclude sempre con delle Ovazioni Stratosferiche anche quando dirige in modo routinario e purtroppo negli ultimi tempi accade spesso(vedi iersera su ArtèWeb, da Lucerna con un'Haffner di routine e una V di Bruckner che non ricordavo così noiosa!! lo dico io che l'adoro!),dunque il buon Failoni si mise a fare confronti sulle opinioni degli ascoltatori riguardo il concerto di Abbado e riguardo un opera o concerto, non ricordo,del "rivale" Maeschtro Muti della sera prima esternando un penoso peana verso il "Divino" e ironizzando su Muti.Fu assai stupido e infantile! In effetti da allora Helmut Failoni cessò di condurre, per fortuna, Radio3suite. Morale: lasciateli stare questi poveri conduttori!!
Semplice caro Fabrizio:
non leggerci
Marianne Brandt
Ecco la + Ortodossa!
Ma non ci penso nemmeno!Mi diverto troppo!!E poi ho già ripetutamente scritto che da voi c'è tanto da imparare(+ complimento di così, dolcissima Marianne!).
Sono sempre così tanto impegnato a prenotare biglietti,hotels, aerei e treni per i miei viaggi musicali, ma guarda caso il I sito internet che guardo quando apro il PC è il vostro, proprio per la gioia che mi date!
Voi invece niente: non vi muovete in estate, tante cose importanti, ma è meglio stare a casa ad ascoltare la radio o altro. Mi sono dovuto sobbarcare 2 post per l'Italiana e 2 per Attila(ne valeva la pena!), quando a Baden Baden c'era una magnifica Salome un buon Idomeneo e un bel concerto Boulez-Baremboin(dimenticavo anche Baremboim vi dà l'orticaria), un grandissimo Parsifal di Gatti,assai meglio di Bayreuth(di una lentezza esasperante!)il dittico Siegfried-Goetterdammerung a Essen diretti da 1 eccellente Direttore di Serie B o C, S.Soltez(memorabile la sua Die Walkure oltre la suddetta Salome)un meraviglioso Peter Grimes a Londra, una scoperta, per me incredibile,sono un verginello,ricordate,di un autore da me poco amato e trascurato come Puccini, ovverossia Madama Butterfly,un autentico capolavoro di tutta la storia operistica, per me la + bella di P., per la stupefacente orchestrazionee la cura dei dettagli sonori, un vero e proprio Gesamtkunstwerke, anticipatore assoluto di molta musica del '900, pensate a Londra in un'edizione di "serie B" con direttore l'aiuto del tanto sovrastimato Pappano, P.W. Griffith,e protagonista la nostra Amarilli Nizza,con qualche incertezza nel I atto, forse per l'emozione del debutto alla ROH, ma con un crescendo costante e un III atto da brivido; una Madama che a me ricordava la splendida di Sinopoli che avevo in casa e da me sempre snobbata nell'ascolto: quanti "errori" si fanno nella vita!e poi Salzburg per 6 giorni e ritornerò mercoledì per altri 6.
Per la Giulia: sì il Requiem mutiano è stato grande, non c'è dubbio, il maeschstro è cambiato! E non vedo l'ora di ascoltarlo con la Chicago in un repertorio poco frequentato da Muti e a me assai congeniale!
Cordialissimi Saluti.Fab.
P.S.
Se non la sapete,una primizia: la prossima stagione di Bologna, assai nazional-popolare, ma con opere che io amo molto:
Turandot-Norma-L'Italiana- Jacob Lenz di Rhim-Nozze di Figaro-Cavalleria+Pagliacci-Trovatore: NON ci sono ancora i cast e direttori e io TEMO MOLTO, purtroppo!
Grazie dei complimenti caro Fabrizio, lusingatissimi!
Ma, permettimi se ti correggo, a Pesaro i miei colleghi ci sono stati, eccome se si sono mossi!
Poi ti dirò, usare le ferie anche per stare in spiaggia, godersi il mare ed il relax, stare insieme a parenti e amici, tra pizze, birrozzi, lune piene e quant'altro per quanto mi riguarda non lo sostituirei per nessun festival di Bayreuth, Salisburgo, Boulez, Salonen, Muti, Abbado e compagnia cantante e dirigente… e poi per sentire cosa? Cleveman e la Friede? La Serjan e Lucic? La Theorin, O'Neill, MacLean e Tomasson? La Ganassi e la Barcellona? La Nizza??? La regia di Neuenfels, Vick e Baumgartner? No, grazie c'è di meglio!
Non è che si vive di sola opera quella non manca mai, però… c'è dell'altro d'estate 😉
Marianne Brandt
Hai perfettamente ragione! sono d'accordo con te!!