La Bohéme all’Arena di Verona

Mi scrive il nostro amico G.B. Mancini da Verona, ove, fermandosi lungo la via che mena al Brennero, ha assistito per caso ad una moderna rappresentazione di questo famoso titolo del bravissimo maestro Puccini. Sentite un po’ che mi ha narrato della sua serata nell’augusto anfiteatro.





Serata noiosa ed incolore questa trascorsa all’Arena di Verona, cui mi ha condotto la curiosità di ascoltare insieme due delle voci liriche più distinte dell’ultimo ventennio. Mi sarei aspettato qualcosa in più da siffatto cartellone blasonato.

Marcelo Alvarez nei panni di Rodolfo ha mostrato una voce di timbro ancora ricco e sano nella gamma centrale, ma molto involgarita ed accorciata nella zona acuta, con sgradevoli suoni nasali in zona di passaggio e sovente legnosi e sguaiati già dai primi acuti , oltre i quali di fatto il tenore argentino non ha potuto spingersi. L’aria, infatti, è stata abbassata di almeno mezzo tono, mentre è stata prudentemente evitata la puntatura al do acuto all’unisono col soprano, al termine del primo atto. L’interprete poi è quello di sempre, trasandato nel canto (rozzo nel legato ed arido di sfumature), grossolano e generico nel fraseggio, volgare nel gusto (davvero brutta la Gelida Manina cantata a squarciagola stando seduto a cavalcioni sullo schienale di una sedia, a gambe aperte). Resta la dote naturale a consentirgli di vociare con generosità, con parole aperte e scandite, secondo il più caricaturale e vulgato stereotipo del canto all’italiana. Il pubblico, però, sembra apprezzare.

A poeta sì aggraziato fa pendant la Mimì di Fiorenza Cedolins, fin troppo discreta come interprete, garbata nello stile, ma devastata nell’impianto vocale. L’eccessivo compiacimento in zona centrale, dove la voce mantiene ancora un certo corpo ed una bella morbidezza di timbro, comporta una completa sordità in zona grave ed eccessive prudenze nella salita all’acuto, con note sul secondo passaggio indietro e sfocate. Imbarazzante l’acuto in chiusa al prim’atto, quasi un falsettino, incerto nell’intonazione. I tempi generalmente lenti probabilmente la aiutano a preparare con prudenza la salita ai si bemolle e si naturali di cui la parte è costellata, ma la preoccupazione evidente di riuscire a fare le note toglie alle arcate melodiche tutta la loro carica di lirismo. Togliere slancio e lirismo a Mimì significa falsare il carattere del personaggio. L’emissione ovattata rende irriconoscibili le parole, il fraseggio è assente o generico, scarsi i colori. Ne esce un personaggio piatto e noioso. Una prova insomma decisamente pallida, di quelle che non lasciano alcun segno.

Senza infamia e senza lode il Marcello di Luca Salsi, la cui prestazione si può definire accettabile solo considerando il misero standard a cui il canto baritonale ci ha abituati a partire dal secondo dopoguerra. Un canto quindi monocorde, piatto, massiccio nella misura in cui lo consente una voce di scarsa risonanza (come tutte le voci di questa Bohème).

Vincenzo Taormina nei panni di Schaunard dà una buona prova di recitazione, ma più che cantare parla, mentre Deyan Vatchkov è un filosofo svociato ed ingolfato, in linea con la prassi canora odierna nella corda di basso.

Musetta è Natalya Kraevsky, che, ad onta di una buona presenza scenica, canta con voce malferma e sgarbata, emettendo grida scomposte in zona acuta (tremendo il valzer). L’interprete poi è del tutto priva di grazia ed eleganza.

Discreti i comprimari, bravi i bambini del coro, uno dei quali nell’intervento solo “Vo’ la tromba, il cavallin!” ha fatto sentire il suono più “avanti” e sonoro di tutta la recita.

John Neschling ha diretto con tempi generalmente lenti e colori che a noi non sono pervenuti, sicuramente a causa dell’acustica problematica dell’anfiteatro. Sono pervenuti invece i frequenti scollamenti tra buca e palco, con i solisti che andavano spesso per conto proprio, e le entrate dei cori nel secondo atto tutte fuori tempo.

Gradevole lo spettacolo di Arnaud Bernard, belli i costumi, essenziali ma efficaci le scene di William Orlandi, incardinate sul colore bianco, a suggerire un’atmosfera surreale e fuori dal mondo, fatta di sogni e ricordi.

Il pubblico non numeroso ha elargito come al solito copiosi applausi a tutta la compagnia.

19.VIII.2011

5 pensieri su “La Bohéme all’Arena di Verona

  1. la puntatura finale all'unisono alla fine del 1 atto è la classica ciliegina è questi la evitano,se questo tenore non è più in grado di cantare in tono eviti i palchi importanti e vada a cantare alle feste a domicilio…ho letto Mancini che ti sono piaciuti costumi e scenografie..strano di solito neanche ci fai caso,ti concentri solo sulle voci..

  2. quanto scritto fa, davvero, grande onore a mancini. dimostra una onestà ed un "professionismo" nel valutare e raccontare ai lettori, ignoto ai più che professionalmente e remunerati economicamente dovrebbero farlo.
    saluti
    dd

  3. andare da Milano a Verona per una Boheme con Alvarez e la Cedolins proprio era fuori da ogni mio interesse. Come canta Alvarez da anni lo si sa. Basta sentire il TROVATORE 2010 di Parma per comprendere che la sua voce è ormai fuori controllo. Senza espressione, gridata, senza tecnica. La Cedolins è di miglior classe ma anche lei ha problemi vocali non da poco.

  4. Ogni volta che leggo questo blog, quelle che sembrano essere a tutti gli effetti recensioni di persone molto competenti e ben documentate mi inducono a pensare: vista la totale inadeguatezza di direttori d'orchestra e di cantanti, non sarebbe meglio chiudere i teatri d'opera, eliminare completamente ogni tipo di rappresentazione e limitarsi ad apprezzare questo meraviglioso genere musicale su disco, interpretato dalle grandi voci del passato, tecnicamente e stilisticamente più agguerrite? Lo dico con grande amarezza, ma me lo ripeto davvero ogni volta che vi leggo… Che senso ha, infatti, continuare a mettere in scena delle produzioni che, almeno stando ai vostri giudizi, sembrano costituire unicamente la mortificazione stessa dell'opera? Mi potreste, a questo proposito, indicare – se esistono ancora – dei cantanti in attività che voi ritenete degni di questo nome?
    p. s. un'altra domanda che mi viene parallelamente allo spirito quando leggo il "Corriere della Grisi" è la seguente. Sarò probabilmente ingenuo, ma -mi dico- sarà mai possibile che sovrintendenti dei teatri di tutta Italia/Europa, direttori artistici, direttori d'orchestra, ecc., siano tutti (o in larga misura) così incompetenti da non essere in grado di capire cosa va bene e cosa va male? Il fatto che apprezzino e scritturino cantanti incompetenti significa semplicemente che essi occupano ingiustamente e abusivamente le rispettive posizioni istituzionali. Lo dico senza volontà polemica o di sarcasmo, ma sarà mai possibile che agli incompetenti spetti la responsabilità di scegliere cantanti che poi si rivelano non all'altezza, mentre i veri intenditori, quelli che veramente sanno capire e apprezzare l'arte del canto, debbano stare fuori, a guardare (o meglio ascoltare) impotenti, limitandosi a fare delle critiche (per quanto puntuali) su internet? Vi sarei molto grato anche se poteste darmi delle delucidazioni su questo punto. Cordialmente. Nicola

  5. Quello che mi sta seccando moltissimo da anni nel mondo della lirica è che l´industria musicale si "inventa" divi e dive che non ne meritano la definizione imponendoci cantanti mediocri con superlativo dopo superlativo.

    Il mondo musicale era da sempre anche un mercato d´affari, c´erano intrighi e cambi e ricambi di favori. Ma oggi c´è TROPPA POLITICA, TROPPA gente che magari sanno i loro mestieri da manager e public relation ma s´interessano ben poco per l´arte e per il canto.
    La domanda secondo me non è dare o non dare più opere liriche, ma di non mandare giù tutti questi superlativi senza analizzare un pò criticamente. C´è qusto personale e c´è qualità generale – anche nell´arte. C´è chi fa bene il suo mestiere e chi è4 solo un dilettante. Il pubblico dovrebbe fidarsi delle proprie orecchie e non farsi ingannare tanto delle medie!!! Solo un pubblico piu critico ed interessato puo migliorare il livello di cantanti.

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