“L’Aida di Ferzan Ozpetek e di Dante Ferretti”. “L’Aida di Zubin Mehta.” “L’Aida del Maggio”. Ed invece… è l’Aida del soprano Hui He.
Non conosciamo le ragioni della scelta del regista turco, nemmeno quella del suo abbinamento con Dante Ferretti. Non sappiamo, cioè se la ratio artistica sia stata semplicemente quella dei nomi eclatanti o se vi fosse qualche specifico intento.
Fatto sta che abbiamo assistito ad uno spettacolo che di speciale non aveva nulla. ordinaria amministrazione. Un gigantismo scenografico opprimente, forse appagante in video, ma esagerato e poco redditizio dal vivo, come già era accaduto a Pagano in Scala. Conseguente assenza di regia pressochè totale, disposizione d’ordinanza di solisti e masse in scena, banalità incotrollate, come il gesticolare della protagonista alla prima aria o quello di Amneris nella prima scena del II atto., tutti insieme schiacciati da sfingi e architetture superdimensionate..
Abbiamo colto ovunque citazioni “remekate” dell’Aida di Ronconi ( per tutti la sfinge del trionfo spinta dagli schiavi ),ma anche il Ricciardo e Zoraide pesarese; stupidaggini assortite come la danza dei moretti in camera di Amneris trasformata in una ridicola danza degli specchi o i sacrifici di animali con tanto di eccesso di sangue alla scena del tempio al primo atto; il disastro del non trionfo con Aida bambina, vista e stravista in altri allestimenti e così via.. Tanto valeva acquisire una delle vecchie produzioni di Ronconi, o di Pizzi e riproporla, come si farà finalmente a Milano la prossima stagione, poichè ” i nomi” deputati nulla di speciale ci hanno fatto vedere.
La cosa migliore dell’allestimento? Le luci del direttore di fotografia Maurizio Calvesi, che con i suoi rossi, i gialli, i blu ha rievocato atmosfere solari abbaglianti, il calore del deserto, ossia tutto ciò che nll’immaginario popolare fa ..Aida.
Ma veniamo al cast, scelto senza particolare fantasia ed originalità, con nomi che abitualmente frequentano questi ruoli.
La migliore è stata indiscutibilmente il soprano Hui He, che ha saputo attirare l’attenzione e la stima del nostro Corrierino. Il soprano cinese ha una voce lirica, di volume importante, dotata di bella tecnica che le assicura il superamento dei momenti più difficili con sicurezza, facile gestione delle salite all’acuto, un buon numero di smorzature e piani come pure un notevole slancio. Una grande “salute” vocale unita a una saldezza tecnica assai rara per i nostri tempi. Hui He a nnoi nno pare essere un soprano drammatico, ma al più un lirico pieno, per dirla sinteticamente, che approccia questi titoli in virtù della sua sapienza nel manovrare la voce e della pienezza del mezzo natuale. Pienezza che in certi momenti della parte tende ad amplificare, gonfiando alcune note centrali, come all’aria del I atto “ Ritorna vincitor”, dove paga l’artificio con l’assenza di dinamica. Poi, non appena arrivano le frasi imploranti e di ripiegamento, “Numi pietà del mio soffrir..”, la cantante cambia passo, innesta i piani e le mezze tinte che le sono proprie ed il fraseggio trova una dimensione lirica efficace e toccante. Si è percepito, alla prima recita, ma assai meno nella diretta tv, come anche nel duetto con Amenris Hui He temesse di non avere abbastanza peso specifico per Aida, e quindi si sia fatta prendere la mano, fraseggiando la prima parte con una certa enfasi e perdendo la rifinitura di certe frasi centrali. Alla recita televisiva ciò non è più accaduto, e la linea di canto si è fatta molto pulita ed elegante. Il soprano cinese ha cantato con grande facilità e sicurezza, legando sempre il suono in ogni zona del pentagramma, una passeggiata il do in chiusa al duetto con la rivale, e porgendo con dolcezza le frasi che chiudono la scena. Nei poderosi ensemble del II atto, quindi, la signora ha svettato facilmente su tutti, solida……..come la Grande Muraglia! Al terzo atto i “Cieli azzurri” alla replica tv sono arrivati perfezionati rispetto alla prima, con le frasi più legate, i piani tenuti con agio ed il do attaccato in piano preparato benissimo nelle battute che precedono, come fanno i cantanti che hanno il controllo tecnico di ciò che fanno. Finalmente! Certe frasi enfatiche esibite alla prima nel duetto con Amonasro e poi con Radames al terzo atto sono state moderate per la recita tv, il fraseggio ne è uscito rifinito. Solo al “Là tra foreste vergini” si è sentita nuovamente una certa fatica a cantare piano, alcuni suoni schiacciati e non fermi, poi scomparsi dopo la pausa prima del finale della tomba. Insomma, il leit motiv dell’Aida di Hui He è quello tipico dei soprani lirici “importanti” che abbordano un ruolo che lirico vocalmente non è ( con buona pace di chi è convinto del contrario!): l’abilità del soprano lirico in Aida è il saper trovare l’equilibrio, l’alchimia perfetta tra la voce ed il canto che le sono più naturali e lo spingere oltre il proprio mezzo, a compensare quello che di tragico manca alla sua natura vocale in certi passi di scrittura grave o concitata.
La tragedia di Cio Cio San è naturalmente commisurata a voci come Hui He, mentre Aida ha una dimensione aulica ancora romantica o da Grand’Operà, dunque maggiore, che si fa sentire nel canto del soprano in momenti come il “Si fuggiam da queste mura…” bello nello slancio, ma al di sotto delle pretese drammaturgiche di Verdi.
Un ruolo molto prezioso per questo soprano, da amministrare con saggezza e parsimonia, solo nelle grandi occasioni, dato che la sua Aida, oggi come oggi, spicca nettamente sulle altre per la superiore qualità del canto che esprime.
Se non ci fosse stata Hui He questa Aida non avrebbe avuto alcun motivo di interesse, né ragioni per essere ascoltata, dato che i colleghi della signora letteralmente hanno ferito le orecchie all’ascolto.
Luciana D’Intino è una grande cantante, cui siamo anche specialmente affezionati, però gli anni scorrono in un senso solo per tutti. Rispetto all’Aida scaligera di un paio di stagioni fa, già al limite, soprattutto nel terribile 4 atto, la voce, rotta in due tronconi, è troppo ridotta in espansione ed ampiezza in zona alta per essere incisiva e adatta al ruolo. Azzecca ancora qualche acuto nello scontro con Radames, ma spesso falsetta ( vedi, per tutti i passaggi, di petto-falsetto di frasi come “Discolpati e la tua grazia..” ) tanto è corroso il meccanismo degli acuti. L’incipit al secondo atto, “Ah vieni amor mio m’inebria”, di scrittura acuta, devono essere cantate con languore e non gridate o stonate. Non bastano le frasi sapientissime del I atto, insinuanti e ricche di intenzioni, per nascondere i limite della sua Amneris, il timbro senescente condito ora anche da emissioni poco ortodosse, come gli effettacci esagerati al duetto con Aida di “Del tuo destino l’arbitra sono…” , che non sono cose… da Lucian D’Intino. Eccessivo è il contrasto tra il volume delle frasi gravi come “No, tu dei vivere…”, “ Sparve e di lei novella…”, e quelle che vanno ai primi acuti, un vai e vieni che disturba l’ascoltatore. Poi arriva la scena del Giudizio, che mette la pietra fatale sulla prestazione della nostra cantante…e qui mi fermo.
Dei due protagonisti maschili non vorrei dire nulla, perché non ci sono parole.
Il signor Maestri, che avrebbe la voce giusta per il ruolo, riesce a mal cantare anche quello che gli può riuscire di cantare, pur non sapendo emetter gli acuti come si dovrebbe. Tutte le grandi frasi di Amonasro le ha digrignate, masticate e ringhiate senza motivo alcuno, complice il lassaiz faire della bacchetta. Ci aspettiamo forse che oggi qualcuno canti “Dei faroni tu sei la schiava!” senza berciare e senza la strapotenza dei baritoni da loggione di una volta? Certo che no, ma che almeno il baritono tenti di cantare con dolcezza e struggimento pari a quello di Verdi le meravigliose frasi “ Pensa un popolo che muor, vinto straziato, per te soltanto risorge può” si! E’ il minimo sindacale per cantare Amonasro. Non parliamo poi dei passaggi sfuocati ed indietro di “ e patria, e trono, e onor…” al terzo atto, oppure “ Ma tu re ,tu signooore possente..” al concertato atto secondo, chè sarebbe pretender troppo.
Del signor Berti abbiamo già detto con Turandot alla Scala, né il tenore si è miracolato nel frattempo. Cantare questi ruoli senza saper girare gli acuti e, non dico squillare, ma trovare una emissione ortodossa e accettabile è il minimo. A questo limite grave, complice la lunghezza e la pesantezza della parte, il signor Berti unisce un canto costellato di contrazioni di gola ( che arrivano sin dal recitativo di ingresso..), note strozzate, attacchi sforzati e/o calanti, fissità ( l’ultimo “ergerti” dell’aria ad esempio..) , suoni presi da sotto ( primi acuti inclusi, come in “Ah s’io fossi a tale onor prescelto..”). Il ruolo gli và evidentemente largo, perché è sempre costretto a spingere la voce al massimo, scomponendo l’emissione, sin dal terzetto del primo atto, quindi nella scena del tempio, “ Tu che dal nulla hai fatto il mondo”, quindi il concertato secondo. Il signor Berti non riesce mai a dare senso al lato epico del personaggio con la voce: laddove la parte è maggiormente onerosa il tenore, non potendo trovare “la punta”, finisce per sguaiare il suono, come nel “Si fuggiam da queste mura” , o al tremendo duetto con Amneris al quarto atto, dove tende anche a declamare la sezione di “Misero appien mi festi…”. I passi di forza lo affaticano, la scena della tomba finale si trasforma in un vero calvario per la fatica, le note alte raggiunte con sforzo inumano.
Delle due voci di basso, il signor Prestìa ha dato voce ad un Ramfis vocalmente senescente, dall’emissione ingolata, mentre insignificante il Re del signor Tagliavini, in debito di ampiezza.
Routinaria la direzione di Zubin Mehta. Molto fracasso e meccanicità, come al “ Su del Nilo al sacro lido” all’atto I o alla scena dei moretti nella stanza di Amneris all’atto II o al finale atto III, oppure fiacco, come ad inizio trionfo che poi si tramuta in una scena greve e pesante. Taluni accompagnamenti anche molto noiosi come al duetto, noiosissimo, tra Amneris e Aida all’atto II, brutto sound dell’orchestra, come all’introduzione all’atto terzo, con gli archi al di sotto del livello di guardia. Troppo spesso impreciso e sfilacciato il coro, la compagine femminile soprattutto.
Orchestra e Coro del Teatro Regio di Torino mantengono indisturbati il proprio recente primato nel panorama italiano delle compagini teatrali stabili, ad onta dei tagli al Fus.
Ma non eravamo al Maggio ??? cosa c'entra il Regio di Torino ??
c'entra nella misura in cui le orchestre d'opera più rinomate d'Italia, quelle per i cui teatri vi è speciale attenzione a anche da parte delle politica, suonano peggio.
Torino non è mai stato teatro famos per questo, anzi. Non è possibile che i centri "di eccellenza", pergiunta con direttori musicali di grandissimo nome, suonino come ha suonato il Maggio l'altra sera. E nelle produzioni precedenti.
Vogliamo cercare di reagire al declino di ogni cosa che possediamo o è meglio lasciare andare tutto giù per la china?
il senso della frase finale era questo: c'è chi ha deciso di reagire ai problemi facendo meglio, migliorandosi….occorre che anche gli altri li seguano.
saluti
Non discuto … ma l'ochestra e il coro erano quelli del Maggio Musicale … forse è stato solo un errore ???
Il Maestro Mehta, evidentemente e temporaneamente dimentico del suo passato glorioso, trascinato da un eccesso di entusiasmo, si è lasciato sguggire una frase, non so quanto genuina, sulla """presunta""" eccellenza del cast scelto che più o meno suonava come: "Non ho mai avuto un cast del genere (o degenere [nota mia])!"
Bene!
Vorrei solo permettermi di ricordare che al Met, ad esempio, Mehta tra il '65 ed il '66 diresse Aida, appunto, con i seguenti cantanti:
AIDA: Tucci-Arroyo-L.Price
RADAMES: Corelli-Thomas-Tucker
AMNERIS: Gorr-Rankin-Dalis-Cernei
AMONASRO: Colzani-Milnes-Merrill-MacNeil
RAMFIS: Ghiuselev-Macurdy-Hines
RE: Michalski
MESSAGGERO: Nagy
SACERDOTESSA: Pracht-Baldwin
In più, sempre perchè un po' di fosforo fa bene, ci sarebbe anche una bella registrazione ufficiale della EMI del 1967 (che in realtà esiste solo nella nostra dimensione parallela, ça va sans dire) che schiera:
Nilsson-Corelli-Bumbry-Sereni-Giaiotti-Mazzoli-De Palma-Fiorentini
Così, giusto per fare i conti della serva…
Marianne Brandt
Digio965
"Orchestra e Coro del Teatro Regio di Torino mantengono indisturbati il proprio recente primato nel panorama italiano delle compagini teatrali stabili, ad onta dei tagli al Fus."
Sta a significare che: confrontando l'Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, nell'ultimo anno molto al ribasso negli standard, con quella Torinese, quest'ultima mantiene ampiamente il proprio primato di eccellenza, mentre la prima ne esce molto male!
Marianne Brandt
caro digio 95
se autonoma o incentivata la tua polemica non lo so. ma credo che quando si vuole a tutti i costi "taccar sotto" come si dice a Milano per chi è animato dai tuoisentimenti va fatto dopo una lettura quanto meno non superficiale degli altrui scritti!!!
ciao dd
Marianne,
intanto quelle registrazioni, come ben sai, non esistono e quelle rappresentazioni non sono mai avvenute.
Poi Mehta può aver detto questo per diplomazia, per un grosso vuoto di memoria o anche in senso ironico…
non vorrei fare stucchevoli polemiche, ne ho mai comparato l'orchestra del Maggio con quella del Regio di Torino.
Non credo proprio che l'orchestra del Regio sia una delle migliori d'Italia ….. anzi !!
In ogni caso l'articolo era sbagliato.
Guarda digio965 i fatti sono questi.
Dopo la bella prova de "Die Frau ohne Schatten" l'orchestra del MMF ci ha offerto: una Salome musicalmente noiosa, una Tosca strombazzante, una Forza del destino raccapricciante, un anonimo Don Pasquale passato quasi inosservato, Nozze di Figaro congelate e irriconoscibili, e non è un problema solo di direttori d'orchestra scelti un po' a casaccio o surgelati nella routine per la pagnotta, è proprio una questione di suono orchestrale che denuncia un bel po' di crepe come scritto anche qui in alcune recensioni, ma che potrai trovare comodamente su altri fori sparsi in rete altri pareri del genere.
L'orchestra di Torino(o Santa Cecilia o chi vuoi tu), ha dimostrato invece con lavoro serio di saper offrire prove di tutto rispetto come il Boris, la Butterfly, Parsifal e Vespri siciliani per rimanere nell'ambito di questa stagione ed in repertorio operistico, e senza avere direttori iperblasonati come Mehta, per questo la nostra Grisi ha tirato in ballo l'orchestra di Torino ed è per questo che l'articolo, in quel riferimento, non è sbagliato.
Poi ognuno si fa l'idea che vuole.
Marianne Brandt
bene digio.
abbiamo capito che …avevi ben capito.
e che dissenti dal concetto espresso. dissenso esprimibilissimo, meglio al primo post che non al terzo.
ti invito a risentire l'audio radio della prima recita, l'incipit del III atto vale per tutto.
e' ora che orchestra e coro del Maggio tornino ai livelli per cui sono noti nel mondo. Almeno…. a me piacerebbe, da melomane e da italiana.
Io ho ascoltato la diretta radiofonica insieme a voi e come voi commentavo tra il deluso e l'amareggiato, devo dirvi però che dal vivo(ero in teatro per la recita di martedì) le cose cambiano notevolmente, per carità non accade il miracolo, ma il suono dell'orchestra e la direzione migliorano, certo Berti rimane calante(anche se la potenza vocale è impressionante) la protagonista è stata eccellente martedì, ho sentito solo un po' di stanchezza alla fine del terzo atto, Maestri brutto canto nel secondo atto ma si è rifatto nel terzo tanto che il duetto tra Aida ed il padre è stato uno dei momenti in cui mi sono più emozionato, la D'Intino manca tutte le note centrali e la cosa più deludente sicuramente è stata la regia( della serie se chiamavano me la facevo meglio)….normali le scene e davvero meravigliose le luci….
Un bacio a tutti Rodolfo74
Ciao Rodolfo, mi fa piacere che non hai rimpianto troppo le 100 Euro spese
Ho visto lo spettacolo domenica 8 maggio e sono in accordo su tutta la recensione che avete publicato