Rappresentato il dittico verista (bel neologismo) ossia Cavalleria e Pagliacci è immediatamente andato in scena, come accadeva nell’opera napoletana, l’intermezzo “Caccia al fischio” ovvero “Muerte al fischiatore”.
I fatti sono noti e riportati al più con qualche reticenza. Cianciafrustole rispetto alla censura cui ci aveva abituati il passato ventennio mutiano. In pratica i due protagonisti di Pagliacci lo sfinito José Cura e la improponibile Oksana Dyka sono stati sonoramente fischiati, qualche fischio al direttore, applaudissimo, però, alla fine di Cavalleria, dove a Salvatore Licitra non è bastata un’ottava di buona qualità vocale ed, invece il professionismo della over 50 Luciana d’Intino è stato premiato con generosità, qualche dissenso alla regia certo non convenzionale, ma neppure confliggente come quelle di cappotti e cappottoni sartoria Brecht, che imperano nell’era Lissner, quale paradigma del teatro di regia. Fischi ed applausi sono documentati dalle riprese televisive e non dalle chiacchiere!
La critica togata, poi, ora in italiano da ginnasiale dei telefoni bianchi, tutto esclamazioni, stupori, primi turbamenti erotici (quelli che, maestro assoluto di lingua e sintesi Carlo Porta definisce “spurisnà la passerina”), ora con dovizia di grecismi, che non declina, o latinismi, che sa declinare e di litoti che costringono il lettore alla conta di affermazioni e negazioni per decifrare ilpensiero, nulla ha detto. More solito. Certo pubblico e critica hanno, però, dato un interessante saggio di geografia. Non già politica o sociale, ma di podio. Anzi guerra di podio, la cui ontologia richiama quella “dei pret” sempre portiana. Infatti ritenere ed additare al pubblico ludibrio come errore imperdonabile l’aver affidato, come da prassi a Canio e non già a Tonio, il commento finale “ la commedia è finita” è chiaro peana a favore di quella bacchetta, che alla lectio autenthica si è attenuta. Contra segnalo gli applausi od i fischi da parte di chi predispone petizioni a favore di altra bacchetta, di sicura fede ad altra “parrocchia”, lucrando ben duecento firme della cui autenticità pubblicamente dubita. E’, quindi, chiaro che la bella prova di Daniel Harding, magari non condivisibile in toto, certo poco tradizionale, ma finalmente di direzione e concertazione degne di un grande teatro, rappresenti un problema per l’esito di un conclave, ben più lungo e sofferto di quello di Viterbo, che dovrebbe intronizzare il nuovo direttore ed insediarne la corte.
Ed allora in questa perdita del minimale buon senso ci sarebbero persone che avrebbero a parole applaudito ed ingaggiato la dovuta caccia alla streghe fischiatrici, mentre coi fatti, in sicuri recessi di prima galleria, fischiato il direttore e, siccome non brillano per eroismo, applaudito o taciuto alla fine di Cavalleria innanzi il meritato consenso e successo. Trattasi di pettegolezzi da ringhiera, non li ho potuti e voluti verificare di persona sì da prestar loro voce di credibilità.
Ma un dato è certo: molti hanno sentito il bisogno di trovare il colpevole dei fischi e lo zelo si è trasformato in cretineria o, quanto meno, scarsa avvedutezza nel “menar pretesti”. Hanno demonizzato sin dal primo intervallo con insulti e false illazioni il solito “Corriere della Grisi”, hanno proseguito, poi, nei loro siti ed hanno anche trovato un cantuccio sulla stampa. I loro “tutori”, non paghi e sazi, innanzi una sensata e cortese richiesta di moderazione, prima umana che virtuale hanno, da par loro, rincarata e rimpolpata la dose, con correo comportamento. Atteggiamento non nuovo, ci hanno risparmiato gli auguri di morte che per quel noto contrappasso della cabala è un noto “menabuono” e non gramo.
Nulla di male: colpe e punizioni sono state iniquamente inflitte per motivi religiosi, razziali e che vuoi che siano quattro aciduli improperi avverso di noi o l’auspicio di vederci proscritti dal teatro con misura, che richiama le scelte dell’autentico ventennio o le purghe. Nulla!
Solo che ai nostri contraddittori dovremmo e vorremmo regale secchiello e paletta perchè ricordano solo gli infanti che se li contendono sulle spiagge per averne uno ciascuno e, poi, un bel pallottoliere.
Perché il pallottoliere? Perché i reietti, gli additati al pubblico ludibrio, come streghe, maghi, ebrei, neri ed omosessuali, sono cinque, sei o sette al massimo. Lo dicono i nostri stessi inquisitori con compiaciuto dileggio. Allora cinque, sei, sette persone, quand’anche con invidiabile controllo del fiato in quanto adepti e seguaci del Garcia, ad arte distribuiti in sala, come i plauditores, sono in grado di rintronare le orecchie a palchi e platea coi loro fischi, di coprire gli applausi, di decretare l’esito di una serata. Ci spiace rimarrebbero, se fosse vera la rappresentazione dei nostro detrattori cinque, sei sette cretini e scalmanati.
Questa rappresentazione, cari detrattori, cari critici, prediletti degli uffici stampa, è quanto meno poco credibile. Il pallottoliere per contare le decine di persone, che hanno riprovato i cantanti, perché taluni di loro sono stati l’oggetto della fischiata, possiamo regalarvelo, ma buon senso, buon gusto e buona educazione non sono beni in commercio. Come non sono in commercio l’udito e la capacità di sentire quello che la portato il pubblico della prima non a fischiare acriticamente, ma ad ascoltare e giudicare gli artisti per la loro resa reale. Ossia, il pubblico ha esercitato il diritto che gli è proprio, coevo alla nascita del teatro. Insomma il pubblico della Scala applica, ancora, la meritocrazia nonostante la critica, nonostante certi iniqui infiltrati nelle sue fila.
E poi, proprio per non essere oltre che partigiani anche disinformati, quando si punta il dito consiglio la lettura di blog e fori operistici dove in molti hanno criticato i cantanti e taluni, ben diversi dai grisini, anche la bacchetta.
L’inquisizione spagnola era più accorta nell’individuare le streghe.
Saluti i nostri improvvisati cacciatori di streghe con due episodi.
Il primo: un ascoltatore, da poco maggiorenne, ma musicista e formato da qualificati ascolti in un suo blog ha proposto le sue opinioni sulla compagnia di canto ed uno dei componenti, con classe ed educazione pari all’arte canora, lo ha apostrofato ed insultato. Il nostro giovane ascoltatore ha proposto al suo detrattore quale mezzo di confronto la registrazione di Domenico Viglione Borghese del medesimo momento. Sono curioso di sapere quanti dei nostri detrattori, critici si sia mai confrontato con l’arte –somma- di Domenico Viglione Borghese. Dimenticavo è più opportuno dire che il passato non esiste!!! Certo sennò la gente fischia!!!!
Il secondo: la mia mamma, anni ottantaquattro ben portati, e tanti ascolti inflittile dal figlio, rea di zapping nel corso della trasmissione del dittico mi ha consigliato : “stai a casa a sentire il Beniamino Gigli” e mi ha confortato dicendo che alla Scala cantano come me, notariamente amusicale, per rubare un termine che un odierno Macrobio appioppò a Luciano Pavarotti, nel “coccodrillo”.
Un esempio da imitare il nostro giovanissimo ascoltatore, un consiglio quello di stare a casa che in quanto parentale, sarà disatteso.
I fatti sono noti e riportati al più con qualche reticenza. Cianciafrustole rispetto alla censura cui ci aveva abituati il passato ventennio mutiano. In pratica i due protagonisti di Pagliacci lo sfinito José Cura e la improponibile Oksana Dyka sono stati sonoramente fischiati, qualche fischio al direttore, applaudissimo, però, alla fine di Cavalleria, dove a Salvatore Licitra non è bastata un’ottava di buona qualità vocale ed, invece il professionismo della over 50 Luciana d’Intino è stato premiato con generosità, qualche dissenso alla regia certo non convenzionale, ma neppure confliggente come quelle di cappotti e cappottoni sartoria Brecht, che imperano nell’era Lissner, quale paradigma del teatro di regia. Fischi ed applausi sono documentati dalle riprese televisive e non dalle chiacchiere!
La critica togata, poi, ora in italiano da ginnasiale dei telefoni bianchi, tutto esclamazioni, stupori, primi turbamenti erotici (quelli che, maestro assoluto di lingua e sintesi Carlo Porta definisce “spurisnà la passerina”), ora con dovizia di grecismi, che non declina, o latinismi, che sa declinare e di litoti che costringono il lettore alla conta di affermazioni e negazioni per decifrare ilpensiero, nulla ha detto. More solito. Certo pubblico e critica hanno, però, dato un interessante saggio di geografia. Non già politica o sociale, ma di podio. Anzi guerra di podio, la cui ontologia richiama quella “dei pret” sempre portiana. Infatti ritenere ed additare al pubblico ludibrio come errore imperdonabile l’aver affidato, come da prassi a Canio e non già a Tonio, il commento finale “ la commedia è finita” è chiaro peana a favore di quella bacchetta, che alla lectio autenthica si è attenuta. Contra segnalo gli applausi od i fischi da parte di chi predispone petizioni a favore di altra bacchetta, di sicura fede ad altra “parrocchia”, lucrando ben duecento firme della cui autenticità pubblicamente dubita. E’, quindi, chiaro che la bella prova di Daniel Harding, magari non condivisibile in toto, certo poco tradizionale, ma finalmente di direzione e concertazione degne di un grande teatro, rappresenti un problema per l’esito di un conclave, ben più lungo e sofferto di quello di Viterbo, che dovrebbe intronizzare il nuovo direttore ed insediarne la corte.
Ed allora in questa perdita del minimale buon senso ci sarebbero persone che avrebbero a parole applaudito ed ingaggiato la dovuta caccia alla streghe fischiatrici, mentre coi fatti, in sicuri recessi di prima galleria, fischiato il direttore e, siccome non brillano per eroismo, applaudito o taciuto alla fine di Cavalleria innanzi il meritato consenso e successo. Trattasi di pettegolezzi da ringhiera, non li ho potuti e voluti verificare di persona sì da prestar loro voce di credibilità.
Ma un dato è certo: molti hanno sentito il bisogno di trovare il colpevole dei fischi e lo zelo si è trasformato in cretineria o, quanto meno, scarsa avvedutezza nel “menar pretesti”. Hanno demonizzato sin dal primo intervallo con insulti e false illazioni il solito “Corriere della Grisi”, hanno proseguito, poi, nei loro siti ed hanno anche trovato un cantuccio sulla stampa. I loro “tutori”, non paghi e sazi, innanzi una sensata e cortese richiesta di moderazione, prima umana che virtuale hanno, da par loro, rincarata e rimpolpata la dose, con correo comportamento. Atteggiamento non nuovo, ci hanno risparmiato gli auguri di morte che per quel noto contrappasso della cabala è un noto “menabuono” e non gramo.
Nulla di male: colpe e punizioni sono state iniquamente inflitte per motivi religiosi, razziali e che vuoi che siano quattro aciduli improperi avverso di noi o l’auspicio di vederci proscritti dal teatro con misura, che richiama le scelte dell’autentico ventennio o le purghe. Nulla!
Solo che ai nostri contraddittori dovremmo e vorremmo regale secchiello e paletta perchè ricordano solo gli infanti che se li contendono sulle spiagge per averne uno ciascuno e, poi, un bel pallottoliere.
Perché il pallottoliere? Perché i reietti, gli additati al pubblico ludibrio, come streghe, maghi, ebrei, neri ed omosessuali, sono cinque, sei o sette al massimo. Lo dicono i nostri stessi inquisitori con compiaciuto dileggio. Allora cinque, sei, sette persone, quand’anche con invidiabile controllo del fiato in quanto adepti e seguaci del Garcia, ad arte distribuiti in sala, come i plauditores, sono in grado di rintronare le orecchie a palchi e platea coi loro fischi, di coprire gli applausi, di decretare l’esito di una serata. Ci spiace rimarrebbero, se fosse vera la rappresentazione dei nostro detrattori cinque, sei sette cretini e scalmanati.
Questa rappresentazione, cari detrattori, cari critici, prediletti degli uffici stampa, è quanto meno poco credibile. Il pallottoliere per contare le decine di persone, che hanno riprovato i cantanti, perché taluni di loro sono stati l’oggetto della fischiata, possiamo regalarvelo, ma buon senso, buon gusto e buona educazione non sono beni in commercio. Come non sono in commercio l’udito e la capacità di sentire quello che la portato il pubblico della prima non a fischiare acriticamente, ma ad ascoltare e giudicare gli artisti per la loro resa reale. Ossia, il pubblico ha esercitato il diritto che gli è proprio, coevo alla nascita del teatro. Insomma il pubblico della Scala applica, ancora, la meritocrazia nonostante la critica, nonostante certi iniqui infiltrati nelle sue fila.
E poi, proprio per non essere oltre che partigiani anche disinformati, quando si punta il dito consiglio la lettura di blog e fori operistici dove in molti hanno criticato i cantanti e taluni, ben diversi dai grisini, anche la bacchetta.
L’inquisizione spagnola era più accorta nell’individuare le streghe.
Saluti i nostri improvvisati cacciatori di streghe con due episodi.
Il primo: un ascoltatore, da poco maggiorenne, ma musicista e formato da qualificati ascolti in un suo blog ha proposto le sue opinioni sulla compagnia di canto ed uno dei componenti, con classe ed educazione pari all’arte canora, lo ha apostrofato ed insultato. Il nostro giovane ascoltatore ha proposto al suo detrattore quale mezzo di confronto la registrazione di Domenico Viglione Borghese del medesimo momento. Sono curioso di sapere quanti dei nostri detrattori, critici si sia mai confrontato con l’arte –somma- di Domenico Viglione Borghese. Dimenticavo è più opportuno dire che il passato non esiste!!! Certo sennò la gente fischia!!!!
Il secondo: la mia mamma, anni ottantaquattro ben portati, e tanti ascolti inflittile dal figlio, rea di zapping nel corso della trasmissione del dittico mi ha consigliato : “stai a casa a sentire il Beniamino Gigli” e mi ha confortato dicendo che alla Scala cantano come me, notariamente amusicale, per rubare un termine che un odierno Macrobio appioppò a Luciano Pavarotti, nel “coccodrillo”.
Un esempio da imitare il nostro giovanissimo ascoltatore, un consiglio quello di stare a casa che in quanto parentale, sarà disatteso.
Una compagnia del genere solo vent´anni fa non avrebbe nemmeno potuto finire la serata.
I signori cantanti e i signori forumisti oggi piagnucolano sul mancato rispetto verso gli artisti.
Ma il rispetto verso l´autore, quello mai, vero???
….se non c'è nemmeno il rispetto per la realtà dei fatti…
Propongo all´attenzione degli amici del blog le seguenti perle prese da un sito milanese. Leggete e meditate. Io sono rimasto attonito.
-Abbasso le CICCIONE immobili con difetti di pronuncia che obbligavano i direttori a tempi da lagna per le proprie esigenze e si facevano costruire addosso spettacoli MORTUARI essendo incapaci di stare in scena. CICCIONE immobili con difetti di pronuncia! CICCIONE obsolete. REPERTI da museo. ROVINE di un'epoca per fortuna SORPASSATA. Ah ah ah ah
-…non è colpa mia se la Sutherland cantava in sanscrito e in scena sembrava la statua del Commendatore
-Non cantava in sanscrito. Ma in sbobbico, non *eurosbobbico*. Non aveva una radice linguistica. Sbobbico.
Iniziamo la pesca dei totani!!!
Grazie, Mozart. se un quadro di Otto Dix potesse parlare, direbbe cose simili.
Gli infelici, ignoranti, scodinzolanti disinformatori, che credono nelle frasi riportate da Mozart meritano il sodo deretano di Schrott, i pettorali di Keenlyside, il visino della Netrebko, i peli di Cura, i seni della Dessì odierna, della Opolais e della Dyka, gli occhi da cerbiatta della Garança, il pizzetto da sparviero di Kaufmann, il capello ingellato di Alvarez, le coreografie videoclippare dei baroccari, meritano Dudamel e l'odierno Barenboim, meritano Nelsons, Lissner, Gatti quando sbaglia, e meritano Cassiers e Bieito, meritano Konwitschny e Neuenfels e soprattutto meritano di sguazzare nella loro ignoranza, meritano di non ascoltare il canto, meritano le cene gratuite dalla Maggi, meritano le pizze e meritano Bondi.
Questo traspare dai loro contenuti e se lo meritano!
In fondo questi individui sono a metà strada tra i docili e passivi collaborazionisti armati di "Salò" e i personaggi falsamente gentili, ipocritamente benevoli, apparentemente stucchevoli, ma intimamente perversi e violenti di "Dogville".
Si, se lo meritano!
Marianne Brandt
P.S. meritano la critica patinata che ingoia tutto con avida ingordigia mentre prende in giro pubblico e lettori.
Marianne Brandt
anch'io per curiosità ho scorso il web e mi sono imbattuto in tali cose, talmente madornali, da non sapermi più capacitare…. sposo completamente la causa della divina Brandt, anche se quest'ondata di fascismo culturale, perchè di questo si tratta, non sembra potersi contrarrestare con un semplice "se lo meritano". Al momento, è tutto quel che posso dire. Una volta le clacuqe si pagavano, ed erano consapevoli del loro mestiere. Oggi sono gratuite, e si spacciano per obiettive…
tra l'altro NESSUNO, e ripeto NESSUNO!, ha alcunchè di reale, tangibile e tecnico da contestare ai rilievi mossi da questo blog e da tutti noi che lo seguiamo.
Marianne, sparo l´ultima bordata
"Il grande Villazon ha una dizione meravigliosa! La spettacolosa Bartoli usa la parola, oltreché il canto, in maniera memorabile! Quanta gioia mi dà ascoltare entrambi!"
Stesso autore.
Saluti.
CHICCA DELLO STESSO AUTORE SULL'ELISIR D'AMORE: Villazon mi è strapiaciuto, mi ha divertito, ho goduto della sua straordinaria bravura del suol talento scenico, di come comunica con la voce e con il corpo, vado e continuerò ad andare alla Scala perché godo, godo, GODO della musica e del teatro musicale cosdì come me lo propongono adesso, in questo tempo secondo le modalità legate a questo tempo.
…che dire? Chi si contenta GODE…
Una sola considerazione.
Talento scenico? A me Villazon sembra uguale a Mr. Bean e avendolo visto in teatro tre volte (Traviata a Salisburgo, Manon e Carmen a Berlino) mi ha sempre dato estrememente fastidio, oltre al cattivo canto, il suo ondeggiare continuamente in scena come un ubriaco. Dopo dieci minuti ti veniva da alzarti in piedi e gridare: "E stai fermo un attimo caspita!"
Una postilla di rientro dal teatro alla Scala, ove siamo passati davanti stasera ( lo preciso, che non si sa mai qualora fosse accduto qualcos'altro…!)
Il notabile loggionista che ci ha pubblicamente accusato di aver buato Harding non era in teatro la sera della recita.
Relata riferì il signore male informato, e con lui il "giornalista" cui spetterebbe il compito di verificare la proprie fonti prima di avventurarsi in incaute pubblicazioni di pettegolezzi da ringhiera.
Sono capitato ieri sera (22 gennaio) al dittico della Scala.
Premesso: Della prima compagnia di canto delle due opere non mi era piaciuto nessuno – nemmeno un pò. Tutti imitatori, falsisiti e imbroglioni!
Ieri sera peggio! Non dico altro. Era un misto di prima, seconda e terza (il tenore coreano Turiddu) compagnie di canto.
Ancora due opere con una carica drammatica intensa dove VERA regia non esisteva. Idee non bastano. Ci vogliono fatti.
Sembrava che il M.o Harding non facesse altro che far saltare battute dall'orchestra per coprire le "variazioni" (su musiche originali di Mascagni e Leoncavallo) delle persone che apparivano sulla scena. Chiamarli "cantanti" sarebbe troppo inopportuno.
Io non ho applauditio nessuno a parte il M.o Harding – per il coraggio e l'inventiva. Sono fuggito inorridito dal teatro tra grida di "Bravo" e applausi scroscianti che poi sono durati il tempo che ci voleva per uscire in strada.
MA DAI!!!!
NON E' POSSIBILE UNA COSA DEL GENERE!
UNA PRESA IN GIRO E BASTA!
Però, Gianguido, mi dispiace un po' che tu riporti qui come scemenze, sottoponendole a dileggio, le parole di Vizzardelli, con il quale invece parli con gentilezza quando scrivi sulla "Voce del loggione".
Marco Ninci
Come al solito, lo scritto di Donzelli è pieno di allusioni per me incomprensibili; non c'è un solo nome. Chi sarà l'odierno Macrobio? E la critica togata con i grecismi non declinati e i latinismi declinati? E il ragazzo nel suo blog? E chi mai l'ha insultato? Boh…Questo sistema non mi piace né punto né poco. Per quanto riguarda il rapporto fra i fischi o gli applausi ad Harding e la petizione per Gatti, se si tratta di pettegolezzi di ringhiera, una persona per bene non dà loro alcuna importanza e non ne fa alcun cenno, nello stesso modo in cui si cestinano le lettere anonime. Io per parte mia posso dire che sia Attilia Giuliani che Marco Vizzardelli che Gabriele Baccalini hanno applaudito Harding e firmato la petizione per Gatti. Non vedo nel loro comportamento nessun gesto nascosto. E così credo che sia per molti altri firmatari della petizione. In ultimo, un appunto da maestrina: "lectio authentica", caro Donzelli, non "lectio autenthica". Questo tuo insistere sul latino lo trovo veramente incomprensibile.
Ciao
Marco Ninci
francamente caro Ninci, che queste persone ci accusino di cose che non abbiamo fatto, mi fa schifo.
sono andati affermando cose sui giornali false e diffamatorie, oltre tutto che possiamo provare.
il signor baccalini non era nemmeno in sala.
i fischi ad harding venivano dalla prima galleria, e noi eravamo tutti in seconda, dunque affermare che noi abbiamo impedito la standing ovationa ad harding ….beh, come scemenza le batte tutte. Che la facciano la standing ovation, la facciano. chi glielo impedisce?
abbiamo applaudito harding al concerto di strauss, dicendo bravo, e siamo stati guardati male perchè non si grida bravo. da altri rimproverati perchè si suona male, non più bene come al tempo di muti.
qui c'è solo un popolino disinformato che fa chiaccheire da cortile, sempre senza informazione suii fatti e senza conoscere le persone, sulle quali si permettono di fare apprezzamenti personali senza conoscerle nemmeno.
la presunzione di essere migliori è la sola cosa che li connota.
vogliono fare di questo sito un bersaglio perchè questo sito non si allinea ad alcuna conventicola, e quello del disturbo in sale è un pretesto, il solo che possono cercare di trovare per alzar polvere.poveretti.
saluti
Sottoporre a dileggio? E quando mai?
Ho riportato le sopracitate affermazioni perchè tali perle di saggezza non meritano di rimanere confinate in un ambito angusto e meritano adeguata risonanza.
caro Duprez,non mi pare che Visconti e Strheler facessero ieri quello che oggi fanno Martone & co.
Ho potuto vedere il Falstaff di Strheler(agli Arcimboldi) e Don Carlo di Visconti e non solo li ho molto apprezzati ma non ho sentito critiche; sulla Traviata ho letto "prime alla Scala" di Montale e non non ho letto di scandalo di pubblico o di itica.Il Don Carlo di Visconti è stato riproposto in anni recenti a Roma non a caso.Chissà Martone fra 50 anni.In ogni modo non mi convincerò ad accettare il "diritto" dei registi ad "occupare" il palcoscenico usufruendo della colonna sonora dell'autore.Altro è l'innovazione e l'originalità sacrosanta altro è l'abuso. Sarai d'accordo che non basta innovare per emergere : la regia è buona o cattiva non "moderna " o "tradizionale".Di brutte regie tradizionali ne abbiamo viste tante così come purtroppo oggi si vedono tante brutte regie moderne.L'importante è non difenderle per partito preso. Grazie Doncarlo
caro Don carlo, forse il tuo messaggio si riferiva ad altro post.
non ho la possibilità di spostarlo nel thread cui penso si riferisca.
se lo rimandi al giusto indirizzo, posso cancellare il post da qui.
comunque…..puntualizzazione esattissima
g
Questo articolo dovrebbe stare permanentemente in home page nel vostro sito. Anche oggi su un noto e in altri tempi affollato luogo di convegno virtuale sono comparse “anticipazioni” circa le contestazioni che “certamente” si produrranno in occasione dell’imminente Luisa Miller scaligera, e ovviamente siete stati chiamati in causa, come ormai regolarmente si fa in questi casi. La mia nonna diceva “chi si scusa si accusa” e anche “chi è in sospetto è in difetto”!
compatite e perdonate…….
Dicono tutto loro, leggono anche nel pensiero, sanno già tutto, e diffamano a tempo pieno per servire…..non avendo altro da dire, si sa…A questo punto mi paiono anche analfabeti, perchè qui le cose sono scritte belle chiare…
…ho capito adesso! per la Verdi edission con la Miller??? mannooo….è paranoia pura…M Aper favore, la Mosuc se la riderebbe!